Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7338 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7338 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24231/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENETO n. 33/2019 depositata il 28/01/2019.
Cui è riunito il ricorso n. RG 14383/2021 proposto da RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENEZIA n. 677/2020 depositata il 18/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il difensore dell’RAGIONE_SOCIALE.
Udito il PG che ha concluso per l’accoglimento del ricorso Rg 24231/2019 e l’assorbimento del ricorso avverso la sentenza della CTR che ha respinto il ricorso per revocazione.
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE ricorre sulla base di quattro motivi per la cassazione della sentenza n. 33/2019 depositata il 28 gennaio 2019, con la quale la CTR del Veneto, nel confermare la sentenza di primo grado, respingeva il gravame dell’ente, statuendo che sussisteva la giurisdizione tributaria nonostante la natura non tributaria di taluni crediti recate dalle cartelle sottese;
conferma che non vi era stata violazione dell’art. 77 d.P.R. n. 602/73, ma che non poteva procedersi all’iscrizione ipotecaria sulla prima casa di abitazione per importi inferiori a 120.000 euro e che in ogni caso il bene ipotecato non risultava indicato in maniera corretta.
Il contribuente ha replicato con controricorso, eccependo la pendenza del giudizio di revocazione avverso la medesima sentenza oggetto dell’odierno ricorso per cassazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e depositando successivamente controricorso nel giudizio di cassazione pendente tra le medesime parti aventi ad oggetto il ricorso avverso la sentenza della CTR che ha respinto la domanda di revocazione della sentenza qui impugnata.
All’udienza del 2.11.2022, la Corte rinviava a nuovo ruolo per la eventuale riunione al giudizio RG.n. 14383/2021 avente ad oggetto la cassazione della sentenza n. 677/2020 della CTR del Veneto che ha respinto il ricorso per revocazione della sentenza n. 33 del 19.02.2019.
Nel giudizio Rg 14383/2021, l’RAGIONE_SOCIALE ricorre sulla base di un unico motivo per la cassazione della sentenza indicata n. 677/2020 con la quale la CTR del Veneto ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per revocazione della sentenza della medesima Commissione n. 33/2019, ritenendo che i giudici di appello, nello statuire in merito alla violazione dell’art. 77 d.P.R. 602/1973 hanno dimostrato di aver valutato l’allegata documentazione ritenendola inidonea; ravvisando l’inammissibilità del ricorso per revocazione anche per la pendenza del contemporaneo giudizio di cassazione. Il contribuente ha replicato con controricorso.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso RG 24231/2019 proposto dall’RAGIONE_SOCIALE e l’assorbimento del ricorso avverso la sentenza che ha dichiarato l’inammissibilità della revocazione.
MOTIVI DI DIRITTO
I ricorsi per cassazione proposti, rispettivamente, contro la sentenza d’appello e contro quella che ha deciso, dichiarandone l’inammissibilità, l’impugnazione per revocazione avverso la prima, in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità, debbono essere riuniti in applicazione (analogica, trattandosi di gravami avverso distinti provvedimenti) dell’art. 335 cod. proc. civ., che impone la trattazione in un unico giudizio di tutte le impugnazioni proposte contro la stessa sentenza, dovendosi ritenere che la riunione di detti ricorsi, pur non espressamente prevista dalla norma del codice di rito, discenda dalla connessione esistente tra le due pronunce poiché sul ricorso per cassazione proposto contro la sentenza revocanda può risultare determinante la pronuncia di cassazione riguardante la sentenza resa in sede di revocazione( Cass., Sez. 3, 22/05/2015 n. 10534 ; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16435 del 05/08/2016).
Pertanto, il giudizio n. Rg 14383/21 deve essere riunito a quello recante il n. RG 24231/2019.
