Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15563 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15563 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10720/2021 R.G. proposto da: ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE COGNOME AVV.COGNOME E NOME STUDIO LEGALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE PER RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE ADER RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Salerno INDIRIZZO presso lo studio
dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro RTI RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 4527/2020 depositata il 06/10/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Procuratore Generale dott. COGNOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatti rilevanti di causa.
§ 1 L’Associazione RAGIONE_SOCIALE propone undici motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione Tributaria Regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per Tarsu 2012 notificatole il 22.12.2017 -4.1.2018, per immobile destinato a studio legale, dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese (concessionario della riscossione per Napoli e provincia) composto da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha rilevato che:
-diversamente da quanto sostenuto dalla contribuente, l’avviso di accertamento in questione era stato legittimamente adottato dal RTI, il
quale si era aggiudicato in gara pubblica il servizio di accertamento e riscossione, ed era poi stato investito della relativa concessione da parte del Comune di Napoli;
-quanto al requisito dell’iscrizione all’albo ministeriale (artt. 52 e 53 d.lgs.446/97), era necessario e sufficiente che tale iscrizione concernesse, nell’ambito di un RTI a struttura verticale, le sole partecipanti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (in quanto addette alle attività principali di accertamento, riscossione e gestione della tassa rifiuti), effettivamente iscritte, non anche RAGIONE_SOCIALE (in quanto adibita alle sole attività secondarie e marginali);
-infondate erano le ulteriori doglianze della contribuente, dal momento che: -la stessa Associazione aveva riferito di aver denunciato l’immobile solo nel 2015; – a differenza del 2011 (annualità pure richiesta in avviso, ma per la quale il primo giudice aveva affermato, con statuizione non gravata, la decadenza dalla pretesa), l’annualità 2012 non era incorsa in alcuna decadenza ex art. 1 co. 161 legge n.296/06, decorrendo il termine quinquennale ‘dal 31 dicembre successivo al termine di presentazione della dichiarazione’, nella specie appunto avvenuta nel 2015; – solo in appello la contribuente aveva prodotto fotocopia di documentazione concernente l’immobile, senza tuttavia provare l’affermata eccessività della superficie tassabile; -infondato era il motivo di gravame sul calcolo delle sanzioni 2012 ex art. 13 d.lgs. 471/97, vertendosi qui di omessa dichiarazione e non di omesso versamento di somme rinvenienti da regolare dichiarazione.
Resiste con controricorso il RTI, dando preliminarmente atto del subentro in esso di Agenzia Entrate Riscossione in luogo di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), ex art. 1 d.l. 193/16 conv. in l. 225/16.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, dal momento che tutte indistintamente le società facenti parte del RTI
dovevano essere iscritte all’albo ministeriale, secondo quanto già stabilito da questa Corte con ordinanza n. 35338/22.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione.
§ 2. Va preliminarmente affermata -vertendosi di questione rilevabile d’ufficio la validità della costituzione di RTI, nel presente giudizio di legittimità, a mezzo di avvocato del libero foro, indipendentemente dal fatto che di esso faccia oggi parte, per effetto dell’indicata successione ex lege ad Equitalia, l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Nella specie, l’incarico difensivo viene espletato, per conto dell’intero RTI, in forza della procura speciale rilasciata non da Ader, ma dal dott. NOME COGNOME quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e responsabile della gestione del raggruppamento, ad avvocato del libero foro. Si legge nella procura in esame: ‘ a tanto autorizzato in virtù di procura speciale per notaio NOME COGNOME repertorio 43.250 raccolta 24.654 del 9 novembre 2017 registrata in Roma il 20 novembre 2017 al n. 30.136 serie 1T – ricorrendone i presupposti in considerazione della peculiarità dell’appalto e della circostanza che, nell’ambito del raggruppamento, RAGIONE_SOCIALE è deputata alla emissione e notifica degli accertamenti e, di conseguenza, alla gestione del correlato contenzioso (…)’.
Sul punto ci si limita a richiamare quanto, in identica fattispecie, recentemente stabilito da questa Corte con ordinanza n. 25925 del 2 ottobre 2024, secondo cui: ‘ In tema di rappresentanza processuale, l’art.1, comma 8, del d.l. n.193 del 2016, conv. con modif. dalla l. n. 225 del 2016, ed il Protocollo 22 giugno 2017, intervenuto tra l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) e l’Avvocatura generale dello Stato, non sono applicabili rispetto ad un raggruppamento temporaneo di imprese di tipo misto, con AdEr quale mandataria e capogruppo, quando la procura ad litem al difensore viene rilasciata, previa autorizzazione
della stessa AdEr, dal legale rappresentante di una impresa mandante, atteso che il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta alla mandataria o capogruppo esclusivamente nei confronti della stazione appaltante e per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto, ma non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, quale nella specie la contribuente ‘.
