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Investimento ambientale: no bonus a imprese di scopo

L’ordinanza della Corte di Cassazione analizza il caso di una società costituita unicamente per la produzione e vendita di energia elettrica da fonti rinnovabili. La Corte ha negato il diritto al cosiddetto “bonus Tremonti Ambiente”, stabilendo che tale agevolazione spetta solo alle imprese che realizzano un investimento ambientale per ridurre l’impatto negativo generato dalla propria attività produttiva principale. Il beneficio non si estende, quindi, alle cosiddette “imprese di scopo”, la cui unica attività è già di per sé considerata ambientale, poiché ciò altererebbe la natura dell’incentivo, trasformandolo in un aiuto di Stato non consentito.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Investimento Ambientale: La Cassazione Nega il Bonus alle Imprese di Scopo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sui limiti di applicazione del cosiddetto “bonus Tremonti Ambiente”. La questione centrale riguarda la possibilità per le “imprese di scopo”, create esclusivamente per produrre e vendere energia da fonti rinnovabili, di beneficiare di questa agevolazione. La Corte, con una decisione netta, ha stabilito che l’incentivo è riservato a chi compie un investimento ambientale per mitigare l’impatto della propria attività principale, escludendo chi ha un’attività già intrinsecamente “verde”.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso

Una società a responsabilità limitata, la cui unica attività consisteva nella produzione di energia elettrica tramite un impianto a fonti rinnovabili, aveva richiesto il rimborso di una parte dell’IRES versata. La società riteneva di aver diritto al beneficio fiscale previsto dalla Legge n. 388/2000, in quanto aveva realizzato un investimento ambientale.

Sia la Commissione Tributaria di primo grado che quella di secondo grado avevano dato ragione alla società, rigettando le obiezioni dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici di merito avevano ritenuto che la norma non distinguesse tra imprese che investono per rendere più ecologica la propria attività preesistente e imprese nate appositamente per svolgere un’attività ambientale.

La Decisione della Corte: l’Investimento Ambientale deve essere Inerente

L’Amministrazione Finanziaria ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sentenza impugnata avesse interpretato erroneamente la nozione di investimento ambientale. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza precedente e rigettando la richiesta originaria della contribuente.

Il punto focale della decisione è il presupposto implicito della norma: l’agevolazione è concessa per incentivare le imprese a ridurre la dannosità ambientale derivante dalla loro attività. Il beneficio fiscale, quindi, si applica agli investimenti necessari a “prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente” dall’esercizio dell’attività stessa dell’impresa investitrice.

Motivazioni della Sentenza: Interpretazione Restrittiva e Conformità al Diritto Europeo

La Corte ha spiegato che estendere il bonus alle imprese di scopo, il cui oggetto sociale è già la produzione di energia pulita, snaturerebbe la finalità della norma. Invece di essere un incentivo alla riconversione ecologica, diventerebbe un finanziamento diretto a un intero settore economico.

Questo, secondo i giudici, trasformerebbe l’agevolazione in un aiuto di Stato, potenzialmente in contrasto con la normativa europea sulla concorrenza (artt. 107-109 TFUE). Un simile beneficio, infatti, avvantaggerebbe le imprese di un determinato settore rispetto ai concorrenti di altri Paesi dell’Unione Europea. La diversità tra un’impresa che investe per ridurre l’inquinamento della propria produzione e un’impresa che vende energia pulita a terzi giustifica un trattamento fiscale differente. L’agevolazione è per la prima, non per la seconda.

Conclusioni: Le Implicazioni per le Imprese del Settore Energetico

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale restrittivo e di fondamentale importanza per le imprese che operano nel campo delle energie rinnovabili. Le società costituite specificamente per produrre e vendere energia verde non possono accedere al “bonus Tremonti Ambiente”. L’investimento ambientale agevolabile è solo quello accessorio e funzionale a rendere più sostenibile un’attività produttiva principale che, di per sé, genera un impatto ambientale. Le imprese devono quindi valutare attentamente la natura dei loro investimenti e la loro relazione con l’attività principale per determinare l’accesso a questa specifica agevolazione fiscale.

A chi spetta il cosiddetto “bonus Tremonti Ambiente” secondo questa ordinanza?
Spetta alle piccole e medie imprese che realizzano investimenti in beni materiali necessari a prevenire, ridurre o riparare i danni ambientali causati direttamente dall’esercizio della loro attività d’impresa.

Un’impresa creata appositamente per produrre e vendere energia da fonti rinnovabili ha diritto al bonus?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa tipologia di impresa, definita “di scopo”, è esclusa dal beneficio perché la sua intera attività, e non un singolo investimento, è rivolta all’ambiente. L’agevolazione non è intesa per finanziare l’attività principale dell’impresa, ma per incentivare la riduzione dell’impatto ambientale di attività preesistenti.

Per quale motivo la Corte ha escluso le “imprese di scopo” dall’agevolazione?
La Corte ha motivato l’esclusione sulla base del fatto che un’interpretazione estensiva della norma trasformerebbe l’agevolazione fiscale in un aiuto di Stato, in potenziale contrasto con il diritto dell’Unione Europea. Il beneficio è concepito per correggere la dannosità ambientale di un’attività, non per finanziare un’attività che è già ecologica per sua natura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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