Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 4129-2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al controricorso
-controricorrenti-
avverso la sentenza n. 1965/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIAROMAGNA, depositata il 28/10/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/1/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n.
, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME e NOME COGNOME avverso diniego di rimborso delle somme versate a titolo di imposta di registro.
I contribuenti resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale sul motivo di gravame relativo alla formazione di un giudicato interno sfavorevole ai controricorrenti.
1.2. Va in primo luogo richiamato l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010).
1.3. La questione posta con il primo motivo dell’odierno ricorso va quindi esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da
riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nei motivi non esaminati dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinché il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno delle indicazioni necessarie a pena di nullità.
1.4. Nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi sulla base delle considerazioni che seguono.
1.5. Come leggesi nella sentenza impugnata e negli atti difensivi, la vicenda in fatto è la seguente: con sentenza n. 2093/11/2014, in giudicato, della Commissione tributaria regionale dell’EmiliaRomagna era stato accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME con intervento volontario degli odierni ricorrenti, avverso avviso di rettifica e liquidazione per imposta di registro in relazione alla vendita di immobile da parte del primo in favore dei secondi, stipulato in data 24/5/2007; nelle more Anna COGNOME aveva provveduto al pagamento del relativo importo; con successivo ricorso gli odierni ricorrenti avevano impugnato il silenzio rifiuto dell’Ufficio circa l’istanza di rimborso della suddetta somma in virtù della citata sentenza n. 2093/11/2014 di annullamento dell’atto impositivo; la Commissione tributaria regionale, con la sentenza in questa sede impugnata, aveva confermato la sentenza di primo grado con cui era stato disposto il rimborso della somma in oggetto in favore degli odierni controricorrenti.
1.6. Ciò posto, secondo principi consolidati della giurisprudenza di questa Corte l’interventore adesivo risente degli effetti del giudicato in quanto, se così non fosse, non potrebbe nemmeno avere l’interesse ad intervenire, giacché un giudicato che non gli noccia non potrebbe, per ciò solo, nemmeno giovargli (come affermato da questa Corte da oltre cinquant’anni: cfr., in tal senso, già Cass. n. 1990 del 1969, in seguito sempre conforme; per l’affermazione della qualità di «parte» dell’interventore, cfr. anche Cass. n. 364 del 2014, Cass. n. 15197 del 2000, Cass. n. 8473 del 1995).
1.7. In particolare, con l’intervento adesivo dipendente l’interventore non introduce nel processo una domanda propria che ampli il thema decidendum fra le parti principali (originarie), ma si limita ad interloquire nella lite tra altri
già pendente, che è -e rimane -l’unica dibattuta nel processo, cosicché egli si limita a prestare la propria adesione alla domanda o all’eccezione di una delle parti, già in giudizio, per un proprio interesse, in ragione dei riflessi che possono derivare nei suoi confronti dall’emananda sentenza, tendendo a provocare un giudicato inter alios che riesca utile mediatamente anche ad esso, mentre la sconfitta della parte adiuvata produrrebbe per lui effetti svantaggiosi.
1.8. In sostanza, l’intervento adesivo dipendente è caratterizzato dall’interesse che muove il terzo ad impedire che si ripercuotano nella sua sfera giuridica conseguenze dannose in caso di sconfitta della parte adiuvata (effetti indiretti o riflessi del giudicato), e tale interesse che muove il terzo va ravvisato in ciò che, quantunque nel processo in cui il terzo interviene non venga direttamente in discussione un suo diritto, tuttavia la decisione resa inter partes , verrebbe indirettamente ad incidere nella sua sfera giuridica, privandolo della possibilità di esercitare in avvenire i suoi diritti nelle stesse condizioni favorevoli in cui avrebbe potuto farlo se la parte, alla quale è legata la sua posizione giuridica, fosse uscita vittoriosa dalla lite (cfr. Cass. n. 2516 del 1967; conf. Cass. n. 25135 del 2015 in motiv.).
1.9. Orbene, nella specie, gli odierni controricorrenti si trovavano proprio nella situazione di interesse prevista dall’art. 105, comma 2, c.p.c. -applicabile anche al processo tributario in virtù del richiamo operato dall’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 -che ben avrebbe potuto legittimare il loro intervento in giudizio ad adiuvandum del condebitore solidale nel pagamento dell’imposta di registro per la vendita dell’immobile dianzi indicato.
1.10. Infatti, i controricorrenti avevano indubbio interesse all’accoglimento del ricorso proposto avverso l’avviso di rettifica e liquidazione dal venditore dell’immobile, che sia pure in modo mediato -si sarebbe riverberato utilmente nei confronti di essi.
1.11. È incontestato, dunque, che i controricorrenti abbiano spiegato intervento volontario ad adiuvandum nel suddetto giudizio, come confermato dalla stessa Agenzia ricorrente mediante trascrizione, in parte qua , dell’atto di costituzione dei medesimi nel giudizio proposto dal venditore dell’immobile
per l’annullamento dell’avviso di rettifica e liquidazione della relativa imposta di registro.
1.12. La definizione del suddetto giudizio, con la citata sentenza n. 2093/2014, in giudicato, mediante accoglimento dell’appello del venditore (e relativo annullamento dell’atto impositivo impugnato), ha quindi reso possibile per gli odierni controricorrenti di giovarsi della sentenza a questi favorevole, con conseguente sussistenza dell’interesse al rimborso della somma versata per l’estinzione della pretesa tributaria in questione.
1.13. Ne consegue l’infondatezza del primo motivo della ricorrente in quanto, nonostante la riscontrata omessa pronuncia del Giudice del gravame, il corrispondente ricorso per cassazione non può essere accolto dovendo essere comunque disattesa la questione giuridica ad esso sottesa, come dianzi illustrata.
1.14. Ne consegue anche l’assorbimento del secondo motivo di ricorso, con il quale si propone la questione circa la violazione, nella sentenza impugnata, dell’art. 1306 c.c. per errata applicazione del giudicato favorevole ai ricorrenti, pur avendo essi partecipato al giudizio in cui si era formato.
In conclusione, il ricorso va integralmente respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da