§ 3.1 Con il primo ed il quarto motivo di ricorso la contribuente lamenta -ex art. 360 co. 1^ n. 3 cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 37 d.lgs. 163/06 e dei principi generali in tema di affidamento in concessione di servizi pubblici, nonché degli artt. 11 co. 5 quater d.l. 195/09, 52 co. 5^ lett. b) nn. 1, 2, 4 e 53 d.lgs.446/97, 97 Cost. e dei principi generali di legalità dell’azione amministrativa. Erroneamente la Commissione Tributaria Regionale aveva applicato nella specie la disciplina degli appalti pubblici di cui al d.lgs. 163/06 (Codice dei contratti pubblici) in luogo di quella della concessione di servizi pubblici locali (accertamento e riscossione Tarsu) invece applicabile ex art. 30 d.lgs. cit.. Di conseguenza, erronea era la distinzione tra attività principali e secondarie ex art. 37 d.lgs. cit., dal momento che in materia di servizi pubblici vigeva una regola di unitarietà, infrazionabilità e, nel caso di affidamenti misti, di assorbimento da parte dell’attività predominante (così l’attuale art. 169 del d.lgs.50/2016, Nuovo codice dei contratti pubblici, ma sulla base di una regola già precedentemente evincibile). Da ciò derivava che all’iscrizione all’albo speciale di cui all’art. 53 d.lgs.446/97 erano tenute tutte indistintamente le società partecipanti al RTI, compresa RAGIONE_SOCIALE; ed illegittima sarebbe stata la lex specialis di gara che tale generalizzata iscrizione non avesse previsto. Del tutto irrilevante era dunque il fatto che ad Ottogas fossero state affidate solo attività considerate secondarie o marginali.
Con il secondo ed il quinto motivo di ricorso si lamenta -ex art. 360 co. 1^ n. 5 cod.proc.civ. -omesso esame di fatti decisivi del giudizio oggetto di discussione tra le parti, quali: – la natura di concessione di servizi, e non di appalto pubblico, della fattispecie; – la irrilevanza normativa della distinzione tra attività principale e secondaria; – la natura non secondaria dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, avendo l’ente impositore assegnato al RTI, unitariamente inteso, ogni funzione di controllo e responsabilità.
Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza per motivazione perplessa, ‘inconciliabile’ e contraddittoria, per avere essa da un lato -riconosciuto che il Comune di Napoli aveva affidato al RTI l’attività unitaria di accertamento e riscossione, salvo poi affermare -dall’altro che le attività andavano scorporate al fine di valutare il requisito di iscrizione all’albo.
Con il sesto motivo di ricorso si lamenta nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., con riguardo alla mancata pronuncia, da parte della Commissione Tributaria Regionale, sull’eccezione proposta dalla contribuente (tanto in primo quanto in secondo grado) circa il fatto che (quand’anche ritenuta la scorporabilità delle attività) non vi fosse alcuna prova che l’avviso di accertamento in questione fosse riferibile alle sole società iscritte e non anche ad Ottogas, tanto più che RTI aveva sempre rivendicato a sé, in giudizio, l’unitarietà del servizio di accertamento, e che l’avviso opposto, oltre ad essere sottoscritto a nome di tutte le società componenti, recava anche, in intestazione, il logo di Ottogas.
§ 3.2 Questi sei motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle censure con essi sollevate, sono infondati.
Per quanto concerne i dedotti vizi di insufficienza motivazionale, si osserva in primo luogo come – secondo quello che è ormai divenuto, a seguito di Cass.SU n. 8053/14, vero e proprio diritto vivente in materia
-la doglianza di mera insufficienza motivazionale non è oggi (dopo la riforma di cui al d.l. n. 83/12 conv. in legge 134/12) più consentita, posto che la riformulazione dell’art. 360 co. 1^ n.5) cod.proc.civ. così apportata ‘ deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione ‘ (SU cit., ed innumerevoli altre).
Nel caso di specie la motivazione della Commissione Tributaria Regionale si pone ben al di sopra di questo parametro minimo, necessario e sufficiente, avendo adeguatamente argomentato in ordine al proprio convincimento di infondatezza dell’eccezione di parte contribuente, così da enucleare una chiara e ben individuabile (non apparente, né contraddittoria, né perplessa) ratio decisoria, difatti puntualmente censurata nei suoi risvolti tanto fattuali quanto giuridici. In definitiva, i profili di ricorso in esame appaiono non soltanto giuridicamente avulsi dal contesto interpretativo ormai assodato, ma anche lontani dalla realtà della concreta situazione processuale.
§ 3.3 Le doglianze sono poi infondate anche nel loro contenuto sostanziale relativo alla asserita necessità, pena l’invalidità degli atti accertativi e riscossivi, che anche Ottogas fosse iscritta all’albo ministeriale di cui all’art. 53 d.lvo. n. 446/97, come richiamato per
l’ipotesi di esternalizzazione del relativo servizio comunale dall’art. 52, co. 5^ lett.b) d.lvo cit..
Per quel che qui rileva, il d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 ( ratione temporis ) disponeva nei seguenti termini:
–
«……..
I regolamenti, per quanto attiene all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:
……..
qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1; ……………» ;
«Presso il Ministero delle finanze è istituito l’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni» (art. 53, comma 1; v., altresì, il d.m. 11 settembre 2000, n. 289 recante il relativo regolamento).
La Corte ha già avuto modo di rilevare che:
– la disciplina del Raggruppamento Temporaneo di Imprese portata dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 37 (v. poi, negli stessi sostanziali termini, il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 48) distingue due tipi di raggruppamento, quello orizzontale (quando, per i servizi e le forniture tutte le imprese riunite eseguono la medesima prestazione) e quello verticale (quando, invece, per i servizi e le forniture, la mandataria esegue la prestazione principale e le mandanti eseguono le prestazioni secondarie), essendo, inoltre, consentito anche il raggruppamento c.d. misto, che è un raggruppamento verticale in cui l’esecuzione delle
singole prestazioni (per i servizi e le forniture) viene assunta da subassociazioni di tipo orizzontale;
«come ribadito anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. nn. 435/2005, 2294/2002, 2580/2002), in via generale, in caso di partecipazione alla gara – indetta per l’aggiudicazione di appalto di servizi – di imprese riunite in raggruppamento temporaneo, come nel caso di specie, occorre distinguere nettamente fra i requisiti tecnici di carattere oggettivo (afferenti in via immediata alla qualità del prodotto o servizio che vanno accertati mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese), dai requisiti di carattere soggettivo (che devono essere posseduti singolarmente da ciascuna associata), tanto che può verificarsi l’ipotesi di concorrente che, sebbene fornito di tutti i requisiti di qualificazione, non sia in grado di offrire uno specifico servizio per la cui erogazione avrebbe, in astratto, tutti i titoli in termini di capacità organizzativa, di controllo e di serietà imprenditoriale»;
-«secondo un principio di fondo del sistema, tali certificazioni costituiscono, infatti, un requisito tecnico di carattere soggettivo e devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate a meno che non risulti che esse siano incontestabilmente riferite unicamente ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate (cfr. Cons. St. nn. 1459/2004, 2569/2002)»;
«più volte, pertanto, è stato ribadito che sul piano sostanziale la certificazione di qualità, diretta a garantire che un’impresa è in grado di svolgere la sua attività almeno secondo un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò preposto, è un requisito che deve essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili (cfr., ex plurimis , Cons. St., nn. 4668/2006, 2756/2005, 2569/2002, 5517/2001)»;
«il consolidato orientamento del Giudice amministrativo è stato peraltro costantemente condiviso e ribadito, per parte sua, anche
dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, ad esempio nel parere precontenzioso n. 254 del 10.12.2008, laddove la medesima Autorità ha chiarito come nei raggruppamenti “il requisito soggettivo” in parola debba essere “posseduto” da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili» (così Cass., 30 novembre 2022, n. 35338 cui adde Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391; Cass., 8 giugno 2023, n. 16261).
Tanto posto, va allora rimarcato, innanzitutto, che nulla escludeva, nella fattispecie, che l’affidamento dei servizi in questione avvenisse dietro distinzione tra attività principali e attività secondarie (di cd. supporto); e che, per queste ultime, non risultasse necessaria l’iscrizione all’Albo (in questo senso v. Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391).
La stessa giurisprudenza amministrativa, difatti, aveva rimarcato anche nella prospettiva della necessaria ricorrenza del requisito dell’iscrizione in un albo speciale (Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali) qual prescritta, ai fini dell’affidamento a terzi dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 53 (Albo disciplinato, poi, dal d.m. 11 settembre 2000, n. 289) – la distinzione tra concessione (in senso proprio) di un pubblico servizio e affidamenti (in convenzione) di attività di supporto (alla gestione, accertamento e riscossione delle entrate tributarie) che, – non comportando «la delega al privato della potestà pubblicistica» (che rimane di pertinenza dell’Ente impositore), -si risolvono in prestazioni (meramente) strumentali rispetto alle quali «il controllo e la responsabilità su tutte le attività di accertamento e riscossione rimane in capo alla stazione appaltante, attraverso l’utilizzo di modelli da questa predisposti, nonché attraverso il controllo e l’assunzione di responsabilità da parte del funzionario responsabile del Comune su tutte le attività svolte dall’aggiudicataria» (così che «il
potere tributario resta di pertinenza del Comune» cui fanno capo «la titolarità degli atti e la riscossione delle entrate derivanti dal servizio»; v. Tar Roma, sez. II, 10 maggio 2016, n. 5470; Tar Bari, 24 marzo 2016, n. 424; Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2015, n. 1999; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2014, n. 1421).
