Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18009 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18009 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
OGGETTO:
Istanza
di
rimborso – Silenzio rifiuto –
Diritto
contro
verso
–
Verificarsi del presupposto della restituzione –
Decorrenza.
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito Pec, avendo la controricorrente dichiarato domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 73/2019, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria il 25.2.2019, e pubblicata il 2.5.2019;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE incorporava nel 2008 due società di cui deteneva il 100% del capitale sociale. Aderiva quindi alla procedura di riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio e versava in tre rate l’imposta sostitutiva, complessivi Euro 32.940,00, ai sensi dell’art. 1, commi 46 e 47, della legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008). La prima rata era però versata in ritardo e la società riteneva di avvalersi della procedura del ravvedimento operoso versando, oltre la rata, anche sanzioni ed interessi. L ‘Agenzia delle Entrate riteneva che, in conseguenza del ritardo, la procedura non si fosse perfezionata, e notificava due avvisi di accertamento per gli anni 2010 e 2011. La società impugnava gli atti impositivi, sostenendo che la procedura di riconoscimento dei maggiori valori dovesse ritenersi compiuta.
Sia la CTP adita in primo grado, sia la CTR adita in sede di appello, ritenevano che non potesse operare l’istituto del ravvedimento operoso, e rigettavano i ricorsi della società. La decisione dei giudici del gravame passava in giudicato il 28.4.2016. Quindi la società, con istanza del 9.6.2016, domandava il rimborso delle somme versate per il riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio, non essendosi perfezionata la procedura. L’Amministrazione finanziaria non rispondeva.
Maturati i termini di legge la società impugnava il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, che riteneva infondate le repliche dell’Amministrazione finanziaria ed accoglieva il ricorso, affermando che il rimborso spettava alla contribuente.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole adottata all’esito del primo grado del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria dell’Umbria deducendo , tra l’altro, che l’istanza di rimborso era stata proposta tardivamente dalla contribuente.
La CTR -con la sentenza richiamata in epigrafe – confermava la pronuncia di primo grado, ritenendo che il termine biennale per proporre l’istanza di rimborso dovesse decorrere non dai versamenti dell’imposta, bensì dal verificarsi del presupposto del rimborso, da individuarsi nella data in cui è divenuto definitivo il rigetto dell’impugnazione proposta dalla contribuente nei confronti degli avvisi di accertamento, conseguenti al disconoscimento della validità della procedura di riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio.
Avverso la suddetta pronuncia del giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Ente impositore, affidandosi ad un motivo di ricorso.
Ha resistito mediante controricorso la contribuente.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore contesta la violazione dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in cui si assume essere incorsa la CTR ritenendo che il termine biennale per la proposizione dell’istanza di rimborso dovesse decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza che ha definitivamente accertato il mancato perfezionamento della procedura di riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio promossa dalla società, e non dal versamento delle somme domandate in restituzione.
Occorre osservare che, effettivamente, la CTR ha ritenuto che il presupposto dell’istanza di rimborso, di cui al citato art. 21, dovesse essere individuato nella definitività della pronuncia che ha accertato il mancato perfezionamento della procedura di riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio promossa dalla società.
La CTR scrive pure, peraltro, che ‘da ultimo … il mancato rimborso determinerebbe un ingiustificato arricchimento per l’Amministrazione’ (sent. CTR, p. II).
2.1. La questione del quando maturi il presupposto per la proposizione dell’istanza di rimborso introdotta ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, nella versione applicabile ratione temporis , che detta ‘ La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ‘, individuato quest’ultimo, dalla CTR, nella definitività della decisione con cui il giudice tributario ha accertato la invalidità della procedura di riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio, mentre la ricorrente Agenzia delle Entrate afferma che il termine di decorrenza deve individuarsi nella data in cui i versamenti di cui domanda il rimborso sono stati effettuati dalla società, assume rilievo nomofilattico, potendo interessare un numero elevato di processi.
2.2. Invero, a fronte della giurisprudenza citata a sostegno della propria tesi dall’Amministrazione finanziaria, deve anche tenersi conto, tra le altre, della pronuncia con la quale questa Corte ha affermato, con riferimento ad istanza di rimborso Iva fondato su actio iudicati , che ‘ La questione di diritto inerisce l’applicabilità del detto termine decadenziale anche nel caso in cui la domanda di rimborso abbia ad oggetto un credito d’imposta accertato con sentenza passata in giudicato. Ad essa deve darsi risposta negativa in quanto, nel caso in esame, il titolo sul quale si fonda la pretesa del contribuente è la sentenza passata in giudicato, ne consegue l’applicazione non del termine decadenziale in esame bensì del termine di prescrizione decennale, secondo la disciplina dell’actio iudicati di cui all’art. 1953 c.c. ‘ : Cass. sez. V, 9.11.2018, n. 28730.
2.3. Appare, quindi, opportuno differire la definizione del giudizio, rimettendo la decisione ad una pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rimetta la causa in pubblica udienza e ne dispone il rinvio a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, il 22.5.2025.