4. RG 14383/21
Con l’unico motivo, la società di riscossione deduce violazione degli artt. 395 e 398 c.p.c. nonché dell’art. 64 d.lgs 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, c.p.c.; per avere i giudici territoriali errato nel ritenere che la svista in cui erano incorsi i giudici del gravame dovesse essere considerata un errore di diritto, costituendo invece un errore di fatto dettato dall’erronea percezione in merito alla notifica dell’avviso di iscrizione ipotecaria depositata in giudizio. Sotto altro profilo, contesta la decisione della CTR, laddove ha ritenuto l’inammissibilità della revocazione, per la pendenza del giudizio di cassazione avverso la medesima decisione.
6. Il ricorso riunito sulla revocazione è infondato. Come esattamente osservato dalla Commissione Tributaria Regionale, l’affermazione del giudice di merito in ordine alla notifica dell’iscrizione ipotecaria non si risolveva in una mera svista
percettiva sul fatto, bensì in una determinata valutazione ricostruttiva dei limiti della lite stessa e del perimetro conseguentemente attribuibile, sul piano sia oggettivo sia soggettivo, alle domande di parte. Ciò basta ad escludere il carattere revocatorio dell’errore qui dedotto, in quanto si deduce, in realtà, con la doglianza, un’erronea valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze documentali in ordine alla notifica dell’avviso di ricevimento. Invero, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali (Cass. 26890/2019; Cass. 20635/2017). Nella specie, non costituisce vizio revocatorio l’asserita errata lettura del contenuto della relata di notifica del preavviso di iscrizione ipotecaria ( se allegata) che secondo la ricorrente, in realtà, sarebbe stata prodotta in giudizio – senza tuttavia indicare in quale sede del giudizio di merito l’avrebbe prodotta – in quanto fatto oggetto di controversia e implicante un’attività di valutazione del giudice, tanto che la CTP aveva ritenuto l’irrilevanza della notifica della prodromica comunicazione. In ogni caso, il motivo risulta inammissibile anche per difetto di autosufficienza, in quanto: a) la ricorrente si limita a pag. 8 del ricorso, ad affermare, del tutto genericamente, che « l’errore di percezione consiste nell’aver ritenuto non depositato quello che pacificamente era stato depositato>. Risulta, comunque, evidente che ciò che si contesta non è una falsa percezione della realtà, intesa come svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato «ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero
l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato» e che presuppone «l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa» (Cass. SU 31032/2019), ma un errore che coinvolge proprio l’attività valutativa del giudice su di un punto controverso oggetto della decisione, oltretutto sin dalle fasi di merito, – vale a dire la sussistenza o meno della notifica della previa comunicazione (cfr. Cass. del 26/01/2022; Cass. 26890 del 22/10/2019; Cass.
del 30/01/2019). La doglianza risulta pertanto inammissibile, assorbito il secondo profilo relativo alla contemporanea pendenza del giudizio di cassazione quale causa ostativa ala ricorso per revocazione.
Occorre tuttavia rilevare che la statuizione della CTR sotto detto ultimo profilo non è conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte.
L’assunto argomentativo della CTR è fondato su di una interpretazione manifestamente errata del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 64, comma 1, nella formulazione ratione temporìs applicabile, che dispone ‘Contro le sentenze RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocatone ai sensi dell’art. 395 c.p.c.. Questa Corte ha, infatti, precisato che la norma del processo tributario non ha inteso derogare al sistema processualcivilistico della revocazione come delineato dagli artt. 395, 396 e 398 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15319 del 29/11/2000), venendo a trovare esplicitazione la categoria RAGIONE_SOCIALE sentenze che non sono state i mpugnate con i mezzi ordinari sul punto dell’accertamento in fatto, nel d.lgs. n. 546 del 1992, art. 64, comma 2 medesimo, che analogamente alla disciplina dettata dall’art. 396 c.p.c., limita la revocazione RAGIONE_SOCIALE ‘ sentenze per le quali è scaduto il termine per
