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Interposizione fittizia: prova e motivazione del Fisco

Un medico utilizzava una società per la sua attività professionale. Il Fisco ha contestato un’operazione di interposizione fittizia volta a evadere le imposte. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate deve fornire prove specifiche e concrete del controllo effettivo del professionista sui redditi della società, non essendo sufficiente definire la tesi accusatoria come semplicemente “plausibile”. La Corte ha inoltre ribadito che, per i lavoratori autonomi, solo i versamenti bancari ingiustificati, e non i prelievi, possono essere presunti come reddito imponibile.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interposizione Fittizia: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Prova a Carico del Fisco

L’interposizione fittizia è uno strumento spesso contestato dal Fisco ai professionisti che operano tramite società. Con l’ordinanza n. 1409 del 15 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato confini precisi sull’onere della prova a carico dell’Amministrazione Finanziaria, specificando che non basta una generica “plausibilità” della tesi accusatoria. La sentenza offre anche un importante chiarimento sulla differente gestione dei prelievi e dei versamenti bancari per i lavoratori autonomi.

I Fatti del Caso: Un Medico, una Società e l’Accusa del Fisco

Il caso riguarda un medico specialista in ortopedia e traumatologia a cui l’Agenzia delle Entrate contestava di aver eluso le imposte. Secondo il Fisco, il professionista aveva trasferito gran parte dei suoi compensi a una società a responsabilità limitata, di cui era socio unico insieme alla moglie. L’accusa era quella di aver creato una struttura societaria fittiziamente interposta con il solo scopo di beneficiare di un regime fiscale più favorevole.

Oltre a ciò, l’accertamento fiscale si basava su movimentazioni bancarie non giustificate su un conto corrente cointestato. Il contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento, ottenendo inizialmente la sua completa nullità. La Commissione Tributaria Regionale, in secondo grado, aveva però riformato parzialmente la decisione, confermando la legittimità dell’accertamento per l’interposizione e annullando solo la parte relativa ai prelievi bancari, in applicazione di una nota sentenza della Corte Costituzionale.

La Prova dell’Interposizione Fittizia secondo la Cassazione

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte riguarda la prova dell’interposizione fittizia. Il contribuente lamentava che i giudici di appello si fossero limitati a ritenere “plausibile” la tesi del Fisco, senza fornire una motivazione concreta basata sugli elementi richiesti dalla legge.

La Cassazione ha accolto questo motivo, affermando un principio fondamentale: per provare l’interposizione, l’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare, anche tramite presunzioni “gravi, precise e concordanti”, che il contribuente è l’effettivo possessore del reddito. Non è sufficiente la mera titolarità di quote societarie. Il Fisco deve provare la relazione concreta tra l’interponente (il professionista) e la fonte di reddito (gestita dalla società interposta), dimostrando che il primo ne disponeva uti dominus, ovvero come se ne fosse il vero proprietario.

Una motivazione che si limita a definire “plausibile” la ricostruzione dell’Ufficio, senza analizzare gli elementi specifici che provano questo dominio di fatto, è considerata carente e viola il diritto del contribuente a una decisione giustificata.

Prelievi e Versamenti Bancari: Una Distinzione Cruciale per gli Autonomi

Un altro aspetto rilevante dell’ordinanza riguarda le movimentazioni bancarie. La Corte ha confermato l’orientamento, sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014, che distingue nettamente la posizione dei lavoratori autonomi da quella degli imprenditori.

Per un lavoratore autonomo, la presunzione legale secondo cui i movimenti bancari ingiustificati costituiscono reddito imponibile vale solo per i versamenti. Si presume infatti che le somme versate derivino da compensi non dichiarati. La stessa presunzione, invece, non si applica ai prelievi, poiché è considerato arbitrario ipotizzare che un professionista prelevi denaro per effettuare investimenti nella propria attività che a loro volta producano reddito.

Nel caso specifico, la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente annullato il recupero fiscale per l’intero importo delle movimentazioni contestate, senza distinguere tra i prelievi (effettivamente non tassabili) e i versamenti (che rimanevano soggetti alla presunzione di reddito).

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rinvio a un’altra sezione della Corte di giustizia tributaria. Le motivazioni si fondano su due pilastri:

1. Sull’interposizione fittizia: La prova dell’effettivo possesso del reddito è a carico dell’Ufficio e deve basarsi su elementi concreti che dimostrino il controllo sostanziale e non meramente formale. Una sentenza che si accontenta della “piena plausibilità della tesi dell’Ufficio” senza un’analisi fattuale è nulla per vizio di motivazione.

2. Sulle movimentazioni bancarie: I giudici di merito hanno applicato correttamente il principio della Corte Costituzionale, ma ne hanno sbagliato l’estensione. Dovevano annullare il recupero solo per la parte relativa ai prelievi ingiustificati, mantenendo invece valido quello sui versamenti.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza le garanzie per i contribuenti, in particolare per i professionisti che utilizzano strutture societarie. Stabilisce che un accertamento per interposizione fittizia non può fondarsi su mere supposizioni, ma richiede una prova rigorosa del dominio effettivo sui flussi di reddito. Allo stesso tempo, consolida un importante principio a tutela dei lavoratori autonomi, limitando la presunzione di reddito imponibile ai soli versamenti bancari non giustificati. Il caso torna ora al giudice di secondo grado, che dovrà riesaminare i fatti attenendosi scrupolosamente a questi principi.

Per accusare un professionista di interposizione fittizia, basta che l’ipotesi del Fisco sia “plausibile”?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è sufficiente. L’Amministrazione Finanziaria deve fornire prove basate su presunzioni gravi, precise e concordanti che dimostrino che il professionista è l’effettivo possessore del reddito attribuito alla società.

Per un lavoratore autonomo, i prelievi non giustificati dal conto corrente sono considerati reddito non dichiarato?
No. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014, per i lavoratori autonomi e i professionisti la presunzione legale di ricavi non dichiarati si applica solo ai versamenti ingiustificati, non ai prelevamenti.

Cosa significa che il Fisco deve provare il “possesso effettivo” del reddito in un caso di interposizione fittizia?
Significa che l’Ufficio deve dimostrare che il professionista (l’interponente) disponeva liberamente delle risorse economiche della società (l’interposta) come se ne fosse il vero proprietario (uti dominus), al di là della titolarità formale. La prova deve riguardare la relazione concreta tra il professionista e la fonte di reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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