Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5345 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1798/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI FOGGIA, n. 1560/2016 depositata il 16 giugno 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione RAGIONE_SOCIALE Foggia dell’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) un avviso di accertamento con il quale contestava, per l’anno d’imposta 2007, l’indebita detrazione dell’IVA con riferimento a tre fatture emesse nei confronti della contribuente dalla ditta di NOME COGNOME, riguardanti operazioni commerciali di fornitura di mosto d’uva ritenute dall’Amministrazione Finanziaria soggettivamente inesistenti.
La società impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di Foggia, la quale, con sentenza n. 77/2013 del 25 marzo 2013, accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, che con sentenza n. 1560/2016 del 16 giugno 2016 respingeva il gravame spiegato dall’RAGIONE_SOCIALE.
Rilevava il giudice regionale: – che sussisteva «una serie di elementi oggettivi e soggettivi che facevano ritenere corretta la fatturazione della ditta RAGIONE_SOCIALE» , essendovi «prova che la merce era stata consegnata, che (fosse) stata pagata con strumenti tracciabili e che il prezzo pagato (fosse) quello di mercato» ; – che la RAGIONE_SOCIALE « non era tenuta ad alcuna altra dimostrazione, in quanto non si p (oteva) ritenere che la società po(tesse) fornire la prova negativa che non era a conoscenza di eventuali truffe poste in essere da terzi nella fatturazione» ; – che, in ogni caso, il comportamento della contribuente doveva essere valutato «sulla scorta degli elementi oggettivi, che depon (eva) no tutti per una corretta fatturazione da parte della ditta RAGIONE_SOCIALE e sul presupposto che, usando una ordinaria diligenza, … non sarebbe potuta venire a conoscenza di eventuali truffe poste in essere da terzi» .
Avverso quest’ultima sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 21, comma 7, e 54 D.P.R. n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2967 ( recte : 2697 -n.d.r.) e 2727 c.c..
1.1 Si assume che dai numerosi elementi di prova acquisiti per mezzo RAGIONE_SOCIALE indagini svolte dalla Guardia di Finanza, confluite nel processo verbale di constatazione, era possibile dedurre che NOME COGNOME, titolare della ditta , aveva rivestito il ruolo di mero soggetto interposto nella commercializzazione dei prodotti vinosi provenienti dalla RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, reale fornitrice della RAGIONE_SOCIALE
In particolare, dalle suddette indagini erano emerse le seguenti circostanze: – sia i fornitori sia alcuni degli autisti incaricati del trasporto della merce fatturata avevano dichiarato ai militari verbalizzanti di non conoscere il COGNOME; quest’ultimo non si avvaleva di dipendenti o collaboratori, né disponeva di beni strumentali e di un un’organizzazione amministrativa; inoltre, a fronte della documentata cessione di prodotti vinosi per un importo superiore agli 8 milioni di euro, non risultavano da lui effettuati corrispondenti acquisti d’uva o di mosto; – i documenti di trasporto relativi a diversi clienti del COGNOME riportavano sovente lo stesso numero progressivo o di vidimazione; – alla data del 15 novembre 2007 risultavano documentate cessioni di mosto d’uva per quantitativi notevolmente superiori alla capacità totale di stoccaggio dello stabilimento vinicolo dell’apparente fornitore; -appariva poco credibile che la RAGIONE_SOCIALE, operante sul mercato da molti anni, si fosse rivolta a un fornitore occasionale per l’acquisto di mosti d’uva, trattandosi di settore commerciale nell’àmbito del
quale le contraffazioni sono assai frequenti.
In un simile scenario, la C.T.R. avrebbe anzitutto dovuto valutare se gli indizi offerti dall’Amministrazione Finanziaria fossero idonei a integrare presunzioni semplici dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, ai sensi e per gli effetti dell’art. 54, comma 2, D.P.R. n. 633 del 1972, e solo in un secondo momento verificare se la contribuente avesse fornito la prova contraria.
D’altro canto, essendo le operazioni soggettivamente inesistenti della frode fiscale commessa, .
2. Il ricorso è fondato.
2.1 Per giurisprudenza di questa Corte, in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno in una cd. «frode carosello», qualora l’Amministrazione Finanziaria contesti che la fatturazione attenga a tale tipo di operazioni, incombe sulla stessa l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma altresì la consapevolezza in capo al destinatario che l’operazione si inserisse in un’evasione d’imposta, all’uopo dimostrando, anche per presunzioni, che il contribuente fosse a conoscenza -o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza esigibile in ragione della qualità professionale ricoperta- della sostanziale inesistenza del contraente.
2.2 È stato, al riguardo, chiarito che la prova dell’oggettiva fittizietà del fornitore si concretizza nell’accertamento della natura di interposto o di ‘cartiera’ del soggetto che ha emesso la fattura.
