Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8479 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8479 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME che ha indicato recapito PEC, e NOME COGNOME entrambi del Foro di Napoli, avendo il contribuente dichiarato di eleggere domiciliato presso lo studio dei difensori, alla INDIRIZZO in Napoli;
-ricorrente principale –
e da
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del Foro di Napoli, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente incidentale –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege ,
–
–
Oggetto:
Irpef 2002/3
Redditi esteri non dichiarati –
Cessione di quote societarie –
Calcio
Napoli
Interposizione società estera – Reale o fittizia.
dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente avverso il ricorrente principaleavverso
la sentenza n. 7959, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 17.10.2017, e pubblicata il 18.9.2018; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi, specificando di aver inviato le conclusioni con riferimento al ricorso della contribuente (‘P.B.’);
nessuno essendo comparso per il ricorrente principale NOME COGNOME ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente incidentale, dall’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa; nessuno essendo comparso, per la controricorrente;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME gli avvisi di accertamento n. TF501M406411/2011 (Irpef 2002) e n. TF501AM06412/2011 (Irpef 2003), nonché gli atti di contestazione n. TF5COAM7939/2011 e n. TF5COAM7940/2011. Le pretese tributarie traevano origine dalla mancata dichiarazione e sottoposizione ad imposizione di redditi conseguiti all’estero, in particolare plusvalenze legate alla cessione del Calcio Napoli. L’Amministrazione finanziaria notificava inoltre a COGNOME NOME all’epoca dei fatti coniuge del COGNOME, l’avviso di accertamento n. TF3011107230/2012 (Irpef 2002, oltre accessori), sempre in relazione a redditi non dichiarati conseguiti all’estero, in particolare plusvalenze legate alla cessione del Calcio Napoli.
NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnavano con separati ricorsi gli avvisi di accertamento e gli atti di contestazione
innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, proponendo censure procedimentali e di merito. La CTP riteneva fondate alcune delle difese proposte ed annullava parzialmente gli atti di contestazione, mentre confermava piena validità ed efficacia degli atti impugnati nel resto.
I contribuenti spiegavano appello avverso le parti della decisione in cui erano rimasti soccombenti nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale confermava la decisione dei primi giudici.
Hanno proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia del giudice del gravame, con atti separati, NOME COGNOME affidandosi a cinque motivi di ricorso, e quindi NOME COGNOME che anche lei ha proposto cinque motivi di ricorso. L’Agenzia delle Entrate resiste mediante controricorso.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ed ha domandato il rigetto del ricorso della COGNOME (‘P.B.’), evidenziando anche profili di inammissibilità.
Ragioni della decisione
Ricorso NOME.
Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il contribuente contesta la nullità della pronuncia impugnata, in conseguenza della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992, anche in relazione all’art. 111 Cost., nonché dell’art. 132, comma quarto, cod. proc. civ., e dell’art. 118 Disp. att. cod. proc. civ., per avere la CTR adottato una motivazione omessa o comunque apparente, con particolare riguardo alla natura non fittizia bensì reale dell’interposizione della società lussemburghese RAGIONE_SOCIALE ed alla conseguente inapplicabilità della previsione di cui all’art. 37, comma 3, del Dpr n. 600 del 1973.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente principale censura la violazione dell’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, anche in relazione agli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché della normativa transitoria di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015 ed all’art. 1, comma 132, della legge n. 208 del 2015, anche in relazione all’art. 24 Cost., per non avere il giudice dell’appello rilevato ‘la nullità degli accertamenti impugnati … non essendo stata trasmessa notizia di reato entro il 31 dicembre 2007 né entro il 31 dicembre 2008 e non potendosi ritenere applicabile nella specie il cd. raddoppio dei termini’ (ric., p. 16).
Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta la violazione dell’art. 9, comma 10, della legge n. 289 del 2002, anche in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., perché nessuna pretesa avrebbe potuto essere mossa in ordine all’anno 2002, in relazione al quale aveva aderito al c.d. condono tombale in maniera del tutto legittima, perché i redditi in contestazione sono comunque stati percepiti in Italia.
Mediante il quarto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 37 e 37 bis del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 73, comma 5, del Dpr n. 917 del 1986, anche in relazione agli artt. 43 e 48 del Trattato CE, nonché dell’art. 53 Cost., ed agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., perché la società lussemburghese RAGIONE_SOCIALE non era un mero schermo, bensì un’entità reale, con la conseguenza che ricorreva un’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto contestare un’ipotesi di esterovestizione, ed era nei confronti della società che avrebbe dovuto essere esercitata la pretesa impositiva, l’art. 37 cit. applicandosi solo in caso di interposizione fittizia e non reale.
5. Con il quinto motivo di ricorso principale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il contribuente denuncia la nullità della decisione del giudice del gravame, in conseguenza della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., e dell’art. 36, secondo comma, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, anche in relazione all’art. 111 Cost, per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenute non riproposte le censure relative alla nullità dell’atto impositivo in relazione alla contestazione di omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, in relazione ad entrambi gli anni, essendo l’Amministrazione finanziaria decaduta dal potere di esercitare la pretesa tributaria, e comunque per avere l’Amministrazione finanziaria violato la procedura di cui al Dl n. 167 del 1990, non essedo stata data alcuna comunicazione preventiva al fine di consentirgli di dimostrare di non essere tenuto alla dichiarazione in applicazione dell’art. 4, comma 4, del Dl n. 167 del 1990, in quanto le operazioni realizzate all’estero sono state effettuate tramite l’intermediario italiano RAGIONE_SOCIALE che ha diligentemente ottemperato agli obblighi di monitoraggio fiscale.
Ricorso NOME COGNOME.
6. Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la contribuente contesta la nullità della decisione impugnata, in conseguenza della violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, anche in relazione all’art. 111 Cost., all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., ed all’art. 111 Cost, per avere la CTR pronunciato con motivazione omessa, o comunque apparente, motivando solo con riferimento alle censure introdotte dal COGNOME, in relazione ad una pluralità di proprie domande, con particolare riferimento al fatto che aveva aderito, con riferimento all’anno 2002, al c.d. condono tombale, e nulla poteva esserle più richiesto dal Fisco in relazione a quell’anno; alla circostanza che nella vicenda in esame era stata
meramente ‘utilizzata’ dall’ex marito quale soggetto ‘interposto’ (ric., p. 23 s.), non percependo in realtà alcun reddito; al fatto che aveva donato all’ex marito le proprie quote della società lussemburghese RAGIONE_SOCIALE ben prima che gli utili fossero distribuiti; alla circostanza che non risultava applicabile nella specie la disciplina di cui all’art. 37 del Dpr n. 600 del 1973, essendosi verificata un’ipotesi di interposizione reale e non fittizia della società lussemburghese, dovendo invece procedersi in considerazione della esterovestizione della società.
Mediante il secondo mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente incidentale censura la violazione dell’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, anche in relazione agli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché della normativa transitoria di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015, dell’art. 1, comma 132 della legge n. 208 del 2015, e dell’art. 24 Cost., per non avere la CTR rilevato che in relazione all’anno in contestazione, il 2002, quando l’Amministrazione finanziaria ha notificato l’avviso di accertamento, ‘in data 23 dicembre 2011’ era decaduta dal potere di esercitare la pretesa tributaria.
Con il suo terzo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente critica la violazione dell’art. 9, comma 10, della legge n. 289 del 2002, anche in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e, qualora possa ritenersi che la CTR abbia implicitamente rigettato le sue censure, rinnova la contestazione di nullità dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2002 in conseguenza della sua adesione al condono tombale, vertendosi in materia di redditi percepiti dalla RAGIONE_SOCIALE in Italia e non all’estero.
Mediante il quarto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente lamenta la violazione degli artt. 37 e 37 bis del Dpr n.
600 del 1973, e dell’art. 73, comma 5, del Dpr n. 917 del 1986, anche in relazione agli artt. 43 e 48 del Trattato Ce, nonché dell’art. 53 Cost. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non potendo trovare applicazione nella fattispecie l’art. 37 cit., che riguarda ipotesi di interposizione fittizia e non reale, mentre la RAGIONE_SOCIALE era società reale, e se l’ipotesi dell’Amministrazione finanziaria è che fosse gestita in Italia, doveva trovare applicazione la disciplina dell’esterovestizione, richiedendosi il pagamento dei tributi che si pretendono evasi alla società. Nello stesso motivo di ricorso la contribuente lamenta pure di avere assicurato numerosi elementi di prova che l’intestazione a lei del 40% delle quote della Fesbo Sa era meramente formale, trattavasi di intestazione simulata, perché unico reale titolare delle quote, che ne disponeva liberamente, era l’ex coniuge NOME COGNOME non potendosi tassare le somme apparentemente conseguite dalla ricorrente incidentale, perché non le ha mai percepite ed aveva comunque donato le proprie quote al coniuge.
