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Interruzione processo tributario: quando decorre?

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sull’interruzione del processo tributario a seguito del fallimento di una delle parti. Contrariamente a quanto deciso dalla Commissione Tributaria Regionale, che aveva dichiarato estinto il giudizio per mancata riassunzione, la Suprema Corte ha chiarito che il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione non decorre dalla mera conoscenza dell’evento interruttivo (il fallimento), ma dalla dichiarazione giudiziale formale di interruzione. In assenza di tale provvedimento del giudice, il termine non inizia a decorrere e il processo non può essere dichiarato estinto per inattività.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interruzione del processo tributario per fallimento: la Cassazione fa chiarezza sulla decorrenza dei termini

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nella procedura legale: l’interruzione del processo tributario a seguito del fallimento di una delle parti. La pronuncia chiarisce un aspetto fondamentale, ovvero il momento esatto da cui inizia a decorrere il termine perentorio per la riassunzione del giudizio, stabilendo che non è la semplice conoscenza dell’evento a contare, ma la sua formalizzazione da parte del giudice.

I Fatti del Caso: un Processo Dichiarato Estinto

La vicenda trae origine da un contenzioso tra l’Agenzia delle Entrate e una società, relativo a un avviso di accertamento. Dopo una prima decisione favorevole alla società, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello. Durante il giudizio di secondo grado, la società veniva dichiarata fallita.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR), basandosi sulla presunzione che l’Agenzia fosse venuta a conoscenza del fallimento in una data certa, riteneva che da quel momento fosse scattato il termine di sei mesi per riassumere il processo. Poiché l’Agenzia non aveva provveduto entro tale termine, la CTR dichiarava l’estinzione del giudizio.

Contro questa decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un’interpretazione diversa delle norme procedurali.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Interruzione del Processo Tributario

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa per un nuovo esame. La decisione si fonda su due argomenti principali: la tempestività del ricorso e, soprattutto, il corretto meccanismo di funzionamento dell’interruzione processuale.

La questione della tempestività del ricorso

I controricorrenti avevano eccepito la tardività del ricorso dell’Agenzia. La Corte ha respinto l’eccezione, riconoscendo l’applicazione della sospensione di sei mesi dei termini di impugnazione prevista dall’art. 11, comma 9, del D.L. n. 50/2017. Tale sospensione, legata alla definizione agevolata delle liti pendenti, aveva carattere generale e si applicava a tutte le parti del processo, inclusa l’amministrazione finanziaria, per i termini in scadenza in un determinato periodo, nel quale ricadeva anche quello del caso di specie.

Il Principio di Diritto sull’interruzione del processo tributario

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione dell’art. 43 della Legge Fallimentare in combinato disposto con le norme specifiche del processo tributario (D.Lgs. 546/1992). La Corte di Cassazione, richiamando un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (n. 12154/2021), ha affermato un principio di diritto chiaro e inequivocabile.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che, sebbene l’interruzione del processo sia un effetto automatico dell’apertura del fallimento, il termine per la riassunzione o la prosecuzione del giudizio non inizia a decorrere dal momento in cui una parte acquisisce conoscenza dell’evento. Al contrario, tale termine decorre solo dal momento in cui l’interruzione viene formalmente dichiarata dal giudice con un provvedimento (decreto o ordinanza) e tale provvedimento viene portato a conoscenza legale delle parti.

Nel processo tributario, questa regola è ancora più stringente, poiché gli artt. 41 e 43 del D.Lgs. 546/1992 prevedono espressamente che l’interruzione debba essere dichiarata dal presidente della sezione o dalla commissione. Nel caso in esame, il giudice di secondo grado non aveva mai emesso alcun provvedimento formale di interruzione. Di conseguenza, il termine semestrale per la riassunzione non era mai iniziato a decorrere. La decisione della CTR di far partire il termine dalla data di conoscenza del fallimento è stata quindi ritenuta errata, in quanto basata su un presupposto giuridico scorretto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale per la stabilità dei processi. Stabilisce che la certezza del diritto richiede un atto formale del giudice per far scattare termini perentori che possono portare all’estinzione del giudizio. Non si può far dipendere la sorte di un processo da un elemento incerto come la ‘conoscenza di fatto’ di un evento. Per le parti processuali, ciò significa che, in caso di fallimento della controparte, è necessario attendere la dichiarazione formale di interruzione prima di dover attivarsi per la riassunzione, avendo così un punto di riferimento temporale chiaro e indiscutibile. Per l’amministrazione finanziaria, così come per qualsiasi altra parte, questa pronuncia garantisce che il diritto di difesa non venga pregiudicato da automatismi non formalizzati.

Quando inizia a decorrere il termine per riassumere un processo tributario interrotto a causa del fallimento di una parte?
Il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione del processo decorre non dalla mera conoscenza del fallimento, ma dal momento in cui la dichiarazione giudiziale di interruzione (tramite decreto o ordinanza) viene portata a conoscenza legale della parte interessata.

La semplice conoscenza del fallimento da parte dell’altra parte è sufficiente a far partire il termine per la riassunzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola conoscenza di fatto dell’evento interruttivo è irrilevante. È indispensabile un provvedimento formale del giudice che dichiari l’interruzione, come previsto specificamente dalla normativa sul processo tributario.

La sospensione dei termini per la definizione agevolata delle liti (D.L. 50/2017) si applicava anche all’Amministrazione Finanziaria?
Sì. La Corte ha chiarito che la sospensione dei termini di impugnazione prevista dall’art. 11, comma 9, D.L. n. 50 del 2017 aveva carattere generale e si applicava a tutte le parti dei processi pendenti, quindi non solo al contribuente ma anche all’amministrazione finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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