Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9914 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9914 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
Ires -Diniego di rimborso -Investimento ambientale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19558/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘Avv. COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM. RAGIONE_SOCIALE COGNOME, n. 11/2020, depositata in data 5 maggio 2020.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti della RAGIONE_SOCIALE che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con questa ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. che aveva accolto il ricorso spiegato avverso il silenziodiniego formatosi su ll’istanza di rimborso di parte dell’Ires versata per l’anno 2010 , per un importo di euro 31.244,00.
La società riteneva di avere diritto al cosiddetto «bonus RAGIONE_SOCIALE » di cui all’art. 6, commi 13-19, legge 23 dicembre 2000, n. 388, ovvero alla detassazione della quota di costo annoverabile quale «componente ambientale» come calcolata in elaborato peritale.
La Commissione di primo grado di Bolzano accoglieva il ricorso.
La Commissione si secondo grado, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello dell’Ufficio. Rilevava che era pacifico che la società avesse realizzato un impianto di produzione elettrica con fonti rinnovabili astrattamente idoneo a fruire dell’agevolazione e che il tenore della norma, diversamente da quanto sostenuto dall’ Ufficio, non consentiva di distinguere tra imprese che avevano effettuato investimenti ambientali funzionali alla propria attività principale e imprese di scopo costituite esclusivamente per realizzare un impianto di produzione di energia elettrica e la cui attività consisteva nella vendita della stessa. Rilevava, ancora, che la società contribuente -a fr onte del silenzio serbato dall’Amministrazione rispetto all’istanza di rimborso -aveva prodotto perizia redatta seguendo le linee guida comunitarie in materia di aiuti di Stato per la tutela ambientale corredata dalla relativa documentazione, atti idonei a determinare l’ammontare del reddito soggetto a detassazione.
La contribuente ha depositato memoria con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso ed ha chiesto, in subordine, il rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia e, in ulteriore subordine alle Sezioni Unite.
Considerato che:
Con il primo motivo l ‘Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 6, commi 13 -19, legge 23 dicembre 2000 n. 388 convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
Assume che la sentenza impugnata ha errato nell’individua re la nozione di investimento ambientale, da intendersi come il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424 , primo comma, lett B II) cod. civ. necessarie per prevenire ridurre e riparare danni causati all’ambiente . Aggiunge che, pertanto vanno escluse dal beneficio le c.d. imprese «di scopo».
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità in parte qua della sentenza per omessa motivazione in ordine a ll’inerenza dei costi, ritenuta provata dai giudici di primo grado e contestata con specifico motivo.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione della legge 27 luglio 2000 n. 212 e dell’art. 6, legge 23 dicembre 2000, n. 38, degli artt. 2697, 2702 e 2729 cod. civ. dell’ art. 14 disposizioni sulla legge in generale, anche nel relativo combinato disposto.
Con l’unico motivo muove plurime censure .
Con la prima critica la sentenza impugnata in ordine al metodo di calcolo utilizzato per quantificare la quota detassabile. Assume che il giudice di secondo grado avrebbe riconosciuto cumulabile la detassazione ambientale con la fruizione del secondo conto energia oltre la misura consentita e non avrebbe tenuto conto che oggetto dell’agevolazione fiscale sono solamente i cost i di acquisto dei beni necessari per la finalità di maggior tutela ambientale, restando esclusa
ogni altra tipologia di costi od oneri sostenuti per la realizzazione dell’investimento o per la manutenzione e gestione degli impianti.
Con la seconda, critica la sentenza nella parte in cui ha dato rilievo alla perizia tecnica come prova idonea a provare il quantum dell’agevolazione spettante.
Infine, con la terza censura, critica la sentenza per aver dato ritenuto che l’Ufficio fosse onerato di pronunciarsi sull’istanza di rimborso.
Il primo motivo è fondato, restando assorbiti gli ulteriori.
4.1. Questa Corte ha affermato che in tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, legge n. 388 del 2000 spetta alle imprese per l’acquisto delle immobilizzazioni materiali necessarie per prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente dall’esercizio dell’attività da esse svolta, essendo fondato sull’implicito presupposto dell’inerenza del danno all’attività dell’impresa investitrice, e non anche per quelli causati da soggetti terzi, ponendosi una diversa interpretazione in contrasto con l’intenzione legislativa, oltre a trasformare l’agevolazione stessa in aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. 87 e 89 del Trattato CEE successivamente con gli artt. da 107 a 109 TFUE, in favore di quelle imprese il cui oggetto sociale sia quello di prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente e i relativi investimenti siano strutturalmente diretti a tali fini(Cass. 28/02/2025, n. 5330, Cass. 29/05/2024, n. 15060, Cass. 22/12/2023, n. 35919, Cass. 23/08/2023, n. 25157, Cass. 23/12/2020, n. 29365).