Tale accertamento può avvenire anche in via presuntiva, mediante
elementi di fatto della frode attinenti al cedente, quali, fra gli altri, la mancanza della sede, l’inesistenza di una struttura operativa adeguata, l’omesso versamento dell’IVA all’erario (cfr., ex plurimis , Cass. n. 36549/2021, Cass. n. 12258/2018, Cass. n. 17818/216). Quanto, invece, alla prova dell’elemento soggettivo, è stato precisato che, sebbene a ll’acquirente del bene o del servizio non competa, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, tuttavia, un obbligo di verifica sorge in capo ad esso in presenza di indici di anomalia dell’operazione commerciale tali da ingenerare il sospetto di una possibile evasione (cfr. Cass. n. 9851/2018, Cass. n. 24490/2015). La valutazione deve essere compiuta con riguardo alla vicenda concreta, ma in via meramente esemplificativa possono costituire elementi significativi dell’anomalia di un’operazione: l’acquisto dei beni o dei servizi a un prezzo inferiore a quello di mercato; la limitatezza dell’eventuale ricarico; la presenza di una pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione; la scelta di operare secondo canali paralleli di mercato; la tempistica e le modalità dei pagamenti; la qualità dell’intermediario con cui sono state intrattenute le operazioni commerciali; il numero, la qualità e la durata RAGIONE_SOCIALE transazioni (specialmente in caso di rapporti reiterati con i titolari della ‘cartiera’, ovvero di rapporti con una pluralità di soggetti aventi natura di ‘cartiera’).
Nello stesso solco interpretativo si colloca il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui, nelle ipotesi più semplici di operazioni soggettivamente inesistenti, ovvero quelle di tipo triangolare -caratterizzate dall’interposizione fittizia di un terzo (‘cartiera’) tra il cedente e il cessionario -, l’onere probatorio gravante sull’Ufficio può esaurirsi nella dimostrazione che il soggetto interposto è privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione, trattandosi
di indice sintomatico dell’assenza di buona fede del contribuente, stante l’immediatezza dei rapporti (cfr., ex multis , Cass. n. 24892/2023, Cass. n. 10163/2023, Cass. n. 37230/2022, Cass. n. 20930/2014).
Ove l’Amministrazione assolva l’anzidetto incombente istruttorio, spetta al contribuente offrire la prova contraria di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un imprenditore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportabili alle circostanze del caso concreto, per evitare di essere coinvolto in un’operazione finalizzata ad evadere l’imposta (cfr. Cass. n. 15749/2023, Cass. n. 14656/2023, Cass. n. 9955/2023).
In proposito, non si è mancato di specificare che, in materia di indetraibilità dell’IVA afferente ad operazioni soggettivamente inesistenti, non assumono rilievo elementi formali, quali le visure camerali attestanti l’esistenza in vita RAGIONE_SOCIALE società alienanti ovvero i pagamenti RAGIONE_SOCIALE forniture eseguiti con bonifici o assegni, come pure la congruità del prezzo corrisposto rispetto a quello di mercato, in quanto tali elementi non possono integrare un compendio probatorio logicamente coerente, in assenza della concomitante ponderazione degli indizi di segno contrario allegati dal Fisco che, secondo un giudizio prognostico da compiere ex ante , pongano in discussione l’esistenza stessa di contatti diretti fra contribuente e società ritenute ‘cartiere’, e in definitiva il grado di consapevolezza del contribuente medesimo circa il carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE vendite operate da soggetti privi di autonoma organizzazione (cfr. Cass. n. 6430/2021, Cass. n. 10793/2015).
2.3 Tanto premesso in punto di diritto, deve rilevarsi che nella fattispecie in esame la C.T.R. si è limitata ad affermare l’esistenza di «una serie di elementi oggettivi e soggettivi» -individuati nell’avvenuta consegna della merce, nella tracciabilità dei pagamenti eseguiti e nella congruità del prezzo corrisposto- dai quali sarebbe evincibile la correttezza della fatturazione effettuata
dalla ditta <RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, soggiungendo che non poteva onerarsi la società contribuente della prova negativa di non essere stata «a conoscenza di eventuali truffe» perpetrate da terzi e che, in ogni caso, il comportamento della stessa doveva essere valutato «sul presupposto che, usando una ordinaria diligenza, … non sarebbe potuta venire a conoscenza» della circostanza che l'operazione si iscrivesse in un'evasione dell'imposta.
2.4 Dal tenore della motivazione della sentenza, come innanzi trascritta, si evince, in modo inequivoco, che il giudice di secondo grado non ha minimamente preso in considerazione i plurimi elementi indiziari addotti dall'RAGIONE_SOCIALE -ai quali, peraltro, viene fatto espresso, ancorchè sintetico, riferimento nella parte narrativa-, essendosi semplicemente soffermato su taluni aspetti della vicenda (effettiva consegna della merce fatturata, avvenuto pagamento del prezzo e ritenuta congruità dello stesso) che, al lume di quanto si è detto sopra, non rivestono un rilievo decisivo ai fini della soluzione della presente controversia.
2.5 Risultano, pertanto, violate le surriferite regulae iuris sul riparto dell'onere probatorio in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, in base alle quali il giudice tributario deve in primo luogo sottoporre a vaglio critico, singolarmente e nel loro complesso, gli elementi presuntivi offerti dal Fisco a sostegno della contestata natura elusiva di una determinata operazione commerciale e soltanto in un secondo momento, ove gli stessi siano reputati gravi, precisi e concordanti, passare a valutare la prova contraria eventualmente fornita dal contribuente.
2.6 Per quanto precede, va disposta, a norma dell'art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. , la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, perché rivaluti la questione oggetto del presente ricorso alla luce dei princìpi di
diritto sopra espressi.
Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a mente dell'art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione