Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24758 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24758 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
Oggetto: intimazione di pagamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2292/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro-tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, n.638/2/2019 depositata il 21 maggio 2019, non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, veniva rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n.943/13/2016 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Genova di rigetto del ricorso introduttivo proposto contro l’intimazione di pagamento relativa all’anno di imposta 2008.
L’intimazione di pagamento derivava dall’avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO e veniva emessa a seguito della pubblicazione dalla sentenza della CTR Liguria n.277/3/15 con la quale l ‘iniziale ripresa impositiva era stata ridotta. In particolare, tale decisione operava una riduzione dei costi originariamente ritenuti indeducibili ai fini IVA, dell’IRES e dell’IRAP per il suddetto periodo di imposta.
Il giudice d’appello confermava la decisione del giudice di prime cure, ritenendo che le sanzioni ed interessi di cui la società sosteneva la non debenza, fossero accessoriamente connessi per legge al mancato pagamento dell’imposta, e calcolati sull’importo liquidato come dovuto.
Avverso la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione per tre motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
Considerato che:
Prima dell’esame di ogni altra questione il Collegio rileva che, con ordinanza n.30642/2022, è stato rigettato il ricorso per Cassazione proposto contro la sentenza della CTR Liguria n.277/3/15 relativo all’avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA relativo all’anno d’imposta 2008 , ossia la decisione, ormai divenuta definitiva, alla base del l’intimazione di pagamento per cui è causa.
Con il primo motivo di ricorso – in relazione all’art.360 , primo comma, nn.3 e 4, cod. proc. civ. – viene prospettata la nullità della sentenza per apoditticità, violazione e falsa applicazione degli artt.19 del d.P.R. n.633 del 1972 nella parte in cui conferma la decisione di primo grado circa la debenza delle sanzioni e degli interessi, affermando che la deducibilità parziale dei costi riconosciuta dalle sentenze nn.277/2015 e 2139/2015 non avrebbe effetti ai fini IVA.
Il motivo non può trovare ingresso.
3.1. Si reitera che (cfr. Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232) la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. Si rammenta inoltre (v. Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053) che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art.
12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
La motivazione sopra sintetizzata nel caso in esame non è apparente e soddisfa il minimo costituzionale, né è illogico il ragionamento del giudice d’appello secondo il quale le sanzioni ed interessi di cui la società sostiene la non debenza sono dovuti in quanto accessoriamente connessi per legge al mancato pagamento dell’imposta, sull’importo liquidato come dovuto.
3.2. Inoltre, non sussiste la prospettata violazione di legge e il Collegio condivide l ‘interpretazione della Sezione (cfr. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 32995 del 10/11/2021 e giurisprudenza ivi citata) secondo cui, in tema d’IVA, è necessario un collegamento diretto e immediato tra l’acquisizione di un bene o di un servizio e l’operazione tassata a valle, sicché, qualora una parte dei servizi per i quali sono state sostenute spese sia utilizzata ai fini di operazioni compiute da terzi, il nesso diretto ed immediato tra tali servizi e le operazioni soggette ad imposta della committente si interrompe per la parte corrispondente, con la conseguente esclusione del diritto di detrazione relativo.
Con il secondo motivo di ricorso – in relazione all’art.360 , primo comma, nn.4 e 5, cod. proc. civ. – viene dedotta la nullità della
sentenza e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, circa la pretesa inesistenza giuridica della cartella di pagamento quale conseguenza della nullità dell’atto prodromico ad essa sotteso, oltre all’eccezi one di ne bis in idem sollevata con l’atto d’appello.
Il motivo è inammissibile.
5.1. Il principio di specificità e autosufficienza – prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (v. tra le tante, v. Cass., Sez. 5 – , ordinanza n. 24340 del 04/10/2018 e giurisprudenza ivi citata) – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione. Ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara esposizione funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto.
Nel caso di specie non sono in alcun modo riprodotti i pertinenti passaggi del ricorso introduttivo né dell’atto di appello in cui le due questioni sarebbero state, rispettivamente, introdotte nel processo e quindi riproposte in sede di soccombenza integrale; solo la concorrenza di tali elementi permetterebbe alla Corte di apprezzare la decisività della censura.
5.2. Inoltre, sotto il profilo del vizio motivazionale prospettato, la doglianza incappa anche nella preclusione della doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in
primo sia secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
6. Con il terzo motivo di ricorso – in relazione all’art.360 , primo comma, nn.3 e 4, cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione e falsa applicazione di legge con riguardo al calcolo degli interessi e delle sanzioni.
7. Il motivo è innanzitutto inammissibile con riferimento alla tecnica di formulazione, per difetto di specificità e autosufficienza, in quanto l’intimazione di pagamento non è neppure riprodotta in ricorso al fine di permettere di verificare i criteri di determinazione degli accessori.
8. Inoltre, la doglianza è anche infondata perché, a seguito dell’ordinanza di remissione della questione con ordinanza n.31960/2021, le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 22281 del 14/07/2022 hanno espresso un condivisibile insegnamento allorché l’Amministrazione finanziaria richieda il pagamento in quel caso con cartella di pagamento, ma non cambia la logica decisoria con riferimento all’intimazione di pagamento oggetto del presente processo – segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo.
9. Al punto 13.4. della decisione da ultimo citata si afferma: « Passando ora ad esaminare la diversa ipotesi nella quale la cartella segua un atto prodromico nel quale sono già stati computati gli interessi per il ritardato pagamento, giova sottolineare che in tale evenienza la cartella di pagamento svolge la funzione di avviare la fase di riscossione coattiva dei tributi e, laddove la stessa faccia riferimento ad un atto che abbia già determinato, in base alla normativa di riferimento, il quantum reclamato a titolo di interessi -atto divenuto definitivo vuoi perché non impugnato, vuoi perché definitivamente confermato quanto alla sua legittimità in sede giudiziale o comunque ivi rideterminato in maniera in tutto o in parte difforme rispetto all’originaria richiesta di interessi formulata dall’Ufficio -, l’accertamento formatosi con ri guardo all’obbligazione relativa agli interessi dovuti dal contribuente troverà corrispondenza nel ruolo che la cartella ordinariamente riprodurrà. Per tali ragioni la motivazione in simili evenienze- alla stregua di quanto previsto dall’art. 12, comma 3 d el d.p.r. n. 602/1973- non imporrà alcun onere aggiuntivo al soggetto emittente la cartella, se non il riferimento -diretto e specifico, all’atto fiscale e/o alla sentenza che lo ha reso definitivo, trovando la quantificazione degli interessi, quanto a de correnza e modalità di calcolo, la sua fonte nell’atto prodromico. Siffatto obbligo motivazionale risulterà, pertanto, circoscritto all’esposizione del ruolo, del titolo costitutivo della pretesa e dell’entità del debito fiscale di interessi ».
10. È allora congruamente motivata la richiesta di pagamento, con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Se, invece, la cartella o comunque la richiesta di pagamento costituisce il primo atto riguardante la pretesa per
interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati -la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo. Il caso di specie è certamente riconducibile alla prima ipotesi dal momento che l’intimazione di pagamento impugnata non è il primo atto con cui è fatta valere la pretesa, ma è un sollecito che si basa su ll’avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO ed è stata emessa a seguito della pubblicazione dalla sentenza della CTR Liguria n.277/3/15 con la quale la ripresa impositiva è stata ridotta, sentenza divenuta nelle more definitiva per effetto dell’ordinanza della Corte n.30642/2022, di rigetto del ricorso per Cassazione proposto contro la sentenza della CTR.
11. In conclusione il ricorso dev’essere rigettato e, in assenza di costituzione di parte intimata, nessuna determinazione dev’essere adottata con riferimento alle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2025