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Iscrizione Albo concessionari: obbligo per tutti i soci?

Una società contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per tributi locali (TARSU) emesso da un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI), sostenendo la sua illegittimità. Il motivo era che una delle imprese associate, incaricata di svolgere mere attività di supporto, non possedeva il requisito dell’iscrizione all’Albo dei concessionari per la riscossione dei tributi. La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’RTI. Ha stabilito il principio secondo cui, in un RTI di tipo misto, l’obbligo di iscrizione Albo concessionari riguarda solo le imprese che svolgono le attività principali di accertamento e riscossione, e non quelle che si limitano a fornire servizi secondari e di supporto.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Iscrizione Albo Concessionari: la Cassazione fa chiarezza per gli RTI

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un’importante questione relativa agli appalti per la riscossione dei tributi locali. Il caso riguardava la necessità dell’iscrizione Albo concessionari per tutte le imprese facenti parte di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI). La pronuncia chiarisce che tale obbligo non si estende indiscriminatamente a tutti i membri, ma va valutato in base alla natura delle attività svolte da ciascuna impresa.

I Fatti del Caso

Una società contribuente si era opposta a un avviso di accertamento relativo alla TARSU (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) per gli anni 2010, 2011 e 2012. L’atto era stato emesso da un RTI concessionario del servizio di accertamento e riscossione per conto del Comune.

L’eccezione principale sollevata dalla società era la carenza di legittimazione attiva dell’RTI. Nello specifico, si contestava che una delle imprese associate, pur svolgendo attività meramente secondarie e di supporto (come data-entry e gestione del call-center), non fosse iscritta nell’apposito Albo per l’accertamento e la riscossione dei tributi degli enti locali, previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 446/1997. La Commissione tributaria regionale aveva accolto questa tesi, annullando l’atto impositivo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’RTI, cassando con rinvio la sentenza di secondo grado. I giudici hanno stabilito un principio di diritto fondamentale: in un RTI di tipo misto, l’obbligo di iscrizione all’Albo riguarda unicamente le imprese che svolgono le attività “principali” di accertamento e riscossione, non quelle il cui ruolo è limitato a prestazioni “secondarie” di mero supporto.

Le Motivazioni della Sentenza: l’obbligo di iscrizione Albo concessionari è selettivo

La Corte ha basato la sua decisione su una serie di argomentazioni giuridiche, che spaziano dal diritto interno a quello unionale.

La distinzione tra attività principali e secondarie

Il punto centrale del ragionamento è la distinzione, all’interno di un appalto, tra prestazioni principali e secondarie. Le attività principali sono quelle che implicano l’esercizio diretto del potere impositivo (liquidazione, accertamento, riscossione). Le attività secondarie, invece, sono strumentali e di supporto, come la gestione delle comunicazioni, la stampa di documenti o l’inserimento dati. Secondo la Corte, il requisito soggettivo qualificante, come l’iscrizione Albo concessionari, è logicamente connesso solo all’esercizio delle attività principali. Imporlo anche a chi svolge compiti di supporto sarebbe sproporzionato e non necessario a garantire la correttezza dell’azione impositiva, la cui responsabilità finale resta in capo all’ente pubblico e alle imprese delegate per le funzioni principali.

L’interpretazione alla luce del diritto unionale

La sentenza richiama ampiamente i principi del diritto dell’Unione Europea in materia di appalti pubblici. Le direttive europee (come la 2014/24/UE) promuovono la massima partecipazione alle gare, consentendo agli operatori economici di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti (avvalimento) e di aggregarsi in forme come gli RTI. Imporre a ciascun membro di un raggruppamento il possesso di tutti i requisiti, anche quelli non pertinenti alle mansioni specifiche che andrà a svolgere, violerebbe il principio di proporzionalità e limiterebbe inutilmente la concorrenza. L’ordinamento unionale, infatti, concepisce l’RTI come un “operatore economico” unitario che, nel suo complesso, deve possedere i requisiti necessari.

L’autonomia del Raggruppamento Temporaneo

Infine, la Corte ha ribadito un concetto consolidato: l’RTI non costituisce un nuovo soggetto giuridico autonomo e distinto dalle singole imprese che lo compongono, specialmente nei rapporti con i terzi (come i contribuenti). L’avviso di accertamento, pur emesso formalmente dall’RTI, è giuridicamente imputabile all’impresa (o alle imprese) che, in base al mandato interno, ha il potere e il requisito per esercitare la funzione impositiva. Di conseguenza, l’eventuale difetto di un requisito in capo a un’impresa che svolge attività secondarie non inficia la validità dell’atto, la cui paternità va ricondotta all’impresa mandataria legittimata.

Conclusioni: le implicazioni pratiche

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche per gli operatori del settore della riscossione e per gli enti locali. Essa:
1. Semplifica la formazione degli RTI: Consente a imprese specializzate in servizi di supporto (IT, call center, logistica) di partecipare a gare complesse insieme a concessionari iscritti all’Albo, senza dover ottenere esse stesse un’iscrizione non pertinente alla loro attività.
2. Aumenta la concorrenza: Favorisce l’aggregazione di competenze diverse, permettendo la creazione di offerte più efficienti e competitive per la Pubblica Amministrazione.
3. Chiarisce i limiti del contenzioso: Stabilisce che l’illegittimità di un atto di accertamento non può essere dedotta dalla semplice assenza di un requisito in capo a un membro dell’RTI che svolge un ruolo non principale, orientando il focus del controllo giurisdizionale sulla sostanza dell’azione impositiva e sulla legittimazione di chi la esercita effettivamente.

In un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) che gestisce la riscossione dei tributi, tutte le imprese associate devono essere iscritte all’Albo dei concessionari?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di iscrizione all’Albo istituito presso il Ministero delle Finanze è richiesto solo per le imprese che svolgono le attività principali di accertamento e riscossione. Non è necessario per quelle imprese che, all’interno di un RTI di tipo misto, svolgono unicamente attività secondarie, di mero supporto e non fungibili con la prestazione principale.

Un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) è un soggetto giuridico autonomo che emette gli atti di accertamento?
No. La sentenza ribadisce che l’RTI non costituisce un autonomo centro di imputazione giuridica nei rapporti con terzi soggetti. Pertanto, l’atto di accertamento non è emesso da un’entità astratta, ma deve essere giuridicamente ricondotto all’impresa (o alle imprese) del raggruppamento che, in base al contratto di mandato e ai requisiti di legge, ha l’effettivo potere impositivo e la relativa legittimazione.

Cosa si intende per RTI di tipo misto e perché è rilevante in questo caso?
Un RTI di tipo misto è una forma di raggruppamento verticale in cui alcune imprese eseguono la prestazione principale (in questo caso, accertamento e riscossione) e altre eseguono prestazioni secondarie (supporto, data-entry, etc.). Questa distinzione è cruciale perché la Corte ha stabilito che i requisiti soggettivi specifici, come l’iscrizione all’Albo, si applicano solo ai fornitori della prestazione principale, in quanto solo loro esercitano direttamente il potere impositivo delegato dall’ente locale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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