Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23485 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23485 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15351/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 115/2020/16 depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/07/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 115/2020/16 depositata in data 16/01/2020, ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 270/2011, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Messina aveva accolto il ricorso proposto dal RAGIONE_SOCIALE contro la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA 2. Il giudice di primo grado aveva ritenuto che la cartella fosse stata emessa in violazione di legge, in quanto sui crediti intimati attraverso quest’ultima esisteva un contenzioso, definito con sentenza non ancora passata in giudicato, con la conseguenza che doveva essere spiegato l’ iter seguito, non essendo sufficiente la procedura fallimentare in corso.
La CTR, rilevato che i ruoli straordinari sono formati quanto vi è fondato pericolo per la riscossione e che le ragioni che portano a ravvisare la presenza di quest’ultimo devono essere esplicitate, ha evidenziato che la motivazione non può risolversi in relazione alla gravità RAGIONE_SOCIALE contestazioni eseguite con l’avviso di accertamento. Ha quindi sottolineato che nel caso in esame non risultava alcuna indicazione. Ha poi ritenuto necessaria la preventiva instaurazione del contraddittorio con il contribuente.
Contro la pronuncia della CTR l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento all’affermazione contenuta nella
sentenza impugnata secondo la quale l’iscrizione a ruolo sarebbe immotivata e l’amministrazione avrebbe avuto l’obbligo di esplicitarne la motivazione.
1.1. La ricorrente evidenzia che, come risulta dalla trascrizione del ricorso proposto dal contribuente e dall’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, l’annullamento della cartella per difetto di motivazione non ha costituito oggetto della domanda, con la conseguenza che la sentenza impugnata è affetta da vizio di ultrapetizione.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 d.P.R. 29/09/1973, n. 602 -dandosi atto sul punto dell’errore meramente materiale in cui è incorsa la ricorrente nell’evocare l’art. 1 d.P.R. n. 602 del 1973 – e dell’art. 7 legge 27/07/2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. La sentenza è viziata anche per la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni invocate, dal momento che è pacifico che l’iscrizione a ruolo straordinario sia avvenuta a seguito del fallimento del contribuente, circostanza che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, integra di per sé il periculum in mora richiesto per tale iscrizione (Cass., 01/06/2007, n. 12887). Si tratta, peraltro, di circostanza ampiamente nota al contribuente, con la conseguente falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000.
Con il terzo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 le gge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. Tale motivo si riferisce alla parte della sentenza impugnata nella quale è stato rilevato che, stante l’incertezza della dichiarazione dei redditi del contribuente, l’amministrazione avrebbe dovuto instaurare il contraddittorio preventivo.
La parte ricorrente evidenzia come nel caso di specie l’iscrizione a ruolo non fosse correlata ai dati indicati dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, ma fosse, invece, l’esito di un’attività di accertamento. Constatato il pericolo per la riscossione, l’ufficio provvedeva all’iscrizione a ruolo di quanto accertato con l’avviso di accertamento nella misura confermata dalla prima sentenza di merito, pronunciata in esito all’impugnazione del contribuente.
Il primo motivo di ricorso è fondato, con il conseguente assorbimento del secondo motivo.
Dalla trascrizione del ricorso ex art. 19 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 il contribuente non risulta aver contestato il vizio di motivazione dell’iscrizione nel ruolo straordinario, bensì la violazione dell’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973, secondo quanto risulta riportato dalla trascrizione dell’atto introduttivo riportata a pag. 4 del ricorso in cassazione (« Pertanto, si contestano sia le somme iscritte a ruolo, sia le sanzioni irrogate in quanto non conformi ed eccedenti quelle previste dall’art . 15 del D.P.R. n. 602 del 1973 …»).
Di conseguenza, la censura relativa al vizio di motivazione non poteva essere valutata neppure dal giudice di secondo grado che nella sentenza impugnata ha, invece, rilevato che: « Come ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza, affinché l’iscrizione a ruolo straordinario sia legittima è necessario che l’ente creditore espliciti, sia pur sinteticamente, le ragioni della scelta, in considerazione RAGIONE_SOCIALE conseguenze nei rapporti con il contribuente, visto che l’iscrizione a ruolo straordinario comporta l’esi gibilità dell’intero importo risultante dall’avviso di accertamento anche se non definitivo. Ai fini della motivazione, d’altra parte, non basta affermare la gravità della violazione risultante dall’accertamento, ma occorre l’indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto che hanno reso necessaria l’iscri zione a ruolo straordinario.»