l’appello’ ai soli casi di revocazione straordinaria (art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 6) e sempre che i fatti che legittimano il ricorso per revocazione siano intervenuti dopo la scadenza del termine per l’appello. La impugnabilità per cassazione della sentenza di appello emessa dal Giudice tributario è del tutto irrilevante, pertanto, ai fini della verifica di ammissibilità del ricorso per revocazione, come peraltro emerge in modo inequivoco dalla disposizione dell’art. 398 c.p.c., comma 4, che interviene ad affermare il principio della tendenziale non interferenza del giudizio di merito (in revocazione) e del giudizio di legittimità, prevedendo, allo scopo di realizzare la economia dei mezzi processuali, la facoltà attribuita in via esclusiva al Giudice di merito avanti il quale è proposto il ricorso per revocazione di sospendere, su istanza di parte e qualora non ritenga il ricorso per revocazione manifestamente infondato, i termini per la proposizione del ricorso per cassazione, ovvero -se già propostodi sospendere la prosecuzione del giudizio di legittimità ‘fino alla comunicatone della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione’, norma che sarebbe priva di portata prescrittiva nel caso in cui, come erroneamente affermato dalla CTR, la proposizione del ricorso per cassazione rendesse per ciò solo inammissibile il giudizio revocatorio. Nè in contrario può ritenersi ostativa la previsione dell’art. 49 del Dlgs n. 546/92, collocata sotto la Sezione I “Le impugnazioni in generale” del Capo III “Le impugnazioni”, che parrebbe limitare il rinvio alle sole norme processuali civili di cui “al titolo III, capo L del libro 11 del codice di procedura civile, escluso l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto”, tenuto conto che proprio la clausola di salvezza contenuta in tale disposizione consente l’applicabilità al processo tributario dell’art. 398, comma 4, c.p.c., attraverso la serie di rinvii a catena operati dall’art. 66 (“davanti alla commissione tributaria adita per la revocazione si osservano le norme stabilite per il procedimento
avanti ad essa, in quanto non derogate da quelle della presente sezione”), dall’ art. 61 (“nel procedimento di appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione”) e dall’art. 1, comma 2, del Dlgs n. 546/92 (“i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”). Le Sezioni unite di questa Corte -n.
del 17/12/2018 – hanno statuito che . (v. le sentenze 15 ottobre 2009, n. 21927, e 11 maggio 2010 n. 11413; Cass. 3680 del 24/02/2016; S.U. 9776 del 26/05/2020).
In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, con aggravio di spese.
RG 24231/2019
6.In via preliminare l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riscossione deduce che le cartelle indicate alle pagine 8 e 9 del ricorso sono state oggetto di discarico a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 119/2018 che ha previsto l’annullamento automatico dei debiti sino a 1000,00 euro risultanti dai carichi affidati agli agenti di riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.
Con il primo motivo di ricorso formulato ai sensi dell’art. 360, n.3) c.p.c., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art.2 del d.lgs. n. 546/92, per avere la Regionale affermato la giurisdizione della Commissione tributaria anche per la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria relativa a crediti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE.
8.Con il secondo motivo si lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 329 c.p.c., ex art. 360, n. 4, c.p.c. per avere il decidente pronunciato su un motivo non proposto, relativamente alla violazione dell’art. 77 d.P.R. n. 602/73, assumendo che la CTP aveva accolto il motivo proposto dal contribuente con riferimento alla motivazione della comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria, mentre i giudici di appello si sono pronunciati sulla notificazione RAGIONE_SOCIALE comunicazione. In particolare, si deduce che il primi giudici hanno ritenuto irrilevante la preventiva comunicazione di iscrizione ipotecaria, ritenendo comunque illegittima l’iscrizione per carenza motivazionale, ancorchè il contribuente l’avesse impugnata adducendo l’omessa notifica della prodromica comunicazione; e, poiché il contribuente non aveva proposto appello incidentale relativamente alla censura respinta, i giudici territoriali avevano pronunciato in modo difforme sulla doglianza proposta nel giudizio di primo grado. A tal fine, l’RAGIONE_SOCIALE ha riprodotto il contenuto della motivazione di primo grado che, affermando la natura cautelare dell’iscrizione di ipoteca, .
