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Interposizione fittizia: quando una ASD è un paravento

Una società a responsabilità limitata è stata ritenuta dall’Agenzia delle Entrate l’effettivo gestore di un’attività d’impresa formalmente intestata a un’associazione sportiva dilettantistica. La Corte di Cassazione ha confermato l’accertamento fiscale, rigettando il ricorso della società. La decisione si fonda sul principio dell’interposizione fittizia, provata tramite presunzioni quali la sovrapponibilità della compagine sociale, che il contribuente non è riuscito a superare dimostrando valide ragioni economiche alternative al mero risparmio fiscale.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interposizione Fittizia: La Cassazione Conferma l’Accertamento su una ASD ‘di Comodo’

Le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) godono di un regime fiscale agevolato, ma cosa succede quando dietro la facciata di un’associazione si cela una vera e propria attività d’impresa? Con l’ordinanza n. 13317/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di interposizione fittizia, confermando che l’amministrazione finanziaria può imputare i redditi direttamente alla società commerciale che, di fatto, gestisce il business. Questa decisione offre importanti spunti sulla linea sottile tra legittima pianificazione fiscale e abuso del diritto.

I Fatti di Causa: La Società Commerciale e l’Associazione Sportiva Paravento

Una società a responsabilità limitata (S.r.l.) è stata raggiunta da un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2007. L’accusa era chiara: la S.r.l. era la reale esercente di un’attività commerciale (gestione di palestra, campi di calcetto e bar) che era solo formalmente intestata a un’associazione sportiva dilettantistica (ASD).

Secondo il Fisco, l’operazione configurava un caso di interposizione fittizia di persona. L’elemento chiave a sostegno di questa tesi era la sostanziale identità della compagine sociale della S.r.l. e di quella associativa dell’ASD. In pratica, le stesse persone controllavano entrambe le entità, utilizzando lo schermo dell’associazione per beneficiare delle agevolazioni fiscali riservate al mondo sportivo dilettantistico. Di conseguenza, i ricavi percepiti dall’ASD sono stati imputati alla S.r.l. come redditi d’impresa.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Dopo essere risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio, la società ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. La violazione del principio del contraddittorio e il divieto di riqualificare il contratto di associazione sportiva.
2. Il travisamento dei fatti e l’errata applicazione dell’art. 37 del D.P.R. 600/1973, sostenendo che non sussistessero i presupposti per un accertamento basato sulla presunzione di elusione.

In sostanza, la società contestava il metodo presuntivo utilizzato dall’Agenzia e la mancata instaurazione di un contraddittorio prima dell’emissione dell’atto.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla interposizione fittizia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo inammissibile e infondato. Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere i confini dell’abuso del diritto in ambito fiscale.

Innanzitutto, i giudici hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 37, comma 3, del D.P.R. 600/1973, i redditi sono imputati al soggetto che ne è l’effettivo possessore, a prescindere dall’intestazione formale. Questa norma antielusiva non richiede un comportamento fraudolento, essendo sufficiente un uso “improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico” per ottenere un indebito risparmio d’imposta.

Sul tema della prova, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare l’interposizione, e può farlo anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. La sovrapponibilità della compagine sociale e l’identità del centro di imputazione di volontà e interessi tra la società e l’associazione costituiscono presunzioni valide.

Una volta che l’Ufficio ha fornito tali elementi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare che l’operazione aveva una causa economica apprezzabile e diversa dal mero risparmio fiscale. Nel caso di specie, la società non è riuscita a superare la presunzione, non fornendo prove sufficienti a giustificare la struttura societaria adottata.

La Corte ha inoltre precisato che non si trattava di “riqualificare” un contratto, ma semplicemente di accertare chi, nei fatti, gestiva l’attività e ne percepiva i redditi. Infine, ha respinto la doglianza sul mancato contraddittorio nei confronti dell’ASD, poiché la S.r.l. non ha titolo per far valere presunti vizi procedurali a favore di un soggetto terzo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Società e ASD

La decisione della Cassazione ribadisce con forza che le forme giuridiche devono corrispondere alla sostanza economica. L’utilizzo di un’associazione sportiva dilettantistica come schermo per svolgere un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti costituisce un’operazione elusiva che espone al rischio di pesanti accertamenti fiscali.

Per gli operatori del settore, le implicazioni sono chiare: è fondamentale che la gestione di una ASD sia genuinamente separata da quella di eventuali società commerciali collegate. La presenza di una significativa sovrapposizione nelle compagini sociali o negli organi direttivi rappresenta un forte campanello d’allarme per il Fisco. Per difendersi da contestazioni di interposizione fittizia, è necessario essere in grado di dimostrare con prove concrete l’esistenza di valide ragioni extrafiscali (organizzative, funzionali, strutturali) che giustifichino la coesistenza delle due entità.

Quando l’Agenzia delle Entrate può contestare un’interposizione fittizia tra una società e un’associazione sportiva dilettantistica (ASD)?
L’Agenzia può contestare l’interposizione quando ha prove, anche presuntive (come la coincidenza della compagine sociale tra i due enti), che la società sia l’effettivo gestore dell’attività e percettore dei redditi, utilizzando l’ASD come schermo per beneficiare indebitamente di un regime fiscale agevolato.

Chi deve provare l’esistenza o l’assenza di un’interposizione fittizia a fini fiscali?
Inizialmente, l’onere della prova grava sull’Agenzia delle Entrate, che deve fornire elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti a sostegno dell’interposizione. Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, il quale deve dimostrare l’esistenza di ragioni economiche valide e alternative al mero risparmio d’imposta per giustificare la struttura utilizzata.

È sufficiente che un’operazione sia formalmente legale per evitare la contestazione di elusione fiscale?
No. Secondo la Corte, non è necessario un comportamento fraudolento. Anche un uso improprio o deviante di strumenti giuridici legittimi, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale corretto, può configurare un’ipotesi di elusione o abuso del diritto sanzionabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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