Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32503 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32503 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
Oggetto: tributi -sanzioni – motivazione irrogazione contestuale all’atto impositivo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20408/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA) in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Commissario Straordinario pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, in virtù di procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC studio@pec.basilavecchia.it
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo , n. 672/06/2023 depositata in data 11 settembre 2023 e notificata in data 18 settembre 2023.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 21 novembre 2024.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha separatamente impugnato due avvisi di accertamento, relativi al periodo di imposta 2003, con i quali veniva disconosciuta la detrazione IVA e irrogate sanzioni, nonché si procedeva ad accertare maggiori IRPEG e IRAP, così riducendosi la perdita e il valore negativo della produzione. Gli avvisi facevano seguito a PVC in data 18 maggio 2006 con il quale si era accertato che era stata contabilizzata una fattura di acquisto di beni per operazioni -come risulta dalla sentenza impugnata -ritenute dall’Ufficio attinenti a operazioni oggettivamente inesistenti.
La CTP di Pescara aveva accolto i ricorsi riuniti, con sentenza riformata dalla CTR dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, che in accoglimento dell’appello aveva ritenuto fittizia l’emissione della fattura. La sentenza di appello è stata cassata da questa Corte con rinvio (Cass., Sez. V, 18 luglio 2016, n. 15170), unicamente in relazione al terzo motivo di ricorso, per omessa pronuncia sul trattamento sanzionatorio in relazione all’IVA.
A seguito di rinvio, la CTR dell’Abruzzo accoglieva nuovamente l’appello dell’Ufficio, con statuizione cassata da questa Corte (Cass., Sez. V, 11 maggio 2022, n. 14855), per nullità della sentenza.
A seguito di nuovo giudizio di rinvio, la Corte di giustizia tributaria dell’Abruzzo, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello della contribuente in punto sanzioni. Ha ritenuto il giudice di appello, in primo luogo, che il provvedimento di irrogazione delle sanzioni non fosse adeguatamente motivato, non avendo indicato in
relazione all’esistenza dei presupposti, ai criteri di irrogazione delle sanzioni, nonché in relazione all’importo della sanzione concretamente erogato, in violazione dell’art. 16 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472; inoltre, il giudice del rinvio ha ritenuto che la sanzione non potesse estendersi alla massa dei creditori, essendo la stessa relativa alla società che, nelle more, è da ritenersi estinta, in applicazione del principio di intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi a termini dell’art. 7 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
5. Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a quattro motivi, al quale la società contribuente in amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso. La controricorrente ha depositato istanza di trattazione, nonché memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Va preliminarmente rigettata l’eccezione preliminare della controricorrente di inammissibilità del ricorso per non avere la ricorrente proceduto al deposito degli atti dei fascicoli dei gradi di merito, né degli atti e documenti necessari a verificare la completezza delle trascrizioni degli atti menzionati nel ricorso (alla quale il controricorrente ha aggiunto anche l’eccezione di inammissibilità della mera istanza di trasmissione del fascicolo, non più prevista dalla disciplina processuale pro tempore ). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario di cassazione il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito al fascicolo di ufficio (art. 25, comma 2, d.lgs. n. 546/1992), è tenuto a rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 777), onere che la ricorrente ha assolto indicando il luogo di produzione dei relativi documenti. Il rigetto dell’eccezione
trascina, a cascata, la successiva eccezione di inammissibilità del primo motivo.
2. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 16 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’atto di irrogazione delle sanzioni fosse nullo in quanto immotivato. Osserva parte ricorrente che le sanzioni sono state irrogate contestualmente all’avviso di accertamento, trattandosi di sanzioni collegate al tributo contestualmente accertato, per cui non è necessaria altra motivazione che quella che regge l’accertamento dei relativi tributi. Osserva, inoltre, parte ricorrente, che l’avviso di accertamento era divenuto definitivo a seguito della prima pronuncia rescindente di questa Corte, per cui la questione non si sarebbe più potuta proporre in sede di legittimità.
3. Il motivo è fondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo di motivazione dell’atto di contestazione della sanzione collegata al tributo, imposto dall’art. 16, secondo comma, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, opera soltanto quando essa sia irrogata con atto separato e non contestualmente e unitamente all’atto di accertamento o di rettifica, in quanto, in quest’ultimo caso, viene assolto per relationem se la pretesa fiscale è definita nei suoi elementi essenziali (Cass., Sez. V, 2 marzo 2022, n. 6944; Cass., Sez. V, 4 maggio 2021, n. 11610; Cass., Sez. V, 5 agosto 2016, n. 16484), ciò in conformità al principio secondo cui l’obbligo di motivazione può essere sempre assolto per relationem ove l’atto impugnato faccia riferimento ad altri atti o documenti e questi siano allegati o trascritti, ovvero conosciuti dal contribuente (Cass., Sez. V, 26 luglio 2024, n. 20999; Cass., Sez. V, 9 maggio 2014, n. 10056). Essendo accertato che le sanzioni erano state irrogate contestualmente agli avvisi impugnati (oggetto del presente giudizio), non era necessaria una
specifica motivazione al riguardo, potendo l’irrogazione delle sanzioni fare riferimento alla motivazione relativa alla contestazione della detrazione IVA. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 8 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e degli artt. 1 e 69 d. lgs. 8 luglio 1999, n. 270, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto di applicare al caso di specie il principio di intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi per effetto della apertura della procedura di amministrazione straordinaria a carico della società contribuente. Osserva parte ricorrente che l’amministrazione straordinaria, al pari del fallimento, non innesca propriamente un fenomeno successorio, bensì uno spossessamento dell’imprenditore al fine di tutelare i creditori, che non comporta né estinzione, né scioglimento della società insolvente.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 57 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui la sentenza impugnata ha fatto applicazione al caso di specie del principio di intrasmissibilità della sanzione agli eredi. Osserva parte ricorrente che la questione della intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi è questione nuova, non oggetto di proposizione da parte della società insolvente in sede di proposizione del ricorso, bensì introdotta per la prima volta con il primo giudizio di rinvio e, quindi, preclusa dalla natura chiusa del giudizio di rinvio. Osserva, inoltre, come la questione affrontata dal giudice di appello sia estranea anche al principio di diritto del giudice rescindente, essendo stato demandato al giudice del rinvio di fare applicazione del principio di diritto già indicato nell’originaria pronuncia rescindente n. 15170/2016.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 15 d. lgs. n. 546/1992 e degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha liquidato le spese di tutti i gradi di giudizio in danno dell’Amministrazione finanziaria, laddove l’Ufficio è risultato vittorioso quanto all’accertamento per IRPEG e IRAP e parzialmente quanto all’IVA.
Il secondo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. Va, preliminarmente, rilevato che la questione della intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi è questione nuova, non prospettata in sede di ricorso iniziale, come indicato a pag. 11 e a pag. 21 del ricorso (ove è trascritto il ricorso in riassunzione). Nel merito, va osservato che la procedura di amministrazione straordinaria, al pari della apertura del fallimento, non comporta un fenomeno estintivo del soggetto imprenditoriale.
La procedura di amministrazione straordinaria è volta a spossessare l’imprenditore all’atto della sua apertura (ovvero, per la fase di osservazione in caso di nomina del commissario giudiziale a termini dell’art. 19 d. lgs. n. 270/1999) della gestione dell’impresa (Cass., Sez. I, 14 novembre 2023, n. 31629); la circostanza emerge dal disposto dell’art. 36 d. lgs. n. 270/1999, che applica al commissario straordinario le disposizioni del commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa. Con lo spossessamento non viene meno (come per la liquidazione coatta amministrativa e per il fallimento) la figura dell’imprenditore, né i suoi organi sociali, che continuano ad essere soggetti passivi degli obblighi tributari (Cass., Sez. V, 28 maggio 2020, n. 10108; Cass., Sez. V, 8 giugno 2011, n. 12422), tanto che si riconosce la legittimazione straordinaria del debitore insolvente a impugnare gli atti impositivi in caso di inerzia degli organi della procedura (Cass., Sez. U., 28 aprile 2023, n. 11287).
9. Di conseguenza, come correttamente dedotto dalla ricorrente, non può ritenersi che in caso di amministrazione straordinaria operi un fenomeno successorio tra l’imprenditore o la società insolvente e l’organo gestorio (commissario straordinario), così rende ndosi inapplicabile il disposto dell’art. 8 d. lgs. n. 472/1997 relativo alla intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi i quali, per completezza, rispondono in ogni caso anche delle sanzioni secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. V, 29 luglio 2024, n. 21177; Cass., Sez. V, 29 agosto 2024, n. 23341). La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.
10. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione ai primi tre motivi, con assorbimento dell’ultimo motivo, cassandosi la sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, al fine di dare attuazione al principio di diritto contenuto nella sentenza di questa Corte n. 15170/2016 e quelli sopra esposti; al giudice del rinvio è demandata anche la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, nonché l’esame della questione relativa al trattamento sanzionatorio, come invocato dalla controricorrente in memoria.
P. Q. M.
accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 21 novembre 2024