Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32292 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32292 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ART. 20 D.P.R. 26 APRILE 1986, N. 131 GIUDIZIO DI RINVIO IUS SUPERVENIENS – sul ricorso iscritto al n. 330/2019 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dai prof.ri avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
l’ RAGIONE_SOCIALEcodice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa,
ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 609/6/2018, depositata il 21 maggio 2018;
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024;
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva liquidato l’imposta di registro, ipotecaria e catastale sulla complessiva operazione negoziale costituita dall’atto di conferimento di immobili (tre punti vendita di capi di abbigliamento) disposto, in data 23 dicembre 2004, dalla ricorrente a favore della neo costituita RAGIONE_SOCIALE seguito, in data 2 maggio 2005, dalla cessione delle quote della conferitaria, possedute dalla contribuente, a favore del socio RAGIONE_SOCIALE
La Corte di cassazione con sentenza del 15 marzo 2017, n. 6758, accoglieva il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 52/2011 della Commissione tributaria regionale della Liguria, cassandola con rinvio ed affermando -per quanto ora occupa -il seguente principio di diritto: «in tema di imposta di registro, l’art. 20 d.P.R. 131/1986 non detta una regola antielusiva, ma una regola interpretativa, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dell’operazione negoziale complessiva, a prescindere dall’eventuale disegno o intento elusivo delle parti; ne consegue che il conferimento societario di
un’azienda e la cessione dal conferente a terzi delle quote della società conferitaria devono essere qualificati come cessione dell’azienda al cessionario delle quote se l’interprete riconosca nell’operazione complessiva – in base alle circostanze obiettive del caso concreto – una causa unitaria di cessione aziendale», precisando, in parte motiva, che « nella qualificazione di tale fattispecie come cessione d’azienda rilevano anche le circostanze extratestuali, non ostando che l’imposta di registro sia un’imposta d’atto » (così nella citata sentenza).
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Liguria, decidendo in sede di rinvio, riteneva:
vincolante il suindicato principio di diritto, in termini ostativi alla rappresentazione di nuove censure;
-che l’avviso di liquidazione impugnato avesse natura complementare;
-che non potesse ricevere applicazione la nuova versione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale risultante dalla novella di cui all’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (a mente della quale «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi»), non avendo efficacia retroattiva;
-che nell’operazione negoziale complessivamente considerata era individuabile un’effettiva cessione di azienda.
La suindicata ricorrente proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato il 19/24 dicembre 2018, articolando quattro motivi di impugnazione, successivamente depositando in data 24 giugno 2024 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
L’Agenzia delle Entrate notificava in data 4 febbraio 2019 (lunedì) controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la società ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sostenendo l’efficacia integrativa della predetta disposizione, avente efficacia retroattiva.
Con la seconda censura la contribuente ha denunciato, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 nella parte in cui il Giudice regionale ha ritenuto che l’avviso avesse natura complementare e non suppletiva.
Con la terza doglianza la ricorrente ha lamentato, con riguardo all’art. 360, primo comma, n. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 63 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 394 c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata aveva dichiarato inammissibile il quinto motivo del ricorso in riassunzione, ove si era
eccepito che l’articolo 20 della legge del registro andava interpretato in maniera comunitariamente orientata.
Con la quarta ragione di contestazione, l’istante ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 5, 6, 7 ed 8 della direttiva 2008/7/CE, richiedendo, in subordine, di sollevare innanzi alla Corte di giustizia europea la questione pregiudiziale di interpretazione delle richiamate norme europee che regolano la materia la materia oggetto della presente controversia.
Il ricorso va accolto per le ragioni che seguono.
Deve premettersi che l’efficacia vincolante della sentenza di cassazione con rinvio, presupponendo il permanere della disciplina normativa in base alla quale è stato enunciato il principio di diritto ivi affermato, viene meno quando quella disciplina sia stata successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di ius superveniens (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-L, ord. 4 febbraio 2015, n. 1995; Cass. sez. 1, 27 ottobre 2006, n. 23169, tutte richiamate da Cass., Sez. T., 26 gennaio 2023, n. 2466).
6.1. Consegue a tanto che nella fattispecie in esame il principio di diritto cui si è uniformata la Commissione regionale nell’accogliere integralmente l’appello erariale avverso la sentenza di primo grado, viene quindi meno per effetto delle seguenti considerazioni.
È stato più volte chiarito e ribadito che, alla luce delle previsioni dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché degli interventi
del Giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39), l’oramai consolidato orientamento di questa Corte è nel senso che « l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 dispone che «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi» (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1° aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901)» (cfr. Cass., Sez. T, 12 agosto 2024, n. 22666; nello stesso senso, Cass. Sez. T, 21 febbraio 2024, nn. 4607 e 4650).
In sintesi e riportandosi ai contenuti di tali pronunce, è stato precisato che:
«l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: «L’articolo 1, comma 87, lettera a ), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131»;
la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
con la pronuncia del 16 marzo 2021 n. 39 la Corte Costituzionale ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a, nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dichiarandola manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa, considerando il suddetto intervento normativo aver assunto un carattere di sistema e giustificato sul piano della ragionevolezza anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei «motivi imperativi di interesse generale» desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065);
-in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea , il Giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, «non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere» (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE
delle Entrate)» (così, Cass. Sez. T, 6 marzo 2024, n. 6094).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Discende da quanto precede, con valore assorbente rispetto ad ogni altra questione, che la sentenza impugnata si è rivelata in sopravvenuto contrasto con i principi sopra indicati, interpretando le operazioni negoziali in rassegna nella loro sostanziale unitarietà, negando l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145), il cui riformato testo, invece, preclude l’opzione interpretativa volta ad applicare l’imposta sulla base di elementi extratestuali dall’atto tassato desunti da altri atti ad esso collegati.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso va, quindi, accolto e la sentenza impugnata cassata; non essendo necessari accertamento in fatto, la causa va anche decisa nel merito, accogliendo l’originario ricorso proposto dalla contribuente ed annullando l’avviso di liquidazione impugnato.
I sopravvenuti interventi normativi e del Giudice delle leggi, su cui si basata la presente decisione, inducono a compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dai contribuenti ed annulla l’avviso di liquidazione impugnato.
Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8