Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15873 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15873 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
Oggetto: Tributi
Intimazione di pagamento
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 29535 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato – dal quale è stata estratta copia informatica per immagine firmata digitalmenteda intendersi allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliat o presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma INDIRIZZO;
Contro
RAGIONE_SOCIALE (quale successore di RAGIONE_SOCIALE), in persona del Presidente pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-controricorrenti-
Nonché
RAGIONE_SOCIALE (Ufficio diritto annuale) , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 1559/02/2022, depositata in data 10 maggio 2022, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso affidato a quattro motivi per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale della Calabria aveva accolto parzialmente l’appello proposto nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 1655/2021 della Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE con la quale era stato rigettato il ricorso del suddetto contribuente avverso atto di intimazione di pagamento conseguente a sette cartelle di pagamento aventi ad oggetto crediti per mancato versamento di Irpef, Irap, Iva, diritti annuali della RAGIONE_SOCIALE, addizionali comunali e regionali all’Irpef, oltre interessi e sanzioni per gli anni 2002-2006.
2. In punto di diritto, per quanto di interesse la CTR ha affermato che: 1) andava rigettata l’eccezione relativa alla sopravvenuta estinzione della pretesa creditoria ex art. 1, commi 537-540 della legge n. 228 del 2012, in quanto, considerata la modifica della disciplina in forza del D.lgs. n. 159/2015, dal tenore della istanza di sospensione della riscossione proposta dal contribuente emergeva esclusivamente la contestazione della prescrizione dei crediti azionati (senza alcuna specificazione in ordine alla avvenuta maturazione in data antecedente alla esecutività del ruolo), peraltro senza l’allegazione di alcuna documentazione a supporto della istanza medesima; 2) l’intimazione di pagamento risultava ‘ ritualmente motivata ‘ e precisamente indicato il responsabile di emissione e notifica della stessa; peraltro, estendendo all’intimazione di pagamento quanto affermato dalla Corte di cassazione con riferimento alla cartella di pagamento (è richiamata Cass. n. 21290/2018) , la mancata sottoscrizione dell’atto impugnato non comportava l’invalidità dello stesso in quanto non era in dubbio la riferibilità dello stesso ad RAGIONE_SOCIALE non prevedendo il modello approvato con decreto del Ministero competente tale adempimento; 3) la notifica di tre (RAGIONE_SOCIALE sette) cartelle sottostanti era irrituale per cui, con riferimento a queste ultime, doveva ritenersi illegittima l’impugnata intimazione di pagamento con conseguente accoglimento sul punto del gravame; 4) avuto riguardo alla documentazione prodotta dal RAGIONE_SOCIALEo (avvisi di ricevimento dai quali emergeva la consegna al destinatario e/o al familiare convivente presso l’indirizzo del destinatario) risultavano regolari le notifiche RAGIONE_SOCIALE altre quattro cartelle; 4) con riguardo ai crediti sottesi alle sette prodromiche cartelle di pagamento non si era verificata l’eccepita prescrizione trattandosi di crediti erariali soggetti al termine di prescrizione ordinario decennale; diversamente, in relazione a tutte le cartelle di pagamento, era decorso il termine di prescrizione quinquennale per i crediti relativi a sanzioni e interessi.
Resistono con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 537-540 della legge n. 228 del 2012, per avere la CTR rigettato l’eccezione di estinzione della pretesa creditoria , ai sensi dell’art. 1, commi 537-540 cit ., sebbene- premessa la pacifica tempestività della istanza di sospensione legale della riscossione depositata in data 6.7.2016 a seguito di notifica, in data 14.6.2016, di atto di pignoramento dei crediti – stante il mancato riscontro da parte dell’ente creditore , nel termine perentorio di 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore al RAGIONE_SOCIALEo, la pretesa dovesse ritenersi annullata di diritto senza dovere essere allegata alcuna documentazione a supporto dell’istanz a medesima avendo il contribuente eccepito l’intervenuta prescrizione della pretesa da omessa notifica di ogni atto presupposto.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. L’art. 1 comma 537 legge 228/2012, prima RAGIONE_SOCIALE modifiche di cui all’art. 1 d.lgs. 24-9-2015, n. 159, prevede che “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti e le società incaricate per la riscossione dei tributi, di seguito denominati “RAGIONE_SOCIALE riscossione”, sono tenuti a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione RAGIONE_SOCIALE somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente indicati dal debitore, effettuate ai sensi del comma 538″. Il comma 538, poi, elenca tutte le ipotesi in cui il debitore ha diritto ad ottenere la sospensione della riscossione,
con la previsione alla lettera f) di una clausola generale, costituita “da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso” (comma 538 ” ai fini di quanto stabilito al comma 537, entro 90 giorni dalla notifica, da parte del RAGIONE_SOCIALEo della riscossione, del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal RAGIONE_SOCIALEo il contribuente presenta al RAGIONE_SOCIALEo della riscossione una dichiarazione anche con modalità telematiche, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono interessati: a)da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo; b) da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore; d) da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il RAGIONE_SOCIALEo della riscossione non ha preso parte; e)da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione dello stesso, in favore dell’ente creditore; f) da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”). Il comma 539 dell’art. 1, poi, disciplina il procedimento che si innesca a seguito della presentazione della domanda del debitore entro il termine di 90 giorni dalla notifica nei suoi confronti del primo atto di riscossione, con il coinvolgimento sia del RAGIONE_SOCIALEo alla riscossione, sia, soprattutto, dell’ente impositore. Pertanto, il comma 539 prevede che “entro il termine di 10 giorni successivi alla data di presentazione della dichiarazione di cui al comma 538, il RAGIONE_SOCIALEo della riscossione trasmette all’ente creditore la dichiarazione presentata dal debitore e la documentazione allegata al fine di avere conferma dell’esistenza RAGIONE_SOCIALE ragioni del debitore ed ottenere, in caso affermativo, la sollecita
trasmissione della sospensione o dello sgravio direttamente sui propri sistemi informativi. Decorso il termine di ulteriori 60 giorni l’ente creditore è tenuto, con propria comunicazione inviata al debitore a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo posta elettronica certificata ai debitori obbligati all’attivazione, a confermare allo stesso la correttezza della documentazione prodotta, provvedendo, in pari tempo, a trasmettere in via telematica, al RAGIONE_SOCIALEo della riscossione il conseguente provvedimento di sospensione o sgravio, ovvero ad avvertire il debitore dell’inidoneità di tale documentazione a mantenere sospesa la riscossione, dandone, anche in questo caso, immediata notizia al RAGIONE_SOCIALEo della riscossione per la ripresa dell’attività di recupero del credito iscritto a ruolo”. Il comma 540 dell’art. 1 legge 228/2012, quindi, dispone che la mancata risposta da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel termine di 220 giorni, comporta l’annullamento di diritto dei ruoli (comma 540 “in caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore, della comunicazione prevista dal comma 539 e di mancata trasmissione dei conseguenti flussi informativi al RAGIONE_SOCIALEo della riscossione, trascorso inutilmente il termine di 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso RAGIONE_SOCIALEo della riscossione, le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto e quest’ultimo è considerato automaticamente di scaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi”).
1.3. L’art. 1 del d.lgs. 24-9-2015, n. 159 ha modificato l’art. 1 commi 538-540 della legge 228/2012, prevedendo la riduzione del termine concesso al contribuente per presentare la dichiarazione, da 90 a 60 giorni, e sanzionando con la “decadenza” l’eventuale ritardo. Inoltre, sempre in relazione al comma 538, è stata eliminata tra le cause di sospensione della riscossione la lettera f (dichiarazione con cui è documentato che il ruolo è interessato “da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso”). Nel comma 539 non si prevede
più il termine dilatorio di 60 giorni per il creditore, che deve quindi provvedere a fornire risposte in tempi più rapidi. Il comma 539 bis, aggiunto, dispone che “La reiterazione della dichiarazione di cui al comma 538 non è ammessa e, in ogni caso, non comporta la sospensione RAGIONE_SOCIALE iniziative finalizzate alla riscossione”. Il comma 540 rappresenta la novità più rilevante, in quanto prevede, dopo l’ultimo periodo, che “l’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito”. L’annullamento, quindi, non opera in tutti i casi in cui il credito sia ancora sub iudice nonché nelle ipotesi di sospensione giudiziale o amministrativa. Pertanto, la caducazione della pretesa si verifica solo se il debitore fa valere cause potenzialmente estintive della stessa (Cass., sez.5, sentenza n. 28354 del 2019).
L’art. 15 del d.lgs. 24-9-2015, n. 159 prevede una disciplina transitoria, in base alla quale” le disposizioni dell’articolo 1, commi da 538 a 540, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, nel testo modificato dall’articolo 1 del presente decreto, si applicano alle dichiarazioni presentate successivamente alla data di relativa entrata in vigore del presente decreto. Con provvedimento del direttore dell’agenzia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sono disciplinate le modalità telematiche di presentazione della dichiarazione e di invio della risposta al debitore. Fino alla data fissata da tale provvedimento resta fermo quanto disposto dalle stesse disposizioni nella versione in vigore antecedente alle suddette modifiche”.
1.4. Nella specie trova applicazione il comma 538 articolo 1 della legge 228/2012, nella versione post modifiche apportate dall’art. 1 del d.lgs. 24-9-2015, n. 159, poiché la dichiarazione di cui al comma 538 è stata presentata dal contribuente in data 6.7.2016 (v. istanza di sospensione legale della riscossione allegata al ricorso), successivamente alla data di entrata in vigore del detto decreto
legislativo (22 ottobre 2015). Il d.lgs. 159/2015, modificando il comma 540, dell’art. 1, della legge 228/2012, ha previsto che “l’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito”. Tale disposizione è stata inserita dalla novella per la rilevanza dell’istituto per “le casse erariali” e per evitare potenziali applicazioni distorsive, con la presentazione di istanze di sospensione solo pretestuose (Cass.sez.5, sentenza n. 28354 del 2019).
1.5. Nella sentenza impugnata la CTR ha correttamente escluso l’annullamento di diritto della pretesa di cui al comma 540, prima parte dell’art. 1 cit. in quanto tale annullamento non poteva operare ‘ in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ‘ e nella specie, ‘ dal tenore dell’istanza di sospensione avanzata dal contribuente… emerge come l’istante si limitato a contestare la prescrizione dei crediti azionati (senza alcuna specificazione in ordine alla intervenuta maturazione in data antecedente alla esecutività del ruolo) ‘ allegando alla predetta istanza ‘ esclusivamente copia dei ricorsi proposti dinanzi alla CTP di RAGIONE_SOCIALE e al Tribunale di RAGIONE_SOCIALEsez. lavoro e nessuna documentazione a supporto ‘ .
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 50, commi 2 e 3 del d.P.R. n. 602/1973 per avere la CTR quanto all’eccepita irregolarità formale dell’intimazione e alla sua difformità dal modello approvato con decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE Finanze, in violazione dell’art. 7 dello Statuto del contribuente -affermato che l’intimazione rispettava ‘ i requisiti di legge ‘ senza specificare se, nella specie, fossero presenti le tassative indicazioni da riportare nell’atto come quella del responsabile del procedimento.
2.1. Il motivo si profila inammissibile.
2.2. In base all’art.7 , comma 2 della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente)- nel quale è trasfuso il principio di garanzia di trasparenza della attività amministrativa, della piena informazione e del diritto di difesa – gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei RAGIONE_SOCIALE della riscossione devono tassativamente indicare: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili. Si tratta di disposizione che sancisce il carattere tassativo della nullità degli atti (vedi in motivazione Cass. 28/6/2016 n.13322, Cass. sez. lav. 3281 del 2020).
2.3. Nella specie, il ricorrente, pur denunciando una violazione di norme di legge mira, in realtà, alla rivalutazione di un apprezzamento di merito operato dal giudice di appello, avendo quest’ultimo accertato -confermando sul punto quanto già statuito dal giudice di prime cureche l’impugnata intimazione di pagamento risultava ‘ ritualmente motivata e, a differenza di quanto contestato dall’appellante, risultava la precisa indicazione del responsabile di emissione e notifica della stessa ‘ con ciò signifi cando la completezza della stessa quanto alle indicazioni tassativamente previste ex lege .
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della ‘sentenza di primo grado’ per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4 c.p.c. per avere la CTR , con una motivazione contraddittoria, da un lato, accertato l’omessa notifica di tre (RAGIONE_SOCIALE sette) sottese cartelle , e dall’altro, dichiarato, in relazione a tali cartelle, l’estinzione RAGIONE_SOCIALE sole sanzioni e interessi per intervenuta prescrizione e non già dell’intera pretesa tributaria (crediti relativi alle annualità 2005-2007 e 2010, sanzioni e
interessi). Peraltro, ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata si paleserebbe altresì ‘superficiale’ atteso che tra le cartelle esaminate il giudice di appello inseriva anche quella n. NUMERO_CARTA in ordine alla quale la sentenza di prime cure aveva già dichiarato cessata la materia del contendere.
3.1. In disparte l’improprio riferimento in rubrica alla nullità della sentenza ‘di primo grado’, il motivo è infondato.
3.2. Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata . La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la
sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit. ; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; cass. n. 29124/2021).
3.3. Nella sentenza impugnata la CTR ha accolto parzialmente il gravame, annullando l’impugnata intimazione di pagamento, in riferimento alle tre cartelle di pagamento la cui notifica è stata ritenuta irrituale in base alla documentazione prodotta dal RAGIONE_SOCIALEo (‘ in mancanza di prova dell’avvenuta notifica RAGIONE_SOCIALE predette cartelle di pagamento anche sulla base RAGIONE_SOCIALE quali veniva adottata l’intimazione di pagamento impugnata, quest’ultima, con riferimento alle tre predette cartelle di pagamento deve ritenersi illegittimamente adottata con conseguente accoglimento sul punto dell’appello ‘) . Pertanto, avendo il giudice di appello accolto il gravame nei limiti di cui sopra per la ragione assorbente pregiudiziale della riscontrata irrituale notifica di tre supposte cartelle di pagamento, risulta svolta ad abundantiam -senza dare luogo a statuizioni tra loro inconciliabili – la successiva affermazione, attinente al merito, in ordine all’avvenuto decorso , anche in relazione a tali cartelle, della sola prescrizione (quinquennale) degli interessi e sanzioni e non già di quella decennale per i crediti tributari relativi alle annualità 2005-2007 e 2010.
3.4. Quanto poi alla doglianza di ‘superficialità’ della sentenza per avere il giudice di appello, tra le cartelle esaminate, inserito anche quella n. NUMERO_CARTA in ordine alla quale la sentenza di prime cure aveva già dichiarato ‘ cessata la materia del contendere ‘ -in disparte il rilievo che la CTP rigettava integralmente il ricorso
osservando in motivazione che ‘ all’interno dell’avviso vi erano ruoli rientranti nello stralcio di crediti ante 2010 perché d’importo inferiore ai 1.000,00 euro ai sensi art. 4 Decreto n. 119 del 23/10/2018 ‘ per cui andava disposto lo stralcio degli stessi per le cartelle n. NUMERO_CARTA, n, NUMERO_CARTA, n.0342070047061590000, n. 03420070050530288000, n. 03420080007886236000 ‘ – la stessa non si attaglia al vizio (di omessa, contraddittoria, apparente motivazione) denunciato né risulta tantomeno formulata in termini di uno specifico vizio di violazione di legge.
4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c., la nullità della ‘sentenza di primo grado’ per violazione e falsa applicazione degli artt. 2719 c.c. e 114 e 115 c.p.c. da travisamento e/o errata valutazione della prova documentale per avere la CTR ritenuto che la documentazione prodotta dal RAGIONE_SOCIALEo (avvisi di ricevimento dai quali emergeva la consegna al destinatario e/o al familiare convivente presso l’indirizzo del destinatario) fosse idonea a comprovare la notifica RAGIONE_SOCIALE altre quattro cartelle presupposte sebbene detti documenti fossero stati prodotti in mere fotocopie, contestate ed espressamente disconosciute già nella memoria difensiva depositata in primo grado – sia per la irrituale modalità di allegazione (‘ fronte ‘ ed il ‘ retro’ degli avvisi di ricevimento, su due fogli separati, quindi nella totale assenza di prova che le due immagini siano riconducibili al medesimo avviso di ricevimento), sia in ordine alla conformità all’originale – neppure attestata – sia in relazione alle firme apposte, siccome in parte illeggibili e, comunque, non appartenenti al ricorrente o a persone a lui riconducibili – senza che fosse stata avanzata dalla controparte la necessaria istanza di verificazione.
4.1. In disparte l’impropri o riferimento in rubrica alla nullità della sentenza ‘ di primo grado ‘ , il motivo è infondato.
4.2. E’ orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui “L’art. 2719 c.c. esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale RAGIONE_SOCIALE copie fotografiche o fotostatiche: conseguentemente, la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se la parte comparsa non la disconosce, in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione” (Cass. 6 novembre 2020, n. 24841; Cass. n.882/2018; n. 4053/2018); perché possa aversi, infatti, disconoscimento idoneo è necessario che la parte, nei modi e termini di legge, renda una dichiarazione che – pur nel silenzio della norma predetta, che non richiede forme particolari – evidenzi in modo chiaro ed inequivoco gli elementi differenziali del documento prodotto rispetto all’originale di cui si assume sia copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoría, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. in tal senso Cass. n. 28096 del 30/12/2009 in tema di applicazione dell’art. 2719 cod. civ.); si è precisato da parte di questa Corte che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, quali “impugno e contesto” ovvero “contesto tutta la documentazione perché inammissibile ed irrilevante”, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass., sez. 3, 3 aprile 2014, n. 7775; sez. 5 Cass., 13 dicembre 2017, n. 29993). Il disconoscimento di un documento in copia, ai sensi dell’art. 2719 c.c., deve essere specifico, quindi riferito ad una copia concretamente individuata e successivo, effettuato cioè dopo la produzione in giudizio della copia medesima (Cass., sez. 5, 30 gennaio 2006, n. 1991; Cass. Cass. 24841/2020, cit; Cass. sez. 65, n. 5841 del 2023).
4.3. Peraltro, il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, comma 2, cod. proc. civ., perché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (cfr. Cass., Sez. 6-5, 11.10.2018, n. 25292, Rv. 650980-01, cit. In termini analoghi, più recentemente, Cass., Sez. 5, 26.10.2020, n. 23426, Rv. 659342-01, nella quale si indicano alcuni modi esemplificativi della corretta proposizione del disconoscimento “Il disconoscimento deve quindi ad es. contenere l’indicazione RAGIONE_SOCIALE parti la cui copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale”; Cass. sez. 6 -5, n. 21338 del 2022).
4.4. Nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi, in quanto -con riferimento alle quattro presupposte cartelle ritenute ritualmente notificate -ha sostanzialmente confermato la decisione della CTP che (nel rigettare il ricorso stante la riscontrata ritualità RAGIONE_SOCIALE notifiche di tutte le cartelle prodromiche) aveva implicitamente ritenuto inammissibile, per genericità, il disconoscimento della conformità agli originali della documentazione prodotta in copia da RAGIONE_SOCIALE, afferente alla notificazione RAGIONE_SOCIALE presupposte cartelle, operato dal contribuente ‘ sia per la irrituale
modalità di allegazione (‘fronte’ ed il ‘retro’ degli avvisi di ricevimento, su due fogli separati, quindi nella totale assenza di prova che le due immagini siano riconducibili al medesimo avviso di ricevimento), sia in ordine alla conformità all’originale -neppure attestata- sia in relazione alle firme apposte, siccome in parte illeggibili e, comunque, non appartenenti al ricorrente o a persone a lui riconducibili ‘ ( v. memoria difensiva e atto di appello, allegati al ricorso).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024