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Intimazione di pagamento: annullamento e sostituzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando che una seconda intimazione di pagamento, emessa in autotutela, annulla e sostituisce integralmente la precedente. Se l’Agenzia non contesta questa specifica ratio decidendi, il suo ricorso, basato sulla definitività del primo atto, non può essere accolto. Il caso verteva su un’intimazione di pagamento impugnata per incompetenza territoriale e per la nullità delle notifiche delle cartelle sottostanti.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Nuova intimazione di pagamento: quando annulla la precedente?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto tributario: gli effetti di una nuova intimazione di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione per le medesime pretese creditorie. La Corte ha stabilito che, in determinate circostanze, il secondo atto annulla e sostituisce integralmente il primo, con importanti conseguenze sulla possibilità per il contribuente di difendersi. Questo principio, basato sul concetto di autotutela amministrativa, offre una chiara linea guida su come interpretare la successione di atti impositivi.

I Fatti del Caso: Una Doppia Intimazione e l’Opposizione del Contribuente

Un contribuente impugnava un’intimazione di pagamento, contestando sia l’atto in sé sia le cartelle esattoriali ad esso sottese. Le ragioni dell’opposizione erano molteplici e ben definite:
1. Incompetenza territoriale: L’intimazione era stata emessa da un ufficio dell’Agenzia territorialmente non competente rispetto al domicilio fiscale del contribuente.
2. Nullità delle notifiche: Le cartelle di pagamento, presupposto dell’intimazione, erano state notificate a un indirizzo corretto ma in una città errata, impedendo di fatto al contribuente di riceverle.
3. Prescrizione: Le pretese creditorie erano ormai estinte per decorrenza dei termini.

L’Agenzia della Riscossione si difendeva sostenendo che il ricorso fosse inammissibile. In passato, infatti, era stata notificata una precedente intimazione per le stesse cartelle, e il ricorso del contribuente contro quel primo atto era stato dichiarato inammissibile perché tardivo. Secondo l’Agente della Riscossione, ciò aveva reso le cartelle definitive e non più contestabili, in applicazione del principio del ne bis in idem.

L’impatto della seconda intimazione di pagamento

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano dato ragione al contribuente. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva ritenuto che la seconda intimazione di pagamento avesse integralmente annullato e sostituito la precedente. Questo fenomeno rientra nel potere di autotutela della Pubblica Amministrazione, che può correggere i propri atti. La CTR ha specificato che non possono coesistere due distinti atti amministrativi, entrambi idonei a sfociare nell’esecuzione forzata, per la stessa pretesa impositiva. L’emissione del secondo atto, quindi, priva di effetti il primo.

Una volta stabilito che solo il secondo atto era valido, la Corte territoriale ne ha esaminato i vizi, accogliendo le doglianze del contribuente sull’incompetenza territoriale dell’ufficio emittente e sulla nullità delle notifiche delle cartelle presupposte.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’Agenzia inammissibile, non entrando nel merito della questione ma fermandosi a un aspetto processuale decisivo. Il motivo di ricorso dell’Agenzia si basava interamente sull’esistenza di un giudicato formatosi sulla prima intimazione, che avrebbe reso intoccabili le cartelle. Tuttavia, l’Agenzia non ha mai contestato la ratio decidendi della sentenza d’appello, ovvero l’affermazione centrale che la seconda intimazione avesse annullato e sostituito la prima in via di autotutela. Poiché il fondamento della decisione dei giudici di merito non è stato attaccato, il ricorso dell’Agenzia è risultato inefficace e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha ribadito che, quando una sentenza si basa su una specifica argomentazione giuridica, il ricorso in Cassazione deve mirare a smontare proprio quell’argomentazione, cosa che in questo caso non è avvenuta.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che l’emissione di un nuovo atto impositivo per la stessa pretesa tributaria, se non diversamente specificato, può essere interpretato come un atto di autotutela che annulla e sostituisce il precedente. Questo riapre i termini per l’impugnazione e permette al contribuente di sollevare tutte le eccezioni del caso contro il nuovo atto. In secondo luogo, evidenzia una regola fondamentale del contenzioso: in sede di impugnazione, è essenziale contestare la specifica ratio decidendi della sentenza sfavorevole. Omettere di farlo rende il ricorso inammissibile, indipendentemente dalla fondatezza delle proprie ragioni nel merito.

Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate – Riscossione emette una seconda intimazione di pagamento per le stesse cartelle?
Secondo la Corte, la seconda intimazione di pagamento può essere considerata come un atto emesso in autotutela che annulla e sostituisce integralmente la precedente. Di conseguenza, solo il secondo atto produce effetti giuridici ed è suscettibile di impugnazione.

Se il ricorso contro una prima intimazione è stato respinto perché tardivo, posso ancora contestare le cartelle se ricevo una seconda intimazione?
Sì. Se la seconda intimazione sostituisce la prima, come stabilito in questo caso, essa diventa l’unico atto valido. Il contribuente ha quindi il diritto di impugnare questo nuovo atto e, con esso, le cartelle sottostanti per vizi propri, come la nullità della notifica, anche se una precedente impugnazione era stata dichiarata inammissibile.

Perché il ricorso dell’Agenzia è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’Agenzia non ha contestato la ragione centrale (la ratio decidendi) della decisione della corte d’appello. La corte d’appello aveva basato la sua sentenza sul fatto che il secondo avviso aveva sostituito il primo; l’Agenzia, invece, ha fondato il suo ricorso sulla definitività del primo avviso, senza criticare la motivazione principale della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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