Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18835 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12518/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della MARCHE-ANCONA n. 366/2015 depositata il 16/11/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il presente giudizio ha ad oggetto due atti d’intimazione di pagamento, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’a.i 2007, e n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’a.i. 2008, emessi dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE-D.P. di RAGIONE_SOCIALE e notificati a COGNOME NOME , quale legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE dal 4 ottobre 2010 e quale ‘obbligato solidale’ (come da sentenza in epigrafe), cui è stato richiesto il pagamento RAGIONE_SOCIALE rispettive somme euro 19.680,00 (anno 2007) ed euro 20.640,00 (anno 2008), a seguito del parziale accoglimento, da parte della CTP di RAGIONE_SOCIALE, giusta sentenze nn. 288 e 289/2/13, RAGIONE_SOCIALE impugnazioni proposte dal medesimo, dall’RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME NOME , quale legale rappresentante dal 2 aprile 2002 al 4 ottobre 2010 ed autore RAGIONE_SOCIALE violazioni, avverso i seguenti avvisi di accertamento, intesi a determinare, previo disconoscimento per mancanza dei requisiti di legge del regime fiscale agevolato di cui alla legge n. 398 del 1991, corrispondenti redditi d’impresa:
n. NUMERO_DOCUMENTO, per il 2007, recante recupero di IVA per euro 3.684,00, IRES per euro 2.189,00 ed IRAP per 543,00, oltre sanzioni per euro 13.264,00, donde un totale di euro 19.680,00;
n. NUMERO_DOCUMENTO, per il 2008, recante recupero di IVA per euro 4.645,00; IRES per euro ed IRAP per euro 3.331,00, oltre sanzioni per euro 11.820,00, donde un totale di euro 20.640,00.
In particolare, la CTP, con le menzionate sentenze, aveva ritenuto “evidente la natura commerciale dell’attività realizzata”, oltreché “irregolare ed inattendibile” la tenuta della contabilità, con conseguente esclusione del regime agevolativo, escludendo nondimeno la responsabilità solidale del COGNOME.
Avverso le intimazioni di pagamento emesse dall’Ufficio ai sensi degli artt. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992 e 29 d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010, il COGNOME proponeva separati ricorso avanti la CTP di Ascoli Piceno, la quale, con la sentenza n. 229/3/15, previa riunione, li rigettava.
Proponeva appello il COGNOME avanti la CTR della Marche, la quale, con la sentenza in epigrafe, l’accoglieva, sulla base della seguente motivazione:
Avverso le sentenze n.ri 288 e 289/02/2013, per la sola parte di soccombenza, l’RAGIONE_SOCIALE, ha proposto in data 24/4/2014 ricorso in appello, che è stato notificato, anche per conto della cessata/estinta RAGIONE_SOCIALE, ai Sigg.ri COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Orbene, questo Collegio in data 05/10/2015 ha pronunciato distinte sentenze concernenti i predetti procedimenti (RGA 487/14 e RGA 489/14) laddove viene riconosciuta l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni fiscali di cui alla Legge n. 398/1991, alla RAGIONE_SOCIALE” per le annualità 2007 e 2008.
Orbene, la conseguente riforma RAGIONE_SOCIALE sentenze n. 288 e 289/02/13 pronunciate dalla C.T.P. di Ascoli Piceno e la declaratoria di illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati determinano la consequenziale declaratoria di illegittimità degli atti di intimazione qui impugnati.
In ogni caso, questo Collegio ritiene che, nel merito, gli atti di intimazione di pagamento ‘de quibus’ notificati al Sig. NOME COGNOME siano illegittimi in quanto costui, nei periodi di imposta relativi alle annualità 2007 e 2008, oggetto di controllo fiscale, non ricopriva la carica di presidente e/o legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e, quindi, alcuna responsabilità fiscale-tributaria poteva essere
ascritta al medesimo per atti e comportamenti tenuti dalla citata RAGIONE_SOCIALE
Avverso la superiore sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con due motivi. Resiste con controricorso il COGNOME.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Violazione dell’art. 29 d.l. 78/2010 e degli artt. 19 e 68 del D.Lgs. 546/92, ex art. 360 n. 3 c.p.c.’.
