Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18730 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
Avv. Acc. IRES, IRAP e IVA 2009
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22068/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE ,
-ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo sito in INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA n. 941/32/2016, depositata in data 19 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto dei primi due motivi di ricorso principale e l’accoglimento del terzo.
Dato atto che l’RAGIONE_SOCIALE Generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella persona dell’AVV_NOTAIO, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1 . La contribuente riceveva notifica dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO ai fini IRES, IVA e IRAP, relativo all’anno d’imposta 2009. Mediante il detto atto si richiedeva alla contribuente il pagamento di € 4.862.500,00, segnatamente, in virtù del riscontro di numerose operazioni da considerarsi inesistenti, con conseguente indeducibilità dei corrispettivi costi. Sul versante IVA, invece, si rilevava che malgrado le operazioni inesistenti fossero soggette a reverse charge, la contribuente fosse comunque tenuta a corrispondere l’imposta, non spettandole la detrazione ed essendo, anzi, dovuta l’IVA integrata sulla fattura ex art. 21, settimo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Avverso detto avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, deducendo la piena legittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso.
La C.t.p., con sentenza n. 10599/2/2014, accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, riducendo l’ammontare dei costi non riconosciuti ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette ed annullando l’atto impugnato per la parte relativa all’IVA , e condannava la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese.
Contro tale decisione proponeva appello l’ Ufficio finanziario dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche la contribuente, spiegando appello incidentale.
Con sentenza n. 941/32/2016, depositata in data 19 febbraio 2016, la C.t.r. adita respingeva entrambi gli appelli, confermando la pronuncia di prime cure e compensando le spese di giudizio.
6 . Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l’ Ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La contribuente resisteva con controricorso, spiegando due motivi di ricorso incidentale.
Successivamente, la contribuente, in data 18 giugno 2020, depositava istanza di declaratoria di estinzione del giudizio per sopravvenuta definizione agevolata rappresentando di aver aderito alla c.d ‘rottamazione ter’ di cui all’art. 16 bis del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, in relazione agli importi scaturenti dall’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, oggetto di questo giudizio, nonché di altro ruolo, allegando l’estratto di ruolo, la comunicazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dell’importo da versare per definire il carico tributario pari ad € 774.428,02 da versare in 12 rate a partire dal 30/11/99 e sino al 30/11/2023.
Con ordinanza interlocutoria n. 6527 del 3 marzo 2023, questa Corte disponeva il rinvio a nuovo a ruolo affinchè la contribuente depositasse l’ulteriore documentazione attestante il versamento degli oneri richiesti nonché notificasse.
Senonché, la documentazione veniva allegata ma l’RAGIONE_SOCIALE, direzione RAGIONE_SOCIALE Milano II, appositamente interpellata dall’RAGIONE_SOCIALE erariale in ordine alla completezza del procedimento ed alla definibilità del contenzioso in esame, con nota depositata in data 13 maggio 2023, espressamente chiedeva di insistere nella prosecuzione del giudizio evidenziando che la definizione agevolata invocata dalla contribuente aveva avuto ad oggetto l’importo minore (pari ad € 388.067,00) riconosciuto come dovuto nella fase di merito laddove l’intera pretesa impositiva originaria, comprensiva di interessi e sanzioni, era ben più rilevante (6.063.286,36).
10. Con ordinanza interlocutoria n. 29043 del 19 ottobre 2023, la Corte, ravvisata l’impossibilità di pronunciarsi sull’estinzione dell’intero giudizio e constatata la peculiarità del caso concreto, rimetteva la causa in udienza pubblica, rinviando a nuovo ruolo.