Con il terzo motivo si lamenta la violazione degli artt. 76 e 77 del citato d.P.R. e dell’art. 52 d.l. 69/2013, ex art. 360, n. 3, c.p.c.; per avere il giudicante escluso la legittimità dell’iscrizione
ipotecaria sulla prima casa per debiti inferiori a 120.000 euro, mentre le menzionate disposizioni fanno riferimento al pignoramento e non all’apposizione di ipoteca.
10. La quarta doglianza lamenta la violazione dell’art. 77 d.P.R. n. 602/73, nonché degli artt. 2826 e 2839 c.c. ex art. 360, n. 3, c.p.c. per avere i giudici territoriali affermato che il bene ipotecato non risultava ben identificato. Al riguardo, la RAGIONE_SOCIALE ha trascritto il provvedimento con il quale si informa della avvenuta iscrizione ipotecaria da cui risulta l’identificazione anche catastale dell’immobile.
11.La prima censura è fondata.
Con riferimento alle controversie aventi per oggetto l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, anche a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate all’art. 19, comma 1, lett. e)-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, dall’art. 35, comma 26 -quinquies, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, n. 248, applicabile ratione temporis, ai fini della giurisdizione rileva la natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di iscrizione suddetta, con la conseguenza che la giurisdizione spetterà al giudice tributario o al giudice ordinario a seconda della natura tributaria, o meno, dei crediti, ovvero ad entrambi ciascuno per il proprio ambito come appena individuato – se quel provvedimento si riferisce in parte a crediti tributari ed in parte a crediti non tributari ( S.U. 17111/2017).
Al riguardo, il contribuente assume che l’eccezione di carenza di giurisdizione è stata sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE solo nel giudizio di appello, così violando il disposto dell’art. 38 d.lgs. 546/1992.
Il giudicato implicito, formandosi sulle questioni e sugli accertamenti che costituiscono il presupposto logico indispensabile di una questione o di un accertamento sul quale si sia formato un giudicato esplicito, non è configurabile in relazione alle questioni pregiudiziali all’esame del merito ovvero a quelle concernenti la
proponibilità dell’azione quando, intervenuta la decisione sul merito della domanda, la parte soccombente abbia proposto impugnazione relativamente alla sola (o a tutte le) statuizioni di merito in essa contenute, in quanto detta impugnazione impedisce la formazione del giudicato esplicito su almeno una questione o un accertamento di merito, che costituiscono l’indispensabile presupposto del giudicato implicito. Inoltre, quando il giudice decida esplicitamente su una questione, risolvendone implicitamente un’altra, rispetto alla quale la prima si ponga in rapporto di dipendenza e la decisione venga impugnata sulla questione risolta esplicitamente, non è configurabile un giudicato implicito sulla questione risolta implicitamente, essendo lo stesso precluso dall’impugnazione sulla questione dipendente, atteso che il giudicato implicito presuppone il passaggio in giudicato della decisione sulla questione dipendente decisa espressamente. (Nella specie, la S.C., nell’escludere la formazione del giudicato implicito sulla questione di ammissibilità di un ricorso in materia tributaria, proposto tardivamente contro una cartella di pagamento, sebbene il ricorso fosse stato respinto nel merito e la statuizione impugnata in appello solo nel merito, ha precisato che il principio giurisprudenziale del giudicato implicito sulla giurisdizione, di cui all’art. 37 cod. proc. civ., non è estensibile al di fuori dei casi relativi all’eccezione ed al rilievo del difetto di giurisdizione). del 13/01/2015; Cass.
del 19/12/2018).
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, l’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione RAGIONE_SOCIALE questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale,
essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito “per saltum”, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione RAGIONE_SOCIALE questioni di rito rispetto a quelle di merito ( S.U. del 09/10/2008; Cass. n. del 11/09/2019; v. S.U.
del 10/12/2020).