‘Gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO, costituenti atti presupposti RAGIONE_SOCIALE intimazioni qui in discussione, sono accertamenti esecutivi, ex art. 29 d.l.78/2010, e contengono già in sé l’intimazione ad adempiere, cioè l’intimazione al pagamento RAGIONE_SOCIALE somme portate dagli stessi entro una determinata scadenza (60 giorni dalla notifica). Trascorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione RAGIONE_SOCIALE somme richieste è affidata all’agente della riscossione, che vi provvede anche con l’esecuzione forzata, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento. Poiché dopo la notifica, tali avvisi di accertamento sono stati impugnati avanti alla CTP di Ascoli Piceno, l’Ufficio avendo verificato il mancato pagamento RAGIONE_SOCIALE somme dovute a titolo provvisorio in pendenza di ricorso (ex art. 15 DPR 602/73) e cioè il mancato pagamento di 1/3 RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte accertate e degli interessi, ha proceduto, nel rispetto della riscossione frazionata prevista dal legislatore, all’affidamento di tali somme all’agente della riscossione’. Le intimazioni di pagamento oggetto di giudizio ‘hanno solo una funzione informativa e di ausilio per i contribuenti, contenendo la mera indicazione e riepilogo RAGIONE_SOCIALE somme dovute a seguito dell’intervenuta pronuncia del giudice tributario e/o dell’intervenuta definitività dell’avviso di accertamento, rimanendo solo nell’accertamento esecutivo il cumulo RAGIONE_SOCIALE funzioni svolte
precedentemente e separatamente dall’avviso di accertamento, dall’iscrizione a ruolo e dalla successiva notifica della cartella di pagamento. Appare quindi da escludere la possibilità di una loro impugnazione davanti al Giudice tributario al fine di far valere questioni relative al merito dei recuperi, peraltro già sollevate nei rispettivi giudizi’.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c.’.
‘In via del tutto gradata’, la sentenza impugnata è illegittima anche per violazione dell’art. 38 cod. civ., in quanto, ‘non solo in virtù RAGIONE_SOCIALE norme tributarie, ma anche a norma del codice civile, i rappresentanti dell’RAGIONE_SOCIALE rispondono per le obbligazioni sociali anche in proprio e senza che sia prevista la preventiva escussione del fondo comune’.
Il primo motivo è infondato.
A fronte dell’incontestata ricostruzione, che leggesi in controricorso (pp. 3 e 4), secondo cui,
-da un lato, ‘il sig. NOME ricorreva alla CTP di Ascoli Piceno, eccependo la legittimità dell’atto poiché nei precedenti avvisi di accertamento, era stato indicato responsabile per le obbligazioni tributarie solo il Sig. COGNOME NOME, mentre veniva escluso il ricorrente COGNOME; mentre negli atti di intimazione impugnati, veniva indicato il resistente, quale obbligato solidale, senza alcuna motivazione e/o riferimento a nome e/o atti’;
-dall’altro lato, ‘l’Ufficio in sede di controdeduzioni confermava in ogni caso che i precedenti atti di accertamento erano stati emessi nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE‘ e notificati al sig. NOME COGNOME quale al momento attuale presidente e legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE‘,
legittimamente, anzitutto, COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso gli atti di intimazione per cui è causa per protestare il
difetto della sua qualità di debitore in proprio (quale solidalmente responsabile con l’RAGIONE_SOCIALE) a tenore dei titoli i.e. gli avvisi di accertamento -presupposti, da cui, in tale qualità, non era stato previamente inciso.
Infatti, è soltanto il titolo ad individuare il rapporto d’imposta rilevante ed eseguibile sotto entrambi i profili oggettivo epperò anche soggettivo (al netto, nella specie, di non dall’Amministrazione dedotte vicende traslative della titolarità passiva del debito d’imposta), limitandosi l’intimazione a puramente e semplicemente annunciare l’avvio dell’esecuzione, entro, però, di necessità, i limiti, giust’appunto oggettivo e soggettivo, del priore fondamento, siccome espresso dal titolo.
Sicché, più nel dettaglio, a misura che l’intimazione individui come debitore un soggetto non individuato come tale già nel titolo, non può non riconoscersi al medesimo la legittimazione ad impugnare l’intimazione quale primo ed anzi unico atto che, avendolo direttamente (sottolineasi) attinto, lo ha leso nella sua sfera giuridica, assoggettandolo ‘in executivis’ alla potestà impositiva.
Opinare in contrario, sull’onda RAGIONE_SOCIALE tesi patrocinate nel motivo, significherebbe conculcare il diritto di difesa di tale soggetto, ingenerando frizioni con la tutela ‘funditus’ giurisdizionale dei suoi diritti ai sensi dell’art. 24 Cost.
RAGIONE_SOCIALE quanto precede, sotto altro ma concorrente profilo, legittimamente, altresì, COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso gli atti di intimazione per cui è causa quale legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE (essa sì, giusta concorde riconoscimento dell’Ufficio e dello stesso COGNOME, già attinta dagli avvisi) per protestare l’annullamento in appello RAGIONE_SOCIALE sentenze della CTP nn. 288 e 289/02/2013 e conseguentemente la caducazione, sia pur provvisoria (in attesa del giudizio della Corte di cassazione sulle sentenza d’appello), degli avvisi di accertamento.
Ed invero, la novità, rispetto al sistema previgente, della natura cd. impoesattiva (come felicemente osservato in dottrina) dell’atto emesso ex art. 20 d.l. n. 78 del 2010, su cui è imperniata la costruzione del motivo, non obnubila affatto la perdurante rilevanza dei riverberi che, sull’efficacia esecutiva di detto atto, seguita a produrre l’instaurazione del giudizio di impugnazione in relazione agli esiti dei vari gradi, come confermano le tuttora vigenti previsioni dell’art. 64 D.Lgs. n. 546 del 1992, in punto di esecuzione frazionata.
È ben vero, come sostenuto dalla difesa erariale nel motivo, che l’atto impo -esattivo è di per se stesso dotato di efficacia esecutiva, dal momento che, trascorsi trenta giorni dal termine per il pagamento, si avvia automaticamente la fase dell’esecuzione, senza necessità della previa notifica della cartella di pagamento, la cui funzione è dunque attratta all’avviso stesso.
Nondimeno, alla luce di quanto ricordato, il momento di raccordo tra siffatta efficacia esecutiva per così dire ‘originaria’ ed il suo eventuale ‘ridimensionamento’ in funzione dell’instaurazione e della progressione del giudizio di impugnazione è rappresentato proprio dall’intimazione di pagamento. La funzione di questa, dunque, nel nuovo corso degli atti impo-esattivi, consiste nel tenere aggiornata la ‘misura’ dell’efficacia esecutiva dell’atto in ragione della pendenza del giudizio di impugnazione, onde adeguare l’efficacia esecutiva all’effettiva eseguibilità in via frazionata ai sensi dell’art. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992.
Un tanto sottrae consistenza alla pur pregevole tesi della difesa erariale, secondo cui l’intimazione avrebbe esclusivamente ‘una funzione informativa e di ausilio per i contribuenti’: l’intimazione, invero, non ha affatto un’efficacia meramente dichiarativa, nel senso di esprimere l”indicazione e riepilogo RAGIONE_SOCIALE somme dovute’, poiché, invece, circoscrive, e dunque cristallizza, nei limiti dell’eseguibilità frazionata ex art. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992,
l’efficacia esecutiva pur di per sé posseduta dal titolo, in conseguenza dell’impugnazione ed in funzione del suo andamento.
In definitiva -ampliando il discorso alla luce di tutto quanto detto sin qui, così da guadagnare una prospettiva sistematica di sintesi -non può negarsi, come invece opinato nel motivo, l’impugnabilità dell’intimazione di pagamento ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. n. 546 del 1992, pur a fronte di un atto presupposto avente natura impo-esattiva.
L’intimazione di pagamento è atto impugnabile e lo è in riferimento non solo a vizi propri, ma anche al collegamento in sé con l’atto impo -esattivo, proprio in quanto presupposto.
Ciò alla luce, sia, sul piano soggettivo, della necessaria coincidenza tra debitore affermato nel titolo e debitore attinto dall’intimazione (salve successive vicende traslative della titolarità passiva del debito d’imposta), sia, sul piano oggettivo, del superiore momento di raccordo con l’impugnazione ‘in itinere’. Ed invero, eventuali discrasie in riguardo ad entrambi i profili sono suscettive di ridondare a concreta lesione, nella dimensione esecutiva rassegnata nell’intimazione, della posizione soggettiva del destinatario, che non può essere lasciato sguarnito di tutela giurisdizionale, giacché, così opinando, sarebbe lasciato in balia di un’eventualmente arbitraria indicazione del debitore da sottoporre ad esecuzione e del ‘quantum’ della pretesa portati dall’intimazione, senza garanzia (come nella specie) né di corrispondenza soggettiva rispetto al titolo e né di subitaneo oggettivo ridimensionamento della pretesa in ragione della progressione degli esiti dell’impugnazione.
Deve, conclusivamente, enunciarsi il seguente principio di diritto:
A fronte dell’impugnazione di un atto cd. impo -esattivo ex art. 29 d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla l. n. 122 del 2010, l’intimazione di pagamento emessa ai
sensi dell’art. 68 D.Lgs. n. 546 del 1992 è atto impugnabile ai sensi dell’art. 19 del medesimo D.Lgs. in quanto, individuando il soggetto da concretamente sottoporre ad esecuzione ed avendo la funzione di circoscrivere, cristallizzandola, nei limiti dell’eseguibilità frazionata, l’efficacia esecutiva pur di per sé (già) posseduta dal titolo, è suscettibile di assumere una carica autonomamente lesiva della posizione soggettiva del destinatario, che dunque è legittimato a reagire ad essa, non solo per vizi propri, ma anche per negare la sua qualità di debitore e per contestare l’entità della pretesa rispetto alla progressione degli esiti dell’impugnazione.
La CTR ha fatto piana applicazione del superiore principio.
In particolare, in aggiunta all’attingimento di COGNOME NOME in proprio ‘ultra vires’ al cospetto degli avvisi, essendo, quanto alla posizione del predetto nella qualità di legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE, le intimazioni per cui è causa fondate sull’esito favorevole all’Amministrazione dei giudizi di primo grado in sede di impugnazione degli avvisi, ineccepibilmente la CTR ha fatto riferimento alla sopravvenienza, ‘medio tempore’, di sentenze di secondo grado invece totalmente favorevoli alla parte privata, significando che, per effetto della riconosciuta ‘ applicabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni fiscali di cui alla Legge n. 398/1991, alla RAGIONE_SOCIALE” per le annualità 2007 e 2008”, viene a mancare ‘a monte’ il presupposto stesso RAGIONE_SOCIALE intimazioni, quale, cioè, necessario prodromo dell’esecuzione, siccome annunciata nelle intimazioni.
L’infondatezza del primo motivo di ricorso rende ragione dell’inammissibilità del secondo, in quanto inteso ad aggredire una ‘ratio’ aggiuntiva espressa dalla CTR a sostegno della decisione.
In definitiva, il ricorso deve essere, nel complesso, rigettato.
La particolarità della fattispecie, in relazione alla novità RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche vertite, costituisce, ad avviso del Collegio, giustificato motivo per la compensazione tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Spese compensate.
Così deciso a Roma, lì 25 gennaio 2024.