10. Con il quinto motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la contribuente torna a lamentare la nullità della sentenza impugnata in conseguenza della omessa pronuncia in ordine a proprie domande, questa volta con riferimento alla decadenza della facoltà di contestare la violazione degli obblighi contributivi relativi ai redditi esteri, in conseguenza della violazione dell’art. 12, comma 2 ter del Dl n. 78 del 2009 e degli artt. 4, comma 4, e 6 del Dl n. 167 del 1990, non avendo la contribuente mai ricevuto dall’Ente impositore la necessaria comunicazione della pretesa irregolarità, che le avrebbe consentito di dimostrare che non era incorsa in alcuna omissione, perché gli obblighi fiscali erano stati assolti dall’intermediario RAGIONE_SOCIALE
Mediante il primo strumento di ricorso il contribuente lamenta la nullità della sentenza della CTR per avere omesso di
pronunciare in ordine ad una pluralità di contestazioni di illegittimità degli atti impugnati.
In concreto, poi, il ricorrente contesta l’omesso esame dell’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 37 del Dpr n. 600 del 1973, da cui dipende la pretesa impositiva a suo carico, perché l’interposizione della Fesbo Sa sarebbe risultata reale e non fittizia.
Il motivo di ricorso risulta invero inammissibile in relazione alla generica affermazione che ‘la sentenza impugnata non esamina in alcun modo gli specifici motivi di appello svolti dall’odierno ricorrente’ (ric., p. 15), che però il contribuente neppure ha cura di indicare quali siano, ed in qual modo e quando li abbia proposti.
Del primo motivo di ricorso risulta pertanto ammissibile la contestazione relativa alla affermata violazione dell’art. 37 del Dpr n. 600 del 1973, perché l’interposizione della Fesbo Sa è risultata reale e non fittizia. La questione è proposta anche dalla ricorrente incidentale, con il primo ed il quarto motivo di ricorso, e le censure risultano pertanto connesse e possono essere trattate congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
11.1. Invero occorre rilevare che non sussiste omessa pronuncia sul punto della CTR, la quale spiega chiaramente di ritenere ricorrente un’ipotesi di interposizione fittizia, mediante società ‘schermo’, ed illustra anche le ragioni della sua valutazione, che traggono fondamento nelle movimentazioni finanziarie accertate dall’Agenzia delle Entrate (sent. CTR, p. 6). Queste chiare affermazioni del giudice dell’appello non sono contrastate dai contribuenti, che non ne dimostrano l’erroneità.
Tanto premesso, occorre pure ricordare che, nella versione applicabile, la norma di cui al terzo comma dell’art. 37 del Dpr n. 600 del 1973 dispone: ‘ In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di
presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona ‘.
Nulla, nel testo di questa disposizione, opera riferimento ad una pretesa distinzione tra l’ipotesi della interposizione reale o fittizia, in entrambi i casi il precetto trova applicazione. Ciò è tanto vero che pure nell’ipotesi in cui l’interposto abbia assolto in proprio all’imposizione, il debito fiscale del vero titolare del rapporto non si estingue e deve essere comunque onorato, competendo eventualmente all’interposto conseguire il rimborso di quanto pagato (art. 37 cit., comma quarto).
11.2. Questa Corte di legittimità ha del resto già avuto occasione di chiarire che ‘in tema di controllo delle dichiarazioni, ex art. 37 del d.P.R. n. 600 del 1973, è valido l’accertamento con il quale il fisco imputa al contribuente i redditi che siano formalmente di un soggetto interposto, quando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, risulti che il contribuente ne sia l’effettivo titolare, senza che si debba distinguere tra interposizione fittizia o reale ‘, Cass. sez. V, 30.10.2018, n. 27625 (evidenza aggiunta); e più di recente si è pure specificato che ‘in tema di accertamento dei redditi, l’art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, non distingue tra interposizione fittizia e interposizione reale, nella quale non vi è un accordo simulatorio tra le persone che prendono parte all’atto, ma richiede la prova, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti e che possono consistere, in caso di reddito di impresa, anche nella gestione “uti dominus” dell’impresa e delle sue risorse finanziarie, che il contribuente sia l’effettivo possessore del reddito del soggetto interposto; spetta, poi, al contribuente dare la prova contraria dell’assenza di interposizione, o della mancata percezione, in tutto o in parte, dei redditi del soggetto interposto’, Cass. sez. V, 17.2.2022, n. 5276.
Nella parte in cui può essere ritenuto ammissibile, pertanto, il primo mezzo d’impugnazione introdotto dal contribuente, e le
analoghe censure proposte dalla contribuente, risultano comunque infondati, e devono perciò essere respinti.
Con il secondo motivo d’impugnazione, non essendovi questione circa il ricorrere di un’ipotesi in cui vi è obbligo di denuncia penale (cfr., comunque, controric., p. 16, che richiama gli artt. 3, 4, 10 e 11 della legge n. 74 del 2000), e ricordato che gli atti sono stati notificati al contribuente il 5 gennaio 2012 (ric., p. 16), il ricorrente critica la CTR per non aver rilevato che non sussistevano le condizioni per applicare il raddoppio dei termini per la notificazione degli accertamenti in base al disposto di cui all’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973 perché, quando sono scaduti i termini ordinari per la notificazione degli atti impositivi relativi agli anni 2002 e 2003, il 31 dicembre del quinto anno successivo, non era stata ancora proposta alcuna denuncia penale nei suoi confronti. Analoghe censure sono proposte dalla contribuente con il suo secondo strumento di impugnazione incidentale, e le critiche possono essere esaminate congiuntamente, per ragioni di sintesi e di chiarezza espositiva.
12.1. Gli argomenti proposti dai ricorrenti per negare il ricorrere di un’ipotesi in cui opera il raddoppio dei termini utili ai fini della notifica dell’accertamento giudiziario, sono già stati esaminati da questa Corte, e si è formato in merito un condivisibile e consolidato orientamento, che le critiche proposte dai contribuenti non inducono a modificare. Si è infatti chiarito che ‘in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a
quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati’, Cass. sez. VI -V, 14.5.2018, n. 11620, e si è anzi più di recente specificato che ‘in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011. (Nella specie, in applicazione del principio, la SRAGIONE_SOCIALE. ha annullato la decisione impugnata che aveva ritenuto inoperante il raddoppio dei termini per mancata prova della comunicazione della “notitia criminis” entro il termine di decadenza ordinario)’, Cass. sez. VI -V, 28.6.2019, n. 17586; non essendosi mancato di statuire che ‘in tema di accertamento tributario, il cd. raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, attiene solo alla commisurazione del termine di accertamento ed i termini prolungati sono anch’essi fissati direttamente dalla legge, non integrando quindi ipotesi di “riapertura” o proroga di termini scaduti né di reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti, in quanto i termini “brevi” e quelli raddoppiati si riferiscono a fattispecie ‘ab origine’ diverse, che non interferiscono tra loro ed alle quali si connettono diversi, unitari e distinti termini di accertamento. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto operante il “raddoppio” solo nel caso di rilievo del reato da parte dell’Ufficio finanziario prima dello spirare del termine quadriennale di prescrizione tributaria)’, Cass. sez. VI -V, 9.10.2017, n. 23628.
Il secondo motivo di ricorso proposto sia dal ricorrente principale che dalla ricorrente incidentale risultano pertanto infondati, e devono perciò essere respinti.
Con il terzo strumento di impugnazione il contribuente contesta la violazione di legge (ma opera riferimento anche ad una ‘omessa pronuncia’ (ric., p. 20) in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame perché nessuna pretesa fiscale avrebbe potuto essere avanzata nei suoi confronti in relazione all’anno 2002, con riferimento al quale aveva aderito al c.d. condono tombale in maniera del tutto legittima, perché i redditi in contestazione sono comunque stati percepiti in Italia. La medesima critica è stata introdotta dalla ricorrente incidentale con il suo terzo strumento di impugnazione, e risulta pertanto opportuna la trattazione congiunta delle censure.
13.1. I motivi di ricorso risultano mal proposti. I contribuenti non hanno infatti cura di indicare quando, e mediante quali formule, abbiano proposto la loro contestazione nei gradi di merito del giudizio, consentendo a questa Corte regolatrice di assolvere al proprio compito di verificare la tempestività e congruità delle contestazioni proposte dalle parti, prima ancora di procedere a valutarne la decisività.
Per completezza sembra comunque opportuno segnalare come la CTR ha sostenuto che ‘non risulta alcuna reale e documentata censura alla disponibilità all’estero nelle misure ricostruite dall’Ufficio che, pertanto, non possono che essere confermate’ (sent. CTR, p. 6 s.), ed i contribuenti non chiariscono come ritengano di aver provato che le somme poi trasferite su conti correnti italiani non siano state prima percepite dai soggetti interposti all’estero.
Il terzo motivo di entrambi i ricorsi deve comunque essere dichiarato inammissibile.
Con il quarto strumento di impugnazione il ricorrente principale lamenta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR perché la società lussemburghese RAGIONE_SOCIALE non era un mero schermo, bensì un’entità reale, con la conseguenza che ricorreva un caso in cui l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto contestare un’ipotesi di esterovestizione, ed era nei confronti della società che avrebbe dovuto essere esercitata la pretesa impositiva, l’art. 37 cit. applicandosi solo in caso di interposizione fittizia e non reale. La censura risulta introdotta anche dalla ricorrente incidentale con il suo quarto motivo di ricorso, insieme ad altre critiche, e può pertanto procedersi alla trattazione contestuale.
14.1. Invero, anche in questo caso, come già con riferimento al primo motivo di ricorso, in considerazione della natura della ripresa fiscale operata dall’Amministrazione finanziaria, la configurabilità della società lussemburghese RAGIONE_SOCIALE quale interposta fittizia o reale non rileva, anche a prescindere da ogni rilievo circa il se i contribuenti abbiano dimostrato la reale natura della società, prova che neppure allegano di avere fornito.
14.2. L’Agenzia delle Entrate ha contestato che le operazioni commerciali poste in essere dalla società interposta, in particolare la cessione delle quote del Calcio Napoli, sono state realizzate non nell’esercizio di un’autonoma attività imprenditoriale, bensì esclusivamente per frapporre uno schermo che celasse l’identità del vero cedente delle quote. Una simile operazione può essere realizzata sia attraverso una interposizione fittizia che reale. Trova quindi specifica applicazione il terzo comma dell’art. 37 del Dpr n. 600 del 1973, ai sensi del quale ‘ In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona ‘, e questa disciplina
non contrasta né con il principio costituzionale di capacità contributiva, né con la normativa europea. Occorre solo aggiungere che la CTR ha esposto con chiarezza che la riconducibilità ai contribuenti delle operazioni commerciali di cessione delle quote dipende dalla ricostruzione delle movimentazioni finanziarie operata dall’Amministrazione finanziaria, ed i contribuenti neppure espongono come avrebbero provato l’erroneità della stessa.
Il quarto motivo di ricorso del contribuente, e la parte del quarto strumento di impugnazione della contribuente che propone analoghe critiche, risultano pertanto infondati e devono perciò essere respinti.
15. Con il quinto motivo di ricorso il contribuente denuncia la nullità della decisione del giudice del gravame per aver erroneamente ritenuto non riproposte due censure introdotte nel primo grado del giudizio, con riferimento alla contestazione di nullità dell’atto impositivo in ordine alla omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi in relazione ad entrambi gli anni, essendo l’Amministrazione finanziaria decaduta dal potere di esercitare la pretesa tributaria, e comunque per avere l’Amministrazione finanziaria violato la procedura di cui al Dl n. 167 del 1990 non essendo stata data alcuna comunicazione preventiva al fine di consentirgli di dimostrare di non essere tenuto alla dichiarazione in applicazione dell’art. 4, comma 4, del Dl n. 167 del 1990, in quanto l’investimento finanziario in Lussemburgo, che quindi il contribuente ammette essere intervenuto, è stato effettuato tramite l’intermediario italiano RAGIONE_SOCIALE che ha ottemperato agli obblighi di monitoraggio fiscale in relazione ‘alla movimentazione di denaro’ (ric., p. 27). Analoghe critiche sono proposte dalla contribuente con il proprio quinto strumento di impugnazione, i motivi di ricorso si presentano pertanto strettamente connessi e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
15.1. In ordine all’applicabilità, nel caso di specie, del raddoppio dei termini utili ai fini della notificazione dell’accertamento tributario risulta sufficiente rinviare a quanto osservato in sede di esame del primo motivo di ricorso del contribuente.
15.2. Quanto alla contestazione relativa al mancato invio di una comunicazione preventiva al fine di consentire ai contribuenti di dimostrare di non essere tenuti alla dichiarazione dei redditi posseduti all’estero, perché gli oneri erano già stati assolti dall’intermediario, sembra sufficiente rilevare che l’invio di una simile comunicazione non è previsto dalla legge. Quest’ultima si preoccupa però di assicurare piena tutela al diritto di difesa del contribuente, e gli consente di dimostrare che gli obblighi fiscali sono stati correttamente adempiuti dall’intermediario. Nel caso di specie, però, i contribuenti si limitano ad allegare che gli obblighi fiscali sarebbero stati assolti dall’intermediario RAGIONE_SOCIALE, ma neppure allegano in qual modo ed in quale misura, neanche prospettando come lo avrebbero dimostrato. La CTR scrive che ‘resta del tutto indimostrato l’assolvimento dell’obbligo dichiarativo – nel nostro paese … da parte della originaria società fiduciaria RAGIONE_SOCIALE‘ (sent, CTR, p. 6), ed i contribuenti non contrastano questa specifica asserzione.
Pertanto anche il quinto motivo di entrambi i ricorsi risulta infondato e deve perciò essere respinto.
Rimangono da esaminare le contestazioni proposte dalla contribuente in relazione all’omessa pronuncia su questioni che la riguardano esclusivamente a titolo personale.
16.1. Occorre pertanto operare riferimento alla censura della ricorrente incidentale secondo cui nella vicenda in esame era stata meramente ‘utilizzata’ dall’ex marito quale soggetto ‘interposto’ (ric., p. 23 s.), non percependo in realtà alcun reddito, ed al fatto che aveva donato all’ex marito le proprie quote della società
lussemburghese RAGIONE_SOCIALE ben prima che gli utili fossero distribuiti, proposta con il primo motivo insieme ad altro. Sostanzialmente affine è la censura proposta con il quarto motivo di ricorso, insieme ad altro, con la quale la contribuente ha lamentato di avere assicurato numerosi elementi di prova che l’intestazione a lei del 40% delle quote della Fesbo Sa era meramente formale, trattavasi di intestazione simulata, perché unico reale titolare delle quote, che ne disponeva liberamente, era l’ex coniuge NOME COGNOME non potendosi tassare le somme apparentemente conseguite dalla ricorrente incidentale, perché non le ha mai percepite ed aveva comunque donato le proprie quote al coniuge prima della distribuzione dei proventi.
16.2. La stessa CTR attesta che le critiche appena riassunte erano state introdotte dalla contribuente in sede di gravame (sent. CTR, p. 1, nn. 5) e 6), ma non pronuncia in merito. In relazione a queste censure, pertanto, il ricorso della contribuente deve essere accolto. Risulta peraltro opportuno segnalare che in relazione ad alcuni rapporti patrimoniali intercorsi tra COGNOME NOME e NOME questa Corte di legittimità si è pronunciata contestualmente con sentenze depositate il 27.1.1015, n. 1893 e 1895.
17. In definitiva il ricorso introdotto da NOME COGNOME, anche per la parte in cui risulta ammissibile, è comunque infondato e deve perciò essere rigettato, mentre il ricorso proposto da COGNOME NOME deve essere accolto negli illustrati limiti di ragione, con riferimento ai motivi primo e quarto, mentre dev’essere anch’esso rigettato nel resto, cassandosi la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania perché proceda a nuovo giudizio.
18. Le spese processuali, con riferimento al ricorso proposto da NOME COGNOME seguono l’ordinario criterio della soccombenza e
sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
18.1. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, anche del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale introdotto da NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Accoglie negli indicati limiti di ragione il primo ed il quarto motivo di ricorso incidentale proposti da COGNOME NOME , rigettati gli ulteriori motivi e le altre contestazioni, cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.