LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

IRAP professionisti: quando scatta l’obbligo fiscale

Un professionista era stato esentato dall’IRAP dalla Commissione Tributaria Regionale, che riteneva l’Agenzia delle Entrate non avesse provato l’esistenza di un’autonoma organizzazione. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che l’erogazione di compensi elevati e non occasionali a terzi, unita alla disponibilità di un secondo studio, costituisce prova sufficiente per l’assoggettamento all’IRAP per i professionisti. La Corte ha chiarito che tali elementi trasferiscono sul contribuente l’onere di dimostrare l’assenza del requisito organizzativo. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

IRAP professionisti: Collaboratori e Secondo Studio Attivano l’Imposta

La questione dell’assoggettamento a IRAP professionisti è da sempre un tema delicato e fonte di un vasto contenzioso tributario. Il fulcro della discussione risiede nel concetto di “autonoma organizzazione”, requisito indispensabile per l’applicazione dell’imposta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che l’erogazione di compensi significativi a collaboratori e la disponibilità di un secondo studio sono indizi sufficienti a far scattare l’imposizione, invertendo l’onere della prova a carico del contribuente.

I Fatti del Caso: Un Avvocato e l’Accertamento IRAP

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti di un avvocato per l’anno d’imposta 2019, contestando il mancato versamento dell’IRAP. La pretesa fiscale si basava su due elementi principali:
1. L’erogazione di compensi a terzi per circa 46.000,00 euro, ritenuta prova di un avvalimento costante e non occasionale di lavoro altrui.
2. La disponibilità di una sede secondaria in un’altra città, oltre allo studio principale.

Il professionista aveva impugnato l’atto, sostenendo che i pagamenti non erano diretti a collaboratori, ma a codifensori in cause gestite con mandato congiunto, e che la sede secondaria era irrilevante.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione al contribuente. Secondo i giudici d’appello, l’Amministrazione Finanziaria non aveva adempiuto al proprio onere probatorio. Non era sufficiente dimostrare l’esistenza dei pagamenti, ma sarebbe stato necessario provare la natura specifica delle attività svolte dai terzi, per capire se fossero meramente ancillari o se contribuissero a potenziare la capacità produttiva del professionista. La CTR, in sostanza, aveva posto a carico dell’Agenzia una prova più gravosa, ritenendo non sufficienti gli elementi forniti.

L’Analisi della Cassazione e l’onere della prova per l’IRAP professionisti

Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi, entrambi accolti dalla Suprema Corte.

Primo Motivo: L’Onere della Prova sull’Autonoma Organizzazione

La Corte ha ritenuto fondata la censura relativa alla violazione delle regole sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). Richiamando il proprio consolidato orientamento, ha affermato che, in tema di IRAP professionisti, l’impiego non occasionale di lavoro altrui è una delle condizioni che configura l’autonoma organizzazione. Questo presupposto può essere desunto dal pagamento di compensi elevati a terzi per prestazioni inerenti all’attività professionale.
L’Agenzia aveva correttamente allegato il dato oggettivo dei pagamenti e il loro cospicuo ammontare. La CTR ha quindi errato nel ritenere che l’onere probatorio non fosse stato assolto e nel caricare l’Agenzia anche della prova della specifica natura di tali compensi. Una volta che l’Amministrazione fornisce questi indizi, spetta al contribuente dimostrare che tali collaborazioni non costituiscono un’autonoma organizzazione.

Secondo Motivo: L’Omesso Esame del Secondo Studio

La Cassazione ha accolto anche il secondo motivo, relativo all’omesso esame di un fatto decisivo: l’utilizzo da parte del professionista di uno studio secondario. La CTR, pur menzionando la circostanza nell’esposizione dei fatti, non l’aveva minimamente valutata ai fini della decisione. La Corte ha precisato che, sebbene la disponibilità di due strutture non sia di per sé sufficiente a dimostrare l’autonoma organizzazione, è un elemento fattuale di grande rilevanza che deve essere considerato unitamente alle altre circostanze, come i pagamenti a terzi. L’averlo completamente ignorato costituisce un vizio motivazionale che inficia la sentenza.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su un principio di diritto consolidato: per stabilire se un professionista sia soggetto a IRAP, è necessario valutare se si avvalga di una struttura che eccede il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività. L’erogazione di compensi cospicui e non occasionali a terzi è un indice presuntivo forte dell’esistenza di tale struttura. L’Amministrazione Finanziaria, fornendo la prova di tali pagamenti, adempie al suo onere probatorio iniziale. A questo punto, la palla passa al professionista, che deve fornire la prova contraria: dimostrare, ad esempio, che i compensi riguardano prestazioni che non potenziano la sua capacità produttiva o che sono del tutto occasionali.
Allo stesso modo, la presenza di una seconda sede, pur non essendo da sola decisiva, rappresenta un elemento organizzativo che non può essere ignorato. Va valutato nel contesto generale per comprendere se, insieme ad altri fattori, contribuisca a creare quel ‘quid pluris’ che distingue il semplice professionista dall’imprenditore di sé stesso soggetto a IRAP.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per i Professionisti?

Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale chiaro: la soglia di attenzione per l’IRAP professionisti si abbassa in presenza di indizi oggettivi di organizzazione. I professionisti che si avvalgono regolarmente di collaboratori esterni, erogando compensi significativi, o che operano attraverso più sedi, sono esposti a un concreto rischio di accertamento. La sentenza chiarisce che non spetterà all’Agenzia delle Entrate indagare nel dettaglio la natura di ogni singola collaborazione, ma sarà sufficiente dimostrarne l’esistenza e la rilevanza economica. Sarà poi il professionista a dover convincere il giudice che la sua struttura non costituisce un’autonoma organizzazione, un compito probatorio spesso complesso. È quindi fondamentale una corretta pianificazione fiscale e una documentazione puntuale che possa, in caso di contestazione, dimostrare la reale natura dei rapporti di collaborazione.

Chi deve provare l’esistenza dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP per un professionista?
L’Agenzia delle Entrate ha l’onere di fornire gli elementi iniziali che suggeriscono l’esistenza di un’autonoma organizzazione. Tuttavia, secondo la Corte, dimostrare l’erogazione di compensi elevati e non occasionali a collaboratori esterni è sufficiente a soddisfare tale onere. A quel punto, l’onere della prova si sposta sul professionista, che dovrà dimostrare l’assenza del requisito organizzativo.

Il pagamento di compensi a collaboratori esterni fa scattare automaticamente l’obbligo IRAP?
Non automaticamente, ma costituisce una forte presunzione di autonoma organizzazione se i compensi sono di importo rilevante e le prestazioni non sono occasionali ma collegate all’esercizio dell’attività. In questo scenario, spetta al professionista dimostrare che tali collaborazioni non potenziano la sua capacità produttiva in modo tale da configurare il presupposto impositivo.

Avere un secondo studio è sufficiente per essere soggetti a IRAP?
No, di per sé non è sufficiente. La giurisprudenza ha chiarito che operare da due sedi non configura automaticamente un’autonoma organizzazione. Tuttavia, è un fatto decisivo che deve essere attentamente valutato dal giudice insieme ad altri elementi, come l’avvalimento di lavoro altrui. L’omessa valutazione di questa circostanza può rendere illegittima la sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati