Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1409 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1409 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
IRPEF IRAP AVVISO ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25365/2015 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente -ricorrente in via incidentale – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO, n. 2035/2015, depositata il 03/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L ‘Ufficio , a seguito di indagini, anche finanziarie, svolte nei confronti di NOME COGNOME, esercente l’attività di medico professionale specializzato in ortopedia e traumatologia, contestava a quest’ultimo di aver eluso il Fisco tras lando gran parte dei compensi professionali su una società, la RAGIONE_SOCIALE -di cui erano unici soci il contribuente e sua moglie -che riteneva fittiziamente interposta ex art. 37 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
L’Ufficio accertava, inoltre, che, in relazione al rapporto di conto corrente acceso presso la BCC di Roma, intestato ai coniugi, risultavano prelevamenti e versamenti non giustificati.
Per l’effetto, con riferimento all’anno di imposta 2006, emetteva avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione un maggior reddito ai fini Irpef; accertava un maggior volume di affari ai fini Irap ed infliggeva la sanzioni conseguenti.
Avverso detto avviso di accertamento proponeva ricorso il contribuente il quale eccepiva che dalla creazione dell’ambulatorio medico in forma societaria non era derivato alcun vantaggio fiscale e che l’accertamento era in violazione del divieto di doppi a imposizione di cui all’art. 65 d.P.R. n. 600 del 1973.
La C.t.p. accoglieva il ricorso ed annullava integralmente l’atto impositivo.
L ‘U fficio frapponeva appello che veniva parzialmente accolto della C.t.r. Quest’ultima, in particolare, quanto alle operazioni eseguite sul conto corrente bancario assumeva che era illegittimo il recupero a tassazione delle operazioni di prelievo, trattandosi di attività svolta da lavoratore autonomo per la quale doveva applicarsi il principio fissato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014.
Confermava, invece, la legittimità dell’atto impositivo per quanto discendente dall’interposizione fittizia della società.
Avverso detta sentenza spiegano, rispettivamente, ricorso principale e ricorso incidentale il contribuente e l’Ufficio.
Considerato che:
Il contribuente, con il ricorso principale, propone tre motivi.
1.1 Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, terzo comma, e 37bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Assume che la CRAGIONE_SOCIALE. ha accolto l’appello dell’Ufficio limitandosi ad affermare che la tesi prospettata fosse «plausibile» e senza addurre alcuna motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 37bis cit.
1.2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 39, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ravvisato la fattispecie dell’interposizione fittizia , sebbene l’Ufficio non avesse fornito la prova, posta a suo carico, dell’elusività dell’operazione .
1.3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il vizio di motivazione della sentenza e la violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132, n. 4 cod. proc. civ..
Censura la sentenza impugnata per aver fornito, in merito alla sussistenza della fattispecie dell’interposizione fittizia , motivazione inidonea a spiegare e giustificare l’ iter logico-giuridico sotteso al decisum.
L’Ufficio, con il ricorso incidentale, propone due motivi .
2.1. Con il primo motivo censura, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del
procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 18 e 57 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso dal recupero a tassazione i prelevamenti eseguiti sul conto corrente, sebbene il contribuente non avesse mai impugnato, in parte qua, l’atto impositivo che, infatti, aveva contestato solo con riferimento al recupero connesso all’interposizione fittizia della RAGIONE_SOCIALE
2.2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, e per il solo caso di rigetto del primo motivo, censura, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 136 Cost., dell’art. 30 legge 11 marzo 1953, n. 87.
Anche a ritenere applicabile la sentenza n. 228 del 2014 della Consulta, censura la sentenza impugnata per aver annullato l’intero recupero fiscale relativo alle operazioni bancarie ingiustificate, per complessivi euro 28.170,00 sebbene queste ultime avessero ad oggetto non solo prelevamenti (nella misura di euro 7.000,00), ma anche versamenti nella misura di euro 21.170,00).
Il primo motivo del ricorso principale del contribuente è fondato, restando assorbiti gli ulteriori.
3.1. L’art. 37 d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che «In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona». La disposizione mira a riallineare l’attività svolta da un altro soggetto sull’effettivo percettore del reddito e prevede che l’Ufficio possa utilizzare elementi indiziari, dotati di pregnanza presuntiva, al fine di accertare il fatto
costitutivo dell’imposizione tributaria rappresentato dal possesso effettivo di un reddito «per interposta persona».
3.2. L’oggetto della prova incombente sull’Amministrazione finanziari non attiene agli elementi costitutivi dell’interposizione ; quel che rileva è che il soggetto nei confronti del quale è rivolto l’accertamento sia l’effettivo possessore del reddito per interposta persona. La funzione della norma, dunque, è quella di evitare che il contribuente (effettivo possessore) si sottragga al prelievo occultando all’Amministrazione finanziaria la propria identità di contribuente, ricorrendo a interposizioni tali da attribuire a terzi il possesso del reddito. In altri termini, il possesso del reddito «per interposta persona» costituisce il fatto ignoto oggetto della prova logica a carico dell’Ufficio, quale elemento che lega il reddito prodotto dal soggetto interposto al titolare effettivo. L a rilevanza dell’effettivo possesso del reddito rispetto alla sua titolarità formale sancisce la prevalenza della sostanza (possesso del reddito) sulla forma (titolarità del reddito) e della realtà sull’apparenza, dovendosi individuare non la natura fittizia o ingannevole della titolarità del reddito, bensì l’effettività dell’esercizio del possesso del reddito a prescindere dalla sua formale titolarità (Cass. 25/07/2022, n. 23231).
Ciò che rileva ai fini tributari è, pertanto, che l’interponente disponga delle risorse del soggetto interposto uti dominus; infatti, è nella prova della relazione dell’interponente con la fonte di reddito del soggetto interposto che si risolve la prova del «possesso» del reddito. Inoltre, trattandosi di possesso come situazione di fatto tale da comportare l’individuazione di un titolare effettivo del reddito complessivo, diverso e divergente dal titolare formale, è coerente che la prova sia affidata anche a circostanze di carattere indiziario ( Cass. 17/02/2022, n. 5276).
3.3. Coerentemente con la funzione della previsione, la disciplina dell’interposizione non prevede una responsabilità aggiuntiva dell’interposto oltre a quella dell’interponente, poiché la norma ha la funzione di attribuire l’onere del pagamento delle imposte a carico dell’effettivo titolare dei redditi, mentre l’interposto non è soggetto passivo di imposta in quanto non ha il possesso dei redditi; se, quindi, risulta accertato che il possessore del reddito è l’interponente, che si cela all’Erario nascondendosi dietro l’interposto, è esclusivamente in capo al primo che va determinato il reddito, attribuendogli anche quanto, solo in apparenza, conseguito dall’interposto (Cass. 23/06/2021, n. 29228).
3.4. Costituisce, inoltre, principio consolidato quello per cui la disciplina prevista dal l’art. art. 37 cit. non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale costituente il presupposto d’imposta (Cass. 27/04/2021, n. 11055).
3.5. La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi.
La C.t.r. ha ritenuto provata l’interposizione fittizia , senza fondare l’ accertamento sugli elementi rilevanti ai fini della ricostruzione della fattispecie così come sopra individuati; in sentenza, infatti, si è limitata ad affermare la «piena plausibilità della tesi dell’Ufficio» in quanto non risultava individuato «un limite chiaro sotto il profilo organizzativo ed operativo contabile».
I motivi del ricorso incidentale vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi. I medesimi infatti, attingono il capo della sentenza con il quale la C.t.r. ha annullato l’avviso di accertamento quanto al recupero a tassazione delle movimentazioni bancarie in ragione di
quanto espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014.
Il primo motivo è infondato, mentre va accolto il secondo motivo.
4.1. La Consulta, con la sentenza n. 228 del 2014 ha ritenuto costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., l’art. 32, primo comma, n. 2), secondo periodo, d.P.R. n. 600 del 1973 limitatamente alle parole «o compensi», ed ha ridefinito il perimetro applicativo della norma relativamente ai movimenti bancari ove essi riguardino un lavoratore autonomo.
In particolare, nella citata sentenza, la Corte costituzionale ha affermato che è arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Ne consegue che, in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai soli versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicch é́ questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili; invece, è venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale relativamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. 18/07/2023, n. 21036, Cass. 16/05/2023, n. 13434, Cass. 26/09/2018, n. 22931).
4.2. La norma dichiarata costituzionalmente illegittima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (artt. 136 Cost. e 30, terzo comma, legge cost. 11 marzo 1953, n. 87). Di conseguenza gli effetti della pronunzia, che si configura come ius superveniens, retroagiscono e si applicano anche ai rapporti giuridici non consolidati e non coperti da decisioni passate in giudicato (Cass. 02/02/2021, n. 2240, Cass. 20/12/2019, n. 34209). Ne consegue la
ritualità delle deduzioni riguardanti il nuovo assetto giuridico, introdotte nel corso del giudizio di secondo grado (Cass. 03/12/2021, n. 382059).
La citata sentenza della Corte Costituzionale, pertanto, trova applicazione anche nel presente procedimento, in quanto il rapporto processuale non si è ancora esaurito. Va rilevato, ancora che la questione relativa all’illegittimo recupero a tassazione delle movimentazioni bancarie era stata sollevata dal contribuente con le controdeduzioni in appello, sicché, diversamente da quanto sostenuto con il primo motivo del ricorso incidentale, legittimamente la C.t.r. si è pronunciata sulla stessa.
4.3. La sentenza, tuttavia, è errata e, conseguentemente, va cassata, nella parte in cui ha tratto, come conseguenza di quanto statuito dalla Consulta, la illegittimità del recupero a tassazione di tutte le movimentazioni bancarie per un importo di euro 28.000,00. Invece, facendo corretta applicazione della sentenza della Corte costituzionale e dei principi espressi da questa Corte a seguito della medesima, doveva ritenersi illegittimo il solo recupero a tassazione dei prelevamenti. Questi ultimi, poi, erano pari ad euro 7.000,00, come ben evidenziato nell’avviso di accertamento riportato per stralcio ne l ricorso incidentale.
Il conclusione, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, e del secondo motivo del ricorso incidentale, rigettato il primo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio. Quest’ ultima renderà congrua motivazione in ordine al recupero a tassazione conseguito alla contestata interposizione fittizia e si pronuncerà, inoltre, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, ed il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso rispettivamente accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023.