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Interpretazione Art. 20: Stop alla riqualificazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32292/2024, accoglie il ricorso di una società, annullando un avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate. La decisione si fonda sull’applicazione retroattiva della nuova interpretazione dell’art. 20 D.P.R. 131/1986 (imposta di registro), che impedisce di riqualificare fiscalmente un’operazione sulla base di elementi extratestuali e atti collegati. La Corte stabilisce che la tassazione deve basarsi esclusivamente sulla natura giuridica del singolo atto presentato per la registrazione.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

La Cassazione e la nuova interpretazione dell’art. 20: addio alla riqualificazione degli atti

Con una recente e significativa ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla controversa questione della interpretazione dell’art. 20 del Testo Unico sull’Imposta di Registro (D.P.R. 131/1986). La decisione conferma il consolidato orientamento, basato sulle recenti modifiche legislative, che pone fine alla prassi dell’amministrazione finanziaria di riqualificare le operazioni economiche guardando oltre il singolo atto. Un principio che rafforza la certezza del diritto per imprese e contribuenti.

I Fatti: un’operazione societaria nel mirino del Fisco

Il caso trae origine da un’operazione societaria articolata. Una società operante nel settore della moda aveva prima conferito tre punti vendita (qualificati come rami d’azienda) a una nuova società e, successivamente, aveva ceduto le quote della società neo-costituita a un terzo soggetto. L’Agenzia delle Entrate, analizzando la sequenza degli atti, aveva riqualificato l’intera operazione come un’unica cessione d’azienda, liquidando di conseguenza le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura maggiore rispetto a quelle versate per i singoli atti.

La controversia e il cambio di rotta normativo

In passato, l’approccio dell’Agenzia era supportato da un’interpretazione giurisprudenziale che permetteva di valutare la “causa concreta” e l’intento economico complessivo di più atti collegati, anche avvalendosi di elementi extratestuali. Tuttavia, il legislatore è intervenuto a più riprese per modificare questa impostazione. Prima con la Legge n. 205/2017 e poi, in modo decisivo, con la Legge n. 145/2018, è stato stabilito che l’imposta si applica solo in base alla “intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione”, prescindendo da elementi esterni e atti collegati. Quest’ultima norma è stata definita di “interpretazione autentica”, sancendone l’efficacia retroattiva.

La corretta interpretazione dell’art. 20 grazie allo “Ius Superveniens”

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel concetto di ius superveniens, ovvero di “diritto sopravvenuto”. Sebbene in un precedente giudizio la stessa Corte avesse dato ragione all’Agenzia delle Entrate, le nuove leggi hanno cambiato completamente il quadro normativo. Il principio di diritto affermato in precedenza non è più valido perché la legge su cui si basava è stata modificata e, per di più, con effetto retroattivo. La Corte ha quindi dovuto disapplicare il suo precedente orientamento e adeguarsi alla nuova volontà del legislatore, ormai consolidata anche da diverse pronunce della Corte Costituzionale.

La retroattività della nuova interpretazione dell’art. 20

La Corte ribadisce che le modifiche all’art. 20, avendo natura di interpretazione autentica, si applicano a tutti i rapporti non ancora definiti, ovvero ai processi ancora pendenti al momento della loro entrata in vigore. Di conseguenza, anche se i fatti risalivano a un’epoca precedente, il giudice è tenuto ad applicare la nuova e più favorevole disciplina, che privilegia la forma giuridica del singolo atto rispetto alla valutazione complessiva dell’operazione economica.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione motiva la sua decisione accogliendo il ricorso della società. I giudici sottolineano che l’efficacia vincolante di una precedente sentenza di cassazione con rinvio viene meno quando la disciplina normativa di riferimento viene modificata da uno ius superveniens. Le leggi del 2017 e del 2018 hanno introdotto una nuova regola interpretativa che si impone su quella precedente. Questa nuova regola, come confermato dalla Corte Costituzionale, ha portata retroattiva e impone di tassare l’atto “per quello che è” e non “per quello che potrebbe rappresentare” in un contesto più ampio. Pertanto, l’operato dell’Agenzia delle Entrate, basato su elementi extratestuali e sul collegamento negoziale, è illegittimo. La sentenza impugnata, che aveva seguito il vecchio principio, viene cassata.

Le conclusioni

La Corte, accogliendo il ricorso, non si limita a cassare la sentenza precedente, ma decide direttamente nel merito, annullando l’avviso di liquidazione impugnato. Questa ordinanza rappresenta un punto fermo per la certezza dei rapporti tributari. Imprese e professionisti possono ora fare affidamento sulla forma giuridica degli atti che pongono in essere, senza temere che una sequenza di operazioni legittime possa essere riqualificata dal Fisco sulla base di una valutazione discrezionale dell’intento economico complessivo. La decisione chiarisce definitivamente che l’imposta di registro è un’imposta d’atto, e come tale deve essere applicata.

La nuova versione dell’art. 20 del Testo Unico sull’Imposta di Registro ha efficacia retroattiva?
Sì. La Corte di Cassazione, basandosi sulla Legge n. 145/2018 che ha fornito un’interpretazione autentica della norma, conferma che la nuova disciplina si applica anche agli atti stipulati prima della sua entrata in vigore, purché i relativi processi tributari siano ancora pendenti.

L’Agenzia delle Entrate può ancora riqualificare un’operazione basandosi su atti collegati ed elementi extratestuali?
No. La decisione chiarisce che, ai fini dell’imposta di registro, la tassazione deve fondarsi esclusivamente sulla natura intrinseca e sugli effetti giuridici del singolo atto presentato per la registrazione. È preclusa l’opzione interpretativa che applica l’imposta sulla base di elementi esterni all’atto o desunti da altri atti ad esso collegati.

Cosa succede se una nuova legge (‘ius superveniens’) interviene dopo una sentenza di Cassazione con rinvio?
Il principio di diritto affermato dalla Cassazione nella prima sentenza non è più vincolante per il giudice del rinvio. La nuova legge, se modifica la disciplina del caso, deve essere applicata, facendo venir meno l’efficacia del precedente orientamento giurisprudenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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