La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 22 marzo 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 109, primo e quarto comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e dell’art. 8, primo, secondo e terzo comma, d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con l. 26 aprile 2012, n. 44, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. » l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha respinto il gravame dell’appellante, non dichiarando integralmente indeducibili i costi in questione, sulla scorta della mancata prova fornita dalla società contribuente circa la loro certezza e determinatezza (come vorrebbe il quarto comma dell’art. 109 TUIR).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ.; art. 109, quarto comma, d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rilevato che la società avesse provato con le scritture di magazzino l’esistenza del materiale ferroso acquistato in nero e la coerenza per peso, qualità e quantità tra tale materiale e quello venduto ai propri clienti e ha statuito che i costi d’acquisto potessero essere riconosciuti nella misura massima dell’11% (margine massimo risultante dalla testimonianza dell’ufficiale della Guardia di RAGIONE_SOCIALE in sede penale).
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, settimo comma, 18, primo comma, 19, primo comma, 74, settimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ .» l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che in caso di IVA applicata con il metodo del reverse charge, l’utilizzazione di fatture fittizie non può comportare il disconoscimento dell’IVA registrata in detrazione poiché in tali casi l’IVA deve ritenersi neutra.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, così rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e artt. 2697, 2727, 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha valorizzato un compendio di prove prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, nello specifico, dando credito alla ricostruzione dei flussi di magazzino e alla congruità dei prezzi di rivendita come risultanti dalla perizia prodotta dal ricorrente, qualificando le operazioni come soggettivamente inesistenti pur in assenza di elementi che provassero l’acquisto in nero da ipotetici rifornitori.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, così rubricato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha utilizzato una presunzione di secondo grado, mancando sia la prova dell’acquisto in nero da ipotetici fornitori che la prova della predisposizione di fatture di comodo per la copertura dei detti ingenti costi d’acquisto.
In considerazione di quanto illustrato ai punti 7 e ss. dei fatti di causa, si rende necessario procedere alla disamina nel merito dei motivi di ricorso.
I primi due motivi di ricorso principale, da trattarsi congiuntamente in ragione della sostanziale identità RAGIONE_SOCIALE censure, sono inammissibili oltre che infondati.
A mezzo di essi, l’RAGIONE_SOCIALE censura l’operato della RAGIONE_SOCIALE per aver confermato la riduzione dei costi non riconosciuti in € 534.875,00, malgrado l’asserito mancato assolvimento da parte della società contribuente dell’onere della prova su di essa gravante.
4.1. In primo luogo, i motivi di ricorso sono inammissibili rivestendo una natura meritale, profilandosi le censure evidentemente preordinate ad un nuovo esame RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie in quanto la ricorrente propone elementi già addotti nei gradi di merito; la prospettazione è evidentemente finalizzata ad ottenere una valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla C.t.r.
In altri termini viene chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza la cui decisione dà contezza di come «la contribuente, società indiscutibilmente operativa, ha dimostrato attraverso i flussi di magazzino l’esistenza del materiale ferroso acquistato e poi venduto per peso, quantità, tipologia e prezzo coerente. Il terzo, in quanto con riferimento al margine, mentre la parte lo attesta nel 2,7% (in quanto il proprio consulente lo ritiene oscillante tra lo 0,5% e il 3%), il sottufficiale COGNOME della Guardia RAGIONE_SOCIALE in una testimonianza dinanzi al Tribunale penale ha affermato che l’oscillazione all’epoca andava dal 7% all’11%, per cui la percentuale di ricarico determinata dal giudice di prime cure appare legittima».
4.2. I motivi di ricorso sono inammissibili anche sotto altro profilo. La censura contiene la denuncia di errori di giustificazione della decisione sul fatto, con riferimento al rapporto tra motivazione
della sentenza di appello e dati processuali, comportando due ordini di problemi ossia quello della selezione dei dati offerti o comunque disponibili e quello dei limiti del controllo del giudice di legittimità sulla estensione della motivazione impugnata.
Sul punto, sovviene un importante arresto di questa Corte espresso nella sentenza n. 961 del 21 gennaio 2015 secondo cui, ‘S ul primo aspetto è oramai consolidato in giurisprudenza il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed Idonee alla formazione RAGIONE_SOCIALE stesso . Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. non richiede che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. E’, infatti, necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. . In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Sotto tale profilo, dunque, l’odierna censura del ricorrente di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri. Il che esule dai poteri del giudice di legittimità.
