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Legittimazione attiva concessionario: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che la società concessionaria per la riscossione dei tributi ha piena legittimazione attiva per appellare una sentenza che annulla gli atti da essa emessi. La Corte ha chiarito che essere parte del primo grado di giudizio e aver emesso gli atti impugnati sono presupposti sufficienti per riconoscere il diritto di impugnazione, annullando la decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato l’appello inammissibile. La questione della legittimazione attiva del concessionario viene così confermata.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Legittimazione attiva concessionario: l’agente della riscossione può sempre impugnare

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale nel contenzioso tributario: la legittimazione attiva del concessionario della riscossione. Se un agente della riscossione emette atti impositivi e partecipa al primo grado di giudizio, ha sempre il diritto di appellare una sentenza sfavorevole. Questo intervento chiarisce i confini tra la titolarità del diritto a impugnare e l’interesse specifico legato al merito della pretesa tributaria.

I fatti di causa

Un contribuente impugnava due ingiunzioni fiscali relative alla tassa sui rifiuti (TARSU) e un preavviso di fermo amministrativo, atti emessi da una società concessionaria per conto di un Comune. La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva il ricorso del contribuente, annullando le ingiunzioni fiscali.

La società di riscossione proponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale (CTR) lo dichiarava inammissibile. Secondo la CTR, la società non aveva la “legittimazione attiva” per impugnare la sentenza, poiché le ingiunzioni annullate erano, nella sostanza, riconducibili al Comune, vero ente impositore. Contro questa decisione, la società concessionaria ricorreva in Cassazione.

La decisione della Corte e la legittimazione attiva del concessionario

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, ribaltando la decisione della CTR. Il punto centrale della controversia era se il concessionario, che agisce per conto dell’ente impositore, avesse o meno il diritto di appellare autonomamente una sentenza che invalidava i propri atti. La risposta della Suprema Corte è stata un netto sì.

Le motivazioni

I giudici di legittimità hanno spiegato che la CTR ha commesso un errore nel confondere la legittimazione attiva del concessionario con le questioni di merito della pretesa tributaria. La legittimazione ad appellare spetta a chi è stato parte nel giudizio di primo grado e ha subito una decisione sfavorevole. Nel caso di specie, la società di riscossione non solo aveva emesso gli atti impugnati, ma era anche stata parte convenuta nel primo processo. Pertanto, possedeva pienamente i requisiti per proporre appello.

La Corte ha precisato che, semmai, il giudice d’appello avrebbe dovuto valutare se il concessionario avesse un interesse concreto a contestare le specifiche motivazioni della sentenza di primo grado, specialmente se queste riguardavano il merito del credito tributario (di titolarità del Comune). Tuttavia, negare in radice la legittimazione a impugnare è stato un errore procedurale.

Inoltre, la sentenza di primo grado aveva annullato le ingiunzioni per vizi di notifica, una questione che coinvolgeva direttamente l’operato del concessionario. Ciò rendeva evidente l’interesse della società a impugnare la decisione per difendere la regolarità delle proprie procedure.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, per una nuova valutazione. Quest’ultima dovrà esaminare nel merito l’appello della società, partendo dal presupposto, ora indiscutibile, della sua piena legittimazione ad agire. La decisione rafforza la posizione processuale degli agenti della riscossione, garantendo loro il diritto di difendere in ogni grado di giudizio la validità degli atti da essi emessi.

Un concessionario della riscossione ha il diritto di appellare una sentenza che annulla i suoi atti?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la società concessionaria che ha emesso gli atti impugnati ed è stata parte nel giudizio di primo grado è sempre legittimata ad appellare una sentenza a sé sfavorevole.

Quale errore ha commesso il giudice d’appello in questo caso?
Il giudice d’appello ha erroneamente negato la legittimazione attiva al concessionario, confondendola con le questioni di merito del credito tributario. La legittimazione a impugnare deriva dall’essere parte processuale, non dalla titolarità sostanziale del tributo.

Cosa succede dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello?
La causa viene rinviata alla Commissione Tributaria Regionale, che dovrà riesaminare l’appello della società concessionaria nel merito, tenendo conto del principio stabilito dalla Cassazione sulla legittimazione attiva. Il nuovo giudice dovrà anche decidere sulla ripartizione delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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