E, con riferimento alla natura dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese, si è, per l’appunto rilevato che (solo) in relazione ad un affidamento di servizi per il quale la legge di gara non distingue tra prestazioni principali e secondarie, limitandosi ad elencare le attività dedotte in contratto, non può essere ammessa la partecipazione di raggruppamenti temporanei di imprese di tipo “verticale”, con la conseguenza che, potendo operare in tale contesto solo dei raggruppamenti di tipo “orizzontale” (nei quali, “gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione”), i partecipanti alla gara avrebbero dovuto essere in possesso di tutti i requisiti – nessuno escluso – previsti dalla lex specialis per eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto, relativamente alle quali assumono indistintamente responsabilità solidale (Consiglio di Stato, sez. V, 7 ottobre 2020, n. 5936; Consiglio di Stato, sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243; Consiglio di Stato, sez. V, 7 dicembre 2017, n. 5772).
Ai fini in discorso, la distinzione tra attività principali e attività secondarie -in tema di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi -deve ritenersi venuta meno, con la conseguente necessità di iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53, cit. (in apposita sezione) anche per lo svolgimento di attività di supporto, solo a seguito dell’attuazione della l. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, comma 805 (secondo il cui disposto «Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le procedure di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed
autonomie locali, sono stabilite le disposizioni generali in ordine alla definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell’albo di cui al medesimo articolo 53 per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate») ad opera del d.m. 13 aprile 2022, n. 101 (v., difatti, Tar Liguria, sez. I, 15 novembre 2023, n. 935).
Rimane (solo) da precisare che, laddove venga in rilievo nella fattispecie, la nozione di concessione di un pubblico servizio, come rilevato dalle Sezioni Unite della Corte (Cass. Sez. U., 20 aprile 2017, n. 9965), ha fondamento nel diritto dell’Unione Europea e si correla (come gli stessi dati normativi di fattispecie rendono evidente) ad «un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo» .
La Corte ha altresì avuto modo di rilevare che le disposizioni secondo le quali le imprese in Raggruppamento Temporaneo devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa mandataria, con conferimento di procura al legale rappresentante dell’operatore economico mandatario – così che al mandatario «spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto» (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 37, commi 14, 15 e 16) – sono
finalizzate ad agevolare l’amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici ma non si estendono anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica (art. 37, comma 17, cit.; v. Cass., 2 ottobre 2024, n. 25925, cit.; Cass., 29 dicembre 2011, n. 29737; Cass., 20 maggio 2010, n. 12422; v., altresì, Consiglio di Stato, V, 5 aprile 2019, n. 2243; Consiglio di Stato, Ad. plen., 13 giugno 2012, n. 22).
E, in particolare, si è rimarcato che tanto il potere gestorio dell’impresa mandataria quanto il potere rappresentativo del legale rappresentate della stessa non derivano direttamente dalla legge, ma dalla designazione dell’impresa mandataria liberamente e volontariamente effettuata dalle imprese raggruppate, così che -non operando, in ambito negoziale di diritto privato, il principio delegatus delegare non potest -non sussistono ragioni per restringere l’operatività degli ordinari principi della rappresentanza negoziale con riferimento al rilascio di procure da parte del legale rappresentante dell’impresa mandataria (Cass., 27 aprile 2016, n. 8407).
Si ricorda che, seppure con riguardo a diverso settore di attività, la CGUE ha specificamente affermato l’illegittimità della pretesa con la quale un’amministrazione aggiudicatrice esiga l’iscrizione ad un albo professionale in capo a tutti indistintamente i soggetti partecipanti a gara come ATI: ‘ l’articolo 38, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23, in combinato disposto con l’articolo 26, paragrafo 2, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non può, senza violare il principio di proporzionalità garantito dal l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, esigere che ciascuno dei membri di un’associazione temporanea di imprese sia iscritto, in uno Stato membro, nel registro commerciale o nell’albo professionale ai fini
dell’esercizio dell’attività di noleggio e leasing di automobili e autoveicoli leggeri’ (CGUE in Causa n. 486-21 v. §§ 98 segg.).
Va quindi ribadito il principio di diritto secondo il quale, in tema di affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate dei comuni ad un Raggruppamento Temporaneo di Imprese, il requisito soggettivo dell’iscrizione nell’apposito albo istituito presso il Ministero delle Finanze, ai sensi dell’art. 53 del d.lgs n. 446 del 1997 e del d.m. n. 289 del 2000, è richiesto solo per le imprese associate chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili; ne consegue che, quando il servizio è affidato ad un Raggruppamento Temporaneo di Imprese di tipo misto, la predetta qualifica soggettiva è necessaria solo per le società del raggruppamento che svolgono le attività principali concernenti l’accertamento e la riscossione dei tributi, per le quali detto requisito formale è previsto, ma non anche per quelle che svolgono attività secondarie, di mero supporto e non in rapporto di fungibilità con la prestazione principale ma solo in funzione servente, il cui accertamento è riservato al giudice del merito (Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391).
Pur a fronte della previsione (art. 30 d. lvo n.163/06 cit.) secondo cui il Codice dei contratti pubblici non trova applicazione in materia di concessione di servizi, i principi appena richiamati in ordine alla autonoma soggettività del RTI come ‘ operatore economico ‘ UE, alla sua strutturazione orizzontale, verticale o mista, alla distinzione tra attività principali e secondarie, sono estendibili anche alle procedure di affidamento del servizio pubblico che rispondano alle regole della pubblica evidenza così come richiamate (tanto accade nella fattispecie, connotata da una strutturazione RTI mista) dal regolamento di gara.
Per quanto si affermi (v. Cass.SU n. 23155/24 in materia di giurisdizione) che si configura un appalto di pubblico servizio, anche in base al diritto unionale, quando il corrispettivo sia pagato direttamente
dall’Amministrazione al prestatore del servizio, il quale, conseguentemente, non ne sopporta il rischio legato alla gestione, a differenza del concessionario di servizi, il quale trae la propria remunerazione dai proventi ricavati dagli utenti, le distinzioni appena richiamate in ordine alla struttura associativa ed alla tipologia di funzioni esercitabili nell’ambito del RTI (nel caso in esame richiamate dalla lex specialis di gara) hanno valenza generale, ed appaiono quindi richiamabili anche nel caso di affidamento del servizio secondo le regole dell’evidenza pubblica.
Dal Disciplinare di gara in atti (prot. 5111) si evince che si trattava in effetti di concessione del servizio di gestione ordinaria e straordinaria della riscossione volontaria e coattiva Tarsu e Tia in ambito provinciale, ma all’esito di pubblica gara d’appalto per l’affidamento del servizio, in cui Sapna fungeva da amministrazione aggiudicatrice. Si precisava che l’appalto ‘ rientra nel campo di applicazione dell’accordo sugli appalti pubblici’ , e si ammetteva la possibilità di partecipazione di RTI ‘ con l’osservanza degli artt.34, 35, 36 e 37 d.lgs. 163/06 ‘; ancora, si stabiliva (art.2: oggetto e descrizione dell’affidamento) la suddivisione, anche economica, tra attività principali (ordinaria; riscossione volontaria e coattiva) e secondarie (comunicazione ed informazione ai cittadini, rapporti con gli enti locali della provincia di Napoli, call center, data entry notifiche, stampa e confezionamento della documentazione cartacea, data entry pagamenti, verifica anagrafica), con necessità di iscrizione all’albo solo per le società svolgenti le prime, con allegato impegno delle tre società a costituirsi in RTI, in caso di aggiudicazione, proprio ex art. 37 d.lgs.163/06. All’art.5 si poneva come ‘requisito di partecipazione’ quello di iscrizione all’albo per le sole società singole o raggruppate preposte allo svolgimento delle attività principali, mentre per quelle preposte alle attività secondarie veniva richiesta l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Dal Bando di gara della stazione appaltante RAGIONE_SOCIALE si evinceva che l’iscrizione all’albo Mef di cui al D.M. 289/00 ed art. 53 d.lvo 446/97 era richiesta solo per i soggetti (partecipanti singolarmente o in consorzi o in RTI di tipo orizzontale o, per quelli verticali o misti) che partecipavano per l’espletamento delle ‘attività principali’; mentre per le imprese che partecipavano ad espletamento delle ‘attività secondarie’ era richiesta la sola iscrizione nel registro delle imprese.
Si tratta, per le considerazioni svolte, di previsioni non illegittime per contrasto con la disciplina primaria ratione temporis vigente e, dunque, di per sé non disapplicabili.
§ 3.4 Proprio in fattispecie ‘Ottogas’ del tutto sovrapponibile alla presente, questa Corte ha recentemente stabilito (Cass.n. 31391/24 cit. ) la non necessità per Ottogas dell’iscrizione all’albo Mef di cui agli artt. 52 e 53 cit..
