Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19233 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 19233 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15723/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA n. 2713/13/15 depositata il 16/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udita la requisitoria del P.G., in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
Sentita l’AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 2713/13/15 del 16/12/2015 la Commissione tributaria regionale della Puglia (di seguito CTR), rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 1934/17/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari (di seguito CTP), la quale aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di alcune intimazioni di pagamento concernenti tributi vari.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, gli avvisi di intimazione erano stati notificati a RAGIONE_SOCIALE unitamente alle cartelle di pagamento ed erano stati impugnati dalla società ricorrente quale cessionaria del ramo di azienda.
1.2. La CTR respingeva l’appello di COGNOME evidenziando che: a) la tardiva costituzione di RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE, di seguito RAGIONE_SOCIALE) rispetto al termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’atto di appello, così come previsto dalla legge, non determina la nullità della costituzione in giudizio, ma unicamente la decadenza dalla facoltà di chiedere o svolgere attività processuali precluse; b) la notifica delle intimazioni di pagamento a RAGIONE_SOCIALE successivamente all’estinzione della stessa era nulla, ma operava la sanatoria per raggiungimento dello scopo, avendo STI impugnato tempestivamente detti atti; c) le eccezioni concernenti le prodromiche cartelle di pagamento (violazione dell’art. 19 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e delle norme e principi generali in materia di rateazione) non erano ammissibili, in quanto non costituenti vizi propri dell’atto; d) in ogni caso, sussisteva la decadenza dalla rateizzazione; e) non
sussisteva il denunciato difetto di motivazione delle intimazioni di pagamento; f) l’avviso di intimazione poteva essere notificato anche in presenza di rateizzazione.
Avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Con ordinanza resa all’esito dell’adunanza camerale del 24/01/2023, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso COGNOME deduce violazione dell’art. 2495 cod. civ. e falsa applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR respinto l’eccezione di nullità degli avvisi di intimazione in quanto emessi nei confronti di società cancellata dal registro delle imprese e, quindi, estinta.
1.1. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione dell’art. 51 l.fall., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR riconosciuto la nullità della notifica degli avvisi di intimazione nei confronti di soggetto già fallito al momento della notificazione.
1.2. Con il terzo motivo di ricorso si contesta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 50 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dell’art. 1339 cod. civ. e dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che: a) la contestazione concernente la decadenza dalla rateizzazione non costituisca un vizio proprio dell’atto impugnato; b) la decadenza si sia maturata sebbene non si sia mai verificata l’ipotesi del mancato pagamento di due rate consecutive, così come previsto dalle disposizioni applicabili, succedutesi nel tempo.
1.3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 del l. 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto legittima la motivazione degli avvisi di intimazione.
1.4. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 50, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 481, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto gli avvisi di intimazione privi di efficacia in ragione del decorso del termine di centottanta giorni, non avendo considerato la sospensione conseguente all’introduzione del giudizio di merito.
Va pregiudizialmente evidenziato che STI è carente della necessaria legittimazione ad impugnare gli avvisi di intimazione notificati a RAGIONE_SOCIALE e tale questione è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato interno (Cass. S.U. n. 1912 del 09/02/2012; Cass. n. 31574 del 06/12/2018; Cass. n. 29505 del 24/12/2020), limite che nella fattispecie non sussiste non essendo intervenuta alcuna esplicita pronuncia nei precedenti gradi di giudizio (sulla necessità di un giudicato esplicito si vedano, ex multis , Cass. n. 20978 del 13/09/2013; Cass. n. 25906 del 31/10/2017; Cass. n. 32637 del 12/12/2019).
2.1. Questa Corte ha più volte affermato -sia in tema di notifica della cartella di pagamento intestata alla società (Cass. n. 24579 del 09/08/2022; Cass. n. 30736 del 29/10/2021; Cass. n. 24793 del 05/11/2020; Cass. n. 31037 del 28/12/2017), sia in materia di imputazione ai soci del reddito della società per trasparenza (Cass. n. 16365 del 30/07/2020; Cass. n. 23534 del 20/09/2019), sia, infine, con riferimento specifico all’atto impositivo (Cass. n. 30536 del 28/07/2021; Cass. n. 25487 del 12/10/2018) -che, a seguito dell’estinzione della società, l’atto
impositivo o esecutivo intestato alla società estinta debba essere notificato ai soci, anche collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della società, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per il caso di morte del debitore.
2.2. Invero, a seguito dell’estinzione della società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate , siano limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass. S.U. n. 6070 del 12/03/2013).
2.2.1. Ne consegue che la erronea intestazione dell’atto impositivo o recuperatorio a soggetto non legittimato non ne inficia la validità sotto il profilo sostanziale purché la notificazione dello stesso avvenga nei confronti del successore, cioè del soggetto nei cui confronti l’atto riverbera gli effetti giuridici e che, in quanto tale, è legittimato ad impugnarlo.
2.3. Per completezza, va evidenziato che in ipotesi non è applicabile la previsione di cui all’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in quanto il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società previsto da detta disposizione « si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella vigenza della disposizione, e pertanto il 13 dicembre 2014 o successivamente, in quanto la norma reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva » (Cass. n. 4536 del 21/02/2020; Cass. n. 15648 del 24/07/2015; Cass. n. 6743 del 02/04/2015).
2.4. Nel caso di specie, non è dubbio (né è stato messo in discussione dalla CTR) che la notificazione degli avvisi di intimazione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, già cancellata dal registro delle imprese ed anche fallita, sia nulla; peraltro, tale nullità della notifica non può dirsi sanata ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ. a seguito della impugnazione degli avvisi di intimazione da parte di RAGIONE_SOCIALE, come affermato dalla CTR.
2.4.1. Invero, essendo gli avvisi di intimazione intestati a RAGIONE_SOCIALE, la sanatoria avrebbe potuto verificarsi solo nel caso in cui l’impugnazione fosse stata proposta da un soggetto legittimato (i soci di RAGIONE_SOCIALE o la curatela fallimentare), non già da parte di soggetto non legittimato perché non successore, ma unicamente coobbligato, della menzionata società.
2.5. In altri termini, RAGIONE_SOCIALE non aveva la legittimamente impugnare degli avvisi di intimazione intestati ad un soggetto diverso, con conseguente inammissibilità dell’originario ricorso proposto dalla contribuente.
2.6. La pronuncia sul ricorso implica la superfluità dell’esame dei motivi proposti.
In conclusione, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, con declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso proposto dalla coobbligata COGNOME.
3.1. Sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di lite dell’intero giudizio, essendo stata la questione della legittimazione ad impugnare di STI sollevata solo d’ufficio.
3.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è sostanzialmente rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la carenza di legittimazione della ricorrente alla proposizione dell’originario ricorso e, per l’effetto, cassa senza rinvio la sentenza impugnata; dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/01/2024.