Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28228 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28228 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16479/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-resistente- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia -Sezione Staccata di Brescia n. 443/2021 depositata il 27/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Come si apprende dagli atti, la società RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore della raccolta, smaltimento, trasporto e trattamento dei rifiuti, nel 2011 sosteneva un piano di investimenti a carattere ambientale localizzati presso la propria sede operativa sita in Seriate (BG), INDIRIZZO, consistito in interventi/acquisti di beni funzionali ai processi di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti prodotti dall’azienda stessa
nell’attività manutentiva RAGIONE_SOCIALE reti fognarie, ossia liquami, fanghi e sabbie.
Con riferimento a tale investimento, nell’anno 2011, la società contribuente effettuava una variazione in diminuzione ai fini IRES dell’importo di euro 1.857.246,00 a titolo di investimento ambientale ex art. 6, commi da 13 a 19, della L. 388/2000.
Ai fini della fruizione dell’agevolazione di cui sopra la società: commissionava una relazione tecnica ad un perito esterno, il quale certificava la valenza ambientale dell’investimento; rappresentava nel bilancio d’esercizio gli investimenti ambientali realizzati; provvedeva alla comunicazione al M.I.S.E. degli investimenti ambientali di cui all’art. 30 L.179/02, che ha sostituito il comma 17, primo periodo, della legge n. 388/2000, art. 6.
Essendo il reddito detassato, nel periodo d’imposta 2011, superiore al reddito imponibile dell’anno, l’eccedenza pari a complessivi euro 812.356,00 veniva riportata quanto ad euro 667.130,00 nell’anno 2012 e quanto al residuo importo di euro 145.226,00 nell’anno 2013.
Ad esito RAGIONE_SOCIALE somministrazione di un questionario al fine di documentare e giustificare le variazioni esposte nel bilancio 2011, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate emetteva gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, con i quali disconosceva l’operata detassazione ex art 6, L. 388/2000 per l’importo di euro 1.625.605,86, riprendendo a tassazione euro 223.643,00 per l’anno 2011, euro 183.460,00 per l’anno 2012 ed euro 39.938,00 per l’anno 2013, oltre interessi e sanzioni per complessivi euro 575.341,77.
La società impugnava gli avvisi di accertamento, ma le ragioni della contribuente non trovavano conforto nei gradi di merito.
Avverso la sentenza della CTR della Lombardia indicata in epigrafe la RAGIONE_SOCIALE ricorre con cinque motivi, illustrati con il deposito di memoria ex art. 380-bis1 c.p.с.
L’Amministrazione ha depositato atto di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 13-19, della Legge 388/2000, dell’art. 12 RAGIONE_SOCIALE Preleggi e del Dlgs n. 152/2006 ed in particolare degli artt. n. 3 bis, 3 ter, 3 quater, 177, 179 e 230».
1.1. La ricorrente lamenta che la CTR avrebbe, erroneamente ritenuto che le agevolazioni di cui all’art. 6, L. 388/2000 non sarebbero usufruibili dalle aziende che operano nel settore ‘ a mbientale’, osservando che in alcun modo tale esclusione è prevista dalla citata disposizione di legge e che una simile interpretazione della norma non è sostenibile, tenuto conto del disposto di cui all’art. 12 RAGIONE_SOCIALE Preleggi, oltre che di quanto previsto dal D.lgs. n. 152/2006 in materia di responsabilità dei gestori dei rifiuti.
1.2. Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio decidendi espressa nella motivazione della sentenza impugnata.
1.3. I giudici di appello non hanno affatto affermato che le imprese operanti nel settore ambientale non possano, in quanto tali, usufruire RAGIONE_SOCIALE agevolazioni in questione, ma, diversamente argomentando, hanno rilevato come lo svolgimento di tale attività non sia sufficiente, ex se, a far presumere che gli investimenti effettuati siano comunque agevolabili, in assenza di prova del maggior costo correlato all’investimento ambientale rispetto a quello di un investimento analogo che non presente le stesse
caratteristiche, quantificato con applicazione del c.d. criterio dell’approccio incrementale .
Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 13-19, della Legge 388/2000, dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. , nonché, con riferimento all’art. 360, n. 4, cpc. la nullità della sentenza ex art. 156 c.p.c. per carenza assoluta dei requisiti di cui all’art. 132 c .p.c., secondo comma n. 4, e art. 36, n. 4, L. 546/92.
