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Investimenti ambientali: no agevolazioni per terzi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha negato il diritto alla detassazione per investimenti ambientali (cd. “Tremonti ambiente”) a una società operante nel settore delle energie rinnovabili. Il beneficio fiscale è stato disconosciuto poiché l’investimento, pur essendo ecologico, rientrava nell’oggetto sociale dell’impresa (costruzione di impianti per terzi) e non era finalizzato a ridurre l’impatto ambientale della propria specifica attività produttiva. La Corte ha chiarito che l’agevolazione non è un sussidio per il settore green, ma un incentivo per le imprese a mitigare i danni ambientali che esse stesse producono.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Investimenti ambientali: no agevolazioni se l’attività è per conto terzi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale in materia di investimenti ambientali e agevolazioni fiscali, note come “Tremonti ambiente”. La decisione chiarisce che il beneficio della detassazione non spetta alle imprese il cui oggetto sociale consiste proprio nella realizzazione di opere ecologiche per conto di terzi. L’incentivo è riservato esclusivamente a quelle aziende che investono per ridurre l’impatto ambientale della propria attività produttiva.

I Fatti del Caso: Una Società di Energia Rinnovabile contro l’Amministrazione Finanziaria

Una società specializzata nella costruzione di impianti di energia alternativa realizzava un impianto fotovoltaico per un ente comunale. Successivamente, la società richiedeva di usufruire della detassazione prevista dalla legge per gli investimenti ambientali. L’Amministrazione Finanziaria respingeva la richiesta, emettendo un avviso di accertamento per recuperare le imposte non versate.

Secondo l’ente impositore, la società non aveva diritto al beneficio per due ragioni principali:
1. L’investimento non era “aggiuntivo” e finalizzato a ridurre l’impatto ambientale dell’attività dell’impresa, ma costituiva l’oggetto stesso della sua attività commerciale.
2. La beneficiaria finale dell’impianto non era la società stessa, ma l’ente territoriale committente.

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici tributari avevano dato ragione alla società, ritenendo che la proprietà e la gestione autonoma dell’impianto fossero sufficienti a giustificare l’accesso all’agevolazione. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: un’interpretazione restrittiva degli investimenti ambientali

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni precedenti, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici supremi hanno sposato un orientamento rigoroso, chiarendo la natura e lo scopo della norma sugli investimenti ambientali.

Il punto centrale della controversia era il cosiddetto “requisito soggettivo”: chi ha diritto a questa agevolazione? La Corte ha affermato che il beneficio è destinato a incentivare le piccole e medie imprese a compiere investimenti per “prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente” dalla loro stessa attività. Il presupposto implicito della norma è, quindi, che l’attività dell’impresa investitrice sia di per sé potenzialmente dannosa per l’ambiente.

La distinzione tra investimento e oggetto sociale

La Corte ha sottolineato una differenza fondamentale:
* Un’impresa che inquina e investe per ridurre il proprio impatto ambientale: Questa è la situazione che la legge intende agevolare. L’investimento è un costo aggiuntivo sostenuto per diventare più sostenibile.
* Un’impresa la cui attività è costruire impianti ecologici per altri: In questo caso, l’investimento non è un’azione correttiva, ma l’essenza stessa del suo business. Agevolare fiscalmente questa attività significherebbe sovvenzionare un intero settore economico, non incentivare un comportamento virtuoso.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si basano su argomenti logici e giuridici solidi. Innanzitutto, accogliere la tesi della società trasformerebbe l’agevolazione da incentivo ambientale a un potenziale aiuto di Stato. Concedere un vantaggio fiscale a tutte le imprese del settore green creerebbe una distorsione della concorrenza rispetto ad aziende simili in altri Stati membri dell’Unione Europea, violando le norme comunitarie.

In secondo luogo, la Corte evidenzia che la ratio della legge è quella di sostenere le imprese che compiono uno sforzo supplementare per internalizzare i costi ambientali della loro produzione. Non è un sussidio per chi già opera nel mercato dei servizi ambientali. La norma presuppone una dannosità intrinseca dell’attività dell’investitore, che l’investimento ambientale mira a mitigare.

Infine, i giudici hanno rigettato l’idea che la proprietà formale dell’impianto sia sufficiente. Ciò che conta è lo scopo dell’investimento: se è destinato a generare un profitto tramite la fornitura di un servizio a terzi, rientra nell’attività d’impresa e non può essere considerato un investimento ambientale agevolabile ai sensi della normativa in esame.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un punto fermo per le imprese che operano nel settore dell’energia e dell’ambiente. Il principio è chiaro: la “Tremonti ambiente” non è un’agevolazione di settore, ma uno strumento mirato a incoraggiare le imprese, a prescindere dal loro campo di attività, a investire per ridurre il proprio impatto ecologico. Le società il cui core business è già “green” non possono beneficiare di questo specifico incentivo per le attività svolte per conto dei loro clienti, in quanto tali attività costituiscono il loro reddito d’impresa e non un costo aggiuntivo per la sostenibilità.

Un’impresa che realizza impianti fotovoltaici per terzi può beneficiare della detassazione per investimenti ambientali (cd. Tremonti ambiente)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’agevolazione spetta solo alle imprese che effettuano investimenti per prevenire, ridurre o riparare i danni ambientali causati dalla propria attività, non a quelle il cui oggetto sociale è proprio la realizzazione di opere ambientali per conto di terzi.

Qual è la finalità principale della norma sugli investimenti ambientali (art. 6, L. 388/2000)?
La finalità non è fornire un’agevolazione generalizzata alle imprese del settore ambientale, ma incentivare le piccole e medie imprese a ridurre l’impatto inquinante della loro specifica attività produttiva. Si presuppone che l’attività dell’impresa investitrice sia intrinsecamente dannosa per l’ambiente e che l’investimento serva a mitigarla.

Perché estendere l’agevolazione alle imprese che forniscono servizi ambientali a terzi potrebbe configurarsi come un aiuto di Stato?
Perché concedere un beneficio fiscale a imprese il cui core business è la fornitura di servizi ambientali le avvantaggerebbe rispetto ai concorrenti di altri Paesi dell’Unione Europea, alterando la concorrenza. L’agevolazione si trasformerebbe da incentivo ambientale a un sussidio settoriale, potenzialmente illegittimo secondo le norme europee.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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