Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27086 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27086 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 11796/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME domiciliata presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 859/6/2019 della Commissione tributaria regionale dell ‘ Abruzzo -sez. staccata di Pescara, depositata il 15 ottobre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. RAGIONE_SOCIALE impugnò vittoriosamente, innanzi alla C.T.P. di Chieti, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale l’ A mministrazione finanziaria ne aveva rettificato l’imponibile ai fini Ires per l’anno 201 3, in esito al disconoscimento del suo diritto di fruire della detassazione prevista dall’art. 6 della l. n. 388/2000 (cd. Tremonti ambiente) in conseguenza della realizzazione di un impianto fotovoltaico nel Comune di Palena.
Secondo l’Ufficio, la società contribuente, in quanto già operante nel settore della realizzazione di impianti di energia alternativa per conto terzi, non aveva sostenuto alcun investimento aggiuntivo finalizzato alla riduzione dell’impatto ambientale dell a propria attività d’impresa, come richiesto dalla disciplina agevolatrice; né , sotto il profilo soggettivo, poteva sostenersi che essa fosse l’utilizzatrice dell’impianto (e come tale la beneficiaria della detassazione), in quanto destinato ad impiego da parte del l’ente territoriale committente.
2. Il successivo appello erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali, richiamati i dati emersi dall’istruttoria di causa, osservarono: quanto al requisito soggettivo per la detassazione, che la società aveva la proprietà esclusiva dell’impianto e lo gestiva in totale autonomia sulla base di una convenzione con il Comune di Palena, il quale ultimo «non aveva espresso alcun potere decisionale nella fase di progettazione, realizzazione e gestione», né esercitava sull’impianto stesso alcuna forma di godimento o di disponibilità;
quanto al requisito oggettivo, che il beneficio fiscale era connesso alla realizzazione dell’impianto, vale a dire all’affronto degli oneri di costruzione, sicché le tariffe incentivanti non potevano che essere riconosciute alla società.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di un unico motivo.
La società intimata ha resistito con controricorso.
Considerato che:
L’unico mezzo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della l. n. 388/2000.
L’Agenzia ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il requisito soggettivo per la detassazione pur a fronte del rilievo del fatto che l’impresa richiedente fosse già operante nel settore della realizzazione di impianti ad energia alternativa; osserva, al riguardo, che, ove così interpretata, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ si risolverebbe in una mera misura agevolativa per le imprese del settore, anziché in uno strumento di sostegno per la prevenzione o riduzione di danni a ll’ambiente.
Assume, inoltre, che la C.T.R. avrebbe errato nel riconoscere all’investimento de quo la natura di «investimento ambientale» di cui all’art. 6, comma 15, della l. n. 388/2000, poiché la società contribuente era il mero finanziatore ed esecutore dell’opera, utilizzata esclusivamente dal Comune di Palena, soggetto responsabile dell’impianto.
La censura è inammissibile nel segmento concernente la sussistenza del requisito oggettivo.
2.1. Sul punto, e come si è detto, la C.T.R. ha svolto infatti considerazioni fondate sull’esame delle emergenze probatorie, dalle quali ha inferito la circostanza che il Comune di Palena, nel cui interesse è stato realizzato l’impianto, non ne fosse l’uti lizzatore, restando invece
riservata ogni attività di gestione ed impiego dello stesso all’odierna controricorrente sulla base di quanto stabilito dalla convenzione resa fra le parti.
La ricorrente pretende, pertanto, di scalfire tale ricostruzione in fatto, sollecitando a questa Corte una rivalutazione del materiale istruttorio già apprezzato in sede di merito, in un’ottica conforme ai propri assunti; si tratta, com’è evidente, della r ichiesta di un sindacato non consentito in questa sede.
2.2. Quanto, invece, alla possibilità di accedere al beneficio da parte delle c.d. ‘ imprese di scopo ‘ , che svolgono attività di servizi ambientali per conto di terzi, la giurisprudenza di questa Corte ha in effetti registrato alcune oscillazioni.
In un primo tempo, infatti, si era affermato che la formulazione dell’art. 6, commi da 13 a 15, della l. n. 388/2000 non consente di evincere che l ‘i nvestimento ambientale, per essere meritevole della relativa agevolazione fiscale, debba essere destinato all ‘ autoconsumo e non all’utilizzo dell’impianto a favore o per conto di terzi, poiché, anzi, l’applicazione del beneficio a tali ultime destinazioni sarebbe maggiormente rispondente alla ratio della previsione, che consiste nel sostegno alle imprese che compiano investimenti con ripercussioni favorevoli per l ‘ ambiente, a prescindere da ogni circostanza relativa alla destinazione dell’energia prodotta (cfr. Cass. n. 30225/2022; v. anche Cass. n. 7343/2021).
Tale opzione ermeneutica è stata ricondotta ad un certo favor del legislatore nazionale e sovranazionale per il principio della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabil e (nell’ambito dell ‘ Unione europea: art. 195, lett. c , TFUE, dir. 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001, dir. 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, accordo di Parigi del 22 aprile 2016; nell’ambito delle Nazioni Unite, Convenzione quadro
sui cambiamenti climatici, ratificata con la legge 1° giugno 2002, n. 120, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’ 11 dicembre 1997»).
2.3. Questa Corte, tuttavia, si è successivamente attestata su posizioni opposte (v. Cass. n. 17807/2025, Cass. n. 35919/2023, Cass. n. 25157/2023; in precedenza, v. anche Cass. n. 29365/2020), esprimendo un orientamento costante dal quale, in questa sede, non vi sono ragioni per discostarsi, e che può essere compendiato nei termini che seguono:
-i commi 13 e 15 dell’art. 6 della l. n. 388 del 2000, vigenti all’epoca dei fatti, stabilivano, rispettivamente: ‘a quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali, come definiti al comma 15, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito ‘ (comma 13); ‘er investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all ‘ art. 2424 c.c., comma 1, lett. B), n. II, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all ‘ ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l ‘ approccio incrementale ‘ (comma 15);
da tali disposizioni si evince che la concessione dell ‘ agevolazione a favore della generalità delle imprese (piccole e medie) – e non, quindi, di altri soggetti che non esercitano attività di impresa – si fonda sull ‘ implicito presupposto della dannosità per l ‘ ambiente di tale attività, alla quale la stessa dannosità è inerente;
pertanto, nel definire gli investimenti cui si applica l ‘ agevolazione come quelli necessari per prevenire, ridurre e ripianare ‘ danni causati all ‘ ambiente ‘ , il legislatore ha inteso fare riferimento ai danni
all ‘ ambiente inerenti all ‘ attività dell ‘ impresa investitrice, cioè ai danni causati da tale sua attività;
l ‘ accoglimento della tesi opposta comporterebbe la traduzione del beneficio in questione in un ‘ agevolazione all ‘ attività stessa delle imprese il cui oggetto è costituito da un ‘ attività di prevenzione, riduzione e riparazione di danni causati all ‘ ambiente da terzi – e i cui investimenti sono, perciò, strutturalmente e generalmente diretti a prevenire, ridurre e riparare danni all ‘ ambiente – esito che, oltre che contrastare con l ‘ indicata intenzione del legislatore, sarebbe suscettibile di trasformare l ‘ agevolazione in parola in un aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. da 87 a 89 del Trattato CEE (e, successivamente, con gli artt. da 107 a 109 TFUE), stante il vantaggio che essa potrebbe comportare a favore del detto settore di imprese rispetto ai concorrenti di altri Paesi dell ‘ Unione Europea, con la conseguente alterazione (o minaccia di alterazione) della concorrenza;
infatti, la diversità tra la situazione dell ‘ impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all ‘ ambiente da terzi e la situazione dell ‘ impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all ‘ ambiente dalla propria attività giustifica il fatto che, a fronte dell ‘ acquisto di un ‘ identica immobilizzazione materiale, il relativo costo non sia detassato nel primo caso e lo sia, invece, nel secondo;
inoltre, la materia dell ‘ imposizione tributaria fa parte del c.d. ‘ nucleo duro ‘ delle prerogative della potestà pubblica, poiché la natura autoritativa del rapporto tra il contribuente e la collettività è predominante (Corte EDU, COGNOME c. Italia), laddove ‘ le scelte in questa materia implicano normalmente una ponderazione di problemi politici, economici e sociali che la Convenzione lascia alla competenza degli stati firmatari, poiché le autorità interne sono evidentemente
nella posizione di valutare meglio tali aspetti che non la Corte ‘ (cfr. Corte EDU, Belmonte c. Italia)».
2.4. La tesi dell’Amministrazione, per la parte in scrutinio, si conforma a tale indirizzo; il motivo va dunque accolto per quanto di ragione.
Consegue a tale statuizione l’accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Le spese dei gradi di merito possono essere interamente compensate, alla luce delle richiamate oscillazioni giurisprudenziali sulla questione oggetto di controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda della contribuente.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 5.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 26 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME