Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4180 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
Intimazione di pagamentogiurisdizione – cartellanotifica
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 355/2016 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO, n. 499/2015, depositata il 19/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti della società di riscossione RAGIONE_SOCIALE, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. che aveva, a propria volta, rigettato il ricorso spiegato avverso tre intimazioni di pagamento, relative ad imposte e sanzioni per gli anni 1995, 1996 e 1997, notificate il 9 settembre 2013.
La C.t.r., con riferimento a due delle intimazioni impugnate (n. 0542 2013 9008319580 000 e n. 0542 2013 90083199479 000) confermava il difetto di giurisdizione del giudice tributario in quanto entrambe erano correlate a cartelle di pagamento aventi ad oggetto contributi Inps. Con riferimento alla terza intimazione di pagamento (n. 0542 2013 NUMERO_CARTA relativa a cartella (NUMERO_CARTA per il recupero tributi, rilevava, che la notifica dell’atto impugnato era legittimamente avvenuta secondo le modalità della c.d. notifica diretta ex art. 26 d.P.R. n. 600 del 1973; che anche agli atti amministrativi si applicava il principio della sanatoria dell ‘ eventuale vizio della notifica per raggiungimento dello scopo; che, pertanto, doveva ritenersi sanato l’eventuale vizio di notifica della cartella , richiamata nell’intimazione di pagamento, in quanto il contribuente, con riferimento alla medesima, aveva presentato istanza di rateizzazione.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia e conseguente difetto di motivazione.
Assume che la sentenza non si sarebbe pronunciata su quanto dedotto circa l’omessa notificazione delle cartelle di pagamento e d egli altri atti prodromici all’ intimazione.
Con il secondo motivo censura la sentenza per aver rilevato il difetto di giurisdizione del giudice tributario quanto all’ impugnazione delle cartelle relative al mancato pagamento dei contributi Inps.
Assume che in caso di impugnazione delle intimazioni di pagamento la giurisdizione è del giudice tributario.
Con il terzo motivo denuncia l’inesistenza e/o nullità delle cartelle di pagamento e degli avvisi di addebito per omissione della relativa notifica e/o per inesistenza o nullità della stessa e la violazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000.
Con l’unico motivo deduce l ‘omessa notifica delle cartelle di pagamento, degli avvisi di addebito e degli atti prodromici alle intimazioni impugnate, anch’esse non correttamen te notificate; l’invalidità delle stesse in quanto notificate senza l’allegazione degli atti prodromici e quindi per difetto di motivazione; l’errore della sentenza nella parte in cui ha rigettato il motivo relativo all’omessa notifica delle cartelle applicando il principio del raggiungimento dello scopo in ragione della presentazione di un’istanza di rateizzazione; l’errore della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che fosse stata provata la regolare notifica delle cartelle mediante la mera produzione di avvisi di ricevimento; l’invalidità della notific a delle intimazioni in quanto effettuata direttamente dall’agente della ri scossione.
Con il quarto motivo denuncia la decadenza dell’Amministrazione per violazione degli artt. 54bis, comma 3, d.P.R. n. 33 del 1972 e 36bis , comma 3, e 36ter, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973.
Ribadisce di non aver ricevuto la notifica di alcun atto relativo alle imposte per gli anni 1995, 1996 e 1997 e, conseguentemente eccepisce la decadenza dal potere impositivo.
Con il quinto motivo eccepisce la decadenza dalla potestà di riscossione per violazione dell’art. 5 -b i s, lett. a) b) e c) d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito con legge n. 156 del 31 luglio 2005 per non
avere l’Amministrazione provveduto alla notificazione delle cartelle e degli avvisi entro i termini ivi previsti
Con il sesto motivo denuncia l’omessa sottoscrizione delle intimazioni di pagamento da parte del Responsabile del procedimento e la conseguente inesistenza dell’atto .
Il secondo motivo è preliminare agli altri in quanto, se pure solo con riferimento a due delle intimazioni di pagamento, pone una questione di giurisdizione.
In ordine alla stessa va precisato che l’art. 374 cod. proc. civ. va interpretato nel senso che, tranne nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, i ricorsi che pongono questioni di giurisdizione possono essere trattati dalle sezioni semplici allorché sulla regola finale di riparto della giurisdizione si sono già pronunciate le sezioni unite” (Cass. 19/01/2022, n. 1599). Nulla osta, pertanto, alla decisione della questione trattandosi, nella specie, di motivo inammissibile.
7.1. In primo luogo va evidenziato che la C.t.r., diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, ha rilevato il difetto di giurisdizione proprio con riferimento alle intimazioni di pagamento, se pure in ragione della natura non tributaria del credito portato dalle prodromiche cartelle.
7.2. Ciò posto, sempre con riferimento alla intimazione di pagamento, le Sezioni Unite hanno affermato che, a norma dell’art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono sottratte alla giurisdizione del giudice tributario le sole controversie attinenti alla fase dell’esecuzione forzata; ne consegue che l’impugnazione degli atti prodromici all’esecuzione, quali la cartella esattoriale o l’avviso di mora (o l’intimazione di pagamento ex art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, rilevante nella specie) è devoluta alla giurisdizione delle commissioni
tributarie, se autonomamente impugnabili ai sensi dell’art. 19 d.lgs. cit. (Cass. 31/03/2008, n. 8279). Sempre a Sezioni Unite questa Corte ha ribadito che il sollecito di pagamento è certamente atto che precede l’esecuzione, potendo lo stesso essere assimilato, al di là dell’ininfluente differenza di denominazione, all’avviso previsto dall’art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 per l’ipotesi che l’espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento: avviso – comunemente denominato «avviso di mora» – la cui impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie è esplicitamente prevista dall’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 16/10/2024, n. 26817).
7.3. La C.t.r., confermando la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione con riferimento alle intimazioni di pagamento relative a contributi Inps, ha deciso uniformandosi a questi principi.
Il primo motivo è inammissibile.
In disparte la contraddittoria denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione, deve escludersi la ricorrenza di entrambi.
8.1. La C.t.r. si è pronunciata sulle tre intimazioni di pagamento concludendo, quanto a due di esse, per il difetto di giurisdizione e, quanto alla terza, per la sua validità.
Non vi è, pertanto, omessa pronuncia, per la cui ricorrenza non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, di conseguenza, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità, pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. ex
plurimis Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 02/04/2020, n. 7662; Cass. 30/01/2020, n. 2153).
8.2. Non ricorre nemmeno vizio di motivazione.
La C.t.r. con riferimento all’ intimazione relativa a crediti tributari, che in ragione del difetto di giurisdizione sulle altre due è l’unica sulla quale era chiamata a pronunciarsi -ha ritenuto che la medesima era stata regolarmente notificata secondo le modalità della notifica diretta a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ex art. 26 d.P.R. n. 600 del 1973.
Quanto agli atti prodromici all’intimazione, dopo aver richiamato il principio per il quale la nullità della notifica resta sanata per raggiungimento dello scopo, ha rilevato che la prova della notifica delle cartelle d i pagamento doveva trarsi dall’ istanza di rateizzazione avanzata dal contribuente. La C.t.r., pertanto, ha esplicitato esaurientemente le ragioni del decisum . Null’altro era tenuta a motivare con riferimento ad eventuali altri atti prodromici rispetto alle cartelle in ragione del principio, citato dallo stesso ricorrente, per il quale in materia di riscossione delle imposte, la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni. Ne consegue che i vizi del l’atto prodromico possono essere fatti valere impugnando l’atto successivo solo laddove il contribuente sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva al momento della notifica di quest’ultimo. Tale condizione, tuttavia, è stata esclusa dalla C.t.r. che, come detto, ha ritenuto, con motivazione esauriente, validamente notificate la cartelle.
Il terzo motivo è in parte infondato ed inammissibile.
9.1. Il motivo è infondato nella parte in cui censura la sentenza impugnata per aver dedotto dalla presentazione della istanza di rateizzazione la regolare notifica delle cartelle prodromiche
all’intimazione impugnata. Di conseguenza, restano assorbite le ulteriori censure relative alla notifica sia delle cartelle che degli atti precedenti.
9.1.1. Diversamente da quanto sostenuto in ricorso, questa Corte ha precisato che la natura sostanziale, e non processuale, della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; ne consegue che il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ. (Cass. 05/03/2019, n. 641).
Si è, altresì precisato che, in applicazione del suddetto principio, e con specifico riferimento all’istanza di rateizzazione del debito tributario che, sebbene la relativa domanda non determini acquiescenza in ordine all’an della pretesa tributaria, nondimeno la stessa a) integra un riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione, ex art. 2944 cod. civ. e b) è incompatibile con l’allegazione del contribuente di non avere ricevuto la notificazione delle cartelle di pagamento (Cass. 02/05/2023, n. 11338).
9.2. Il motivo è infondato anche laddove censura, con riferimento all’intimazione di pagamento l’erronea applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 600 del 1973.
9.2.1. Come rilevato nella sentenza impugnata, la notifica dell’intimazione di pagamento, in virtù del richiamo di cui all’art. 49, comma 2, d.P.R. cit. si esegue nelle modalità previste dall’art. 26 d.P.R. cit. per la notifica della cartella.
Ciò posto, questa Corte ha chiarito che, anche dopo che l’art. 12 d.lgs. n. 46 del 1999 ha soppresso nell’art. 26 cit . l’inciso «da parte dell’esattore», resta confermato che la notificazione della cartella esattoriale può avvenire mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (Cass. 22/12/2023, n. 35822). Lo stesso principio vale anche per la notifica dell’intimazione di pagamento .
9.3. Il motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia l’invalidità della intimazione di pagamento in quanto non motivata.
9.3.1. La C.t.r. ha espressamente riferito in sentenza che l’intimazione di pagamento richiamava la cartella. Tale assunto è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’avviso di intimazione ha un contenuto vincolato, in quanto deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell’Economia, sicché è sufficiente che la motivazione faccia riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata.
Il motivo, non si raffronta, pertanto, alla sentenza impugnata.
Il quarto ed il quinto motivo sono inammissibili.
10.1. Il ricorrente assume che vi sarebbe stata decadenza dal potere impositivo non avendo ricevuto la notifica di atti prodromici all’intimazione di pagamento.
Anche in questo caso, tuttavia, la censura non si confronta con la sentenza impugnata che ha ritenuto correttamente notificate le cartelle, così implicitamente escludendo che la decadenza potesse essere fatto valere impugnando l’atto successivo. Si è già detto che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni. Ne consegue che i vizi dell’atto prodromico possono essere fatti valere impugnando l’atto successivo solo laddove il contribuente sia venuto a conoscenza della
pretesa impositiva al momento della notifica di quest’ultimo. Tale condizione, tuttavia, è stata esclusa dalla C.t.r. che ha ritenuto, con motivazione esauriente e sufficiente, validamente notificate le cartelle.
11 . Il sesto motivo è anch’esso inammissibile in quanto con il medesimo si denuncia l’omessa sottoscrizione dell’intimazione, ovvero questione che non risulta trattata nella sentenza impugnata.
11.1 È noto che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto (tra le più recenti, cfr. Cass. 24/01/2019, n. 2038).
11.2 Sotto altro profilo, questa Corte ha affermato che il difetto di sottoscrizione dell’intimazione di pagamento non vizia l’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’autorità da cui promana (Cass. 11/12/2023, n. 34416).
Il motivo è, pertanto, inammissibile in quanto non risulta che la ricorrente, alla luce della tempestività del ricorso e delle spiegate
difese, come anche evidenziato nella sentenza di cui si discute, abbia dubitato della provenienza dell’atto impugnato.
Il ricorso deve essere, pertanto, complessivamente rigettato. Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a corrispondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi euro 5.600,00 per compensi, oltre il 15 per cento per spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2025