Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23537 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23537 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29069/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, quale legale rappresentante illo tempore nonché socio della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE; pec: EMAIL)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE FALLIMENTO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (pec: giuseppe )
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, SEZ.DIST. CATANIA n. 1853/2016 depositata il 11/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/07/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE, sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1853/54/2016 depositata in data 11/05/2016, ha dichiarato estinto il giudizio per mancata riassunzione nei termini di legge.
1.1. L’RAGIONE_SOCIALE aveva proposto impugnazione contro la sentenza n. 360/02/2011 con la quale la Commissione RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, accogliendo il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (successivamente
RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 06/06/2013), aveva annullato l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO relativo all’anno di imposta 2003.
1.2. La decisione del giudice di seconde cure -sul presupposto che la dichiarazione di fallimento della società contribuente determinasse, in via automatica, l’interruzione del processo, da riassumere nel termine di tre o sei mesi da quest’ultima, ex art. 46 legge n. 69 del 2009 -ha ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE avesse avuto la conoscenza dell’evento interruttivo in data 19/12/2014. Da tale data decorreva, quindi, il termine di legge di sei mesi per la riassunzione del processo. Il mancato rispetto di tale termine da parte de ll’amministrazione finanziaria comportava la declaratoria di estinzione del processo.
Contro la sentenza della CTR l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione, affidandosi a un motivo.
Hanno resistito con controricorso il sig. NOME COGNOME, già legale rappresentante della società contribuente e la curatela del RAGIONE_SOCIALE
La curatela del RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria ex art. 380bis cod. proc. civ.
In data 27/06/2024 l’AVV_NOTAIO ha depositato istanza con la quale ha chiesto di dichiarare l’interruzione del processo sulla base di quanto di seguito riportato: « rilevato che l’odierno controricorrente, Sig. NOME COGNOME quale amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, nato il DATA_NASCITA a Centuripe (EN), è deceduto in data 06.10.2019 in RAGIONE_SOCIALE, come da certificato di morte rilasciato dal Comune di RAGIONE_SOCIALE ed allegato alla presente. »
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE ha contestato la violazione degli artt. 1, comma 2, 40, 41, 43 e 45
d.lgs. 31/12/1992, n. 546; art. 299 ss. cod. proc. civ., artt. 43, terzo comma, l. fall. (introdotto dall’art. 41, primo comma, d.lgs. 09/01/2006, n. 5), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
1.1. In via preliminare la ricorrente ha evidenziato che la presente controversia rientra tra quelle definibili ai sensi dell’art. 11, comma 1, d.l. 24/04/2017, n. 50, conv. dalla legge 21/06/2017, n. 96. Nel caso in esame il termine ordinario di impugnazione, trattandosi di giudizio introdotto in primo grado nel 2008, è scaduto in data 11/06/2017 (prorogato di diritto a lunedì 12/06/2017) e ricade, pertanto, nel periodo compreso tra il 24/04/2017 e il 30/09/2017. Trova, quindi, applicazione la sospensione prevista nell’art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017.
1.2. La ricorrente ha, poi, rilevato che la CTR ha prestato acritica adesione all’orientamento secondo cui l’art. 43, terzo comma, l. fall. (introdotto dal d.lgs. n. 5 del 2006) deve essere interpretato nel senso dell’automaticità dell’effetto interruttivo (dalla dichiarazione di fallimento) e della decorrenza del termine dal momento in cui la parte interessata alla riassunzione abbia avuto conoscenza legale dell’avvenuta interruzione ex lege . Tale interpretazione non tiene, tuttavia, conto di quanto previsto dall’art. 43, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, che detta una regola speciale e prevalente rispetto a quella che riguarda il processo civile (da apprezzare anche alla luce di quanto previsto nell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992). Nel processo tributario il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre sempre dal momento della dichiarazione dell’evento interruttivo e non dal momento in cui si verifica quest’ultimo.
Nella specie è pacifico che la CTR abbia omesso di pronunciare il provvedimento dichiarativo dell’interruzione (una volta intervenuta
la comunicazione della dichiarazione di fallimento della società appellata, contenuta nella memoria depositata il 14/04/2016), con la conseguenza che il termine semestrale per la riassunzione non ha iniziato a decorrere.
2. La curatela del RAGIONE_SOCIALE, nel controricorso, ha chiesto la pronuncia in camera di consiglio ex art. 380 bis cod. proc. civ., per contrarietà del ricorso alla giurisprudenza conforme della presente Corte, evidenziando che, successivamente alle pronunce della Corte costituzionale (n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976), il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto per la morte del procuratore costituito di una RAGIONE_SOCIALE parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, ma da quello in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza legale. Tale principio di portata generale vale anche per il processo tributario. Nel caso di specie il procuratore di RAGIONE_SOCIALE, in data 14/04/2016, ha depositato una memoria in cui illustrava che, in data 06/06/2013, la società era stata dichiarata fallita e che nell’ambito del giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da RAGIONE_SOCIALE si era costituita in giudizio, con comparsa depositata in data 19/12/2014, l’RAGIONE_SOCIALE.
2.1. La Curatela controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in cassazione presentato dall’RAGIONE_SOCIALE per tardività, evidenziando che, diversamente da quanto sostenuto dalla parte ricorrente, non può trovare applicazione l’art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017. Tale disciplina riguarda, infatti, le controversie indicate nei commi 1 e 3 della norma appena richiamata, tra le quali non rientra quella oggetto del presente giudizio. Rileva che l’art. 11 d.l. n. 50 del 2017 costituisce una
previsione dettata in favore del contribuente che voglia aderire alla definizione agevolata ed esplica, quindi, i suoi effetti a domanda di quest’ultimo. Tale conclusione scaturisce, ad avviso della curatela controricorrente, dalla lettura dell’art. 11, comma 8, d.l. n. 50 del 2017, dove è previsto che sia il contribuente a fare apposita istanza al giudice, dichiarando di volersi avvalere della disposizione in esame.
Il termine di impugnazione è, inoltre, sospeso ex art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017 solamente per le controversie ancora definibili. Nel caso in esame la controversia non era definibile dal curatore, quale soggetto subentrato a chi aveva proposto ricorso, in quanto il giudizio non riassunto nei suoi confronti non determinava, per giurisprudenza costante, una situazione di pendenza della lite nei suoi confronti.
2.2. La controversia non rientra, inoltre, tra quelle pendenti, in quanto definita anteriormente, cioè alla data dell’11/05/2016. Di conseguenza alla data del 24/04/2017 non vi era più un processo tecnicamente pendente, considerato anche che la controversia era da considerare estinta, già alla data del 19/06/2015.
2.3. La controversia in esame non rientrava neppure tra quelle definibili in base all’art. 11, comma 1, d.l. n. 50 del 2017 sotto vari profili. In primo luogo, la norma appena richiamata fa riferimento alle controversie definibili a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione. Nessuna domanda è stata, tuttavia, proposta né dalla società, né dalla curatela. Tanto più che il contribuente, vittorioso nel secondo grado di giudizio, non poteva avere alcun interesse alla definizione agevolata di una lite già conclusa in suo favore. Un ulteriore elemento a sostegno dell’inapplicabilità dell’art. 11 d.l. n. 50 del 2017 riguarda -sempre ad avviso della curatela
contro
ricorrente -la circostanza che, comunque, entro il 02/10/2017, avrebbe dovuto essere pagata la prima rata. Tale evenienza non si è, tuttavia, verificata nel caso in esame.
2.4. Ha poi rilevato come il curatore del fallimento non fosse stato chiamato a partecipare alla fase di merito per cui non può essere convenuto per la prima volta in sede di legittimità: la sentenza impugnata risulta inutiliter data nei confronti del RAGIONE_SOCIALE proprio per la mancata riassunzione del processo interrotto.
Si è costituito anche il sig. NOME COGNOME, legale rappresentante e socio della RAGIONE_SOCIALE, il quale ha eccepito la decadenza della ricorrente dalla facoltà di impugnare e la violazione degli artt. 324 cod. proc. civ., 2909 cod. civ. e 327 cod. proc. civ., in relazione al richiamo contenuto nell’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992. Il controricorrente ha eccepito come la sospensione del termine per l’impugnazione previsto nell’art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017 riguardasse solo il contribuente, al quale il primo comma della norma appena richiamata rimetteva la decisione in ordine alla definizione agevolata della lite. Rileva, poi, come nel caso di specie non potesse parlarsi di controversia definibile, trattandosi di giudizio estinto.
3.1. Il controricorrente contesta la fondatezza del motivo di ricorso proposto dalla parte ricorrente, evidenziando come non sia stata mossa alcuna censura in ordine alla circostanza della piena conoscenza legale dell’evento interruttivo, alla data del 19/12/2014. Contesta poi l’interpretazione dell’art. 43 l.fall. prospettata dalla parte ricorrente, evidenziando come sia fondata su un orientamento ormai non più attuale.
In via preliminare, occorre evidenziare che non può essere dichiarata l’interruzione del processo in conseguenza della morte
del legale rappresentante della società avvenuta dopo la costituzione di quest’ultima davanti alla Corte di cassazione. È stato, infatti, precisato che: « Nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una RAGIONE_SOCIALE parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, nè consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo. » (Cass., 29/01/2016, n. 1757).
5. Il ricorso è fondato.
5.1. Occorre dare atto, preliminarmente, della tempestività del ricorso, cui si applica il termine lungo di un anno (secondo quanto previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., anteriormente alle modifiche apportate dalla legge 18/06/2009, n. 69), trattandosi, pacificamente, di un giudizio instaurato nel 2008, cui va ad aggiungersi la sospensione prevista nell’art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017, il quale prevede che: « Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017. » (Cass., 20/05/2024, n. 7510).
La norma appena richiamata riguarda la sospensione del termine di impugnazione, da tenere ben distinta, dal diverso istituto della sospensione del processo regolato dall’art. 11, comma 8, d.l. n. 50 del 2017, secondo il quale: « Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere RAGIONE_SOCIALE disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 ottobre 2017. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi
dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2018 .»
Mentre la sospensione dei termini di impugnazione ex art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017 aveva carattere generale e riguardava tanto il contribuente che l’amministrazione finanziaria (limitatamente ai termini di impugnazione che scadevano tra il 24/04/2017 e il 30/09/2017), la sospensione del processo ex art. 11, comma 8, d.l. n. 50 del 2017 conseguiva non solo e non tanto a un mero impulso del contribuente, ma richiedeva altresì una dichiarazione di quest’ultimo di volersi avvalere RAGIONE_SOCIALE disposizioni dell’art. 11 d.l. n. 50 del 2017 in materia di definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie tributarie.
Considerato che la richiesta di definizione agevolata non poteva che venire dal contribuente (art. 11, comma 1, d.l. n. 50 del 2017) è evidente che solo quest’ultimo poteva mettere in moto il meccanismo processuale funzionale alla sospensione dell’intero processo (e non di un singolo termine come nell’ipotesi disciplinata nell’art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017). Di conseguenza, se è vero che i commi 8 e 9 (dell’art. 11 d.l. n. 50 del 2017) rispondono a una comune esigenza di economia processuale è altrettanto vero che l’ipotesi disciplinata nel comma 8 dell’art. 11 d.l. n. 50 del 2017 poteva essere attivata solo su impulso della parte abilitata a chiedere la definizione agevolata (il contribuente), mentre il comma 9 (sospensione del termine di impugnazione) non poteva che riguardare tutte le parti dei processi pendenti e, di conseguenza, non solo il contribuente, ma anche l’amministrazione finanziaria. La sospensione del termine di impugnazione per sei mesi -cioè per il periodo necessario alla presentazione dell’istanza di definizione agevolata -era, infatti, funzionale non solo all’esigenza di favorire il contribuente (che disponeva di un congruo periodo di tempo
durante il quale valutare la presentazione di un’istanza di definizione agevolata), ma anche a quella di evitare lo spreco di risorse pubbliche, sia in relazione ai funzionari dell’amministrazione finanziaria che in merito all’Avvocatura dello Stato. In particolare, la sospensione del termine di impugnazione scongiurava -in conformità al principio di buon andamento ex art. 97 Cost. e al principio di economia processuale quale corollario del principio del giusto processo delineato nell’art. 111 Cost. la proposizione di impugnazioni che potevano rivelarsi inutili, a fronte dell’istanza di definizione agevolata della lite da parte del contribuente.
Alla luce di quanto verrà precisato, infra, sub 5.2., è da escludere, poi, che alla data del 27/04/2017, non fosse configurabile una situazione tecnicamente definibile come pendenza della lite, dal momento che la CTR non ha correttamente interpretato l’art. 43 l. fall. e applicato la disciplina regolativa dell’interruzione del processo tributario.
Riassumendo, a fronte della sentenza della CTR depositata in data 11/05/2016, il termine lungo ex art. 327 cod. proc. civ. -norma a cui rinvia l’art. 38, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, richiamato dall’art. 51, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 – consentiva di arrivare al giorno 11/06/2017 (domenica), prorogato al 12/06/2017 (lunedì) . Il caso in esame ricade, quindi, sotto l’ambito di applicazione dell’art. 11, comma 9, d.l. n. 50 del 2017 che fa riferimento alla sospensione (di sei mesi) per i termini di impugnazione che scadevano tra il 24/04/2017 e il 30/09/2017.
5 .2. Ciò premesso, in merito all’interpretazione dell’art. 43 l.fall. le Sezioni Unite della presente Corte hanno precisato che: « In caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di
estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori RAGIONE_SOCIALE ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario. » (Cass., Sez. U, 07/05/2021, n. 12154).
Di conseguenza, è solo dal momento della dichiarazione giudiziale di interruzione della causa – di cui la parte abbia conoscenza o a seguito della pronuncia in udienza o a seguito dell’apposita comunicazione -che inizia a decorrere il termine per la riassunzione.
L’interpretazione dell’art. 43 l.fall. ad opera RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte si applica anche nell’ambito del processo tributario, dove peraltro non solo l’art. 41 d.lgs. n. 546 del 1992 prevede che l’interruzione sia dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla commissione con ordinanza, ma anche l’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che: « Se entro sei mesi da quanto è stata dichiarata l’interruzione del processo la parte colpita dall’evento o i suoi successori o qualsiasi altra parte presentano istanza di trattazione al presidente di sezione della commissione, quest’ultimo provvede a norma del comma precedente .»
L’art. 45 d.lgs. n. 546 del 1992 prevede, poi, che: « Il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo. »
Nella specie non risulta alcun provvedimento assunto dal giudice di seconde cure avente per oggetto la formalizzazione dell’evento interruttivo ai sensi dell’art. 41, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992. In assenza di tale provvedimento non poteva, quindi, iniziare a decorrere il termine previsto nell’art. 43, comma 2, d.l.gs. n. 546 del 1992. Il giudice di seconde cure ha, invece, fatto decorrere il termine per la riassunzione previsto dalla norma appena richiamata non da un provvedimento assunto ex art. 41 d.lgs. n. 546 del 1992, ma da un’attività processuale svolta dalla parte appellante in un altro e diverso giudizio ( i.e. la costituzione nel giudizio di opposizione proposto dall’agente della riscossione nell’ambito del fallimento RAGIONE_SOCIALE). Non ricorrevano, quindi, i requisiti per la dichiarazione di estinzione del processo per inattività RAGIONE_SOCIALE parti, ex art. 45 d.lgs. n. 546 del 1992, con la conseguenza che la sentenza della CTR non è corretta e il motivo di ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è fondato e deve essere accolto.
6. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della RAGIONE_SOCIALE, sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE, che in diversa composizione si pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia di secondo grado della RAGIONE_SOCIALE, sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE, che in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 05/07/2024.