4.2. Con giurisprudenza ormai consolidata si è motivatamente disatteso il diverso indirizzo con il quale si era, invece, ritenuto che dalla lettura dell’art. 6 cit. non fosse dato evincere che l’investimento ambientale, per essere meritevole della relativa agevolazione fiscale, dovesse essere destinato all’autoconsumo e non al mercato. (in questo
ultimo senso , Cass. 14/10/2022, n. 30225, Cass. 29/12/2022, n. 38043).
Non sussistono, pertanto, i presupposti per la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
4.3. Come già osservato nei precedenti ai quali il Collegio intende dare continuità e che hanno chiarito l’effettiva portata precettiva della norma in conformità con il diritto Eurounitario, l’art. 6, co mmi 13 e 15, legge cit. stabiliscono, rispettivamente: «(l)a quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali, come definiti al comma 15, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito” (comma 13); “(p)er investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424 c.c., comma 1, lett. 8), n. H, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale» (comma 15).
Dalle suddette disposizioni si evince che la concessione dell’agevolazione a favore della generalità delle imprese (piccole e medie) -e non, quindi, di altri soggetti che non esercitano attività di impresa -si fonda sull’implicito presupposto della dannosità per l’ambiente di tale attività, alla quale la stessa dannosità è inerente; pertanto, nel definire gli investimenti cui si applica l’agevolazione come quelli necessari per prevenire, ridurre e ripianare “danni causati all’ambiente”, il legislatore ha inteso fare riferimento ai danni all’ambiente inerenti all’attività dell’impresa investitrice, cioè ai danni causati da tale sua attività.
E’ stato quindi rilevato che l’accoglimento della tesi opposta comporterebbe che il beneficio in questione si tradurrebbe in un’agevolazione all’attività stessa delle imprese il cui oggetto è
costituito da un’attività di prevenzione, riduzione e riparazione di danni causati all’ambiente da terzi -e i cui investimenti sono, perciò, strutturalmente generalmente diretti a prevenire, ridurre e riparare danni all’ambiente -esito che, oltre che contrastare con l’indicata intenzione del legislatore, sarebbe suscettibile di trasformare l’agevolazione in parola in un aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. da 87 a 89 del Trattato CEE (e, successivamente, con gli artt. da 107 a 109 TFUE), stante il vantaggio che essa potrebbe comportare a favore del detto settore di imprese rispetto ai concorrenti di altri Paesi dell’Unione Europea, con la conseguente alterazione (o minaccia di alterazione) della concorrenza.
Invero, la diversità tra la situazione dell’impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente da terzi e la situazione dell’impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente dalla propria attività giustifica il fatto che, a fronte dell’acquisto di un’identica immobilizzazione materiale, il relativo costo non sia detassato nel primo caso e lo sia, invece, nel secondo.
4.4. Posto che le norme di agevolazione fiscale hanno carattere eccezionale e derogatorio e, come tali, sono di stretta interpretazione (ex plurimis, Cass. n. 35919 del 2023 cit., Cass. 12/06/2020, n. 11337, Cass. 12/12/2019, n. 32635 e 10/05/2019, n. 12500, Cass. 21/06/2017, n. 15407), va poi ulteriormente osservato che la materia dell’imposizione tributaria fa parte del c.d. «nucleo duro» delle prerogative della potestà pubblica, poiché la natura autoritativa del rapporto tra il contribuente e la collettività è predominante (Corte EDU, COGNOME c. Italia), laddove «le scelte in questa materia implicano normalmente una ponderazione di problemi politici, economici e sociali che la Convenzione lascia alla competenza degli stati firmatari, poiché
le autorità interne sono evidentemente nella posizione di valutare meglio tali aspetti che non la Corte» (Corte EDU, Belmonte c. Italia).
4.5. In ragione degli argomenti spesi, diversamente da quanto prospettato con la memoria, non si ravvisano i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in quanto questa Corte, con i precedenti richiamati, si è già fatto carico di un’ interpretazione conforme alla normativa euro-unitaria.
4.6. La C.t.r., pertanto, nel ritenere che l’agevolazione spettasse anche a imprese di scopo, il cui unico oggetto è la produzione e la cessione a terzi di energia elettrica non si è attenuta ai principi esposti.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi; e la sentenza va cassata; inoltre non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, in quanto la società contribuente non ha contestato quanto dedotto dall’Ufficio in ordine alla sua qualificazione come un’impresa di scopo , costituita esclusivamente per realizzare l’impianto di produzione di energia elettrica e con il fine di svolgere attività di vendita dell’energia prodotta senza autoconsumo e senza miglioramento dei propri cicli produttivi.La causa, pertanto, va decisa ex art. 384 cod. proc civ. con il rigetto dell’originario ricorso.
Le spese del giudizio di merito sono compensate, in ragione della presenza di divergenti orientamenti, mentre le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza di parte controricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente;
compensa tra le parti le spese dei gradi di merito;
condanna la controricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.500,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.