Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26206 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2025
Oggetto: reddito di
lavoro
autonomo a fini iva
–
requisiti
dell’abitualità dell’attività svolta
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11148/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL), NOME COGNOME (PECEMAIL e NOME COGNOME (PEC: EMAIL) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei sopradetti difensori in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n. 661/02/2022 depositata in data 09/11/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
–NOME proponeva avverso l’avviso di accertamento notificatogli dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale dell’Aquila per omesso pagamento di IVA per €. 22.866,00, di IRPEF per €. 1.524,00, di addizionale regionale per €. 113,00 e di addizionale comunale per €. 39,00;
-secondo l’Ufficio, il contribuente, quale professore universitario a tempo pieno, aveva svolto nell’anno 2014 attività di lavoro autonomo occasionale realizzando l’esecuzione di prestazioni di consulenza con carattere di abitualità e non di occasionalità, anche se monitorate in un lasso di tempo più lungo, nei confronti dei propri committenti;
-il giudice di primo grado riteneva in parte fondato il ricorso: in accoglimento delle richieste di parte erano confermati i rilievi ai fini delle imposte dirette ritenendosi lo stesso reddito non assoggettabile ad IVA; appellava l’Ufficio;
-la CTR accoglieva l’impugnazione;
-ricorre a questa Corte il contribuente con atto affidato a due motivi di ricorso;
-l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
-il consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c. alla quale hanno fatto seguito istanza di decisione del Collegio e memoria depositate da NOMECOGNOME
Considerato che:
-preliminarmente, come eccepito correttamente dal contribuente in memoria ex art. 378 c.p.c., va dichiarata l’inammissibilità del controricorso;
-il ricorso per Cassazione è invero stato notificato in data 8 maggio 2023, nel vigore dell’art. 370 c.p.c. come modificato dal d. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 “riforma Cartabia’ – come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il cui art. 35 ai commi 1 e 5 prevede, in massima sintesi, la decorrenza del termine di quaranta giorni per il deposito del controricorso dalla data di notifica del ricorso;
-pertanto, il controricorso andava depositato entro e non oltre il 19 giugno 2023, scadendo il termine il giorno di sabato 17 giugno 2023 e risultando quindi lo stesso prorogato al primo giorno successivo non festivo (appunto il 19 giugno 2023); il controricorso notificato in data 08/06/2019 è, quindi, tardivo;
-venendo poi alle doglianze di cui all’atto introduttivo del presente giudizio di legittimità, osserva la Corte che il primo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c., per avere la CTR reso motivazione apparente;
-tale motivo è manifestamente infondato;
-è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI-5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione
della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). Nel presente caso, la sentenza correttamente e compiutamente motiva in modo analitico e chiaro in ordine all’assoggettabilità dell’attività di consulenza svolta dal ricorrente alla disciplina dell’attività abituale e non a quella occasionale;
-il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per erronea e falsa applicazione degli artt. 53 e 67 TUIR; secondo il contribuente la pronuncia di appello avrebbe erroneamente applicato le disposizioni sopra richiamate, dovendosi ritenere -nella prospettazione del ricorrente – l’attività svolta da NOME Marco attività meramente occasionale e come tale irrilevante ai fini dell’iva;
-tale motivo è manifestamente infondato; la giurisprudenza di l egittimità è costante nel ritenere che l’elemento dell’abitualità , ossia della reiterazione nel tempo, abbinato a quello della professionalità, delimita un’attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Al contrario, l’attività occasionale si concretizza nei caratteri della contingenza, eventualità e secondarietà (Cass. 15031/2014; Cass. n. 4419 del 2021) di talché anche l’effettuazione di una sola operazione, in presenza dei già menzionati comportamenti,
integra l’esercizio di una abituale attività economica. Nel caso in trattazione i sopra citati requisiti, secondo quanto accertato in fatto dalla CTR, emergono chiaramente dalla pluralità delle prestazioni effettuate sia nei confronti dello stesso committente, sia di altri mandatari, nell’anno 2014 ed in quelli precedenti e successivi. Correttamente, quindi, il giudice del merito ha valutato non solo il numero delle prestazioni (rilevandone la pluralità) ma anche la loro estensione nel tempo (l’esecuzione nell’anno 2014 e negli anni precedenti e successivi) e il loro indirizzarsi a diversi soggetti. L’elemento della pluralità, in concreto, non è stato qui ritenuto il solo elemento atto a dimostrare l’abitualità, avendo rilevato la CTR la sussistenza anche degli ulteriori requisiti richiesti ex lege ;
-così argomentando, la sentenza impugnata si è mostrata rispettose dei principi enunciati da questa Corte secondo la quale l’applicazione dell’ IVA è subordinata proprio all’accertamento del carattere abituale e professionale dell’attività, da valutarsi in relazione alle concrete modalità ed al contenuto oggettivo e soggettivo di essa; l’onere della prova di tale carattere è posto a carico dell’Ufficio, e può essere adempiuto anche mediante presunzioni, che il giudice è tenuto a vagliare, per verificarne la sussistenza e la validità, con un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. n. 9206 del 2008; Cass. n. 453 del 2024). La sentenza della CTR si è mossa in linea con questa giurisprudenza, evidenziando gli elementi che hanno indotto a presumere il carattere abituale e professionale dell’attività, attività consistente nello svolgimento della professione in modo sistematico e ripetitivo nel tempo oltre che continuatività e
stabilità dell’attività svolta (Cass.n. 13999 del 2003), atteso anche il carattere delle prestazioni, rivolte a più beneficiari;
-sotto questo profilo, non coglie nel segno quanto osservato in memoria dalla difesa di NOME in quanto il requisito dell’abitualità contestato dal contribuente -nel presente caso, come accertato dal giudice di merito in applicazione dei corretti principi di diritto interpretativi esposti anche in materia tributaria da questa Corte risulta esser stato correttamente ritenuto sussistente;
-è agevole rammentare che s econdo quanto previsto dall’art. 53, comma 1, del TUIR, «sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI , compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell’art. 5». Il comma 2 della medesima disposizione indica, invece, le fattispecie ‘assimilate’ a quelle di lavoro autonomo, che sono elencate nelle lettere b), c), d), e), atteso che la lett. a) è stata abrogata dall’art. 34, comma 1, lett. d), della l. 21 novembre 2000, n. 342. Il riferimento codicistico è al contratto d’opera di cui all’art.2222 c.c. stipulato dalla persona che si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, nonché all’art. 2230 c.c. che regola la prestazione d’opera intellettuale, caratterizzata dal rilievo prevalente della persona del professionista e dalla sua insostituibilità. Peraltro, ai fini di qualificare fiscalmente il reddito come rientrante tra quello da
lavoro autonomo o tra i redditi diversi, rileva esclusivamente la prestazione di lavoro autonoma derivante dall’esercizio di arti o professioni, ove svolta con carattere di abitualità. Solo un reddito avente le superiori caratteristiche rientra tra i redditi di cui all’art. 53, comma 1, del TUIR. Ne deriva che un reddito classificabile in quelli previsti dall’art. 53, comma 1, cit. deve essere prodotto da un lavoratore non subordinato (autonomia) che svolga, anche in collaborazione con altre persone, una molteplicità di atti coordinati e finalizzati verso un identico scopo; atti che solo lui può compiere, in ragione delle specifiche capacità che lo contraddistinguono (professionalità), e caratterizzati da organizzazione, stabilità, regolarità e sistematicità (abitualità), in modo tale che l’attività compiuta non sia occasionale, cioè saltuaria, episodica o, comunque, non programmata;
-tornando al contenuto della sentenza qui impugnata, da essa si evince come nella valutazione del giudice di appello le superiori circostanze sono state correttamente ritenute idonee ad integrare i requisiti di autonomia, professionalità e abitualità necessari per la sussunzione dell’attività svolta dal contribuente o nell’ambito della previsione dell’art. 53, comma 1, del TUIR, con ogni conseguenza -qui di rilievo – anche in punto debenza della conseguente IVA;
-il ricorso va pertanto rigettato;
-le spese processuali seguono la soccombenza;
-poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini
le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13 ottobre 2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22 settembre 2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15 novembre 2023) secondo la quale i n tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
-peraltro, alla luce della inammissibilità del controricorso, risulta preclusa la liquidazione delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate; non vanno pertanto liquidate a favore dell’Amministrazione Finanziaria né le spese processuali né l’ulteriore somma ex art. 96 terzo comma c.p.c. ma solo l’importo dovuto ex art. 96 quarto comma c.p.c. da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
dichiara inammissibile il controricorso; rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento della somma di euro 1.450,00 ex art. 96 quarto comma c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei contribuenti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME