Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34334 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34334 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
IRAP AUTONOMA
ORGANIZZAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 06370/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti, elettivamente domiciliato presso lo studio RAGIONE_SOCIALE in Catania, in INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della Sicilia -sezione staccata di Catania n. 10033/13/22 depositata in data 29.11.22; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME NOME NOME, agente di commercio, impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania il silenzio rifiuto dell’Ufficio in relazione alla istanza di rimborso dell’Irap versata negli anni 2006, 2007 e 2008. Deduceva di avere erroneamente versato l’imposta, sul falso presupposto di essere
tenuto all’adempimento, corrispondendo all’Erario per gli anni dal 2006 al 2008 un importo complessivo di euro 4.683,67. Rilevava di non essersi avvalso, nello svolgimento dell’attività professionale, di alcuna tipologia di organizzazione, limitando i beni strumentali a quelli essenziali, quali automobile, computer, fotocopiatrice e cellulare. Affermava anche di non essersi avvalso di collaboratori o impiegati. Con la domanda chiedeva la condanna della Amministrazione finanziaria al rimborso delle somme versate a titolo di Irap. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
1.1. La Commissione tributaria provinciale di Catania, con la sentenza n. 2912/12/19, depositata il 15/3/2019, accoglieva il ricorso, ritenendo insussistenti nella posizione professionale del contribuente i presupposti della autonoma organizzazione e condannava l’Amministrazione alla restituzione delle somme versate.
Avverso detta sentenza proponeva impugnazione l’Agenzia delle Entrate; il contribuente si costituiva in giudizio contestando l’impugnazione e chiedendone il rigetto. La Commissione tributaria regionale della Sicilia sezione staccata di Catania, con la sentenza n. 10033/13/22 depositata in data 29.11.22 rigettava l’appello.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con impugnazione affidata a due motivi. Resiste con controricorso NOME
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 28/11/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e 111, sesto comma, Cost, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. In particolare l’Ufficio ricorrente critica la sentenza impugnata per non
essersi confrontata con le circostanze poste dalla difesa erariale a fondamento dell’appello e dirette a ribadire la sussistenza di una autonoma organizzazione rilevante ai fini Irap e, in particolare, per non aver valutato il rapporto anomalo esistente tra i ricavi conseguiti in ciascuna annualità dal contribuente ed i beni strumentali impiegati, unitamente ai costi complessivamente affrontati e alla esistenza di un dipendente impiegato nel corso di una annualità, circostanze che non sarebbero state valutate in modo congruo e sarebbero state definite come all’origine di una struttura organizzativa soltanto «rudimentale».
1.1. Il motivo è infondato: sebbene sinteticamente la sentenza dà conto delle circostanze di fatto dedotte da entrambe le parti a fondamento delle contrapposte valutazioni circa la sussistenza o meno della autonoma organizzazione e, nel valutare la concreta organizzazione del lavoro del contribuente, non trascura affatto le circostanze dedotte dalla difesa erariale a fondamento dell’appello. Dette circostanze sono specificamente enumerate nella parte di svolgimento del processo e sono di seguito valutate nella parte dedicata ai motivi in seno alla complessiva valutazione del materiale istruttorio. Non sussiste, allora, le denunciata nullità della pronuncia della Commissione tributaria regionale.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1-45 del d.lgs. 15/12/1997, n. 446, nonché degli artt. 2697 cod. civ., 32 e 57 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 cod. proc. civ.. In particolare l’Agenzia delle Entrate lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente analizzato le circostanze che dimostravano la sussistenza della autonoma organizzazione del lavoro del contribuente come agente di commercio e avrebbe omesso di raffrontare la tipologia di attività svolta con i beni strumentali impiegati e l’utilizzo o meno del lavoro altrui, onde verificare se ricorressero o meno i presupposti per
l’applicazione del tributo e, in ultima analisi, per negare il beneficio di ripetizione delle somme versate in precedenza. La motivazione avrebbe errato nel ritenere assolto dal contribuente l’onere probatorio che la legge e la posizione di ricorrente nel procedimento tributario gli attribuivano.
2.1. Il motivo è infondato nella parte in cui censura la sentenza per la pretesa violazione delle regole sulla ripartizione dell’onere probatorio e sulla congruità della valutazione della prova. La decisione impugnata va letta valutando unitariamente la parte relativa allo svolgimento del processo, nella quale sono evidenziati gli elementi istruttori offerti dalle parti e in particolare dal contribuente, con la parte di motivazione: è descritta prima la fattispecie concreta come emersa dall’istruttoria e, di seguito, la stessa viene confrontata con i più aggiornati principi di diritto, desunti dalla giurisprudenza di legittimità, circa la configurabilità di una autonoma organizzazione. La sentenza conclude per l’impossibilità di sussumere l’organizzazione del contribuente, perché molto scarna e caratterizzata da assenza di dipendenti stabili e mezzi strumentali limitati all’essenziale, nella astratta fattispecie che vale a descrivere l’autonoma organizzazione rilevante ai fini IRAP.
2.2. La sentenza impugnata non merita censura nemmeno sotto il profilo, rilevato dall’Ufficio ricorrente, della pretesa mancata considerazione dei costi e dei ricavi propri della attività del ricorrente. In tal senso si consideri l’orientamento di questa Corte secondo il quale: l’attività di agente di commercio è soggetta ad IRAP solo ove ricorra il requisito della autonoma organizzazione la cui sussistenza non può peraltro essere desunta dal valore assoluto dei compensi e dei costi e dal loro reciproco rapporto percentuale, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi
strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), costituendo, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (in tal senso Cass. 31/10/2018, n. 27898).
2.3. Il secondo motivo di ricorso è, infine, inammissibile nella parte in cui mira a introdurre una revisione del giudizio di merito -che peraltro ha dato esito conforme in entrambi i gradi di giudizio -circa la valutazione concreta degli elementi offerti dal contribuente ai fini di dimostrare l’inesistenza di una autonoma organizzazione rilevante ai fini Irap. Si tratta, infatti, di una revisione non consentita in sede di giudizio di legittimità. In tal senso si consideri che «in tema di IRAP, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo, di cui all’art. 49, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata, secondo l’accertamento riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato» (Cass. 21/03/2012, n. 4492).
Il ricorso è, allora, infondato e va rigettato, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 1.800,00 (milleottocento) per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 28 novembre