4.3. Sul secondo tema, riguardante i confini del controllo del giudice di legittimità sull’apparato motivazionale, è prevalente nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che il vizio di motivazione sia censura bile unicamente nella misura in cui risulti dal testo della decisione gravata dal ricorso. Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 n. 5 cod.proc.civ., non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze degli atti di causa . Né, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un giudizio di merito, se -confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dai giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso sub specie di omesso esame di un punto decisivo. . Sicché, come si è detto in dottrina, “il controllo di legittimità è davvero incompatibile con un controllo sull’estensione della motivazione, perché il significato RAGIONE_SOCIALE prove lo deve stabilire il giudice di merito, non lo può definire il giudice di legittimità sulla base della lettura necessariamente parziale del ricorso”. Né a ciò soccorre il principio di autosufficienza poiché “il divieto di accesso agli atti istruttori è la conseguenza di un limite all’ambito di cognizione della Corte di cassazione” e, dunque, “non ha una funzione solo logistica, che possa essere
soddisfatta mediante la trascrizione”, così eludendo la esclusiva devoluzione al giudice di merito della selezione RAGIONE_SOCIALE prove ‘ .
4.4. Oltretutto, i motivi non superano lo scrutinio di ammissibilità ex art. 360-bis, n. 1 cod. proc. civ., scrutinio che, secondo l’insegnamento offerto dalle Sezioni Unite con la sentenza 21/03/2017, n. 715, deve essere svolto relativamente ad ogni singolo motivo con riferimento al momento della decisione. ‘ In tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, c.p.c., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti” .
5. Il terzo motivo di ricorso, con cui l’RAGIONE_SOCIALE censura l’operato della RAGIONE_SOCIALE per aver ritenuto che il diritto a detrazione, ottenuto dal cessionario allorchè ha esposto a proprio debito l’IVA sull’acquisto, fosse una mera ‘neutralizzazione contabile’, anziché precisamente il normale diritto a detrazione, è fondato.
5.1. Si rende necessario premettere le modalità di assolvimento ordinario dell’imposta: «nel sistema ordinario dell’IVA, il prestatore/cedente applica l’aliquota in fattura che addebita al committente/cessionario e poi versa la somma all’erario, mentre il secondo, che ha ricevuto la fattura e pagato l’Iva al primo, matura un corrispondente diritto di detrazione verso lo RAGIONE_SOCIALE. Tale modalit à è derogata in alcuni casi, per i quali l’ordinamento interno e unionale ha previsto il diverso sistema del reverse charge (o inversione contabile).
5.2. Giova sottolineare che l’istituto, regolato, specialmente, dall’art. 17 d.P.R. n. 633 del 1972 (in particolare, dai commi 5 e 6), assolve, nella sua concezione originale e tradizionale, allo scopo di permettere l’ingresso nel sistema contabile RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini Iva in Italia realizzate da imprese non residenti (in ispecie, per operazioni intracomunitarie come quelle alla base della vicenda in giudizio) (cd. reverse charge esterno). Accanto a questa finalit à , invero, si è progressivamente valutato il moRAGIONE_SOCIALE in questione come risposta alle esigenze di contrasto alle frodi perch é idoneo ad evitare un incontrollato (ed abusivo) esercizio del diritto di detrazione (v. l’art. 199 quater della Dir. 2006/112/CE, introdotto con l’art. 1 Dir. 2018/2057/UE, nella prospettiva di una pi ù vasta applicazione dell’istituto). Orbene, il meccanismo cos ì contemplato sposta sul cessionario l’onere di versare l’IVA: in particolare, chi effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi non espone l’IVA in fattura e non è debitore verso l’erario, mentre chi riceve la fattura emessa in regime di reverse charge, è tenuto ad integrarla con l’IVA dovuta e a provvedere alla relativa annotazione nel registro RAGIONE_SOCIALE vendite. Per consentire, poi, il sorgere e l’esercizio del diritto di detrazione la norma prevede, quale modalit à tecinica (integrativa rispetto alla condizione RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 19, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972), l’annotazione della stessa operazione nel registro degli acquisti, cos ì da riequilibrare il sistema in coerenza con i principi di neutralit à .
5.3. In termini essenziali, si pu ò dire che il regime in questione addossa ai destinatari della fattura, ossia ai committenti/cessionari (che diventano soggetti passivi dell’imposta) l’onere di pagare l’IVA sull’operazione e, attraverso un meccanismo contabile (di doppia registrazione), riconosce agli stessi il diritto di detrazione per un pari importo. Sullo stesso soggetto, dunque, si cumulano le due situazioni, le quali, tuttavia, rispondono (o possono rispondere) a
presupposti sostanziali e condizioni differenti. È evidente, infatti, che mentre il versamento dell’IVA è dovuto in relazione alla natura dell’operazione di scambio, il diritto di detrazione da parte del cessionario è condizionato alla sussistenza oltre che RAGIONE_SOCIALE condizioni soggettive (ossia che egli sia un soggetto passivo) anche di quelle oggettive, ossia che i beni o servizi siano utilizzati ai fini RAGIONE_SOCIALE proprie operazioni soggette a imposta (v. art. 168 lett. a, dir. 2006/112/CE). La carenza di queste condizioni impedisce il sorgere del diritto di detrazione, con la conseguenza che l’annotazione sul registro degli acquisti determina una fruizione indebita del diritto di detrazione.
5.4. Ne deriva che, nel regime dell’inversione contabile, il versamento dell’IVA operato dal cessionario “in luogo” del cedente costituisce semplicemente, l’unico versamento dell’imposta allo RAGIONE_SOCIALE (appunto, quello, di norma, attuato dal cedente). Il diritto di detrazione, che deriva dall’annotazione nel registro degli acquisti, presuppone, invece, che vi siano le condizioni sostanziali – tra le quali deve essere annoverata anche l’inerenza dell’operazione rispetto all’attivit à d’impresa, ossia l’esistenza di una connessione con l’attivit à d’impresa del soggetto passivo come discende dalla immediata lettura dell’art. 17, par. 2, dir. n. 77/388/CEE (v. tra le tante Corte di Giustizia, sentenza 10 ottobre 2020, Vos Aannemingen BVBA, in C-405/19; 30 maggio 2013, X, in C651/11; 29 ottobre 2009, SKF, in C-29/08) – per fruirne e, ove ne sia accertata l’insussistenza, comporta la ripresa della somma portata in detrazione, ferma, per contro, l’imposta dovuta. Rispetto ai singoli requisiti, poi, operano i criteri di riparto dell’onere della prova rispettivamente pertinenti, sicch é , ove sia in contestazione l’inerenza, incomber à sul contribuente dimostrarne la sussistenza (v. recentemente, in tema di costi infragruppo, Cass. n. 8001 del 22/03/2021).
5.5. Da ultimo, va rilevato che la sentenza della Corte di Giustizia 8 maggio 2019, RAGIONE_SOCIALE, in C-712/17 (nonch é le conseguenti decisioni di questa Corte), invocata in memoria a giustificazione della tesi dell’irrilevanza del requisito dell’inerenza ai fini della detrazione, non solo non è pertinente alla vicenda in giudizio ma, a ben guardare, conduce proprio ad un risultato opposto a quello sostenuto dalla societ à . Va, infatti, osservato che la citata decisione (relativa a vendite fittizie di energia elettrica effettuate in modo circolare tra gli stessi operatori e per gli stessi importi) non solo faceva riferimento specifico alla posizione dell’emittente (mentre qui rileva la posizione del cessionario) ma, soprattutto, ha ritenuto la compatibilit à di una normativa nazionale «che esclude la detrazione dell’IVA relativa a operazioni fittizie, imponendo al contempo ai soggetti che indicano l’IVA in una fattura di assolvere tale imposta, anche per un’operazione inesistente, purch é il diritto nazionale consenta di rettificare il debito d’imposta risultante da tale obbligo qualora l’emittente di detta fattura che non era in buona fede, abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di gettito fiscale», condizione qui – in evidenza estranea e in alcun modo configurabile, derivando dal preteso riconoscimento del diritto di detrazione in assenza RAGIONE_SOCIALE condizioni sostanziali una perdita per l’erario» (Cass., n. 140 del 2022, ma cfr. anche Cass., n. 4250 del 2022, secondo cui in caso di applicazione IVA in regime di inversione contabile, come nel caso di applicazione del regime ordinario in cui l’IVA è versata dal cedente , ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione è necessario che il cessionario dimostri che, usando la diligenza esigibile da un operatore del settore, non era in grado di avere contezza che la fattura non era stata emessa dal fornitore reale).
5.6. In materia di reverse charge su fatturazioni inesistenti nel commercio di rottamazione metallica, giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che, secondo la giurisprudenza comunitaria, il
regime dell’inversione contabile costituisce strumento che consente, in particolare, di contrastare l’evasione e l’elusione fiscale constatate in taluni tipi di operazioni (Equoland p.42 e Veleclair p.34). A tal fine, la disciplina nazionale per il commercio dei rottami, che qui interessa, prevede che la fattura sia emessa dal cedente senza addebito d’imposta, con l’osservanza RAGIONE_SOCIALE disposizioni dei cui all’art. 21 e segg. dIVA e con l’indicazione di cui all’art. 74, che si tratta di operazione con IVA non addebitata in via di rivalsa. Indi, la fattura è integrata dal cessionario, che diviene soggetto passivo d’imposta, con l’indicazione dell’aliquota e della imposta stessa; la fattura, così integrata, è registrata nel registro RAGIONE_SOCIALE vendite dal cessionario, che in tal modo assolve l’obbligo di pagamento del tributo, detratto con la parallela annotazione nel registro degli acquisti. Inoltre, trattandosi di operazione imponibile (D.L. n. 269 del 2003, art. 35, comma 1, lett. a)), il cedente conserva il diritto all’ordinaria detrazione dell’imposta relativa agli acquisti inerenti.
5.7. Nella specie è pacifico che la contribuente cessionaria abbia regolarmente effettuato l’inversione contabile a suo carico e reso neutrali operazioni ritenute inesistenti dal fisco e, in particolare, soggettivamente inesistenti dalla C.t.r.
Relativamente al regime dell’inversione contabile questa Corte ha affermato (ord. 22532/2012, in operazione intra) che il disposto dell’art. 21, comma 7, d.IVA per un verso incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo principio comunitario di cui all’art. 28 octies, par. I, lett. d), dir. 1977/388/CE ora (art. 203 dir. 2006/112/CE) e, per un altro verso incide indirettamente, in combinato disposto con l’art. 19, comma 1, e l’art. 26, comma 3, d.IVA, pure sul destinatario della fattura medesima, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta in carenza del suo presupposto (v. Cass. 12353/2005, 2823/2008, 24231/2011).
Nel caso di operazioni inesistenti in regime ‘inversione contabile, il cessionario è l’effettivo soggetto d’imposta e l’IVA integrata a debito sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta, in base al principio comunitario di cui all’art. 28 octies, anche quando si tratta di forniture inesistenti o diverse da quelle indicate in fattura. Ciò incide – per il combinato disposto dell’art. 21, comma 7, art. 19, comma I, e art. 26, comma 3 cit. – sul destinatario della fattura medesima che non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta mancando il suo presupposto, ovverosia la corrispondenza anche soggettiva dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata (v. Cass. 13803/2014). Infatti “la presentazione di false fatture (…), alla pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è (…) atta a compromettere il funzionamento del sistema comune dell’IVA” e “il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare l’emissione fatture irregolari alla stregua di una frode fiscale e di negare l’esenzione in una siffatta ipotesi” (C. giust. 7.12.2010, C-285/09, 48 e 49). La frode opera, dunque, come limite RAGIONE_SOCIALE al principio fondamentale di neutralità dell’IVA (implicitamente C. giust., Ecotrade 70, e Cass. 5072/2015 D.6), ossia al principio secondo cui la detrazione dell’imposta è accordata se i requisiti sostanziali dell’operazione sono comunque soddisfatti (Idexx, p.38; Ecotrade pp.63-66), intendendosi per tali che gli “acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie specie dell’IVA detratta dalla cessionaria col regime domestico d’inversione contabile però, a fronte di frode con fatture emesse da cartiere per operazioni soggettivamente inesistenti, non può trovare applicazione il più RAGIONE_SOCIALE principio secondo cui il diritto alla detrazione non può essere negato nei casi in cui l’operatore nazionale non ha applicato – o non ha applicato correttamente – la procedura dell’inversione
contabile senza violazione dei requisiti sostanziali (Cass. 5072/2015, D.3, e 7576/2015, p.8)», Cass., n. 16779 del 2016.
