Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7020 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7020 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 15/03/2024
Oggetto: tributi -accertamento -indagini di fatto -giudizio di cassazione inammissibilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19636/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
–
resistente
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 298/38/16, depositata in data 20 gennaio 2016 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2014 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
Il contribuente COGNOME NOME ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2006, emesso -secondo quanto esposto nel ricorso – con metodologia induttiva, nonché successiva cartella di pagamento, con cui si recuperavano imposte dirette e indirette per effetto del disconoscimento di componenti negativi di reddito (canoni di locazione finanziaria, costi di lavoratori dipendenti e consumi) . L’avviso faceva seguito a un accesso mirato presso il luogo di esercizio dell’attività professionale , nel corso del quale veniva fatta richiesta di produzione di documentazione che il contribuente riferiva essere impossibilitato a reperire. Il contribuente ha dedotto che l’esistenza dei costi era documentata da fatture di acquisto che erano state successivamente prodotte già in fase precontenziosa.
La CTP di Milano ha rigettato il ricorso.
La CTR della Lombardia, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello del contribuente. Ha osservato il giudice di appello che la documentazione prodotta non costituisce prova dell’inerenza dei costi, essendo mancata la produzione di copia del contratto di lavoro e delle buste paga, nonché il prospetto degli incarichi e l’ulteriore documentazione a supporto dei costi sostenuti. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che il contribuente non ha dimostrato di non avere potuto produrre la documentazione originariamente richiesta per causa a lui non imputabile, ritenendo, in particolare, che non costituisca fatto esimente il denunciato furto di un personal computer.
Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a tre motivi ; l’Ufficio intimato si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5) cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 109 terzo comma d.P.R. n. 917/1986 TUIR. Principio tributario dell’inerenza: violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio dedotto e oggetto di causa nonché omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza impugnata », nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il contribuente non abbia assolto all’onere della prova. Il ricorrente, oltre a censurare apparenza della motivazione, deduce come l’inere nza sia estesa anche a costi che non sviluppino di per sé ricavi e che, in tal senso, il giudice di appello abbia errato nel valutare l’inerenza dei costi e, in particolare, abbia omesso di valutare la documentazione che dimostri l’inerenza. Deduce, sul punto, il ricorrente che la sentenza di appello non abbia preso in esame la documentazione prodotta , già a disposizione dell’Ufficio dalla fase amministrativa. Evidenzia, inoltre, la decisività dei « fatti omessi », contestando di non avere mai avuto personale dipendente o assimilato.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, quarto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la documentazione prodotta dal contribuente, non esibita originariamente agli Uffici finanziari, non possa essere valutata a favore del contribuente. Deduce il ricorrente che l’Amministrazione, per usufruire della inutilizzabilità della documentazione di parte contribuente, deve fissare un termine per
l’adempimento da parte del contribuente. Osserva, inoltre, come in appello è producibile qualsiasi documento.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., error in procedendo per omessa pronuncia sul motivo n. 2 di appell o, in relazione all’art. 39, secondo comma, lett. c) d.P.R. n. 600/1973 e 55, secondo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per non avere il giudice di appello motivato sulla censura che, trattandosi di accertamento induttivo, l’Ufficio non vi avrebbe potuto procedere per omessa produzione della documentazione, avendo il ricorrente provveduto a produrre la documentazione già in sede amministrativa, documentazione costituita da fatture di vendita e di acquisto relative ai compensi corrisposti a terzi, nonché da quietanze di pagamento relative ai versamenti IVA e INPS, oltre a prospetto di raccordo dei componenti negativi di reddito inseriti in dichiarazione e registri IVA.
Il primo motivo è infondato nella parte in cui deduce (peraltro in assenza di adeguato parametro normativo) apparenza della motivazione, posto che, per giurisprudenza consolidata (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), tale vizio è rubricabile solo ove non sia enucleabile il percorso logico seguito dal giudice di appello. Il percorso logico appare esaustivo, avendo la sentenza impugnata ritenuto inutilizzabile la documentazione prodotta in sede giurisdizionale dal contribuente, nonché accertato che il contribuente non ha assolto al proprio onere della prova, motivazione che, per quanto succinta, rende evidenti i percorsi logici seguiti dal giudice di appello ai fini della decisione della causa.
Diversamente, il motivo è inammissibile nella parte in cui deduce erroneità, mancanza o contraddittoria motivazione, non essendo tale vizio -per le ragioni già esposte – più deducibile in sede di legittimità. Motivo, parimenti, inammissibile in relazione alla deduzione di omesso
esame di fatto decisivo in quanto -in disparte l’inammissibilità di una deduzione di omesso esame di fatto storico di fatto fondata sulla erronea valutazione della documentazione prodotta, come si vedrà più analiticamente infra -nella specie deve farsi applicazione del principio della « doppia conforme » ex art. 348ter , quarto e quinto comma, cod. proc. civ. pro tempore vigente, non essendo nella specie stato evidenziato che le ragioni della sentenza di primo grado e di quella di appello fossero diverse ( ex multis , Cass., Sez. III, 20 settembre 2023, n. 26934).
6. Il primo motivo è ulteriormente inammissibile nella parte in cui deduce violazione di legge, per violazione dei principi in tema di inerenza e di onere della prova. Il ricorrente, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758). Nel qual caso, oggetto del giudizio non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8315), salvo l’esame in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 3 dicembre 2019, n. 31546; Cass., Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054). Il che è reso evidente dal fatto che il ricorrente si duole dell’erronea od omessa valutazione della documentazione prodotta in giudizio, attività riservata al giudice del merito e, salvo l’errore di percezione di natura revocatoria, a questi riservata.
7. Il secondo motivo è inammissibile sotto un duplice profilo. In primo luogo, il ricorrente non ha censurato la ratio decidendi ,
incentrata sulla mancata prova della non imputabilità della omessa iniziale produzione della documentazione richiesta, fondata su circostanze di fatto e relative valutazioni del giudice di appello. In secondo luogo, il ricorrente introduce l’argomento dell ‘assenza del la indicazione del termine ad adempiere da parte dell’Ufficio , tema che non risulta trattato nella sentenza impugnata e costituisce, pertanto, questione nuova. Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).
Vero è che la questione del mancato avvertimento da parte dell’Ufficio circa le conseguenze della mancata risposta all’invito alla produzione della documentazione può essere formulata in appello (Cass., Sez. V, 24 febbraio 2022, n. 6092), ma ciò non può avvenire in sede di giudizio di legittimità, dove non sono consentite nuove e diverse indagini di fatto (Cass., Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 11211).
Il terzo motivo è infondato. Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, non occorrendo una specifica argomentazione in proposito; nel qual caso è sufficiente quella motivazione che fornisca una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla, ovvero la carenza
di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 6 dicembre 2017, n. 29191). Nel momento in cui il giudice di appello ha ritenuto che non sussistevano le ragioni per l’utilizzabilità della documentazione prodotta, ha implicitamente ritenuto che sussistevano a monte i presupposti per l’accertamento induttivo per assenza di documentazione utilizzabile.
10. Il ricorso va, pertanto, rigettato; nulla per le spese in assenza di difese scritte della amministrazione resistente; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 14 febbraio 2024