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Interposizione soggettiva: il possesso del reddito

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 939/2025, interviene sul tema dell’interposizione soggettiva. Il caso riguardava un contribuente ritenuto dall’Agenzia delle Entrate amministratore di fatto di una S.r.l. e, di conseguenza, effettivo possessore dei redditi della società. La Corte ha stabilito che un giudicato favorevole al contribuente per un’annualità precedente non si estende automaticamente agli anni successivi, poiché la qualifica di amministratore di fatto è una condizione mutevole nel tempo. Inoltre, ha chiarito che l’art. 37, comma 3, del D.P.R. 600/1973, che imputa i redditi all’effettivo possessore, si applica sia ai casi di interposizione fittizia sia a quelli di interposizione reale. La sentenza impugnata è stata quindi cassata con rinvio.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interposizione Soggettiva: la Cassazione delinea il concetto di possesso effettivo del reddito

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 939 del 2025 offre spunti fondamentali sul tema della interposizione soggettiva nel diritto tributario. La pronuncia chiarisce due aspetti cruciali: i limiti del giudicato esterno tra diverse annualità d’imposta e l’ampia applicabilità della norma che imputa i redditi al loro effettivo possessore, indipendentemente dalla natura, fittizia o reale, dell’interposizione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, ritenuto amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata. L’Ufficio, sulla base dell’art. 37, comma 3, del d.P.R. 600/1973, imputava direttamente al contribuente i maggiori redditi d’impresa accertati in capo alla società per gli anni 2007 e 2008, considerandolo il reale percettore.

Il contribuente impugnava gli atti, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado. Le Commissioni Tributarie basavano la loro decisione su una precedente sentenza, passata in giudicato e relativa all’anno d’imposta 2006, che aveva escluso la qualifica di amministratore di fatto in capo al medesimo soggetto. Secondo i giudici di merito, tale giudicato precludeva all’Amministrazione Finanziaria di riproporre la stessa contestazione per le annualità successive. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata tale interpretazione, proponeva ricorso per cassazione.

Limiti del giudicato esterno e interposizione soggettiva

Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia verteva sulla violazione delle norme sul giudicato (art. 2909 c.c.). La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa doglianza. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: il giudicato formatosi su un’annualità d’imposta non estende automaticamente i suoi effetti agli anni successivi quando la decisione si fonda su elementi fattuali mutevoli nel tempo.

La qualifica di amministratore di fatto non è un elemento statico, ma una condizione che deve essere accertata anno per anno. Affermare che un soggetto non era amministratore di fatto nel 2006 non impedisce di provare che lo sia diventato nel 2007 o 2008. Pertanto, la Corte ha concluso che il giudicato relativo al 2006 non poteva vincolare l’accertamento per le annualità oggetto del contenzioso.

L’ampia portata dell’art. 37 del D.P.R. 600/1973 e la nozione di possesso

Il secondo motivo di ricorso, anch’esso accolto, riguardava l’errata interpretazione dell’art. 37, comma 3, del d.P.R. 600/1973. La norma stabilisce che ‘in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato […] che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona’.

La Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto la norma inapplicabile al caso di specie, considerandolo un’ipotesi di interposizione reale e non fittizia. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo che la norma è volta a far prevalere la sostanza sulla forma. Il concetto di ‘effettivo possessore’ prescinde dalla distinzione civilistica tra interposizione fittizia (in cui l’interposto è un mero prestanome senza alcun potere) e reale (in cui l’interposto acquista la titolarità dei diritti ma è obbligato a ritrasferirli all’interponente).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha specificato che ai fini fiscali ciò che conta è individuare chi ha l’effettiva disponibilità e il controllo del reddito, come se ne fosse il proprietario (uti dominus). La norma sull’interposizione soggettiva mira a colpire chi, pur non apparendo come titolare formale, di fatto possiede e gestisce il reddito prodotto da un altro soggetto. Per dimostrarlo, l’Amministrazione Finanziaria può ricorrere a presunzioni gravi, precise e concordanti. Nel caso di redditi d’impresa, la prova deve essere rigorosa e dimostrare un totale asservimento della società interposta al soggetto interponente, al punto da configurare una relazione simile a quella di una holding unipersonale che esercita il controllo totale sulla partecipata. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante vademecum operativo sia per i contribuenti che per l’Amministrazione Finanziaria. Viene confermato che ogni annualità d’imposta ha una sua autonomia e che le valutazioni di fatto, come la qualifica di amministratore di fatto, devono essere provate per ciascun periodo. Soprattutto, si consolida un’interpretazione estensiva dell’art. 37, che permette al Fisco di superare gli schermi societari e le intestazioni formali per tassare il reddito in capo a chi ne ha l’effettivo possesso, a prescindere dal meccanismo giuridico utilizzato per celare tale realtà.

Che cosa si intende per interposizione soggettiva nel diritto tributario?
È una situazione in cui i redditi, formalmente intestati a un soggetto (persona fisica o società), vengono imputati fiscalmente a un’altra persona che si dimostra esserne l’effettivo possessore e controllore, come se li avesse prodotti direttamente.

Una sentenza favorevole al contribuente per un anno d’imposta vale automaticamente per gli anni successivi?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una sentenza basata su presupposti di fatto, come la qualifica di amministratore di fatto, non si estende automaticamente agli anni successivi. Questa qualifica può cambiare nel tempo e deve essere provata dall’Amministrazione finanziaria per ogni singola annualità.

La norma sull’imputazione del reddito all’effettivo possessore si applica solo in caso di intestazione fittizia a un prestanome?
No. La Corte ha specificato che la norma (art. 37, comma 3, d.P.R. 600/1973) si applica sia ai casi di interposizione fittizia (il titolare formale è un puro prestanome) sia a quelli di interposizione reale (il titolare formale acquista realmente i diritti ma è obbligato a trasferirli a un altro soggetto). Ciò che rileva è l’effettivo possesso del reddito, a prescindere dallo schema negoziale utilizzato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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