La censura mossa dal contribuente riguardava, invece, l’avvenuta impugnazione dell’avviso di accertamento e la violazione dell’art. 15, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973 (nella versione anteriore alla modifica apportata d all’art. 7, comma 2 -quinquies d.l. 13/05/2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12/07/2011, n. 106), in base al quale, successivamente alla notificazione dell’avviso di accertamento, le somme iscritte a ruolo possono essere solamente pari alla metà degli importi indicati ne ll’avviso stesso. Il giudice si è, pertanto, pronunciato su un motivo di annullamento dell’atto non espressamente evocato dal contribuente.
Occorre, quindi, richiamare quanto già precisato da questa Corte e cioè che: « Il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori. » (Cass., 24/09/2015, n. 18868).
È stato, altresì, evidenziato che: « per costante giurisprudenza della Corte è ravvisabile il vizio di extrapetizione quando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE richieste e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, non ricorrendo, invece, tale vizio allorchè il giudice qualifichi diversamente i fatti, restando nei
limiti RAGIONE_SOCIALE richieste contenute nell’atto di impugnazione e degli elementi di fatto posti a base RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate (cfr. tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 luglio 2017, n. 18830; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8716; Cass., Sez. 5″, 22 luglio 2021, n. 21057; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10897; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992). » (Cass., 17/10/2022, n. 30467).
Anche il terzo motivo di ricorso è fondato. Nella sentenza impugnata si legge, infatti, che: « secondo quanto statuito dal Supremo Collegio la cartella di pagamento emessa sulla base del ruolo straordinario fondato sul riscontro del periculum in mora impone che l’ufficio tributario instauri il contraddittorio con il contribuente. La precisazione arriva dalla Corte di Cassazione, ordinanza n. 9450 del 18 aprile 2018. Nello specifico la Corte ha ritenuto che il carattere straordinario del ruolo -vista la crisi economica in cui si trovava la società -portasse a reputare presenti le incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione in questo caso deve darsi luogo al previo contraddittorio oltre a fornire motivazione, a tutela del diritto di difesa del contribuente. Infatti, l’emissione del ruolo straor dinario comporta l’obbligo di pagare imposta, interessi e sanzioni per l’intero importo e, di conseguenza, l’assenza di motivazione in cartella nuoce alla difesa del contribuente. »
5.1. Sul punto la sentenza della CTR incorre in una falsa applicazione dell’art. 6, quinto comma, legge n. 212 del 2000. Tale norma (nella versione anteriore alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. d), d.lgs. 30/12/2023, n. 219) stabilisce, infatti, che: « Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i
documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui al presente comma. »
L’ambito applicativo della norma appena richiamata riguarda, quindi, l’iscrizione a ruolo che consegue all’attività prevista nell’art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e cioè alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte in base alla dichiarazione presentata dal contribuente (da tenere ben distinta dall’ipotesi dell’ accertamento in senso stretto, che culmina con l’emissione di un avviso di accertamento, come avvenuto nel caso di specie) . Tale attività di liquidazione comporta l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo ai sensi dell’art. 14, lett. a), d.P.R. n. 602 del 1973 e non deve essere sovrapposta all’ipotesi di iscrizione nei ruoli straordinari derivante dal combinato disposto degli artt. 11, terzo comma, e 15 bis d.P.R. n. 602 del 1973 che riguarda il caso oggetto del presente giudizio.
L’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000 prevede , infatti, l’instaurazione obbligatoria del contraddittorio in caso di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (presentata dal contribuente), prima di procedere all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo, senza alcuna attività istruttoria svolta dall’amministrazione finanziaria.
La fondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso (con assorbimento del secondo motivo) conduce, pertanto, all’accoglimento di quest’ultimo, con la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo
grado della Sicilia, che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, cui demanda di provvedere, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 05/07/2024.