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Interposizione fittizia: la Cassazione decide sul Fisco

La Corte di Cassazione ha stabilito che la creazione di una società controllata estera priva di autonomia, usata per dirottare utili e beneficiare di una tassazione agevolata, costituisce interposizione fittizia e non abuso del diritto. Di conseguenza, non è necessario il contraddittorio preventivo. La Corte ha anche affermato il potere del Fisco di valutare la congruità dei costi per il Trattamento di Fine Mandato (TFM) degli amministratori.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interposizione fittizia: La Cassazione traccia la linea con l’abuso del diritto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32142 del 2024, offre importanti chiarimenti su temi cruciali del diritto tributario, in particolare sulla distinzione tra interposizione fittizia ed elusione fiscale (o abuso del diritto). La pronuncia analizza anche i limiti di deducibilità dei costi per il Trattamento di Fine Mandato (TFM) degli amministratori, confermando l’ampio potere di controllo dell’Amministrazione Finanziaria sulla congruità delle spese aziendali. Questa decisione rappresenta un punto di riferimento fondamentale per imprese e professionisti che operano in contesti societari complessi e internazionali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una serie di avvisi di accertamento notificati a una holding italiana per IRES, IRAP e IVA. Il nucleo della contestazione riguardava i rapporti tra la holding e una sua controllata totalitaria con sede in Lussemburgo. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la società lussemburghese era un mero schermo, un soggetto fittiziamente interposto, privo di qualsiasi autonomia operativa.

Lo schema contestato funzionava così:
1. La holding italiana finanziava le proprie controllate operative in Italia.
2. Successivamente, cedeva i crediti vantati verso queste ultime alla controllata lussemburghese, a fronte di un aumento di capitale.
3. La società lussemburghese diventava così la creditrice formale, incassando gli interessi dalle società italiane (costi deducibili per queste).
4. Gli utili generati in Lussemburgo venivano poi distribuiti alla holding italiana sotto forma di dividendi, i quali godevano del regime fiscale di favore della participation exemption, con una tassazione quasi nulla.

Oltre a questa contestazione principale, l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto la deducibilità degli accantonamenti per il Trattamento di Fine Mandato (TFM) degli amministratori, ritenendoli eccessivi e quindi non inerenti all’attività d’impresa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto in larga parte le tesi dell’Amministrazione Finanziaria, stabilendo principi di notevole rilevanza pratica.

Distinzione tra Interposizione Fittizia e Abuso del Diritto

Il punto centrale della sentenza è la qualificazione giuridica della struttura societaria. La Corte ha stabilito che il meccanismo utilizzato non configurava un’ipotesi di abuso del diritto (art. 37-bis, d.P.R. 600/1973), bensì un caso di interposizione fittizia (art. 37, comma 3, d.P.R. 600/1973).

Questa distinzione non è puramente teorica, ma ha conseguenze procedurali determinanti. Mentre la contestazione per abuso del diritto richiede un contraddittorio preventivo specifico e obbligatorio, la ripresa a tassazione per interposizione fittizia non necessita di tale procedura. Secondo i giudici, l’operazione era finalizzata a realizzare una vera e propria evasione fiscale, imputando i redditi a un soggetto (la società lussemburghese) che era solo un prestanome dell’effettivo titolare (la holding italiana).

Deducibilità TFM e il potere di valutazione del Fisco

Sul tema del Trattamento di Fine Mandato, la Corte ha assunto una posizione articolata. Ha ribadito che, in linea di principio, le quote accantonate per il TFM sono deducibili se la loro corresponsione risulta da un atto scritto con data certa anteriore all’inizio del rapporto.

Tuttavia, ha accolto la tesi del Fisco su un punto cruciale: l’Amministrazione Finanziaria ha il pieno potere di valutare la congruità dell’importo accantonato. Un ammontare “palesemente esorbitante” può essere considerato non inerente all’attività d’impresa, e quindi indeducibile, anche se formalmente deliberato. Viene così confermato il potere dell’Ufficio di entrare nel merito delle scelte gestionali dell’impresa quando queste appaiono economicamente ingiustificate.

Le Motivazioni della Sentenza sull’interposizione fittizia

La Corte ha motivato la propria decisione distinguendo nettamente i piani. L’interposizione fittizia si verifica quando viene creato uno schermo giuridico per nascondere il reale possessore del reddito. Nel caso di specie, la società lussemburghese era una “scatola vuota”, priva di una reale struttura economica e operativa, il cui unico scopo era incassare interessi e ritrasferirli come dividendi alla controllante italiana. Si tratta, secondo la Corte, di un fenomeno di evasione, riconducibile direttamente alla simulazione soggettiva prevista dall’art. 37, comma 3. Di conseguenza, i redditi dovevano essere imputati direttamente alla holding italiana.

L’abuso del diritto, invece, presuppone operazioni reali e non simulate, ma realizzate con il solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale indebito, aggirando le norme tributarie. La procedura aggravata del contraddittorio preventivo si giustifica in questi casi per la complessità della valutazione, ma non è richiesta quando la realtà economica è stata semplicemente mascherata.

Per quanto riguarda il TFM, le motivazioni si fondano sul principio di inerenza. Sebbene la scelta di corrispondere un’indennità agli amministratori sia discrezionale, l’importo deve essere congruo e giustificato economicamente. Un costo sproporzionato rispetto alla realtà economica dell’impresa e alle prestazioni rese perde il suo carattere di inerenza e diventa indeducibile. Il Fisco non è vincolato dalle delibere societarie, ma può e deve valutarne la sostanza economica.

Conclusioni

La sentenza 32142/2024 invia un messaggio chiaro alle imprese: le strutture societarie internazionali devono essere supportate da una reale sostanza economica e non possono essere utilizzate come meri artifizi per ottenere vantaggi fiscali. La distinzione tra interposizione fittizia ed elusione non è un cavillo formale, ma definisce il confine tra evasione e abuso del diritto, con importanti riflessi procedurali.

Inoltre, la decisione rafforza il principio secondo cui il controllo del Fisco può estendersi alla congruità e all’economicità dei costi d’impresa, inclusi i compensi e le indennità degli amministratori. Le aziende sono quindi chiamate a giustificare non solo la forma, ma anche la sostanza economica delle proprie decisioni gestionali per garantirne la piena deducibilità fiscale.

Quando una società controllata estera viene considerata un’interposizione fittizia?
Secondo la sentenza, una controllata estera è considerata un’interposizione fittizia quando è priva di una reale autonomia economica e operativa e viene utilizzata come mero schermo per imputarle redditi che, in realtà, appartengono alla controllante, al fine di ottenere un vantaggio fiscale.

L’Agenzia delle Entrate può contestare l’importo di un Trattamento di Fine Mandato (TFM) anche se deliberato correttamente?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di valutare la congruità e l’inerenza economica dell’importo del TFM. Un ammontare ritenuto ‘palesemente esorbitante’ può essere considerato indeducibile, anche se formalmente approvato dagli organi societari.

Qual è la differenza procedurale tra una contestazione per interposizione fittizia e una per abuso del diritto?
La differenza fondamentale è che, secondo la normativa applicabile al caso, la contestazione per abuso del diritto (art. 37-bis d.P.R. 600/1973) richiede l’attivazione di uno specifico contraddittorio preventivo con il contribuente. La contestazione per interposizione fittizia (art. 37, comma 3), qualificata come evasione, non richiede tale procedura aggravata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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