12. Anche la seconda censura è fondata.
In materia, per un verso, questa Corte ha stabilito il seguente principio di diritto: <Qualora un'eccezione di merito sia stata
ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un'enunciazione in modo espresso, o attraverso un'enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell'appello incidentale, che è regolato dall'art. 342 cod. proc. civ., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all'art. 346 cod. proc. civ. Qualora l'eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, la mancanza dell'appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatasi ex art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., anche il potere del giudice d'appello di rilevazione d'ufficio, di cui al secondo comma dell'art. 345 cod. proc. civ. Viceversa, l'art. 346 cod. proc. civ., con l'espressione "eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado", nell'ammettere la mera riproposizione dell'eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all'esito finale della lite, intende riferirsi all'ipotesi in cui l'eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione né attraverso un'enunciazione in modo espresso, né attraverso un'enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca. Quando la mera riproposizione (che dev'essere espressa) è possibile, la sua mancanza rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di rilevazione riguardo ad essa è riservato alla parte, mentre, se il potere di rilevazione compete anche al giudice, non impedisce ferma la preclusione del potere del convenuto – che il giudice d'appello eserciti detto potere a norma del secondo comma dell'art. 345 cod. proc. civ." (Cass., S.U., n.11799/2017; Cass. n. 24456 del 2020 ;Cass. 18119 del 24/06/2021).
La Regionale, invece, di statuire sulla doglianza proposta dall'RAGIONE_SOCIALE relativa alla affermata carente motivazione della comunicazione di iscrizione ipotecaria, ha rilevato la necessità della
preventiva comunicazione, incorrendo nel vizio il vizio di "ultra" o "extra" petizione poiché ha alterato gli elementi obiettivi dell'azione ("petitum" o "causa petendi"), emettendo un provvedimento diverso da quello richiesto ("petitum" immediato), ovvero valutando questioni non sottoposte al suo vaglio dall'appellante, così pronunciando oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori( v. Cass. n. 8048/2019; del 07/05/2019; ), in particolare su una questione sulla quale si è formata il giudicato, in quanto non oggetto di appello incidentale da parte del contribuente.
Tanto premesso, per altro verso, se è pacifico in atti che il contribuente si è limitato a rinnovare le contestazioni, già svolte in primo grado, in merito alla dedotta violazione dell'art. 145 c.p.c., così come è provato in atti che su tale capo della sentenza del giudice di prossimità il contribuente sia risultato soccombente, non di meno, questa Corte ha altresì statuito che : "In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado e la parte comunque vittoriosa per altre ragioni ne abbia devoluto la cognizione al giudice d'appello, erroneamente indicandola come mera riproposizione e non come gravame incidentale condizionato, si può procedere alla sua riqualificazione in applicazione del principio della idoneità dell'atto al raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c. (Sez. 3 – , Ordinanza n. 24456 del 03/11/2020, Rv. 659756 – 01). A questo generale potere di riqualificazione del giudice in ordine alla formulazione della domanda, nel caso in esame si aggiunge la non equivoca volontà della parte -nella forma e nella sostanza- di contestare l'assunto del giudice di prime cure circa le eccezioni pregiudiziali sollevate. Inoltre, va considerato che nel processo tributario l'appello incidentale non dev'essere notificato, ma è contenuto nelle controdeduzioni da depositare nel termine ordinario di costituzione dell'appellato, donde viene affievolita la distinzione
fra appello incidentale, riproposizione dei motivi e difesa del resistente. In questo senso è la costante giurisprudenza della Sezione sull'art. 53 c.p.t. (Cfr. Cass. VI-5, n. 1200 del 22/01/2016 e n. 30525 del 23/11/2018).
Tuttavia, il sign. COGNOME non ha provveduto alla trascrizione RAGIONE_SOCIALE difese proposte in appello ovvero alla produzione in questa sede dell'atto prefato, di guisa che non è dato procedere ad una riqualificazione RAGIONE_SOCIALE difese, il cui contenuto risulta esclusivamente dalla sentenza impugnata, laddove si afferma che il contribuente insiste nell'eccezione di prescrizione della pretesa creditoria.
