Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9254/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA n. 3351/2019 depositata il 16/08/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 18 aprile 2016, l’Agente della RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE notificava ex art. 50 D.P.R. 602/1973 alla società contribuente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa al mancato adempimento dei crediti portati in nove cartelle di pagamento e quindici avvisi di addebito.
Avverso l’intimazione e le nove cartelle di pagamento alla stessa sottese, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Brescia che, con la sentenza n. 765/3/2016 emessa in data 7/10/2016 e depositata in data 27/10/2016, rigettava il ricorso.
Avverso tale pronuncia, il contribuente proponeva appello dinanzi alla CTR della Lombardia che, con sentenza n. 3351/25/2019 del 20/06/2019 e depositata in data 18/08/2019, confermava integralmente la sentenza impugnata.
Il contribuente propone ora ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Resiste l’Ufficio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 53 e 1, comma 2 D.lgs. n. 546/1992, 342 cod. proc. civ., relazione all’art. 360 comma 1 n.3 cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato l’appello erroneamente ritenendo i motivi addotti carenti del requisito della specificità.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, d.lgs.
n. 546/1992 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato l’appello a fronte dell’effetto vincolante dell’omessa contestazione dell’eccezione di nullità dell’intimazione di pagamento per mancata notifica della stessa oltre che delle cartelle di pagamento prodromiche.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., per non aver la CTR esaminato e deciso in ordine all’eccezione di erroneità della sentenza di primo grado a fronte della nullità dell’intimazione di pagamento per mancata notifica della stessa, oltre che delle cartelle di pagamento prodromiche.
Con il quarto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 7, comma 1, l. n. 212/2000 e 3, l. n. 241/1990, in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato l’appello nonostante il vizio di motivazione dell’intimazione di pagamento per mancata allegazione degli atti prodromici.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 7 comma 1 lett. 1 n. 212/2000 e 3 legge n. 241/1990, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per aver la CTR rigettato l’appello nonostante il vizio di motivazione dell’intimazione di pagamento per mancata trasparenza del conteggio degli interessi.
Il primo motivo è inammissibile.
Mette in conto rilevare che la CTR ha stigmatizzato l’assenza di specificità di un solo motivo d’appello, quello concernente l’omessa notifica delle cartelle prodromiche all’intimazione avversata in quanto addirittura non identificate. A questo accertamento di fatto l’appellante contrappone una diversa ricostruzione sul punto, che, tuttavia, una volta di più difetta dell’indicazione delle cartelle delle quali si assume l’irregolarità della notifica. Il motivo d’appello aspecifico viene tradotto in un motivo di ricorso per cassazione
parimenti generico, che non chiarisce l’oggetto dell’irregolarità denunciata.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 -postula l’indicazione necessaria dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (cfr. Cass. n. 12481 del 2022).
La mancata trascrizione, nell’odierno ricorso, dello specifico contenuto degli atti che hanno articolato il procedimento notificatorio impedisce la necessaria verifica dell’astratta idoneità dei motivi di ricorso ad incrinare il fondamento logico giuridico delle argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata.
Il secondo motivo è inammissibile.
È eclatante il difetto di specificità e autosufficienza. Fa difetto, infatti, per quanto riguarda le cartelle, ogni identificazione, non essendo dato cogliere a quali atti il ricorrente si riferisca.
In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
Ancora, l’ onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, qualunque sia il tipo di errore («in procedendo» o «in iudicando») per cui è proposto, non può essere assolto «per relationem» con il rinvio (peraltro generico) ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto, essendovi il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (Cass., 13 gennaio 2021, n. 342).
Il ricorrente che intende censurare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata (Cass. 13 maggio 2016, n. 9888; Cass., 24 luglio 2014, n. 16872; Cass., 4 aprile 2006, n. 7846), nel caso di specie del tutto mancanti.
Con specifico riguardo all’intimazione di pagamento, giova evidenziare che, a fronte dell’invio di una pec ad essa inerente, di certo non ricorre un’ipotesi di inesistenza, ma al più di nullità della notifica ‘assorbita’ dall’esperita impugnazione dell’intimazione stessa. Invero, sia per l’intimazione di pagamento, sia per la cartella viene in rilievo il medesimo principio di vertice, alla cui stregua ‘ l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia “ex tunc” per raggiungimento dello
scopo » (Cass., 28 ottobre 2016, n. 21865; Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916).
Giova rimarcare che nella sentenza d’appello neppure figura la doglianza relativa all’irregolarità denunciata della notifica a mezzo pec dell’intimazione per cui è causa. Pertanto, la censura è in ogni caso inammissibile per novità della questione, palesandosi indimostrato che la ricorrente odierna l’abbia in sede d’appello veicolata. Ed invero, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello e non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430) e, in quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta al giudice di merito (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041).
Nel giudizio di cassazione, infatti, non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430) e, in quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta al giudice di merito (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041).
Il terzo motivo è infondato.
Merita evidenziare che la CTR si è pronunciata sulla censura d’appello relativa alla mancata notifica delle cartelle, disattendendola. Osserva il giudice d’appello che ‘ Con secondo motivo la sentenza avrebbe errato nel ritenere corretta la notifica delle cartelle di pagamento a mezzo pec. La censura è
inammissibile prim’ancora che infondata ‘. In tal senso, non si rileva il vizio di omessa pronuncia pure adombrato.
D’altronde, questa Corte ha chiarito a più riprese che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 4 gennaio 2024, n. 272; Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 16 luglio 2018, n. 18797; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308).
Per quanto più specificamente concerne l’intimazione , necessita considerare che ad essere inammissibilmente dedotta come omessa pronuncia è una questione processuale, afferente l’omessa notifica dell’intimazione. Va, tuttavia, rammentato che il vizio di omessa pronuncia non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito. In effetti, il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza (Cass. n. 21424 del 2014; Cass. n. 24155 del 2017). La questione ut supra dedotta, tra l’altro , è suscettibile d ‘esser considerata superata sol che si consideri che l’intimazione è stata comunque impugnata nei termini di legge.
Il quarto motivo è infondato.
Per il suo tramite la contribuente insiste nel sostenere l’imprescindibilità dell’allegazione delle cartelle prodromiche a supporto dell’intimazione.
Questa pretesa si appanna, tuttavia, al cospetto dell’indirizzo nomofilattico di questa Corte, a tenore del quale ‘ L’avviso di intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, da notificarsi al contribuente ai sensi dell’art. 50, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 602 del 1973, ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell’Economia, sicché è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata ‘ (Cass. n. 28689 del 2018; Cass. n. 18692 del 2024).
Il quinto motivo è inammissibile.
Parte ricorrente asserisce la sussistenza di un vizio di motivazione dell’intimazione ‘ per mancata trasparenza del calcolo degli interessi ‘; in particolare, essa adduce come necessaria l’indicazione dei ‘ criteri di calcolo degli interessi intimati non essendo sufficiente l’indicazione dell’ammontare globale di quanto presumibilmente dovuto ‘.
In realtà, la censura s’infrange nel principio affermato da questa Corte, alla luce del quale ‘ L’intimazione di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – con il semplice richiamo all’atto impositivo ed alla cartella presupposti e con la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990 ‘ (Cass. n. 27504 del 2024). Invero, con riferimento alla cartella di pagamento, ma con argomentazioni mutuabili anche in rapporto all’atto di intimazione, le Sezioni Unite hanno affermato che la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi
al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; solo se la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo (Cass., Sez. U, 14 luglio 2022, n. 22281).
Il presente ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28/05/2025.