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Inventario analitico successione: guida e limiti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18254/2025, ha stabilito che l’inventario analitico successione, utilizzato per superare la presunzione legale del 10% su denaro, gioielli e mobilia, non deve obbligatoriamente includere beni immateriali come partecipazioni societarie e crediti. Il suo scopo è limitato ad accertare la consistenza dei soli beni facilmente occultabili, oggetto della presunzione. La Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia Fiscale che sosteneva la necessità di un’applicazione rigida e formale delle norme del codice di procedura civile, privilegiando un’interpretazione funzionale alla norma tributaria.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Inventario Analitico Successione: I Limiti Chiariti dalla Cassazione

L’apertura di una successione comporta una serie di adempimenti fiscali, tra cui la presentazione della dichiarazione di successione. Una delle norme più insidiose è la presunzione legale secondo cui denaro, gioielli e mobilia rappresentano il 10% del valore dell’asse ereditario. Per superare questa presunzione forfettaria, la legge prevede lo strumento dell’inventario analitico successione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18254/2025) ha fornito chiarimenti cruciali sui requisiti di questo atto, limitandone la portata e favorendo un’interpretazione più funzionale e meno formalistica.

Il Caso in Esame

Il caso ha origine da un avviso di liquidazione dell’imposta di successione notificato a un erede. L’Agenzia Fiscale contestava l’efficacia di un inventario redatto da un notaio, poiché ritenuto incompleto. Secondo l’Ufficio, l’atto non rispettava pienamente le disposizioni del codice di procedura civile (in particolare l’art. 775 c.p.c.), in quanto ometteva l’indicazione di ‘altre attività e passività’ e la ‘descrizione di carte e scritture’, come ad esempio partecipazioni societarie e crediti. L’Agenzia sosteneva che, a causa di questa incompletezza formale, l’inventario non fosse idoneo a vincere la presunzione del 10% e che l’imposta dovesse essere calcolata su tale base forfettaria. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione al contribuente, ritenendo l’inventario correttamente redatto ai fini fiscali. L’Agenzia Fiscale ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Finalità dell’Inventario Analitico Successione e la Presunzione Fiscale

L’art. 9, comma 2, del D.Lgs. 346/1990 (Testo Unico sull’imposta di successione) stabilisce una presunzione legale: si considerano compresi nell’attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al 10% del valore globale netto dell’asse, a meno che da un inventario analitico successione non risulti un importo diverso. La ratio di questa norma è chiara: contrastare l’occultamento di beni facilmente trasferibili e non tracciabili. L’inventario, redatto secondo le forme del codice di procedura civile, è l’unica prova contraria ammessa. Il dibattito si è concentrato su quanto rigidamente debbano essere applicate tali forme.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia Fiscale, delineando un importante principio di diritto. I giudici hanno chiarito che il rinvio della norma fiscale alle disposizioni del codice di procedura civile deve essere interpretato alla luce della finalità specifica della norma stessa. L’obiettivo dell’inventario, in questo contesto, non è quello di ricostruire l’intero patrimonio del de cuius in ogni suo dettaglio, ma unicamente quello di accertare l’effettiva consistenza dei beni oggetto della presunzione: denaro, gioielli e mobilia.

La Corte ha specificato che beni immateriali come ‘passività, partecipazioni societarie e crediti’ hanno una ‘natura astratta’ e non possono essere logicamente oggetto di una presunzione nata per contrastare l’occultamento di ‘beni materiali/corporali’. Questi asset, infatti, sono generalmente tracciabili e devono essere dichiarati analiticamente nella dichiarazione di successione, seguendo criteri di valutazione specifici. Imporre un onere di inventariazione anche per questi elementi sarebbe eccessivamente formalistico e non coerente con lo scopo della norma.

Inoltre, la Corte ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito riguardo al mancato accesso del notaio presso immobili locati o dati in comodato a terzi. Essendo stato provato che in tali immobili non vi era mobilia della defunta, non sussisteva alcun obbligo per il pubblico ufficiale di procedere a ispezioni o interrogare i detentori.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale: l’obbligo di redigere l’inventario analitico successione per superare la presunzione del 10% ha una finalità probatoria speciale e mirata. La sua validità ai fini fiscali non dipende da una conformità pedissequa a tutti i requisiti formali del codice di procedura civile, ma dalla sua capacità di dimostrare l’effettiva consistenza di denaro, gioielli e mobilia. L’interpretazione non deve essere ‘eccessivamente formalistica’, ma funzionale allo scopo della legge. Questa decisione offre maggiore certezza agli eredi, riducendo il rischio di contenziosi basati su cavilli formali e concentrando l’attenzione sulla sostanza dell’accertamento.

L’inventario per superare la presunzione del 10% nell’imposta di successione deve includere anche crediti e partecipazioni societarie?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini specifici di superare la presunzione su denaro, gioielli e mobilia, l’inventario non deve necessariamente includere beni immateriali come crediti e partecipazioni societarie, in quanto questi hanno una ‘natura astratta’ e non rientrano nell’oggetto della presunzione.

L’inventario analitico di successione deve seguire in modo rigido tutte le norme del codice di procedura civile?
No. Secondo la sentenza, il rinvio alle norme del codice di procedura civile (art. 769 c.p.c. e ss.) riguarda le formalità procedurali, ma il contenuto dell’inventario va interpretato alla luce della finalità fiscale della norma, che è quella di accertare la consistenza di beni facilmente occultabili (denaro, gioielli, mobilia).

Il notaio che redige l’inventario è obbligato a ispezionare tutti gli immobili del defunto, anche se affittati a terzi?
No. La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che hanno escluso la violazione dell’art. 192 disp. att. c.p.c., in quanto era stato accertato che negli immobili locati a terzi non era presente mobilia appartenente alla defunta. L’obbligo non sussiste se non vi sono elementi che facciano presumere la presenza di beni da inventariare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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