Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8718 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8718 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
CARTELLA DI PAGAMENTO -IRPEF 2007.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27018/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall ‘avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
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ricorrente
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contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente/ricorrente in via incidentale –COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. prof. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del controricorso,
-controricorrente/ricorrente in via incidentale avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 1175/09/2018, depositata il 15 marzo 2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 novembre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. l’accoglimento del gen. dott. NOME COGNOME ha chiesto ricorso principale e dei ricorsi incidentali;
FATTI DI CAUSA
Con cartella di pagamento n. 291-2011-0008699229, notificata nel mese di giugno 2011, la RAGIONE_SOCIALE successivamente divenuta Riscossione Sicilia s.p.a.RAGIONE_SOCIALE richiedeva a NOME COGNOME il pagamento della somma di € 597.429,71, oltre compensi di riscossione e diritti di notifica, per imposta sul reddito soggetto a tassazione separata per il periodo d’imp osta 2007, a seguito di controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il contribuente impugnava la cartella di pagamento in questione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento; in tale giudizio veniva convenuta unicamente la RAGIONE_SOCIALE, la quale, a sua volta, chiedeva ed otteneva di essere autorizzata a chiamare in causa l’ente impositore Agenzia delle Entrate, che a sua volta si costituiva in giudizio. La C.T.P. adìta, con sentenza n. 47/05/2013, depositata il 20 febbraio 2013, dichiarava, innanzitutto, l’ inefficacia della chiamata in giud izio dell’Agenzia delle Entrate, in quanto la stessa era conseguita ad una chiamata in causa a cura
dell’Agente della riscossione tardivamente proposta; quindi, accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, dichiarando ‘dovuta la sola imposta’, ed annullando nel resto il provvedimento impugnato (con riferimento alle sanzioni ed agli interessi, ritenuti non dovuti in mancanza della comunicazione preventiva), con compensazione delle spese di lite.
Interposti separati gravami dall’Agenzia delle Entrate e dalla Riscossione Sicilia s.p.a, nonché appello incidentale da parte di NOME COGNOME la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 1175/09/2018, pronunciata il 14 febbraio 2018 e depositata in segreteria il 15 marzo 2018, dichiarava inammissibili sia gli appelli principali che quello incidentale, confermando la sentenza di primo grado e compensando le spese.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che propone a sua volta ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
Resiste altresì con controricorso COGNOME COGNOME il quale propone, a sua volta, ricorso incidentale, sulla base di tre motivi.
Con decreto del 16 luglio 2024 è stata fissata per la discussione l’udienza pubblica del 29 novembre 2024.
All ‘udienza suddetta sono comparsi i procuratori delle parti, che hanno concluso come da verbale in atti.
Il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e dei ricorsi incidentali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE come si è detto, è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 105 c.p.c. e 14 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, che la sentenza della C.T.R. era errata, nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile l’appello con riferimento alla questione della estromissione dal giudizio dell’Agenzia delle Entrate, in quanto essa, al contrario, era titolare di un interesse concreto ed attuale a che l ‘Agenzia delle Entrate partecipasse al giudizio, dovendo, tra l’altro, enucleare la propria posizione rispetto agli effetti pregiudizievoli che le potrebbero derivare ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. 13 aprile 1999, n.112, per l’ipotesi della mancata partecipazione dell’Ente creditore; inoltre, con riferimento alla declaratoria di infondatezza dell’appello su tale questione, la qualificazione come ‘intervento volontario adesivo’ della costituzione in giudizio ef fettuata dall’Agenzia delle Entrate dinanzi alla C.T.P., effettuata per la prima volta in appello, era stata giustificata dal fatto che solo con la sentenza di primo grado era stato revocato il provvedimento di autorizzazione alla chiamata in causa del ter zo, e quindi solo con l’atto di appello poteva essere sollevata tale questione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce nullità della sentenza per motivazione mancante, o comunque apparente, e conseguente violazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, la ricorrente che erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto che l’Agenzia delle Entrate non potesse intervenire in giudizio, in quanto quest’ultima era la titolare del rapporto controverso, ed era destinataria di una spec ifica eccezione (omessa comunicazione dell’esi to del controllo automatizzato) sollevata dal contribuente.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce nullità della sentenza per motivazione mancante, e violazione dell’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), e dell’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600/1973, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c.
Rileva, in particolare, che, ferma restando la non obbligatorietà della comunicazione preventiva in caso di controllo automatizzato ex art. 36bis d.P.R. n. 600/1973, l’Ente creditore aveva comunque prodotto, nel giudizio di primo grado, la comunicazione in questione, per cui i giudici del merito avrebbero dovuto dichiarare la legittimità della costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, ed esaminare la documentazione in questione.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 36 -bis , comma 3, del d.P.R. n. 600/1973, nonché dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., essa aveva interesse a contestare la decisione di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto necessaria la comunicazione dell’esito del controllo automatizzato, tenuto conto della conseguenze pregiudizievoli derivanti da tale pronuncia, e che, in ogni caso, la statuizione della Corte regionale era errata, in quanto non era stata operata alcuna rettifica della dichiarazione, posto che il reddito era stato dichiarato dallo stesso contribuente, che aveva versato l’acconto ma aveva omesso di dichiarare il saldo.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 105, 112, 324 e 329 c.p.c., nonché degli artt. 14 e 32 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, che, contrariamente a quanto affermato dalla C.T.R., l’Ufficio, nel proprio gravame, aveva specificamente censurato la statuizione con cui il primo giudice l’aveva estromesso dal giudizio, onde sulla stessa non si era formato alcun giudicato interno che ne precludesse il riesame in sede di appello; inoltre, essa era pienamente legittimata a partecipare al giudizio di primo grado, in quanto litisconsorte necessario, tanto più che, essendo stata impugnata una cartella di pagamento ex art. 36bis d.P.R. n. 600/1973, essa era da considerare il primo atto impositivo, e l’Ufficio era parte sostanziale del rapporto tributario.
Il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è affidato, a sua volta, a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo il contribuente eccepisce nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost. nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 334, comma 2, c.p.c., nonché, ancora, degli artt. 50, 53, 54 e 57 del d.lgs. n. 546/ 1992 e dell’art. 39 del d.lgs. n. 112/1999, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, che la sentenza impugnata era viziata nella parte in cui aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo proposto dal contribuente, in ragione dell’asserita inammissibilità dell’appello principale proposto dall ‘Agente della riscossione.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME eccepisce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost., nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., degli artt. 100 e 334, comma 2, c.p.c. e degli artt. 50, 53 e 54 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, che la sentenza impugnata era errata, sempre nella parte in cui aveva dichiarato inammissibile l’appello incidentale tardivo proposto dal contribuente, in ragione dell’asserita inammissibilità dell’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate, sulla base di un inconsistente giudicato interno che sarebbe maturato sul tempo dell’estromissione dello stesso Ufficio.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché degli artt. 6, comma 5, e 10, comma 1, della legge n. 212/2000, dell’art. 36 -bis del d.P.R. n.
600/1973 e del l’art. 2, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 47 2, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, il contribuente che erroneamente la C.T.R. non aveva accolto l’appello incidentale proposto, in considerazione del fatto che l’omesso invio della comunicazione recante l’esito dell’attività di liquidazione dell’IRPEF dovuta su red diti soggetti a tassazione separata rendeva certamente illegittima l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella di pagamento impugnata, venendo meno il provvedimento di liquidazione che costituirebbe il presupposto ineludibile della successiva attività di riscossione.
Venendo quindi ad esaminare il ricorso principale ed il ricorso incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dall’Agenzia delle Entrate, la Corte osserva quanto segue.
4.1. Il primo ed il secondo motivo del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono fondati.
La C.T.R. ha dichiarato il primo motivo del ricorso in appello sia inammissibile, che infondato nel merito.
Con tale motivo, la società RAGIONE_SOCIALE (appellante avverso la sentenza di primo grado) rilevava che erroneamente la C.T.P. aveva dichiarato l’inefficacia della chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrate (in quanto richiesta dall’Agente della riscossione tardivamente, stante la costituzione in giudizio oltre il termine previsto dall’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 546/1992), e disposto l’estromissione dal giudizio dell’Agenzia delle Entrate, in quanto la costituzione di quest’ultima avreb be potuto comunque essere
considerata come intervento volontario adesivo, e quindi, comunque, produttivo di effetti.
La Corte regionale ha ritenuto il motivo infondato, in quanto, a suo dire, l’art. 14 del d.lgs. n. 546/1992 consentirebbe l’intervento in giudizio soltanto dei soggetti che, insieme al contribuente, siano destinatari dell’atto impugnato, nonché inammissi bile, per carenza di interesse dell’appellante RAGIONE_SOCIALE.p.a. in quanto l’unico soggetto a proporre la propria posizione processuale sarebbe l’Agenzia delle Entrate.
Partendo da quest’ultimo profilo, deve tuttavia rilevarsi che è indubbio l’interesse dell’Agente della riscossione sia a chiamare in causa che, comunque a mantenere in giudizio l’Agenzia delle Entrate quale interventore volontario adesivo, in quanto la presenza di tale ente in giudizio può determinare degli effetti positivi anche per l’ente riscossivo, con riferimento alla documentazione dell’invio della comunicazione preventiva dell’esito della liquidazione (la cui mancanza costituiva uno dei motivi di ricorso del contribuente). Peraltro, la presenza in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, quale ente impositore, impedisce che il concessionario per la riscossione debba rispondere delle conseguenze della lite, come previsto dall’art. 39 d.lgs. n. 112/1999.
Quanto alla mancata considerazione della costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate quale interventore volontario adesivo, va osservato, innanzitutto, che tale motivo di appello non rappresenta una domanda o una eccezione nuova sollevata dalla Riscossione Sicilia, ma
costituisce una specifica censura (e quindi uno specifico motivo di appello) con riferimento alla declaratoria di inefficacia della chiamata in causa dell’Agenzia delle Entrate, e quindi all’estromissione in giudizio di quest’ultima, che è stata operata soltanto con la sentenza di primo grado (nel mentre, per tutti il giudizio di prime cure, l’Agenzia delle Entrate è stata sempre presente).
Sul punto, ritiene questa Corte che, nel giudizio tributario, sia comunque ammissibile l’intervento adesivo autonomo dell’Agenzia delle Entrate, giacché la parte pubblica interviene nel processo già pendente per far valere una propria posizione giuridica nei confronti di una delle parti in causa, e cioè il contribuente.
E’ pur vero, infatti, che l’a rt. 14, comma 3, d.lgs. n. 546/1992, sembrerebbe, prima facie , prevedere la possibilità di intervento in giudizio soltanto di altri soggetti che, unitamente al ricorrente, siano destinatari dell’atto impugnato.
Tuttavia, a parte la possibilità di applicare, in via residuale, l’art. 105 c.p.c. ( applicabile al processo tributario in forza del richiamato previsto dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992), va rilevato che il suddetto art. 14, comma 3, d.lgs. n. 54671992 parla di intervento di soggetti che, «insieme al ricorrente» (e quindi non «insieme con il ricorrente») sono destinatari dell’atto impugnato , o che comunque «parti del rapporto tributario controverso», tra i quali vi è, sicuramente, l’ente impositor e e, quindi, nel caso di specie, sicuramente l’Agenzia delle Entrate.
Del resto, ciò che il legislatore vuole evitare, anche in una prospettiva costituzionalmente orientata, che tenda conto dei principi in tema di diritto di difesa ex art. 24 Cost., è che partecipino al giudizio tributario soggetti del tutto estranei al rapporto controverso, così come già affermato da questa Corte, ad es., in materia di partecipazione al giudizio di enti esponenziali a tutela di una generica ed indefinita categoria di contribuenti (Cass. 9 gennaio 2004, n. 139). Sarebbe, d’altronde, priva d i ragionevolezza una interpretazione che escludesse la possibilità di intervento in giudizio dell’ente creditore nel caso di ricorso contro il concessionario per la riscossione, soprattutto allorquando la domanda abbia ad oggetto non soltanto la legittimità degli atti esecutivi, ma l’esistenza stessa del credito; non a caso, è stato di recente introdotto, all’art. 14 d.lgs. n. 546/1992, il comma 6 -bis , che prevede che, «in caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato, il ricorso è sempre proposto nei confronti di entrambi i soggetti». Sarebbe del tutto irrazionale, invero, passare da un sistema in cui sarebbe vietato all’ente impositore di intervenire volontariamente in un giudizio che lo riguarda, ad un sistema in cui la partecipazione del medesimo ente sarebbe necessaria ove si controversa dei vizi della notificazione dell’atto presupposto dell’atto impugnato.
Invero, questa Corte ha già affermato, con orientamento che il collegio condivide e a cui intende in questa sede dare
continuità che «solo sulla scorta di una mera interpretazione letterale del disposto del citato art. 14 (il quale qualifica i possibili interventori come quei “soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato ovvero sono parti del rapporto tributario controverso”) potrebbe giungersi ad escludere l’ammissibilità dell’intervento adesivo dipendente nel giudizio tributario..» e che «..tuttavia una simile interpretazione comporterebbe l’immotivata esclusione della possibilità di intervenire in giudizio per soggetti che, lungi dal far valere ragioni consistenti in utilità di mero fatto, sono.. portatori di un interesse giuridicamente rilevante e qualificato..», determinato anche «..dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose derivanti dagli effetti riflessi o indiretti del giudicato..» (cfr. Cass. 12 gennaio 2012, n. 255; da ultimo Cass. 15 settembre 2021, n. 24785).
Adeguando tali principi alla fattispecie in esame, concernente cartelle esattoriali notificate al contribuente seguito di controlli automatizzati del d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36bis , e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54bis , sussiste sicuramente l’interesse giuridico dell’Ente a intervenire nel giudizio destinato ad accertare la fondatezza formale e sostanziale della pretesa tributaria, al fine di tutelare la propria situazione soggettiva di fronte alla eventualità che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose derivanti dagli effetti riflessi o indiretti del giudicato formatosi sulla richiesta di pagamento dei maggiori tributi.
La C.T.R., quindi, pur in presenza di una chiamata in giudizio tardiva da parte dell’agente della riscossione, avrebbe dovuto riconoscere la qualifica di interventore volontario adesivo dell’Agenzia delle Entrate.
Deve quindi affermarsi la fondatezza dei primi due motivi del ricorso principale, sulla base del seguente principio di diritto: «nel giudizio tributario promosso contro il concessionario per la riscossione, deve ritenersi ammissibile l’intervento adesivo autonomo da parte dell’ente impositore (eventualmente così riqualificando l’intervento in giudizio a seguito di una chiamata in giudizio tardiva dello stesso ente da parte dell’agente della riscossione), in quanto l’art. 14, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 prevede tale possibilità non soltanto per coloro che siano destinatari dell’atto impositivo, ma anche per le parti del rapporto tributario controverso, tra le quali vi è, indubbiamente, l’ente impositore titolare della pretesa tributaria».
4.2. Fondati sono anche il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale proposto dalla Riscossione Sicilia s.p.a., da esaminare anch’essi congiuntamente in quanto strettamente connessi.
La Corte regionale ha dichiarato inammissibile, «oltre che infondato», il secondo motivo di appello della Riscossione Sicilia s.p.a., riguardante la questione della necessità o meno della comunicazione preventiva dell’esito del controllo automatizzato.
In particolare, il motivo è stato ritenuto inammissibile, per carenza di interesse dell’agente per la riscossione (in quanto unico soggetto interessato sarebbe stato l’Agenzia delle
Entrate), ed infondato, in quanto la comunicazione preventiva sarebbe stata necessaria.
Deve tuttavia rilevarsi che, come visto con riferimento ai precedenti motivi, la C.T.R. avrebbe dovuto ritenere legittimo l’intervento in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, ragion per cui avrebbe dovuto esaminare la documentazione prodotta da quest’ultima, tra la quale vi era la comunicazione in questione; in ogni caso, trattandosi di mancato versamento di quanto dichiarato, senza rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione dei redditi e senza che vi fossero incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, la comunicazione preventiva non era necessaria (cfr., da ultimo, Cass. 16 gennaio 2024, n. 1640; Cass. 24 gennaio 2018, n. 1711).
Fondato è anche l’unico motivo di ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate.
Innanzitutto, contrariamente a quanto affermato dalla C.T.R., l’Ufficio, con il proprio appello, aveva specificamente censurato la statuizione con cui il primo giudice l’aveva estromesso dall’Ufficio, per cui su tale questione non si era formato alcun giudicato interno che ne precludesse il riesame in sede di appello.
Il motivo è poi da ritenersi fondato, per le stesse ragioni riferite ai primi due motivi di ricorso principale della Riscossione Sicilia s.p.a., con riferimento all’ampiezza della possibilità di intervento in giudizio ex art. 14, comma 3, d.lgs. n. 546/1992.
Stante la fondatezza dei ricorsi proposti dalla RAGIONE_SOCIALE e dall’Agenzia delle Entrate, il ricorso incidentale
proposto da NOME COGNOME deve ritenersi assorbito. L’appello incidentale proposto dal contribuente, infatti, è stato dichiarato inammissibile, in quanto era stato dichiarato inammissibile l’appello principale. Tuttavia, come si è visto, essendo stati accolti i motivi di ricorso per cassazione che censuravano la declaratoria di inammissibilità degli appelli principali proposto dalla Riscossione Sicilia s.p.a. e dall’Agenzia delle Entrate, ciò fa venir meno la pronuncia di inammissibilità dell’appello incident ale del contribuente, che dovrà quindi essere esaminato dalla C.T.R.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE ed il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate; dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2024.