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Iscrizione Albo Concessionari: non serve per tutti

Una società ha impugnato un avviso di accertamento tributario sostenendo l’illegittimità del Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) incaricato della riscossione, poiché uno dei suoi membri non possedeva la necessaria iscrizione all’albo dei concessionari. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che l’obbligo di iscrizione albo concessionari sussiste solo per le imprese che svolgono le attività principali di accertamento e riscossione, e non per quelle che forniscono mere attività di supporto secondarie all’interno dell’RTI.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Iscrizione Albo Concessionari: Non Obbligatoria per Tutte le Imprese in RTI

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale in materia di appalti per la riscossione dei tributi locali. Il caso esaminato riguarda la legittimità di un avviso di accertamento emesso da un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI), dove non tutte le società associate possedevano la specifica iscrizione albo concessionari. La Suprema Corte ha stabilito un principio di flessibilità, affermando che tale requisito non si applica indiscriminatamente a tutti i membri dell’RTI, ma solo a quelli che svolgono le attività “principali”.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore della ristorazione ha impugnato un avviso di accertamento per tributi sui rifiuti (Tarsu/Tia) relativo agli anni 2010-2012. L’avviso era stato emesso da un RTI che agiva come concessionario per la riscossione per conto del Comune. La società ricorrente ha sollevato diverse obiezioni, tra cui la propria carenza di legittimazione passiva (sostenendo che l’immobile fosse sublocato a terzi) e, soprattutto, la nullità dell’atto perché una delle imprese dell’RTI non era iscritta all’apposito albo ministeriale per l’accertamento e la riscossione dei tributi, previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 446/97.

La Questione dell’Iscrizione Albo Concessionari negli RTI

Il punto cruciale della controversia era stabilire se, in un RTI incaricato di un servizio pubblico complesso come la gestione dei tributi, ogni singola impresa partecipante debba possedere tutti i requisiti di qualificazione previsti dalla legge, inclusa la specifica iscrizione all’albo. La tesi della società contribuente era che la mancanza di tale requisito in capo anche a una sola delle imprese associate invalidasse l’intero operato del raggruppamento e, di conseguenza, l’avviso di accertamento emesso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, articolando un ragionamento dettagliato e basato sulla distinzione funzionale delle attività all’interno di un RTI. I giudici hanno chiarito che non tutte le obiezioni della società erano ammissibili, in quanto alcune questioni, come la titolarità passiva del tributo, erano già state decise in un precedente giudizio (c.d. giudicato esterno) e non potevano essere ridiscusse.

La Distinzione tra Attività Principali e Secondarie

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra RTI “orizzontali” (dove tutte le imprese svolgono la stessa attività) e RTI “verticali” o “misti” (dove un’impresa capogruppo svolge l’attività principale e le altre forniscono prestazioni secondarie o di supporto).

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che il bando di gara distingueva chiaramente tra:
1. Attività principali: accertamento e riscossione volontaria e coattiva dei tributi.
2. Attività secondarie: servizi di supporto come comunicazione con i cittadini, call center, data entry, stampa e confezionamento documenti.

Il bando stesso richiedeva l’iscrizione albo concessionari solo per le imprese che avrebbero svolto le attività principali. Per le altre, era sufficiente l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Di conseguenza, poiché l’impresa non iscritta svolgeva unicamente mansioni di supporto, la sua partecipazione all’RTI era perfettamente legittima e non inficiava la validità dell’avviso di accertamento.

Il Principio di Proporzionalità

La Corte ha rafforzato la sua posizione richiamando i principi del diritto dell’Unione Europea e la giurisprudenza amministrativa, secondo cui richiedere a tutti i membri di un’associazione temporanea il possesso di ogni singolo requisito, anche per attività meramente strumentali, violerebbe il principio di proporzionalità e limiterebbe ingiustificatamente la concorrenza.
Il requisito soggettivo dell’iscrizione è richiesto solo per le imprese che svolgono prestazioni tra loro “fungibili” relative al nucleo centrale dell’appalto. Per le attività accessorie, tale requisito non è necessario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta un punto di riferimento importante per gli operatori economici e le stazioni appaltanti. Essa conferma che, nell’affidamento di servizi di accertamento e riscossione a Raggruppamenti Temporanei di Imprese, la legittimità della compagine va valutata in base alla natura delle prestazioni assegnate a ciascun membro. L’obbligo di possedere qualifiche speciali, come l’iscrizione albo concessionari, è limitato alle società che gestiscono il cuore del servizio. Questa interpretazione favorisce la partecipazione alle gare di strutture imprenditoriali complesse e specializzate, dove diverse competenze vengono integrate per offrire un servizio più efficiente, senza imporre oneri sproporzionati alle imprese che svolgono ruoli di supporto.

Ogni impresa in un RTI per la riscossione tributi deve essere iscritta all’albo dei concessionari?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di iscrizione all’albo ministeriale riguarda solo le imprese associate che svolgono le attività principali di accertamento e riscossione. Non è richiesto per le imprese che eseguono attività secondarie o di mero supporto, come data entry o call center.

Perché l’argomento della società sulla mancata occupazione dell’immobile è stato respinto?
La Corte ha dichiarato inammissibile questo motivo perché la questione era già stata decisa con una sentenza precedente passata in giudicato (cosiddetto giudicato esterno). In quel giudizio era stato accertato che la società era rimasta passivamente legittimata al pagamento del tributo perché non aveva mai presentato la denuncia di cessata occupazione, come richiesto dalla legge.

Il Comune è responsabile per un avviso di accertamento emesso da un concessionario privato?
No, in questo caso la Corte ha stabilito che il Comune era estraneo al rapporto giuridico di imposizione e al relativo contenzioso. La gestione, l’accertamento e la riscossione del tributo erano state interamente demandate a un soggetto terzo (il concessionario RTI), rendendo il Comune privo di legittimazione passiva nel giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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