Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17124 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17124 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 25/06/2025
Consorzio Contributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19663/2022 R.G. proposto da Galleria RAGIONE_SOCIALE Oddi (91103120331), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Piacenza (91096830335), in persona del suo Presidente p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE EMAIL e dall’avvocato NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE; EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 119/2022, depositata il 28 gennaio 2022, della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 23 aprile 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 119/2022, depositata il 28 gennaio 2022, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha accolto l’appello proposto dal Consorzio di Bonifica di Piacenza, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che recava accoglimento dell’impugnazione di un diniego del rimborso richiesto dal contribuente con riferimento ai contributi consortili corrisposti per gli anni dal 2011 al 2014.
1.1 -Per quel che qui rileva, il giudice del gravame ha considerato che la riscossione dei contributi consortili, dietro loro iscrizione a ruolo, risultava prevista dall’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999, avendo la giurisprudenza di legittimità statuito che i contributi di bonifica continuano ad essere riscossi tramite ruolo secondo le norme che regolano l’esazione delle imposte dirette in quanto, anche ritenendo che l’art. 14, comma 14, l. n. 246 del 2005 abbia abrogato l’art. 21 r.d. n. 215 del 1933, quest’ultima disposizione è resa “ultra vigente” dall’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999; così che, dall’omessa impugnazione degli atti esattoriali, ne conseguiva l’inammissibilità dell’istanza di rimborso .
-La RAGIONE_SOCIALE COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, ed ha depositato memoria.
Resiste con controricorso il Consorzio di Bonifica di Piacenza che anch’esso ha depositato memoria .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorso espone le seguenti censure:
1.1 -col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, assumendo che la gravata sentenza aveva pretermesso di esaminare «la questione degli opposti orientamenti di Codesta Corte sulla portata e la valenza della c.d. ‘clausola di continuità’ di cui all’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 46/1999 è stata oggetto di discussione fra le parti (memoria 10.1.2022 appellata, memoria 7.1.2022 appellante e discussione orale) e costituiva per certo un fatto decisivo per il giudizio;.»;
1.2 -col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115, primo comma, cod. proc. civ. sull’assunto che -contrariamente a quanto rilevato dal giudice del gravame -la contestata illegittimità dell’imposizione, per difetto di un beneficio fondiario, era stata provata con la produzione di una sentenza (n. 604/2014, del Tribunale di Piacenza) che, in esito ad una C.T.U., aveva accertato l’insussistenza di un qualche beneficio (di scolo o idraulico) per gli immobili ricadenti nel piano di classifica (del quale era stata, pertanto, richiesta la disapplicazione);
1.3 -il terzo motivo, anch’esso articolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 1, sull’assunto che, nella fattispecie, – ed a fronte della liquidazione delle spese del doppio grado di giudizio – ricorrevano i presupposti per una compensazione delle spese in ragione di antinomie interpretative, emerse nella stessa giurisprudenza di legittimità, quanto alla persistente vigenza del potere di riscossione dei contributi consortili a mezzo ruolo.
-In via pregiudiziale alla loro disamina, deve rilevarsi innanzitutto che, con la depositata memoria, parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare al primo motivo di ricorso;
detta rinuncia, secondo un consolidato orientamento della Corte, rende allora superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno delle relative censure, ed è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, perché – implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa – è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e rimane, con ciò, sottratta alla disciplina della rinuncia al ricorso posta dall’art. 390 cod. proc. civ. (v., ex plurimis , Cass., 17 giugno 2022, n. 19530; Cass., 13 gennaio 2021, n. 414; Cass., 27 agosto 2020, n. 17893; Cass., 3 novembre 2016, n. 22269; Cass., 15 maggio 2006, n. 11154; Cass., 23 ottobre 2003, n. 15962).
-Tanto premesso, il secondo motivo è inammissibile.
3.1 -In disparte che, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione ), v’è che, nella fattispecie, e come anticipato, il giudice del gravame ha (in primo luogo) rilevato che l’istanza di rimborso doveva ritenersi inammissibile per omessa impugnazione -e conseguente
definitività -degli atti esattoriali che, recando l’esposizione della pretesa impositiva, non avevano formato oggetto di impugnazione.
La Corte, difatti, ha ripetutamente statuito, in tema di rimborso, che qualora il contribuente non impugni l’atto col quale l’amministrazione ha azionato la pretesa tributaria e, quindi, presenti istanza di rimborso di quanto già pagato in relazione al titolo impositivo, da lla definitività di quest’ultimo, per difetto di impugnazione, deriva l’inammissibilità dell’istanza di rimborso, perchè contrastante con il titolo, ormai definitivo, che giustifica l’attività di riscossione dell’amministrazione (v., ex plurimis , Cass., 29 novembre 2019, n. 31236; Cass., 17 ottobre 2019, n. 26378; Cass., 31 luglio 2018, n. 20367; Cass., 13 novembre 2014, n. 24239; Cass., 11 febbraio 2011, n. 3346; Cass., 4 dicembre 2008, n. 28784; Cass., 15 gennaio 2007, n. 672; Cass., 2 settembre 2004, n. 17718; Cass., 2 maggio 1997, n. 3792).
3.2 -Venendo in rilievo una ratio decidendi autonoma -e (così) suscettibile di fondare ex se la pronuncia di accoglimento del gravame con riforma della sentenza (allora) impugnata, che recava accoglimento del ricorso proposto avverso il diniego di rimborso, -l’inammissibilità del motivo è replicata dal l’omessa impugnazione di detta ratio decidendi in quanto, quand’anche fondata, la censura in esame non potrebbe comunque condurre all’annullamento della decisione (ora) impugnata (v., per tutte, Cass. Sez. U., 29 marzo 2013, n. 7931 cui adde Cass., 11 agosto 2023, n. 24570; Cass., 18 giugno 2019, n. 16314; Cass., 4 marzo 2016, n. 4293).
-Del pari inammissibile è il terzo motivo di ricorso.
4.1 -In disparte (anche qui) che il rilievo svolto dal giudice del gravame -quanto, dunque, a versamenti eseguiti su cartelle di pagamento non impugnate, con conseguente inammissibilità dell’istanza di rimborso, – fondava ex se la rilevata soccombenza,
secondo il consolidato orientamento interpretativo della Corte, il sindacato di legittimità sulla disciplina delle spese processuali è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, così che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass., 21 marzo 2024, n. 7572; Cass., 19 novembre 2021, n. 35616; Cass., 17 ottobre 2017, n. 24502; Cass., 31 marzo 2017, n. 8421; Cass., 19 giugno 2013, n. 15317).
-Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 1.486,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge ; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2025.