Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32308 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32308 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ART. 20 D.P.R. 26 APRILE 1986, N. 131
sul ricorso iscritto al n. 14412/2023 del ruolo generale, proposto
DA
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE, nata a Corleto Perticara (PZ), il 28 giugno 1960 ed ivi domiciliata, alla INDIRIZZO rappresentata e difesa, giusta procura speciale e nomina posta in calce al
contro
ricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia n. 1-2023-28, depositata il 2 gennaio 2023.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024 .
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 1844/3/2016 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, depositata il 4 agosto 2016, che aveva accolto il ricorso della contribuente contro l’avviso di liquidazione indicato in atti, con cui l’Ufficio, aveva riqualificato come cessione di ramo d’azienda il trasferimento di quote sociali della “RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE disposto a favore della controricorrente con atto per notar NOME COGNOME in data 11 agosto 2011.
1.1. Nello specifico, il Giudice regionale, richiamando la formulazione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (quale risultante dalla novella di cui agli artt. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205), assumeva che:
-«La normativa appena riportata suggerisce di determinare l’obbligazione tributaria sulla base dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici prodotti dallo specifico atto portato alla registrazione, con esclusivo riferimento agli elementi desumibili dall’atto medesimo, senza che assuma
rilevanza il collegamento negoziale con altri atti. Tale interpretazione è stata recentemente condivisa sia da parte della Suprema Corte di Cassazione che da parte dell’Agenzia delle Entrate in documenti di prassi»;
-«Come correttamente rilevato anche dalla Corte di Giustizia di primo grado, nel caso di specie, si ritiene che la complessiva operazione descritta, comprendente la cessione parziale delle quote sociali (pari al 49%), preceduta dal conferimento dell’azienda, non possa essere in alcun modo riqualificata, come effettuato dall’Ufficio, alla stregua di una cessione d’azienda unitaria ai sensi dell’art. 20 del T.U.R. con conseguente applicazione dell’imposta di registro del 3%»;
«Infatti, in una simile fattispecie non può parlarsi di cessione di azienda, bensì di un atto di cessione di quote tassabile in misura fissa»;
«Lo stesso, quindi, deve considerarsi un mero atto conseguente ad una costituzione di una società (newco) nella quale è stata conferita l’azienda e non può, in applicazione dell’art. 20 del T.U.R., essere tassato unitariamente a quest’ultima qualificandola come una cessione d’azienda»;
«Sulla base delle ragioni appena esposte la sentenza emessa dai giudici di prime cure merita di essere confermata con conseguente annullamento dell’atto impugnato, fermo restando che rimane dovuta l’imposta a tassazione fissa».
Con ricorso notificato alla suindicata controricorrente in data 3 luglio 2023, l’Agenzia delle Entrate proponeva impugnazione sulla base di tre motivi di impugnazione.
Resisteva la contribuente con controricorso depositato il 28 agosto 2023, depositando poi memorie ex art. 380bis .1. c.p.c. in data 20 settembre 2024 ;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle Entrate ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 11 delle preleggi e 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (da ora, anche TUR), reputando che la Corte territoriale avesse erroneamente ritenuto di poter di poter fondare la decisione su un testo dell’art. 20 del TUR non ancora vigente al momento della emissione dell’avviso di accertamento impugnato, richiamando le pronunce di questa Corte nn. 2007/2018 e 13610/2018.
Con la seconda censura l’Agenzia delle Entrate ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2112, quarto comma, 2555 e 2556 c.c., rilevando che codesta Corte, con l’ordinanza n. 10283/2022, in un caso analogo, aveva ritenuto di investire la Corte UE della questione della compatibilità della predetta normativa nazionale con gli artt. 5, n. 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE, derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni – con il conseguente riconoscimento della detrazione Iva in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea.
2.1. La difesa erariale ha osservato sul punto che il citato art. 20 TUR esprime il principio di prevalenza della sostanza sulla forma che connota l’evoluzione normativa dell’imposta di registro che dal regime della tassa a quello dell’imposta, avente come oggetto la manifestazione di capacità contributiva correlabile a una ben dimostrata forza economica, segnalando,
infine, come nella specie i negozi stipulati dalla contribuente dovevano, nella sostanza economica di essi, qualificarsi quale cessione di azienda, come emergeva con chiarezza dalla lettura complessiva e non atomistica dell’operazione economica posta in essere.
Con la terza doglianza l’Ufficio ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 TUR e degli artt. 1332, 1362, 1363, 2112, quarto comma, 2555 e 2556 c.c., evidenziando che alla qualificazione dei due atti come cessione di azienda si perveniva attraverso un collegamento negoziale funzionalmente finalizzato a consentire comunque l’immissione dell’acquirente nell’organizzazione imprenditoriale e produttiva.
I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, siccome connessi, e vanno respinti per le seguenti ragioni.
Va dato seguito all’oramai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, alla luce delle previsioni dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché degli interventi del Giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39), « l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che ‘l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi’ (tra le tante: Cass., Sez. 5^,
18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1° aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901)» (cfr. Cass., Sez. T, 12 agosto 2024, n. 22666; nello stesso senso, Cass. Sez. T, 21 febbraio 2024, nn. 4607, 4609 e 4650).
In sintesi, riportandosi ai contenuti di tali pronunce, è stato chiarito che:
«l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: «L’articolo 1, comma 87, lettera a ), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131»;
la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
con la pronuncia del 16 marzo 2021 n. 39 la Corte Costituzionale ha avuto modo di tornare sulla questione di
legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a, nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dichiarandola manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa, considerando il suddetto intervento normativo aver assunto un carattere di sistema e giustificato sul piano della ragionevolezza anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei «motivi imperativi di interesse generale» desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065);
-deve aggiungersi che « in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione «’se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le
plurime cessioni dei beni – con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea» (Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, «non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere’» (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate)» (così, Cass. Sez. T, 6 marzo 2024, n. 6094).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Discende da quanto precede che i motivi di impugnazione si pongono in contrasto con i principi sopra indicati, seguitando ad interpretare la complessiva operazione negoziale in rassegna nella sua unitarietà, secondo il supposto risultato economico realizzato, trascurando di considerare l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre
2018 n. 145) che preclude l’opzione interpretativa diretta ad applicare l’imposta sulla base di elementi extratestuali dall’atto tassato desunti da altri atti ad esso collegati e secondo gli effetti economici (e non giuridici) dagli stessi realizzati.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, con attribuzione al difensore che ha reso la prescritta dichiarazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida nella somma di 5.500,00 € per competenze, oltre accessori ed all’importo di 200,00 € per spese vive ; con distrazione a favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 ottobre