Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31954 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31954 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
Riscossione coattiva – intimazione di pagamento – prescrizione tra la notifica della cartella di pagamento e la notifica dell’intimazione di pagamento – decadenza.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16116/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale Polese;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-resistente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME
COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 6653/38/2015, depositata in data 14 dicembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’ Ufficio notificava a NOME COGNOME l’ intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA attinente all’IRPEF per l’anno 1993.
La contribuente impugnava l’atto innanzi alla CTP di Roma deducendo la mancata notifica della cartella prodromica, la sua omessa allegazione all’intimazione e la prescrizione della pretesa erariale.
L’Agente della Riscossione si costituiva eccependo la rituale notifica della cartella di pagamento.
La CTP dichiarava inammissibile il ricorso, atteso che la cartella di pagamento era stata notificata il 19 aprile 2006, non era stata impugnata dalla contribuente, per cui era preclusa qualsiasi contestazione, in questa sede, della legittimità dell’atto pr esupposto.
La contribuente spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado di giudizio, innanzi alla CTR del Lazio.
La CTR confermava la decisione dei primi giudici, evidenziando che la notifica dell a cartella di pagamento impediva l’impugnativa dell’intimazione di pagamento ex art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992. Con particolare riferimento alla prescrizione, la CTR rilevava che la prescrizione del diritto alla riscossione per essere stata la cartella notificata oltre il termine di legge, andava fatta valere con l’impugnazione della cartella stessa.
Per la cassazione della citata sentenza la contribuente ha proposto ricorso affidato a sei motivi. L’Agenzia delle Entrate ha
depositato atto con cui ha chiesto di partecipare all’ eventuale udienza di discussione. L’ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘adunanza camerale del 16/10/2024.
Considerato che:
Va, preliminarmente, rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’agente della riscossione nel controricorso, essendo lo stesso conforme agli articoli 360 e 366 cod. proc. civ..
Con il suo primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., la contribuente deduce la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ; omessa pronuncia su un motivo di ricorso: sull’ammiss ibilità del ricorso e sulla prescrizione. Violazione e falsa applicazione di Legge: art. 36 bis D.P.R. 600/73, artt. 17 e 25 D.P.R. 602/73 -Decadenza e prescrizione dei tributi indicati nell’intimazione di pagamento». Lamenta, in particolare, l’omessa pronuncia su un motivo del ricorso originario, ovvero la prescrizione maturata tra la notifica della cartella e la notifica dell’intimazione di pagamento. Deduce, quindi, che se la CTR avesse preso in considerazione la detta doglianza, avrebbe dovuto accogliere l’appello. Lamenta, inoltre, che sarebbe mancata anche ogni decisione sulla decadenza del diritto del concessionario a riscuotere i tributi, sotto il profilo dell’art. 25 d.P.R. n. 602/1973 (v. pagina 12 del ricorso).
Il motivo è fondato.
Invero, la CTR ha omesso qualsiasi decisione sia sull’eccezione di prescrizione, formulata dal contribuente anche sotto l’aspetto del decorso del termine di prescrizione dell’intimazione di pagamento, sia sull’eccezione di decadenza.
La CTR ha, invero, pronunciato solo sulla prescrizione del diritto alla riscossione per essere stata la cartella esattoriale notificata oltre il termine previsto, ritenendola inammissibile in
quanto la stessa andava proposta in sede di impugnazione della cartella stessa.
La sentenza va, quindi, in parte qua cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado del Lazio perché si pronunci sia sulla maturazione della prescrizione (tenendo presente che per la giurisprudenza di questa Corte il relativo termine per i tributi erariali è 10 anni, v., ex multis , Cass. 03/11/2020, n. 24278) sia della decadenza.
Con il secondo strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5); omessa pronuncia su un motivo di ricorso: violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comm a 1, L. 212/00 -mancata allegazione della cartella presupposta». Deduce l’omessa pronuncia, da parte della CTR, sull’eccepita nullità dell’intimazione di pagamento, impugnata in parte qua per un vizio proprio, ovvero per la mancata allegazione alla stessa della cartella di pagamento.
Con il terzo strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5); omessa pronuncia su un motivo di ricorso: violazione e falsa applicazione dell’art. 26, DPR 602/73 e art. 3, comma 3, L. 241/90». Deduce l’omessa pronuncia, da parte della CTR, sull’eccepita nullità dell’intimazione di pagamento, impugnata in parte qua per un vizio proprio, sempre per la mancata allegazione alla stessa della cartella di pagamento in violazione dell’art. 26 d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 3, comma 3, della l. 241/1990.
Con il quarto strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5); omessa pronuncia su un motivo di ricorso: violazione e falsa applicazione dell’art. 36, com ma 4 ter, L. 31/08, di conversione D.L. 248/07». Deduce l’omessa pronuncia, da parte
della CTR, sull’eccepita nullità dell’intimazione di pagamento, impugnata in parte qua per un vizio proprio, per la mancata indicazione del responsabile del procedimento di notificazione.
Con il quinto strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5); omessa pronuncia su un motivo di ricorso: violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comm a 2, L. 212/2000». Deduce l’omessa pronuncia, da parte della CTR, sull’eccepita nullità dell’intimazione di pagamento, impugnata in parte qua per un vizio proprio, perché non contenenti gli elementi indicati nel l’art. 7, comma 2, dello statuto del contribuente.
I motivi secondo, terzo, quarto e quinto vanno esaminati congiuntamente essendo tutti accomunati dal fondarsi su una medesima violazione (l’omessa pronuncia su motivi del ricorso originario) e su una eadem ratio (ovvero l’autonoma impugnabilità dell’intimazione di pagamento per vizi propri).
I motivi sono ammissibili, nonostante la mescolanza e la sovrapposizione di censure (omesso esame di un fatto decisivo ed omessa pronuncia), atteso che la comune critica (ovvero, l’omessa pronuncia sui motivi di ricorso originario e di gravame) è facilmente enucleabile dalla semplice lettura del contenuto dei singoli motivi.
Essi sono tutti fondati.
Va, preliminarmente, osservato che secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte l’intimazione di pagamento, contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dalla CTR, costituisce un atto autonomamente impugnabile per vizi propri.
Ai sensi dell’art. 50 del d.P.R. n. 600/1973 , il concessionario della riscossione non può iniziare la procedura esecutiva se è decorso più di un anno dalla notifica della cartella di pagamento, ma deve notificare un atto, l’intimazione di pagamento, che ha sostituito l’avviso di mora, con cui intima al debitore di provvedere al pagamento del debito entro i successivi 5 giorni; nel caso in cui entro
il predetto termine non dovesse intervenire il pagamento, il concessionario può iniziare l’esecuzione forzata del credito erariale.
L’intimazione può essere impugnata per vizi propri, oppure, in caso di mancata notificazione della cartella di pagamento, per far valere un vizio della sequenza procedimentale, deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto, o per contest are, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata di cui il contribuente può dedurre di essere venuto per la prima volta a conoscenza ( ex multis , Cass. 27581/2018).
La CTR non ha fatto buon governo dei principi sopra riportati, avendo ritenuto l’inammissibilità del ricorso del la contribuente, perché proposto avverso l’intimazione di pagamento per contestare l’esistenza della notifica della prodromica cartella di pagamento . Di contro, la contribuente aveva impugnato la detta intimazione anche per contestarne la legittimità per vizi propri, sui quali è mancata qualsiasi pronuncia, per essere le relative doglianze rimaste assorbite nel rigetto dell’eccezione di prescrizio ne.
Con il sesto strumento di impugnazione la contribuente lamenta la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5); omessa pronuncia su un motivo di ricorso: sull’estromissione dell’Agenzia delle Entrate». Deduce l’omessa pronuncia, da parte della CTR, sul motivo di gravame relativo all’estromissione dell’Agenzia delle Entrate, disposta dalla CTP.
Anche questa doglianza è fondata avendo la CTR omesso qualsiasi decisione sul motivo di gravame relativo alla legittima chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrate.
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alle censure accolte ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.