Del pari, eventuali eccezioni concernenti la entità del debito avrebbero dovuto essere oggetto di specifica allegazione da parte del contribuente con l'impugnazione del preavviso di iscrizione ipotecaria, doglianze che non risultano formulate con il ricorso originario.
La terza e l'ultima censura sono meritevoli di accoglimento.
L'art. 3, d.l. del 02/03/2012 n. 16, ha introdotto il co. 1 bis all'art. 77 d.P.R. 602/1973, a mente del quale " L'agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1 anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all'espropriazione di cui all'art. 76, commi 1 e 2, purché' l'importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro." Ai sensi dell'art. 77 del citato d.p.r., " L'agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, anche quando non si siano verificate le condizioni per procedere ad espropriazione di cui all'art. 76 commi 1 e 2". È, quindi, la stessa evoluzione della disciplina di riscossione a rendere pensabile ora la possibilità di iscrivere ipoteca quand'anche non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all'espropriazione, ovvero quand'anche ex lege inibite, e
ciò "anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere " fatta salva, comunque, la soglia minima del quantum da recuperare.
Dunque, il d.l. n. 69/2013, con il quale il legislatore ha optato per un disallineamento dei limiti di operatività dell'ipoteca e dell'espropriazione immobiliare, prevede al comma 1 bis dell'art. 77 cit. che può essere disposto l'ipoteca anche quando non si sono ancora verificate le condizioni per procedere ad espropriazione, modificando l'art. 76 del d.P.R. 602/1973, innalzando il limite per il pignoramento immobiliare a 120.000,00 euro. Ed infatti, l'iscrizione ipotecaria de qua, per la sua finalità di tutela, incontra l'unico limite del quantum debeatur , così per come fissato dal legislatore, e non soggiace ai limiti per procedere ad esecuzione forzata, attesa la natura, meramente, di tutela del credito" da riscuotere.
Bisogna poi ricordare che, sempre per effetto del d.l. 69/2013, ora il pignoramento, a prescindere dall'entità del debito, è vietato per l'unica casa di abitazione del debitore, se questi vi risiede anagraficamente eccezion fatta per le case di lusso.
Gli articoli 76 (Espropriazione immobiliare) e 77 (Iscrizione di ipoteca) del succitato d.P.R. introducono RAGIONE_SOCIALE novità, come si evince dal testo della norma: è inibita la possibilità, all'Agente della riscossione, di procedere all'esecuzione forzata sulla prima e unica casa di abitazione, in cui il debitore risiede anagraficamente, a fronte di debiti iscritti a ruolo. Invero, ad eccezione dei casi in cui l'immobile sia di lusso o comunque classificato nelle categorie catastali A/8 e A/9 (ville e castelli); il limite del credito complessivo necessario per procedere ad esecuzione forzata per le abitazioni non prima casa o di lusso e RAGIONE_SOCIALE succitate categorie catastali è elevato ad € 120.000,00. È fatta salva, però, la possibilità di iscrivere ipoteca anche al di sotto di tali soglie ed anche sulle prime case, solo a fini cautelari e per la tutela dei crediti iscritti a ruolo laddove l'esecuzione fosse avviata da terzi.
Allora, anche in questo caso si verifica un 'doppio binario', che rende legittima l'ipoteca ma non il pignoramento, sempre che, ai fini dell'ipoteca, il debito sia superiore alla soglia dei 20.000,00 euro, rimasta invariata.
Se il Legislatore ammette espressamente l'ipoteca quando il pignoramento non può avvenire (e questo è un dato oggettivo), va da sé che la prima viene ad assumere non tanto la funzione che gli è propria (ovvero l'ottenimento di una garanzia reale), ma appunto una nuova finalità, quella cautelare( cfr. Cass. n. 22859/2018; Cass. 12699/2017).
Si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza, n.19667/2014 – seppur affrontando il diverso tema dell'applicabilità o meno alla fattispecie prevista all'art. 77 d.P.R. n. 602 del 1973, dell'art. 50, comma 2, del medesimo decreto cit. – sono pervenute ad escludere l'iscrizione ipotecaria, ex art. 77 d.P.R. n. 602 del 1973, dall'ambito specifico dell'espropriazione. In particolare, ritenendo valide le medesime conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite con l'ordinanza n. 14831 del 2008 rispetto al fermo amministrativo, hanno affermato – nella parte motiva -che, nonostante la collocazione al capo II del Titolo II nel d.P.R. n. 602 del 1973 della disciplina dell'iscrizione di ipoteca potrebbe far propendere maggiormente ad una relazione strettamente funzionale della stessa con l'espropriazione forzata, " l'iscrizione ipotecaria, prevista dall'art.77 del d.P.R. 29 settembre 1973 n.
602, non costituisce atto dell'espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria". Ciò posto, questa Corte, a fronte, quindi, della dichiarata natura alternativa e svincolata dall'esecuzione forzata dell'iscrizione di ipoteca finalizzata ad assicurare la riscossione dei crediti tributari per come meglio supra – ne ha affermato sia la giuridica autonomia della disciplina (v. tra le altre, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4464 del 07/03/2016) sia la funzione di garanzia (cfr. Cass. n. 13618/2018). Ebbene, proprio in merito a quest'ultima, la Corte ha avuto modo di specificare (v. Cass. n. 7002/2020) come le previsioni di vincoli sulla natura dei beni, quali cause di "inespropriabilità" -in particolare, l'indisponibilità ed impignorabilità di immobili, ex artt. 828-830 c.c. – non ostano all'iscrizione su di essi dell'ipoteca, ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, atteso che detti vincoli assumono rilevanza in merito all'espropriazione forzata, e non anche rispetto all'ipoteca, quale atto solo preordinato all'esecuzione, avente funzione di garanzia e di cautela.
Da un lato, dunque, l'iscrizione ipotecaria non costituisce atto di espropriazione forzata (Cass. trib 22.2.2017 n. 4587), dall'altro, sulla casa di abitazione può essere iscritta ipoteca da parte dell'agente della riscossione a garanzia della sua pretesa creditoria, in quanto essa continua a far parte dei beni che assicurano la garanzia patrimoniale dell'art. 2740 cod. civ.
Quanto al contenuto dell'iscrizione ipotecaria, oggetto dell'ultimo strumento di ricorso, ha errato il decidente a respingere l'appello avverso la sentenza di primo grado che ne affermava l'illegittimità per la carenza di taluni requisiti essenziali non individuati.
L'iscrizione allegata al ricorso contiene, difatti, tutti gli elementi essenziali quali le parti, la pretesa creditoria e l'indicazione dei titoli recanti i crediti, l'importo recato da ogni singola cartella e quello complessivo nonchè i dati catastali dell'immobile sul quale veniva iscritta l'ipoteca. La mancata indicazione della rendita catastale è
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elemento del tutto inconferente, tenuto conto che essa risulta dalle visure catastali accessibili a tutti i cittadini.
In conclusione, il ricorso Rg 24231/19 deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata con conseguente reiezione del ricorso originario del contribuente.
Sussistono i presupposti, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE alterne vicende processuali, per compensare le spese del giudizio di merito. Le spese dei giudizi riuniti di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M. La Corte di Cassazione Dispone la riunione del giudizio RG 14383/21 al giudizio Rg n. 24231/19; dichiarata cessata la materia del contendere rispetto ai carichi annullati di cui alle pagine 8 e 9 del ricorso per cassazione; accoglie il primo motivo del ricorso n. RG 24231/19, dichiarando il difetto di giurisdizione rispetto ai crediti di natura non tributaria, accoglie anche i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, con conseguente reiezione del ricorso originario della contribuente; Rigetta il ricorso di cui al giudizio RG 14383/2021; compensa le spese del giudizio di merito; condanna parte contribuente alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dall'RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE per il giudizio Rg 24231/2019 che liquida in euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito; condanna la RAGIONE_SOCIALE alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dal contribuente che liquida in euro 6.000,00 oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Così deciso all'udienza della sezione tributaria della Corte di cassazione, del 28.02.2024.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME