Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16371 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e con indicazione di indirizzo pec;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza n. 3516/12/2021 resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia e depositata in data 1° ottobre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
In data 5 marzo 2018 l’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME atto di pignoramento dei crediti presso terzi ex
Intimazione di pagamento -natura giuridica regime di impugnabilità
art. 72-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per non avere provveduto al pagamento, tra gli altri, dell’importo di complessivi Euro 51.462,93, di cui imposte (dirette ed indirette) per Euro 22.798, interessi per Euro 3.953,02, sanzioni per Euro 20.734,20, interessi di mora per Euro 1.055,94, compenso di riscossione per Euro 2.913,02 e spese di notifica per Euro 8,75, contenuto nell’intimazione di pagamento n. 068 2018 90059090 33/000 dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, precedentemente notificato in data 25 gennaio 2018, di complessivi 438.619,88. Il predetto importo sarebbe scaturito dall’avviso di accertamento n. T9B01GR00090/2014, che il contribuente assumeva mai notificato.
2. Il contribuente inoltrava all’Agenzia delle Entrate Riscossione istanza per la sospensione eccependo la mancata notifica dell’atto prodromico, ossia l’avviso di accertamento. Prima dello spirare dei termini per impugnare la predetta intimazione di pagamento, l’Agenzia, come detto, notificava l’ atto di pignoramento dei crediti e separatamente informava che la cartella n. 66817011240020005 derivava dal richiamato avviso di accertamento n. T9B01GR00090/2014 per l’anno d’imposta 2011 mai impugnato.
3. Il contribuente proponeva ricorso alla CTP di Milano avverso l’atto di pignoramento presso terzi. Con ordinanza veniva fissata la trattazione unitaria di entrambi i procedimenti (quello avverso il pignoramento presso terzi e quello, pure instaurato, contro l’intimazione di pagamento).
Il ricorso avverso l’atto di pignoramento veniva parzialmente accolto in quanto si osservava – da parte della CTP che ‘in tema di contenzioso tributario, l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, tuttavia, sia espressivo di una pretesa tributaria ormai definita (nella specie, atto recante intimazione di pagamento) è una facoltà e non un onere, costituendo un’estensione della tutela, sicché la sua omissione non determina
la cristallizzazione della pretesa tributaria, né preclude la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dall’art. 19′ (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2616 del 11/02/2015)’.
Sempre la CTP rilevava che ‘Per quanto attiene tale accertamento (n. T9B01GR00090/2014), risulta che la tentata notificazione dello stesso al portiere dello stabile di Milano INDIRIZZO del 28 ottobre 2016, sia successiva all’atto con cui il ricorrente ha revocato il domicilio fiscale (che egli aveva presso tale indirizzo). Infatti, l’atto di revoca è stato ricevuto dall’Agenzia delle Entrate il 13 settembre 2016, come risulta dalla relativa documentazione versata in atti dal ricorrente.’ Essa concludeva dunque per l’accoglimento ‘limitatamente al credito tributario dedotto nell’accertamento n. T9B01GR00090/2014’.
Il ricorso avverso l’intimazione era invece dichiarato inammissibile per tardività.
L’Agenzia proponeva appello avverso la sentenza -indicata in epigrafe -intervenuta sull’atto di pignoramento e la CTR lo accoglieva, riformando la sentenza di primo grado.
Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a quattro motivi, illustrati da memoria.
L ‘Agenzia ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si assume ‘Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, punto 3), c.p.c. per errata equiparazione ( error in judicando ) dell’intimazione di pagamento all’avviso di mora’.
1.1. I giudici del gravame, dopo aver rilevato la natura tassativa degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 , co. 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, hanno equiparato l’intimazione all’avviso di mora, quale presupposto per la successiva azione esecutiva, come previsto dall’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973.
Ricavando così da quanto precede la tipicità dell’intimazione, la sua mancata impugnazione o, come nella specie, la relativa tardività, avrebbe determinato la cristallizzazione del credito fiscale oggetto della presente controversia.
A parere, invece, del contribuente, in base a Cass. Sez. U. n. 10012/2021, la nullità della notifica dell’atto presupposto inficerebbe tutti gli atti successivi della riscossione e il contribuente potrebbe impugnare uno qualunque di essi facendo valere il vizio iniziale. In particolare, si sostiene che in tal senso andrebbe letta la pronuncia delle Sez. U. appena richiamata , secondo cui ‘in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel
secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa’.
Già in precedenza, questa Corte, con la sentenza n. 2616/2015 aveva confermato l’estensione della tutela del contribuente destinatario di un atto dell’Amministrazione Finanziaria non ricompreso tra quelli impugnabili secondo l’elenco contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, di revisione organica del contenzioso tributario. Nel caso di specie non si sarebbe dunque determinata la cristallizzazione della pretesa che era successivamente reiterata in uno degli atti tipici espressamente previsti. La difesa del contribuente rimanda, altresì, alle decisioni delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 10672/2009; n. 16100/2011 e n. 17010/2012, alla stregua delle quali l ‘impugnativa del contribuente di un atto non espressamente contemplato dal citato art. 19, è da qualificarsi in termini di facoltà e non di un onere. Conseguentemente sarebbe del tutto arbitraria e contra legem l’affermazione de lla CTR secondo cui l’intimazione di pagamento avendo sostituito l’avviso di mora nella procedura esecutiva, per equiparazione rientrerebbe tra gli atti tipici. Non sono ammissibili estensioni analogiche quando l’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 ha natura imperativa.
2.Con il secondo mezzo s i denuncia ‘Violazione dell’art. 7, comma 1, Legge n. 212/2000 e dell’art. 42 D.P.R. n. 600/1973, per omessa allegazione dell’atto di accertamento ovvero della copia presunta notificata dell’atto presupposto’.
Con il terzo motivo si deduce ‘Violazione o falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, punto 3), c.p.c., nonché per error in procedendo punto 5), stesso articolo, per contraddittoria motivazione nonché per insussistenza di connessione e litispendenza’. Il capo della sentenza oggetto del mezzo censorio è il seguente: ‘ Ad abundantiam occorre precisare che il principio della facoltatività dell’impugnazione dell’atto atipico non può essere
invocato quando tale impugnazione sia stata esperita, perché altrimenti si finirebbe per rendere facoltativa non tanto l’impugnazione quanto la sentenza. Nel caso di specie è stata pronunciata la sentenza n. 2681/15/2019, depositata il 13/06/2019, che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’intimazione di pagamento, che inoltre non ha formato oggetto di impugnazione e quindi è passata in giudicato e fa stato nei giudizi aventi per oggetto gli atti successivi della sequenza procedimentale. Ne consegue che il contribuente non può più contestare l’omessa notifica dell’accertamento n. T9801 GR00090/2014.’.
Col quarto mezzo si deduce ‘Violazione ex art. 360, comma 1, punto 5), c.p.c., nonché punto 3), stesso articolo, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti’.
Con riguardo al primo motivo, questa Corte, se effettivamente ha ritenuto che gli atti atipici recanti al contribuente la pretesa impositiva sono solo facoltativamente impugnabili, ha già affermato che invece l’intimazione di pagamento costituisce un atto senz’altro riconducibile all’avviso di mora annoverato espressamente dall’art.
19 d.lgs. cit. (Cass. n. 8279/2008 e Cass. n. 1658/2013), e pertanto – ove non impugnato – si determina la cristallizzazione del credito fiscale.
Nella specie, come premesso, l’impugnazione dell’intimazione venne proposta, ma il relativo ricorso fu dichiarato inammissibile per tardività.
In punto di natura facoltativamente impugnabile dell’avviso di intimazione si hanno peraltro diverse pronunce di questa Sezione che non sono sempre sul punto sovrapponibili.
In particolare, la più recente sentenza n. 6436/2025, premessa la cristallizzazione delle pretese portate in atti contenuti nell’elenco di cui all’art. 19 d.lgs n. 546/92, statuisce che ‘Con riferimento
all’intimazione di pagamento in generale quale atto il cui scopo è quello di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all’esecuzione forzata -questa Corte ha ribadito che si tratta di atti assimilati all’avviso di cui all’art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 (cfr. tra le più recenti Cass. n. 22108 del 2024 cit.)’, dunque rientrante nell’elenco suddetto.
Peraltro, in base a Cass. n. 16743/24 vale l’opposto principio per cui l’avviso in discorso non rientra fra gli atti elencati dall’art. 19 cit., e pertanto lo stesso sarebbe solo facoltativamente impugnabile. Decisione che si pone nel solco di altre precedenti e numerose pronunce (Cass. n. 2616 del l’ 11/02/2015; si vedano, altresì, Cass. n. 14675 dell’11/07/2016; Cass. n. 26129 del 2/11/2017; Cass. n. 1230 del 21/01/2020; fattispecie, peraltro, la cui corrispondenza al caso dell’intimazione di pagamento va forse rivisitata).
Non può considerarsi ad ogni effetto dirimente la pronuncia delle Sez. U. n. 26817/2024, dal momento che trattasi di decisione in ordine alla giurisdizione, con cui è stata dichiarata l’appartenenza della relativa impugnazione davanti alla giurisdizione tributaria.
In altri casi sembrerebbe la natura di atto necessariamente impugnabile subordinata alla sussistenza di discrasie oggettive o soggettive rispetto all’atto impo -esattivo presupposto all’intimazione (cfr. Cass. n. 18835 del 10/07/2024).
Alla luce di quanto precede circa la particolare rilevanza della questione di diritto riconducibile al primo motivo (attinente ai rapporti tra impugnazione dell’intimazione di pagamento ex art. 50 d.P.R. n. 602/1973 e impugnazione dell’a vviso di accertamento, con particolare riferimento al regime giuridico della prima, ovvero sulla sola facoltà o, invece, sul necessario onere di impugnare detta intimazione), ritiene il collegio la necessità di rimessione della causa alla pubblica udienza.
P. Q. M.
La Corte dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo per la fissazione di discussione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2025