5.8. Pertanto, ha errato la RAGIONE_SOCIALE.t.r. nell’affermare che «in presenza di fatture soggettivamente inesistenti, per effetto del “reverse charge” l’IVA deve ritenersi neutra».
Il primo motivo di ricorso incidentale, con cui la società controricorrente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha dichiarato l’indeducibilità dei costi nella misura pari a €534.875,00 , è inammissibile.
La società contribuente, invero, censura l’operato della RAGIONE_SOCIALE per essersi basata completamente sul compendio indiziario costituito dalle indagini penali svolte solo e unicamente nei confronti RAGIONE_SOCIALE società cartiere, così come dalle contraddittorie conclusioni del consulente del P.M.; il motivo, tuttavia, è inammissibile, per le medesime ragioni di diritto esposte nei paragrafi 4.1 e 4.2.
La censura si propone di ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa da parte di questa Corte, ed essenzialmnete una nuova valutazione circa le operazioni ritenute inesistenti dalla CRAGIONE_SOCIALEt.rRAGIONE_SOCIALE; inoltre, in punto di diritto i motivi non superano lo scrutinio di ammissibilità ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione secondo la già citata sentenza n. 169 del 25 gennaio 2015.
Il secondo motivo di ricorso incidentale, infine, condizionato all’accoglimento del terzo motivo di ricorso principale, è infondato.
In primo luogo, deve ribadirsi che questa Corte, quale giudice di legittimità, non è tenuto né è nella condizione di operare una rivalutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, cosicché non può escludersi l’esistenza di operazioni soggettivamente inesistenti, come delineate nei gradi di merito, per €534.875,00.
7.1. In merito alla dedotta applicabilità del regime sanzionatorio più favorevole, introdotto dall’ art. 6, comma 9 -bis, d.lgs. n. 158 del
2015, si è recentemente espressa sul punto questa Suprema Corte a Sezioni Unite, con la sentenza n. 22727 del 2022, la quale, in un caso afferente la rottamazione metallica, ha statuito che «(…)I principi test è ricordati risultano pertinenti anche rispetto alla vicenda qui esaminata per escludere la possibilit à che la societ à contribuente possa beneficiare della sanzione pi ù blanda di cui all’art. 6, comma 9 -bis per effetto della, peraltro, non pienamente dimostrata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile alle operazioni di successiva rivendita da parte della societ à RAGIONE_SOCIALE, a seguito del mancato assolvimento dell’IVA nelle operazioni di acquisto. In questa direzione, del resto, depone la stessa lettura del c. 9bis dell’art. 6. u.cit., ove si fa riferimento all’assolvimento irregolare dell’IVA da parte del cedente o del cessionario dell’acquisto e non di altra operazione successiva -…’qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore’ ».
8. In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso principale e, rigettati il primo e secondo motivo nonché il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio al giudice a quo affinchè, in diversa composizione, proceda ad un nuovo e motivato esame nei termini di cui in motivazione nonché provveda sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso principale, rigetta il primo e secondo motivo e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza inpugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, affiché proceda ad un nuovo e motivato esame nei termini di cui in motivazione nonché provveda sulle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del contro ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto.
Così decisa in Roma nella pubblica udienza del 22 marzo 2024. Il Giudice estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME