Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14091 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14091 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5994/2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso per cassazione.
(PEC: EMAIL)
-ricorrente-
contro
Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono elettivamente domiciliate, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA n. 3584/2022, depositata in data 21 settembre 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato il ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME avverso la sentenza di primo grado avente ad oggetto l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa al mancato pagamento di cinque avvisi di accertamento esecutivi emessi dall’Agenzia delle Entrate .
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno affermato che:
-) la notificazione del primo avviso di accertamento era valida, in quanto correttamente eseguita secondo l’ iter della c.d. irreperibilità assoluta, considerati i due tentativi negativi di notificazione a mezzo del servizio postale e alla luce delle ricerche svolte dal messo notificatore, puntualmente riportate nella relazione di notificazione;
-) inoltre, l’atto impositivo era definitivo in quanto la mancata riassunzione del giudizio sull’atto innanzi ad un giudice competente aveva comportato l’estinzione del processo e la conseguente definitività dell’atto; nella specie l’avviso di accertamento era stato impugnato innanzi ad un giudice dichiaratosi territorialmente incompetente e il contribuente non aveva riassunto la causa nel termine assegnato;
-) le notifiche degli altri quattro avvisi di accertamento erano valide, in quanto correttamente eseguite con le modalità previste per l’irreperibilità assoluta;
-) le eccezioni di intervenuta prescrizione quinquennale e di decadenza erano infondate poiché tutti gli avvisi di accertamento erano stati
notificati ben prima della decorrenza del termine, come dimostrato dall’Agenzia delle Entrate;
-) la censura relativa alla nullità dell’atto di intimazione per omessa o carente motivazione era priva di fondamento in quanto l’avviso di intimazione individuava le pretese tributarie azionate, richiamando espressamente gli avvisi di accertamento da cui le stesse scaturivano; inoltre, trattandosi di atti regolarmente notificati al contribuente, non vi era alcun onere di allegazione degli stessi.
NOME NOME ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione affidato ad un motivo e successiva memoria.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione resistono con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo ed unico motivo deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 69, lett. e) , del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistente un’ipotesi di irreperibilità assoluta e non relativa del contribuente e, dunque, con conseguente necessità di applicare la normativa dettata dal citato art. 60, anziché quella ex art. 140 c.p.c. Nel caso di specie era errata l’applicazione delle disposizioni di cui alla lettera e) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto l’infruttuoso accesso al domicilio fiscale dell’odierno ricorrente, diversamente da quanto erroneamente affermato dai giudici di secondo grado, non poteva identificarsi come irreperibilità assoluta del ricorrente (tale da giustificare l’applicazione della lett. e) del prefato articolo, ma una mera assenza del destinatario, che onerava il messo notificatore ad osservare tutte le prescrizioni previste dall’art. 140 c.p.c. La disposizione si riferiva all’irreperibilità assoluta, allorquando il contribuente non veniva reperito in quanto trasferito in luogo sconosciuto. Dunque, per la validità del procedimento di notificazione
eseguita nelle forme previste in caso di irreperibilità del destinatario il messo notificatore doveva effettuare ricerche per effettuare la scelta tra le due possibili ipotesi di irreperibilità relativa o di irreperibilità assoluta e doveva effettuate ricerche sulla reperibilità del destinatario. L’attività di ricerca e le notizie raccolte dovevano risultare chiaramente dalla relata di notifica e, comunque, emergere dagli atti prodotti dal messo notificatore come prescritto dall’art. 148, comma 2, c.p.c. A tali principi giurisprudenziali non si erano attenuti i giudici di secondo grado, i quali avevano apoditticamente confermato l’irreperibilità assoluta del ricorrente sulla base di una erronea valutazione dei dati acquisiti dal notificante. Ed invero, nel caso in esame, il notificante aveva totalmente omesso di indicare qualsivoglia descrizione in merito alle ricerche effettuate e volte a dimostrare che nel comune nel quale doveva eseguirsi la notificazione non vi era abitazione, ufficio o azienda del contribuente, nonché i tentativi invano esperiti di procedere nelle modalità ordinarie, essendosi limitato a compilare una modulistica prestampata, che non prevedeva neppure lo spazio per la descrizione degli accertamenti. Tale dato, peraltro, era confermato dall ‘annotazione dell’ufficiale giudiz iario che dalle informazioni ricevute sul posto risultava che « … il soggetto pur mantenendo la residenza anagrafica risulta di fatto andato via senza lasciar alcun recapito ». A fronte di siffatto dato inconfutabile, ovvero della permanenza del domicilio fiscale nel comune di Giugliano in Campania e, quindi, della irreperibilità solo relativa, l’amministrazione resistente avrebbe dovuto procedere, oltre che al deposito del plico presso la casa comunale, anche alla affissione della notizia sulla porta dell’abi tazione, ufficio, azienda dell’odierno appellante e alla spedizione della raccomandata informativa della giacenza con avviso di ricevimento e sua ricezione.
1.1 Il motivo è innanzi tutto inammissibile perché censura un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità.
Ed invero, nel caso di specie si controverte della notifica di un atto impositivo (e non di un atto processuale) e, dunque, si tratta di un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, e non di una nullità del procedimento (cfr. Cass., 21 settembre 2019, n. 18472 e, più di recente, Cass., 2021, n. 28821).
1.2 Il motivo è pure infondato.
Recita l’art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973: « La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche: e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione ». Come questa Corte ha già chiarito « La notificazione ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 è ritualmente eseguita solo nell’ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non rinvenga l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. Solo in questi casi la notificazione è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune » (Cass., 12 febbraio 2020, n. 3378 e, più di recente, Cass., 17 aprile 2024, n. 10356).
Si ha irreperibilità c.d. relativa nei casi di temporanea assenza del contribuente dal suo domicilio fiscale ed in questa ipotesi, la residenza e l’indirizzo del destinatario sono conosciuti, ma il contribuente non viene ivi rinvenuto, mentre si ha irreperibilità c.d. assoluta quando per
l’agente notificatore non sia possibile reperire in alcun modo il contribuente, perché trasferito in luogo sconosciuto, per come risultato a seguito dell’accertamento dallo stesso compiuto, attraverso accurate ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente (Cass., 5 febbraio 2024, n. 3272).
A conferma di ciò questa Corte, affrontando il tema delle modalità che devono seguirsi per attivare in modo rituale il meccanismo notificatorio di cui all’art. 60 , lett. e), citato, ha ripetutamente affermato che il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio; deve accertare, infatti, se il mancato rinvenimento del destinatario sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto. In sostanza, il messo o l’ufficiale giudiziario che procedono alla notifica devono pervenire all’accertamento del trasferimento del destinatario in luogo sconosciuto dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune (Cass., 3 aprile 2024, n. 8823; Cass., 31 luglio 2023, n. 23183; Cass., 21 febbraio 2020, n. 4657; Cass., 12 febbraio 2020, n. 3378; Cass., 8 marzo 2019, n. 6765).
Pertanto « Il ricorso alle formalità di notificazione di cui all’art. 143 c.p.c., per le persone irreperibili, non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l’ufficiale giudiziario dia espresso conto » (Cass., 28 novembre 2016, n. 24107).
Con riferimento proprio alla previa acquisizione di notizie e/o al previo espletamento delle ricerche, va evidenziato che «nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tale fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame» (Cass., 5 dicembre 2023, n. 34038).
Più in particolare è stato affermato che « In tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento presuppone ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, -che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento » (Cass., 27 luglio 2018, n. 19958).
Pertanto, in definitiva, in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60 lett. e), d.P.R. n.600 del 1973, in luogo di quella ex art. 140 cod. proc. civ. il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale (tra le più recenti, Cass. 31 luglio 2023, n. 23183; Cass., 8 marzo 2019, n. 6765).
Solo una volta in cui sia stata accertata l’assoluta irreperibilità del destinatario, all’esito di infruttuosa attività di ricerca, sarà applicabile la disciplina di cui all’art. 60, comma 1 lett. e) del d.p.r. n. 600 del 1973, secondo cui ‘quando nel comune nel quale deve eseguirsi la
notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione’ .
L a giurisprudenza è ormai concorde nel ritenere l’illegittimità del procedimento notificatorio eseguito ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973, « laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario nel comune ove è situato il domicilio fiscale del contribuente, senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non sia un mero mu tamento di indirizzo all’interno dello stesso comune » ( Cass., 13 novembre 2014, n. 24260 e, più di recente, Cass. 31 luglio 2023, n. 23183, citata).
1.3 La sentenza impugnata è conforme ai principi suesposti, in quanto ha accertato, sulla base delle risultanze processuali, la sussistenza dei presupposti di fatto dell’irreperibilità assoluta. Più in particolare, i giudici di secondo grado, con riferimento al primo avviso di accertamento (n. T9D032F21571/2016), hanno affermato che la notificazione era stata correttamente eseguita secondo l’ iter della cosiddetta irreperibilità assoluta, considerati i due tentativi negativi di notificazione a mezzo del servizio postale e alla luce delle ricerche svolte dal messo notificatore, puntualmente riportate nella relazione di notificazione (« l’Ufficio , in data 2.1.2017, aveva quindi tentato, sempre a mezzo del servizio postale, una seconda notificazione al domicilio di fatto in Giuliano in Campania, INDIRIZZO: anche in questo caso, il plico veniva restituito al mittente per irreperibilità del destinatario (doc. 3, allegato alla memoria integrativa Ufficio); – veniva quindi richiesta una nuova notificazione, tramite messo comunale, presso il domicilio fiscale di NOME COGNOME in Giuliano in Campania, INDIRIZZO l’accesso, effettuato in data 3.4.2017, risultava nuovamente infruttuoso ed il messo comunale evidenziava che ‘ da informazioni assunte sul posto, il soggetto pur mantenendo la residenza anagrafica, risulta di fatto andato via senza lasciare alcun
recapito’ (doc. 4, allegato alla memoria integrativa Ufficio); – a seguito dell’esito negativo delle ricerche effettuate, il messo comunale, in data 3.4.2017, provvedeva all’affissione all’albo comunale di Giuliano in Campania ») ed anche con riguardo agli ulteriori quattro avvisi di accertamento (n. T9D032F01990/2017, n. T9D032F01836/2017, n. T9D032F02018/2017, n. T9D032F02591/2017) i giudici di secondo grado hanno rilevato che la notificazione si era regolarmente perfezionata secondo l’ iter previsto per l’irreperibilità assoluta, come accertato dal messo comunale (« l’Agenzia delle Entrate, in assenza di comunicazioni circa l’eventuale modifica del domicilio fiscale da parte del contribuente, provvedeva alle notificazioni tramite il messo comunale che, in data 13.10.2017, eseguiva un primo tentativo, con esito negativo, presso il già noto domicilio fiscale (INDIRIZZO Giuliano in Campania). Il messo notificatore accertava e verbalizzava l’omessa notifica ‘poiché irreperibile all’indirizzo anagrafico’ (doc. 5, prima parte, allegato memoria integrativa Ufficio), così dando atto di aver eseguito le verifiche previste dalla legge e di aver accertato l’irreperibilità (e non la momentanea assenza) del signor COGNOME Successivamente, in data 16.10.2017, gli atti impositivi venivano depositati presso la casa comunale e ne veniva dato avviso mediante affissione all’albo comunale »).
Posto ciò va rilevato che il ricorrente ha depositato memoria, con modalità informatiche, in data 14 marzo 2025, con la quale ha dedotto che il Tribunale di Milano, in data 14 settembre 2023, ha pronunciato sentenza di assoluzione (n. 12476 del 2023) nei confronti di NOME NOME per il reato fiscale di bancarotta fraudolenta che aveva escluso la partecipazione del ricorrente alla gestione della società RAGIONE_SOCIALE come socio e amministratore di fatto.
2.1 Va preliminarmente premesso che, a prescindere da ogni considerazione circa la portata applicativa dell’art. 21 bis del d.l.gs. n. 74 del 2000 (introdotto dall’art. 1 del d.lgs. n. 87 del 2024), la disposizione in esame è inapplicabile al caso di specie, in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni,
attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria (Cass., 23 agosto 2018, n. 20974), con il conseguente corollario che la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di fornirne la prova, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza (Cass., 2 marzo 2022, n. 6868), onere che nel caso in esame non è stato ottemperato. 2.2 Inoltre, va pure evidenziato che il presente giudizio ha ad oggetto l’impugnazione dell’intimazione di pagamento n. 06820199016722282/000, mentre, come si ricava dalla lettura della sentenza penale del Tribunale di Milano n. 12476 del 2023 del 14 settembre 2023 (allegata) si è proceduto nei confronti di COGNOME NOME e di altri, per il reato di cui agli artt. 223, comma 2, n. 2 e 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare.
2.3 Ancora, mette conto rilevare che, anche a volere consentire l’applicabilità , nella fattispecie in esame, dell’art. 21 bis del d.l.gs. n. 74 del 2000 , osta all’operatività del giudicato penale (ove riscontrato documentalmente) la definitività dei fatti contestati con i cinque avvisi di accertamento esecutivi, atti presupposti dell’intimazione di pagamento impugnata in questa sede, attesa la regolarità della notifica degli stessi (nel 2017) accertata, per quanto esposto, correttamente, dai giudici di secondo grado, e la loro mancata impugnazione nei termini di legge.
In ultimo, vanno del tutto disattese e dichiarate inammissibili le censure che si assume non essere state esaminate nella sentenza impugnata e (semplicemente) trascritte alle pagg. 29 e ss. del ricorso per cassazione, in quanto tali censure risultano prive di una
intestazione e di una rubrica e non contengono alcuna specificazione delle doglianze formulate nei confronti della sentenza impugnata, mancando ogni riferimento sia a norme di diritto di cui si denuncia la violazione di legge, sia ad uno degli altri motivi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ.; né questa Corte, nell’esercizio dei suoi poteri di qualificazione, in ragione della genericità di questa parte del ricorso, può riferire alcunché all’una piuttosto che all’altra censura e individuare rispettivamente a quale norma si riferiscano o a quale preteso punto decisivo sono correlate.
3.1 Ed invero, l’ onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., qualunque sia il tipo di errore («in procedendo» o «in iudicando») per cui è proposto, non può essere assolto «per relationem» con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto, essendovi il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (Cass., 13 gennaio 2021, n. 342).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dalle Agenzie controricorrenti e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle Agenzie controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 26 marzo 2025.