Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32294 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32294 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ART. 20 D.P.R. 26 APRILE 1986, N. 131
sul ricorso iscritto al n. 4660/2019 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Gragnano Trebbiese (PC) –INDIRIZZOalla INDIRIZZO, in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Gragnano Trebbiese (PC) –INDIRIZZO
alla INDIRIZZO CalcuttaINDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME tutte rappresentate e difese, in ragione di procure speciali e nomina poste a margine del ricorso, dall’avv. prof. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTI –
CONTRO
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3065/8/2018, depositata il 3 luglio 2018;
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024;
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva liquidato l’imposta di registro, ipotecaria e catastale, riqualificando come cessione di ramo d’azienda la complessiva operazione costituita dall’atto del 28 luglio 2015, con cui la società RAGIONE_SOCIALEora RAGIONE_SOCIALE aveva costituito la società RAGIONE_SOCIALE conferendo nella stessa un ramo d’azienda, ed il successivo atto del 22 settembre 2015, con cui la società RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE l’intera quota di partecipazione al capitale sociale della neo costituita società RAGIONE_SOCIALE
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Lombardia, nella ritenuta inapplicabilità alla fattispecie in rassegna della nuova versione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale risultante dalla novella di cui all’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (a mente della quale «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi»), rigettava l’appello proposto dalle contribuenti, assumendoper quanto ora occupa in relazione ai motivi di ricorso -che, avuto riguardo alla sostanza della summenzionata, complessiva, operazione negoziale posta in essere dalle menzionate società, fosse ravvisabile una cessione di azienda.
Le suindicate ricorrenti proponevano ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato il 24/25 gennaio 2019, articolando sei motivi di impugnazione, successivamente depositando in data 27 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
4 . L’Agenzia delle Entrate notificava in data 6 dicembre 2019 controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione le società hanno eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile
1986, n. 131, nella formulazione successiva alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 87, lett. a ), n. 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
Con la seconda censura le contribuenti hanno denunciato, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nella formulazione successiva alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 87, lett. a ), n. 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017 e degli artt. 12 della direttiva 69/335/CEE e 6 della direttiva 2008/7/CE.
Con la terza doglianza le ricorrenti hanno eccepito, con riguardo all’art. 360, primo comma, n. 4., c.p.c., la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla prospettata differenza degli effetti conseguenti al conferimento d’azienda seguito da cessione di quote a terzi rispetto alla cessione del ramo di azienda.
Con la quarta ragione di contestazione, gli istanti hanno dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4., c.p.c., la nullità della sentenza per motivazione apparente.
Con il quinto motivo di impugnazione i ricorrenti hanno lamentato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5., c.p.c., l’omesso esame di fatti decisi per il giudizio.
Con la sesta censura, le società hanno eccepito, con riguardo al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, n. 4., c.p.c., la nullità della sentenza per omessa pronuncia su di un motivo di appello.
Va preliminarmente dichiarata la tardività delle controdeduzioni dell’Agenzia, ai sensi dell’art. 370, primo
comma, c.p.c., siccome notificate il 6 dicembre 2019 a fronte di un ricorso notificato il 25 gennaio 2019.
Il ricorso va accolto nel suo primo motivo, che assume valore assorbente rispetto alle altre censure;
É stato più volte chiarito e ribadito che, alla luce delle previsioni dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché degli interventi del Giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39), l’oramai consolidato orientamento di questa Corte è nel senso che « l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che ‘l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi’ (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1° aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901)» (cfr. Cass., Sez. T, 12 agosto 2024, n. 22666; nello stesso senso, Cass. Sez. T, 21 febbraio 2024, nn. 4607, 4609 e 4650).
In sintesi, riportandosi ai contenuti di tali pronunce, è stato precisato che:
«l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: «L’articolo 1, comma 87, lettera a ), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131»;
la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
con la pronuncia del 16 marzo 2021 n. 39 la Corte Costituzionale ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a ), nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dichiarandola manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa, considerando il suddetto intervento normativo aver assunto un carattere di sistema e giustificato sul piano della ragionevolezza anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei «motivi imperativi di interesse generale» desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065);
– in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione «’se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni – con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea» (Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, ‘non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere’ (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, Fallimento Villa
RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate)» (così, Cass. Sez. T, 6 marzo 2024, n. 6094).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Discende da quanto precede, con valore assorbente rispetto ad ogni altra questione, che la sentenza impugnata si è rivelata in sopravvenuto contrasto con i principi sopra indicati, interpretando le operazioni negoziali in rassegna nella loro sostanziale unitarietà, negando l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145), il cui riformato testo, invece, è applicabile, per quanto esposto, alla fattispecie in rassegna e preclude l’interpretazione dell’atto, ai fini dell’imposta di registro, sulla base di elementi extratestuali dall’atto tassato desunti da altri atti ad esso collegati.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso va, quindi, accolto e la sentenza impugnata cassata; non essendo necessari accertamento in fatto, la causa va anche decisa nel merito, accogliendo l’originario ricorso proposto dalla contribuente ed annullando l’avviso di liquidazione impugnato.
14. I sopravvenuti interventi normativi e del Giudice delle leggi, su cui si basata la presente decisione, inducono a compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dai contribuenti ed annulla l’avviso di liquidazione impugnato.
Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 ottobre