2.1. La ricorrente contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non rispettato il criterio c.d. incrementale di cui all’art. 6, L. 388/2000, in considerazione del fatto che la ricorrente ha posto in detrazione ai fini Ires l’intero investimento realizzato nel 2011. La CTR di Brescia, avendo omesso un concreto esame della perizia prodotta in giudizio dalla ricorrente, non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che «tutti gli interventi realizzati ed i beni strumentali acquistati sono da considerarsi un unicum inscindibile e come tali interamente agevolabili». Tale circostanza, stante il difetto assoluto di motivazione, comporterebbe altresì la nullità della sentenza per mancanza assoluta dei requisiti di cui all’art. 132 c.p.c., in quanto i giudici di appello si sarebbero limitati a citare la motivazione dimessa nella sentenza n. 5545/2016 della medesima CTR, che tuttavia si era pronunciata in merito ad un investimento completamente diverso da quello di cui trattasi.
2.2. Il motivo, pur frutto di mescolanza di censure di differente natura, deve ritenersi ammissibile in quanto comunque consente di estrapolare la trattazione RAGIONE_SOCIALE diverse doglianze (v. Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874); tuttavia, le censure sono infondate.
2.3. Con riguardo al profilo motivazionale, come affermato da giurisprudenza costante di questa Corte, (Cass. VI-5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della
sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
2.4. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
2.5. È, in particolare, nulla la sentenza redatta ‘per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018).
2.6. Tuttavia, questa Corte ritiene che nel processo tributario la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché, resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica.
2.7. Così è nel caso di specie, rilevandosi che la CTR ha richiamato il proprio precedente con riguardo al principio di diritto in esso
affermato, secondo cui « …non risulta che l’agevolazione possa riconoscersi genericamente per gli investimenti operati da una società che opera nel settore ambientale e che si occupa di trasporto e trattamento di rifiuti prodotti dai propri clienti», altresì precisando, con autonoma valutazione attinente al concreto caso, che «nel caso di specie, pertanto, parte contribuente avrebbe dovuto fornire la prova del maggior costo correlato all’investimento ambientale. Tale prova peraltro non è stata data, considerato che la stessa perizia prodotta dalla parte si limita ad argomentazioni generali ed alla descrizione dell’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE ed alla elencazione dei beni acquistati, finalizzati ad una ‘ ottimizzazione ‘ RAGIONE_SOCIALE prestazioni dell’azienda e non invece in termini di riduzione dell’impatto ambientale della propria fattibilità».
2.8. Con riguardo alla censura attinente al profilo della violazione RAGIONE_SOCIALE richiamate norme di diritto, inoltre, le argomentazioni spese dai giudici territoriali sono conformi all’orientamento espresso da questa Corte secondo cui , in forza dell’espresso richiamo operato l’art. 6, comma 15, della legge n. 388 del 2000, ratione temporis vigente, al criterio dell’approccio incrementale, «L’agevolazione cd. RAGIONE_SOCIALE, prevista dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388 del 2000, quale applicabile ratione temporis, presuppone la necessità della comparazione tra l’investimento cd. ambientale, che consente di prevenire, ridurre o riparare i danni causati all’ambiente dall’attività d’impresa, quale ad esempio quello destinato alla realizzazione di un impianto da fonti rinnovabili, e l’investimento tradizionale equivalente, corrispondente, ad esempio, ad un impianto alimentato da energia fossile» (Cass. Sez. 5, 26/03/2025, n. 8052). L’applicazione del suddetto criterio richiede, pertanto, la quantificazione dei costi d’investimento supplementari; anche se questi non siano facilmente isolabili dal costo totale dell’investimento, il metodo di calcolo dell’investimento
supplementare deve, comunque, ispirarsi a criteri oggettivi basati, per esempio, sul costo di un investimento analogo sotto il profilo tecnico, ma che non consenta di raggiungere lo stesso grado di tutela ambientale, come peraltro sottolineato nella disciplina comunitaria aria sugli aiuti di Stato in materia ambientale, allora contenuta nella comunicazione della Commissione dell’UE n. 2001/C 37/03 e richiamata dalla Risoluzione 11 luglio 2002, n. 226/E dell ‘RAGIONE_SOCIALE.
2.9. Nella specie, la CTR ha correttamente rilevato la mancata applicazione, nel caso di specie, di tale criterio, e la circostanza è, d’altro canto, espressamente ammessa dalla società ricorrente, che rivendica il riconoscimento del l’agevolazione indipendentemente dalla sua applicazione, laddove afferma che «tutti gli interventi realizzati ed i beni strumentali acquistati sono da considerarsi un unicum inscindibile e come tali interamente agevolabili».
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 13-19 della Legge 388/2000, dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e del D.lgs. n. 152/2006 ed in particolare degli artt. n. 3 bis, 3 ter, 3 quater, 177, 179 e 230 in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Nullità della sentenza ex art. 156 cpc per carenza assoluta dei requisiti di cui all’art. 132 cpc, secondo comma n. 4, e art. 36, n. 4, L. 546/92».
3.1. Afferma la società ricorrente che con tale strumento di impugnazione «si ripropongono tutti i rilievi mossi con i primi due motivi di impugnazione, in considerazione del fatto che, se anche per avventura si dovesse accedere alla tesi della CTR di Brescia, secondo la quale le agevolazioni di cui alla RAGIONE_SOCIALE Ambientale non sono usufruibili che per gli interventi realizzati ad eliminare i danni ambientali prodotti dalla propria attività, la stessa CTR avrebbe dovuto considerare tali le opere meglio descritte nel
motivo, in quanto pacificamente dirette ad eliminare i danni ambientali provocabili dalla ricorrente».
3.2. Il motivo, di non chiara formulazione, è inammissibile stante la sua proposizione in forma ipotetica, e comunque è infondato richiamandosi quanto supra esposto in merito al rilievo, dalla CTR positivamente operato con autonoma e idonea valutazione critica, della mancata comparazione tra l’investimento cd. ambientale e l’investimento tradizionale equivalente.
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.с. la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 L. 472/97, 8 L. 546/92 e 10, L. 212/2000». Lamenta la ricorrente che la CTR non abbia accolto la richiesta di disapplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per obiettiva incertezza normativa.
4.1. Il motivo è infondato, richiamandosi il costante orientamento di questa Corte secondo cui «In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua dell’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992 postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, sono capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione; ne consegue che la condizione di obiettiva incertezza normativa consiste, pertanto, in un’oggettiva impossibilità, accertabile esclusivamente dal giudice, d’individuare la norma giuridica in cui sussumere un caso di specie, mentre resta irrilevante l’incertezza soggettiva, derivante dall’ignoranza incolpevole del diritto o dall’erronea
interpretazione della normativa o dei fatti di causa» (da ultimo Cass. Sez. 5, 06/06/2025, n. 15144).
Con il quinto motivo si denuncia la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e 12, L. 472/97 e dell’art. 10, L. 212/2000 in relazione all’art. 360, n. 3 cpc. Nullità della sentenza ex art. 156 cpc per carenza assoluta dei requisiti di cui all’art. 132 cpc, secondo comma n. 4, e art. 36, n. 4, L. 546/92, con riferimento all’art. 360, n. 4, cpc ».
La società ricorrente contesta gli incrementi RAGIONE_SOCIALE sanzioni applicati, e segnatamente: l’ incremento del 30%, in ragione della particolare gravità della condotta, ai sensi dell’art. 7, primo comma, L. 472/97, osservando a tale riguardo che la ricorrente ha agito in assoluta buona fede ed alla ‘luce del sole’, senza alcun intento fraudolento ; l’ aumento del 10% per la recidiva, ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.lgs. n. 472/97, con riguardo alla medesima violazione commessa in relazione al periodo di imposta 2008, osservando che alcuna violazione relativa alla contestata infedele dichiarazione ai fini Ires era divenuta definitiva; la errata applicazione dei criteri dettati dal l’ art. 12, L. 472/97 in tema di concorso di violazioni e continuazione, osservando che tale erronea applicazione, in uno con i precedenti illegittimi ed indiscriminati incrementi, avrebbe comportato un inaccettabile aumento della sanzione ottenuta con il criterio del cumulo giuridico, risultando la stessa addirittura superiore alla sanzione determinata dalla RAGIONE_SOCIALE con il principio del cumulo materiale, parimenti illegittima in quanto sconta gli incrementi di cui ai commi n. 1, 2 e 3 dell’art. 7, L. 472/1997.
5.1. Il motivo, nei termini formulati, è inammissibile.
Il giudizio d’appello, per come ricostruito nella sentenza impugnata, non risulta aver avuto ad oggetto la questione dedotta con il motivo in esame.
È noto, invece, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste RAGIONE_SOCIALE parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto (tra molte v. Cass. 24/01/2019, n. 2038).
Si è, altresì, aggiunto con specifico riferimento al processo tributario in Cassazione che il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, comma 3, c.p.c. – deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro
collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15/01/2019, n. 777).
5.2. Nel caso di specie la ricorrente si è limitata (ricorso, p. 26) a dare atto di avere, nel giudizio di merito, «contestata l’eccessiva e sproporzionata quantificazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni», ma nulla ha detto in merito alla proposizione RAGIONE_SOCIALE specifiche doglianza veicolate con il motivo in esame.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Non si procede alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in assenza di attività difensiva dell’Amministrazione.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’ 8/10/2025.
La Presidente NOME COGNOME