Ciò in applicazione del seguente principio di diritto: ‘« la regola secondo cui, nell’ipotesi di affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate dei comuni ad un Raggruppamento temporaneo di imprese, il requisito soggettivo dell’iscrizione nell’apposito albo istituito presso il Ministero delle Finanze ai sensi dell’art. 53 del D.L.gs n. 446/1997 e del D.M. n. 289/2000 deve essere posseduto dalle imprese associate va riferita a quelle chiamate a svolgere prestazioni tra l oro fungibili e dunque, nell’ipotesi di affidamento del servizio ad un Raggruppamento temporaneo di imprese di tipo misto, la predetta qualifica soggettiva deve essere rispettata solo da quelle società associate in RAGIONE_SOCIALE che svolgono quelle attività (principali) concernenti l’accertamento e la riscossione dei tributi, per le quali detto requisito formale è previsto, ma non anche da quelle che svolgono attività (secondarie) di mero supporto alla prima, la quale non si pone con la prestazione principale in rapporto di fungibilità, ma solo in funzione servente. L’accertamento della natura (principale o
secondaria) delle attività svolte dalle imprese associate costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito ».
Dopo aver ricostruito i principi generali in materia, come desumibili dal diritto unionale e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, la pronuncia in esame ha osservato come questi principi non fossero tali da indurre all’accoglimento della tesi della parte contribuente, dovendosi al fine precisare e rettamente intendere quanto già in materia affermato da Cass.n. 35338/22, come richiamata anche da Cass.n. 16261/23.
Si è quindi osservato (Cass.n. 31391/24 cit.) che: -‘(…) in dette pronunce questa Corte, richiamando varia giurisprudenza amministrativa, ha avuto modo di chiarire che le qualifiche tecniche di carattere soggettivo devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate, « a meno che non risulti che esse siano incontestabilmente riferite unicamente ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate», precisando che detto requisito soggettivo « deve essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili» (così, Cass. n. 35338/2022, richiamata da Cass. n. 16261/2023); il che significa che la predetta qualifica soggettiva, nella specie costituita dall’iscrizione della consorziata nel menzionato albo, ‘deve riguardare ed essere rispettata da quelle società associate in R.T.I, che svolgono quelle attività (principali) concernenti l’accertamento e la riscossione dei tributi, per le quali detto requisito formale è previsto, ma non anche da quelle che svolgono attività (secondaria) di mero supporto alla prima, la quale non si pone con la prestazione principale in rapporto di fungibilità, ma solo in funzione servente’; -nelle due citate ordinanze questa Corte aveva negato la legittimazione del predetto R.T.I. ‘sul decisivo rilievo secondo il quale: – «nel caso di specie, non è dimostrato che l’oggetto dell’affidamento, costituito dal servizio di riscossione coattiva
dei tributi e delle altre entrate, era stato assegnato unicamente ai due contraenti in possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 446/1997, e che ad Ottogas S.r.L. erano state assegnate unicamente prestazioni «secondarie» (così, Cass. n. 35338/2022); in modo tale, diversamente da quanto accadeva nel caso in esame, che ‘le suddette decisioni hanno negato la legittimazione del R.T.I. in ragione della predetta risultanza fattuale, essendosi ritenuto in detti giudizi non dimostrato che il servizio di riscossione coattiva dei tributi fosse stato assegnato unicamente ai due contraenti in possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 446/1997 e che ad Ottogas s.r.l. fossero state assegnate solo prestazioni secondarie’.
Orbene, nella specifica fattispecie oggi dedotta, lo svolgimento da parte di Ottogas di (sole) attività serventi e strumentali rispetto a quelle prettamente accertative e riscossive (in conformità ed adempimento di quanto convenuto tra le associate già nell’atto di impegno costitutivo del RTI) risponde appunto ad un, qui non sindacabile, accertamento fattuale compiuto dal giudice di merito.
Vale solo aggiungere che – sul piano logico-giuridico che solo in questa sede rileva, e come già osservato in Cass.n.31391/24 cit. l’accertata diversa attività svolta nell’ambito del R.T.I. tra RAGIONE_SOCIALE (a cui era stata assegnata l’attività principale, di accertamento dell’imposta) ed RAGIONE_SOCIALE (a cui era stata demandata lo svolgimento di attività secondaria, di supporto alla prima) giustifica la circostanza che l’avviso sia stato sottoscritto dal legale rappresentate di RAGIONE_SOCIALE che tale funzione svolgeva, laddove il fatto che l’atto impugnato sia stato redatto su carta intestata del R.T.I. accredita, nel delineato contesto fattuale, solo l’ordine di idee che esso è certamente riferibile al citato raggruppamento nel quadro del descritto riparto di competenze, il che consente di comprendere anche perché
COGNOME pacificamente non iscritta all’albo e svolgente per come accertato nel presente giudizio – attività secondaria, fosse inserita nel ‘logo’ di intestazione dell’avviso.
§ 4.1 Con il settimo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 co. 161 legge n.296/06, 70 d.lgs.n.507/93 e 2964 cod.civ.; per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso la decadenza per l’anno 2012, nonostante che: -si trattasse di immobile già pacificamente occupato al 20 gennaio dell’anno in questione; – il quinquennio decadenziale decorresse in tal caso dall’annualità medesima (dunque con scadenza al 31.12.2017); -nel caso in esame, non applicandosi in materia il principio di scissione degli effetti della notificazione, l’avviso dovesse ritenersi tardivo perché pervenuto solo il 4.1.2018; – certamente si fosse verificata la decadenza per le sanzioni, dovendo queste essere, non solo ‘notificate’, ma proprio ‘contestate’ entro il quinquennio ex art. 1 co. 161 cit..
§ 4.2 Il motivo è infondato.
Va sul punto chiarito che questa Corte ha recentemente riesaminato la questione posta dal raccordo, in tema di decadenza dell’ente impositore in caso di mancata dichiarazione Tarsu, tra l’art. 70 d.lgs 507/93 e l’art. 1 co. 161 l. 296/06, giungendo infine ad affermare (a superamento di un pregresso, e già minoritario, diverso indirizzo) che: ‘ In tema di Tarsu, il tenore letterale della disposizione sull’obbligo di denuncia contenuta nell’art. 70, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso, il termine di decadenza di cui all’art.
1, comma 161, l. n. 296 del 2006 decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo’ .
Ciò posto, e quand’anche si ritenga come deve ritenersi sulla scorta del principio ora indicato – che il termine decorresse, nel caso di specie, dall’anno corrente stante il pregresso possesso (2012, con termine ultimo al 31.12.2017), rileva il rispetto del termine decadenziale, vertendosi di avviso qui notificato il 22.12.2017. Non vale obiettare che, per quanto inviato appunto il 22.12.2017, l’avviso era stato in realtà consegnato (con perfezionamento del relativo processo notificatorio) solo il 4 gennaio 2018.
Soccorre infatti l’applicabilità, anche quanto ad atti impositivi, del principio (anche legislativamente recepito ed ormai di rilevanza generale) di scissione degli effetti della notificazione stessa: ‘ In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi d’imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente ‘ (Cass. SU n. 40543/21).
Per altro verso, la notifica dell’avviso di accertamento valeva anche come contestazione dell’illecito ai fini sanzionatori e relativa irrogazione, avendo anche quest’ultima quindi qui rispettato il termine quinquennale di decadenza ex art. 20 d.lgs.472/97, secondo cui: ‘ 1 . L’atto di
contestazione di cui all’articolo 16, ovvero l’atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, nel termine di cinque anni dalla commissione della violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi’.
§ 5.1 Con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 cod.civ., 13 Regolamento Tarsu del Comune di Napoli (Delib. Cons. Com.n. 14/2012) e 33 del successivo Regolamento Comunale vigente nel 2014. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto valido il ricorso da parte di RTI all’accertamento presuntivo (anche in punto superficie tassabile), nonostante che l’Associazione avesse fin dal 2015, quindi ben prima di ricevere l’avviso, dichiarato l’immobile al Comune, allegando completa documentazione, anche planimetrica, ed indicando correttamente la superficie tassabile ai sensi di legge e regolamento (80 % della superficie catastale).
Con il nono motivo si deduce -ex art. 360 co. 1^ n. 5 cod.proc.civ. -omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza che l’Associazione aveva provato in giudizio (allegando la documentazione già inviata a mezzo Pec, nel 2015, all’Amministrazione) l’eccessività della superficie tassata dal RTI (come da avviso fotoriprodotto per stralcio nel ricorso); sia perché superiore a quella effettiva, così dimostrata, sia perché comunque non rispondente al criterio legale e regolamentare pari all’80 % della superficie catastale.
§ 5.2 I due motivi, suscettibili di trattazione unitaria, contengono in sé -autodichiarati -gli elementi della loro inaccoglibilità.
Per un verso, con essi non si confuta la ratio decisoria della Commissione Tributaria Regionale secondo cui solo nel 2015 (come appunto dichiarato dalla stessa Associazione) era stata presentata la denuncia di superficie tassabile; elemento della fattispecie impositiva
riconducibile alla capacità produttiva dei rifiuti nei locali detenuti e quindi, per sua natura, suscettibile di variazione negli anni, il che basta ad escludere che un dato informativo presentato nel 2015 potesse valere (anche in funzione dell’espletamento dei relativi controlli nell’immanenza del periodo di imposizione) per il 2012. Ciò posto, a fronte dell’accertamento catastale operato in avviso (ingenerante quantomeno una presunzione di conformità della superficie tassata a quella reale), era onere della contribuente fornire prova della minor superficie, e tale prova – a detta del giudice di merito, per giunta con valutazione ‘doppia conforme’, avendo già i primi giudici confermato l’avviso, salva la decadenza per il 2011 – non è stata fornita.
Quanto all’aspetto strettamente normativo, si motivava in avviso (in atti) nel senso che: ‘· è stato effettuato un incrocio delle banche dati comunali, catastali e tributarie, in seguito al quale è emersa l’omessa/infedele denuncia per la tassa rifiuti solidi urbani, relativamente ai cespiti di cui al prospetto sottostante, per il periodo di seguito indicato · sono state analizzate le dichiarazioni presentate e/o le utenze primarie (energia elettrica, acqua ecc.) risalenti al contribuente · vista la richiesta di documentazione inviata con raccomandata n° 614347298706 del 17/11/2015 , volta ad effettuare il controllo dei cespiti soggetti ai tributi comunali, considerato che non è stato dato seguito a detti avvisi, il presente atto è stato emesso ai sensi del comma 3 dell’art.73 del Dlgs.507/93, sulla base di stima presuntiva’. Come espressamente indicato in motivazione in ordine ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche dell’imposizione (art. 7 l. legge 212/00), l’avviso di accertamento si basava quindi espressamente sull’art. 73 co. 3^ d.lvo 507/93, secondo cui: ‘ In caso di mancata collaborazione del contribuente od altro impedimento alla diretta rilevazione, l’accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici aventi i caratteri previsti dall’articolo 2729 del codice civile .’; là dove vi
era qui stato incrocio di banche dati, liberamente accessibili dal Comune, associato a mancata risposta (in fase amministrativa) ed a mancata prova contraria (in fase giurisdizionale).
§ 6.1 Con il decimo motivo si lamenta violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. per omessa pronuncia sul settimo motivo di appello ( ricostruito in ricorso: pag.30 segg.), con il quale l’Associazione aveva lamentato l’eccessività della sanzione in quanto applicata nel massimo (200 % del tributo), senza tenere conto dei parametri legali e regolamentari (art. 15 Reg.Tarsu del 2012; Reg. n. 98/2004; art. 12 d.lgs. 473/1997) costituiti dalla gravità della violazione, dalla personalità del trasgressore, dal comportamento del medesimo (che, nella specie, aveva provveduto di sua iniziativa alla regolarizzazione nel 2015).
Con l’undicesimo motivo, si deduce omesso esame di fatto decisivo -ex art. 360 co. 1^ n. 5 cod.proc.civ. -non avendo la Commissione Tributaria Regionale (sempre nel vagliare il settimo motivo di appello dell’Associazione) considerato che le sanzioni (come da avviso fotoriprodotto per stralcio nel ricorso) erano state applicate per la sola annualità 2011, così da dover essere necessariamente annullate stante la pronuncia di primo grado, definitiva per mancata impugnazione, in ordine alla decadenza per l’annualità in questione.
§ 6.2 Questi due motivi di ricorso, anch’essi suscettibili di trattazione unitaria (eccessività delle sanzioni), sono fondati nei termini che seguono.
Dall’avviso risulta in effetti che le sanzioni (nella misura del 200 % del tributo), per quanto menzionate con esclusivo riferimento all’anno 2011, erano in realtà state unitariamente riferite anche all’anno 2012 ‘ IRROGAZIONE DI SANZIONE. Ai sensi del Regolamento Comunale Tributario in materia di sanzioni applicabili, approvato con Deliberazione Consiliare n. 60 del 29.3.2000, così come modificato dalla deliberazione
n. 98 del 7.5.2004, la sanzione è stata determinata con i seguenti criteri: -§ 200% della tassa o della maggiore tassa dovuta limitatamente al primo anno accertato, ancorché notificato con separato atto tributario, con un minimo di € 51.65, se gli anni cui si riferisce la violazione (omessa presentazione della denuncia originaria o di variazione), sono in numero di due’.
Esse, quindi, erano state espressamente determinate nel 200 %, ai sensi di regolamento, proprio perché relative a due anni. Cionondimeno, una volta pronunciata in via definitiva la decadenza per il 2011, esse andavano rideterminate con riguardo alla sola annualità residua (2012).
§ 7. Per il che si impone la cassazione in parte qua della sentenza impugnata ed il rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Campania per la rideterminazione delle sanzioni, siccome dovute sulla sola annualità 2012. Il giudice di rinvio liquiderà anche le spese del presente procedimento.
PQM
La Corte
-accoglie il decimo ed undicesimo motivo, respinti gli altri;
-cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Campania in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in