Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32254 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32254 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 1249/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOMECOGNOME, domiciliati ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avv.ti COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO-VENEZIA n. 1202/2021 depositata il 05/10/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue:
L’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Padova, notificava alla società RAGIONE_SOCIALE esercente l’attività di produzione di mangimi per animali da allevamento (fino al 28.12.2016 RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE) e nei confronti dei soci COGNOME NOME, legale rappresentante, COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME, separati avvisi di accertamento ed atto di recupero crediti afferenti l’annualità d’imposta 2016.
Gli atti impositivi traggono origine dalla verifica fiscale effettuata dall’Ufficio Controlli della Direzione provinciale di Padova, finalizzata alla verifica della fondatezza, esattezza e veridicità della documentazione contabile esibita dalla società, con particolare riferimento alle variazioni in aumento e diminuzione, ai fini Ires ed Irap, esposte nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2012 e del credito d’imposta per la ricerca scientifica (art. 1 D.L. n. 70/2011), indicato dalla società al rigo RU5 per € 432.000,00.
I rilievi di cui all’avviso notificato nei confronti della società sono i seguenti:
1) indebita deduzione di costi a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti per € 79.977,13.
Trattasi dei costi sostenuti per la redazione di un progetto di ricerca affidato al Consorzio RAGIONE_SOCIALE privo, secondo l’Ufficio, dei requisiti prescritti dalla legge per essere qualificato come organismo per lo sviluppo di ricerca agevolata. Secondo il D.L. n. 70/2011, l’incentivo, istituito in via sperimentale per gli investimenti realizzati nel biennio 2011-2012, si sostanziava nel riconoscimento alle imprese di un credito d’imposta pari al
90% della spesa incrementale d’investimento , oltre all’integrale deducibilità dei costi sostenuti dal reddito complessivo .
Ora, secondo l’Ufficio, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE, sia pure in possesso dei soli requisiti formali richiesti per rientrare nella categoria degli organismi di ricerca, ma privo di attrezzature, macchinari e locali per svolgere l’attività, con poco personale e scarse risorse finanziarie, avrebbe svolto solamente il ruolo di intermediario tra i soggetti che effettivamente svolgevano attività di ricerca e le aziende coinvolte, in modo da consentire a quest’ultimi di acquisire i crediti d’imposta altrimenti non spettanti.
Nel caso de quo, il progetto di ricerca commissionato da RAGIONE_SOCIALE è stato affidato dal Consorzio a cinque fornitori tecnici; tali fornitori hanno fatturato il lavoro al Consorzio per € 400.022,87; quest’ultimo, a sua volta ha fatturato alla società l’importo di € 480.000,00. L’Ufficio, per le motivazioni esposte, disconosceva la differenza di € 79.977,13
indebita deduzione di costi relativi ad autovetture, in violazione dell’art. 164 del TUR, per l’ammontare complessivo di € 48.717,44.
Trattasi di ammortamenti auto per € 9.651,58, assicurazioni auto per € 4.758,24, bolli per € 737,23, affitti e noleggi auto per € 27.588,88 e manutenzioni autovetture per € 5.981,51
indebita deduzione di costi relativi ad oneri da ammortizzare, ai sensi dell’art. 102 del TUIR, per complessive € 12.392,50 (trattasi di installazione e noleggio di pompe elettriche e consulenze amministrative varie).
Con il medesimo avviso, inoltre, l’Ufficio procedeva al recupero, ai fini Iva, dell’indebita detrazione ex art. 19 del D.P.R. n. 633/72, conseguente ad operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti per l’importo di € 47.252,70, di € 4.979,41 per il rilievo di cui al punto 2) ai fini Ires nonché all’applicazione delle sanzioni per omessa regolarizzazione fatture d’acquisto ex art. 6 del D.Lgs. n. 471/97 e presentazione della dichiarazione Iva annuale con dati inesatti, per complessiv € 84.004,80.
Con l’atto di recupero n. T6SCR0300006/2018, l’Ufficio procedeva al disconoscimento ed al recupero del credito d’imposta di € 432.000,00, riferito al 2012 ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 70/2011 ed indebitamente utilizzato da Tecnozoo per le annualità 2012, 2013 e 2014.
Da ultimo, l’Ufficio notificava ai soci della RAGIONE_SOCIALE separati avvisi di accertamento a seguito del maggior reddito d’impresa accertato nei confronti della società, pari ad € 141.087,07.
La società ed i soci proponevano separati ricorsi avverso gli avvisi de quibus avanti la Commissione Tributaria provinciale di Padova, deducendo l’illegittimità degli atti impositivi in quanto le prestazioni rese dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE dovevano essere considerate reali ed effettive, idonee a consentire alla società committente la progettazione, anche a livello di prototipo, di nuovi prodotti per l’agricoltura. Venivano, al riguardo, indicati i professionisti e ricercatori coinvolti nella ricerca.
Per quanto afferisce ai rilievi di cui ai nn. 2) e 3), concernenti l’asserita indeducibilità dei costi relativi alle auto aziendali e la mancata capitalizzazione dei costi pluriennali, i ricorrenti segnalano l’intervenuto perfezionamento del ravvedimento operoso, eseguito prima della notifica degli atti di accertamento .
Il giudice adito, previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 392 dell’1.10.2019, accoglieva parzialmente gli stessi, disponendo l’annullamento degli avvisi afferenti l’indebita deduzione di costi a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti e l’atto di recupero del credito d’imposta.
Respingeva, al contrario, le doglianze afferenti i rilievi non derivanti dal rapporto tra la società ed il Consorzio.
Accoglieva, altresì, parzialmente, i ricorsi proposti dai quattro soci, rideterminando il maggior reddito in capo ad ognuno in € 15.277,49.
Entrambe le parti proponevano appello per i capi di relativa soccombenza.
La CTR del Veneto, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio e rigettava quello della contribuente, osservando:
L’appello dell’ufficio è fondato e va accolto .
Ora, dalla documentazione allegata, appare più che evidente che le variazioni dell’oggetto sociale, mediante le quali è stata inclusa, prima l’attività di ricerca e poi la presenza di un “Comitato di Ricerca”, sono state effettuate non al fine di dar vita ad una struttura di reale ausilio alla ricerca ed all’innovazione, fattori di crescita fondamentali per il nostro sistema imprenditoriale, ed in quanto tali favoriti dal legislatore anche con sacrifici fiscali a carico dell’Erario, ma con l’unico scopo di adeguare solo formalmente la propria organizzazione statutaria, rendendola così coerente con la normativa agevolativa contestualmente introdotta e fungere da mero e sterile strumento per “vendere” sul mercato il credito d’imposta.
Tali considerazioni si giustificano anche per ulteriori motivi:
a fronte di una sostanziale inattività dell’organismo fino al 2010, si assiste ad una crescita esponenziale del fatturato proprio in concomitanza dell’entrata in vigore della normativa con la quale veniva introdotto il credito d’imposta a favore delle aziende che avevano investito in ricerca esterna;
il progetto, in realtà, non è stato realizzato dal Consorzio ma da soggetti esterni allo stesso e collegati al committente da rapporti di parentela e di collaborazione commerciale (trattasi della società RAGIONE_SOCIALE).
È, pertanto, condivisibile l’assunto che la società committente, il RAGIONE_SOCIALE ed i vari operatori esterni coinvolti, peraltro a vario titolo legati a RAGIONE_SOCIALE, abbiano scientemente posto in essere, con intento fraudolento, un progetto, tra l’altro discutibile anche nel contenuto (trattasi, a parere di questo Collegio, di mera consulenza finalizzata allo studio del mercato d’interesse di RAGIONE_SOCIALE, ben lontana dall’ambito della ricerca applicata, come ben specificato dalla normativa comunitaria di riferimento.
Tale circostanza non può, quindi, mettere in dubbio che la società RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza della reale natura del Consorzio e del suo ruolo di mero intermediario fittizio, esclusivamente ai fini del riconoscimento della detrazione fiscale.
In conseguenza di ciò, oltre a considerare le operazioni svolte come oggettivamente inesistenti, le stesse devono, altresì, essere considerate soggettivamente inesistenti nella misura di € 400.022,87, in quanto relative a prestazioni effettuate direttamente dai fornitori tecnici nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, con interposizione fittizia del Consorzio.
Con riferimento all’appello incidentale proposto dalla società appellata, lo stesso non appare meritevole di accoglimento per i seguenti motivi:
recupero a tassazione dell’Iva per € 47.252,70 sulle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti: la conferma della legittimità delle ripresa a tassazione degli importi in contestazione tiene conto, altresì, della preventiva ed esaustiva contestazione alla società degli addebiti, come emerge chiaramente dalla documentazione in atti; nessuna violazione dell’art. 12, comma 7 della L. n. 212/2000 può, quindi, essere contestata all’Ufficio.
Parimenti, vanno respinte le ulteriori censure alla sentenza formulate dalla società in sede incidentale (recupero a tassazione ai fini Irap dei
costi delle autovetture di cui al rilievo n. 2/2012 e relative sanzioni, rilievo n. 3/20212, riguardante la mancata capitalizzazione di alcuni costi pluriennali per € 12.392,50), tenuto conto, come correttamente rilevato dai giudici di prime cure, del mancato inserimento di tali violazioni nel ravvedimento operoso.
Propongono ricorso per cassazione i contribuenti con otto motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Considerato che:
Preliminarmente deve darsi atto della richiesta dei contribuenti di dichiarazione di cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione ‘in parte qua’ del giudizio, limitatamente all’atto di recupero del credito n. T6SCR0300006/2018, per avere essi aderito ed ottemperato alla definizione agevolata ex lege n. 197 del 2022 (giusta corrispondenti nota di deposito dei contribuenti e comunicazione di regolarità dell’Avvocatura Generale dello Stato, entrambe senza data, versate in atti).
Primo motivo: ‘Sub art. 360, n. 5, c.p.c. – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti’.
2.1. ‘La CTR veneta ha omesso completamente l’esame di due fatti decisivi e assolutamente determinanti ai fini del giudizio d’interposizione fittizia
(i) L’operato incontroverso del prof. COGNOME e dell’ing. COGNOME componenti del comitato scientifico del Consorzio RAGIONE_SOCIALE. Primo. Il fatto storico. Il primo fatto storico di cui si lamenta l’omesso esame è la incontroversa conduzione della ricerca e la partecipazione alle attività di progetto del prof. NOME COGNOME nonché dell’ing. NOME COGNOME rispettivamente membro e coordinatore del comitato scientifico del Consorzio RAGIONE_SOCIALE. Cioè persone appartenenti alla struttura organizzativa dell’ente di ricerca. Secondo. Il dato testuale. Il dato testuale da cui questo fatto risulta esistente è, innanzitutto, la sentenza di primo grado. Essa accerta infatti
letteralmente che «dagli atti risulta che il Consorzio, attraverso le persone del Prof. NOME COGNOME e dell’ing. NOME COGNOME, coordinatore del comitato scientifico, ha effettivamente condotto l’attività di ricerca agevolabile commissionata da RAGIONE_SOCIALE» (p. 7 riga, settimo cpv, sent. n. 392/2019 CTP Padova ). L’Amministrazione non contesta la storicità del fatto. La stessa Agenzia del resto aveva riconosciuto per prima, e pacificamente, che vi era stata reale attività di NOME COGNOME sin dal PVC (p. 57 -59 del PVC ). Terzo. La discussione processuale. Nel quadro processuale il fatto, asseverato dalla sentenza di primo grado (come già detto), è stato oggetto di nuovo dibattito tra le parti. L’Agenzia, nell’atto d’appello del 3.07.2020 (p. 40 -41 ), non contesta l’accadimento in sé (come già detto), e quindi non nega che sia stata prestata l’attività del prof. COGNOME, ma incentra la propria critica piuttosto sul dato che la prestazione dei referenti del Consorzio – anzi: del solo prof. COGNOME, perché sulla pur accertata attività dell’ing. COGNOME nulla obietta! non sarebbe stata esclusiva . Quarto. La decisività. Il fatto dibattuto, ossia che l’attività era stata in concreto prestata dai membri del consorzio Carlini e Budri, non era controvertibile; e nella sua storicità nemmeno controverso. Non avere esaminato e ponderato il fatto certo che – come irretrattabilmente affermato dal primo giudice -operatori del Consorzio avevano prestato direttamente attività rende implausibile – per usare un eufemismo – la conclusione del giudice d’appello
(ii) la richiesta del P.M. e l’ordinanza di archiviazione penale. Primo. Il fatto storico. Il secondo fatto storico di cui si lamenta l’omesso esame è l’intervenuta archiviazione del procedimento penale, di c.d. interposizione fittizia, istruito dalla Procura della Repubblica di Padova per i medesimi fatti di causa (ordinanza 7 dicembre 2018 del G.I.P., dep. nel proc. tributario con nota del 12.3.2019 ). Secondo. Il dato testuale. Il
procedimento penale era originato dalla denuncia dell’Agenzia delle Entrate per gli identici fatti per cui è causa e sulla base del PVC qui controverso. La Procura della Repubblica aveva chiesto l’archiviazione concludendo che «gli elementi emersi non consent di affermare la natura fittizia delle operazioni fatturate dal Consorzio e dai suoi fornitori tecnici» (p. 2, doc. 16 ). L’Agenzia, parte offesa, aveva proposto opposizione all’archiviazione. Nella richiamata ordinanza, il G.I.P. aveva invece condiviso le conclusioni del P.M. ritenendo la «impossibilità di sostenere in giudizio la natura fittizia delle operazioni fatturate dal Consorzio e dai suoi fornitori tecnici». Terzo. La discussione processuale. Gli odierni ricorrenti non avevano mancato di dedurre il fatto anche nel giudizio d’appello. A p. 6, punto l), a p. 16 e a pp. 2829 dell’atto di costituzione in appello ) avevano protestato e ribadito come questo dato costituisse una evidente smentita del teorema dell’interposizione fittizia. Quarto. La decisività. L’ordinanza di archiviazione certo non fa giudicato né spiega efficacia di per sé sola nel giudizio tributario. Essa tuttavia costituiva un fatto obbiettivo di cui non poteva e non doveva disconoscersi l’utilizzabilità ex art. 2727 c.c. ‘.
Secondo motivo: ‘Sub art. 360, n. 3, c.p.c.: error in iudicando. – Falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.’.
3.1. ‘I ricorrenti hanno appunto dedotto nel precedente mezzo d’impugnazione l’omesso esame di due fatti dai quali si ricavava una conclusione diametralmente opposta al(l’assai sbrigativo) ragionamento inferenziale della CTR. Ma se anche si volesse ritenere (quod non, ad avviso nostro!) che l’esame di quei due fatti -l’accertata attività del prof. COGNOME e dell’ing. COGNOME e l’archiviazione dell’indagine penale per «impossibilità di sostenere in giudizio la natura fittizia delle operazioni» – debba intendersi incluso nella sommaria formula di p. 5, sestult. riga, della sentenza
impugnata (‘Ora, dalla documentazione allegata, appare più che evidente ‘), allora si dà senz’altro violazione dell’art. 2729 c.c. Ed infatti. Ai fini del controllo di legittimità viene in rilievo nel procedimento logico l’accertamento della oggettiva inconciliabilità degli indizi, che è preclusiva della prova presuntiva. Se la CTR intendeva dire che nella generica ‘documentazione allegata’ erano ricompresi anche i due fatti in questione, in quanto processualmente documentati, avrebbe dovuto allora verificare pure la correlazione tra i diversi indizi e quindi la loro concordanza (Cass. 8 gennaio 2021, n. 161, precit.; Cass. 4 agosto 2017, n. 19485; Cass. 26 giugno 2008, n. 17535). Giacché la accertata attività dei membri del Consorzio Carlini e Budri, da una parte, e l’archiviazione dell’indagine penale sulla natura fittizia delle operazioni fatturate dal Consorzio costituivano, sì, meri indizi: ma indizi palesemente discordanti da quelli invocati in sentenza’.
Terzo motivo: ‘Sub art. 360, n. 3, c.p.c.: error in iudicando. – Violazione dell’art. 1 d.l. 70/2011, anche in correlazione con l’art. 2612 c.c.’.
4.1. ‘La circostanza che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE si fosse avvalso anche, ma non unicamente, come s’è visto – di fornitori esterni non è affatto, di per sé solo, indicativo di fittizietà delle operazioni. L’attività di ricerca, specialmente in campo tecnologico, è di natura tale che necessita fisiologicamente anche dello svolgimento collaterale di attività materiali (come ad es. la realizzazione di prototipi) che implicano il coinvolgimento di diversi attori, non semplicemente committente ed esecutore. Questo era stato messo in luce sin da subito dai ricorrenti (cfr. perizia prof. COGNOME, depositato doc. 3 all’atto di costituzione in appello )’. ‘L’istituto del consorzio, dal canto suo, è certamente privo di scopo di lucro (non potendo avere per sé alcun vantaggio, in quanto lo stesso, al pari dell’eventuale svantaggio, appartiene unicamente e solo alle imprese consorziate) e però costituisce
uno strumento di collaborazione generale tra imprese diverse, volto a realizzare determinate sinergie ‘. ‘Era perciò ineccepibile l’affermazione del G.I.P. (ordinanza 7 dicembre 2018 ) che «risulta che gli incarichi affidati alle imprese consorziate sono stati effettivamente svolti», giacché fisiologicamente ogni consorzio realizza le operazioni economiche di attuazione dello scopo mediante una o più imprese consorziate, oppure con strutture proprie dello stesso consorzio o con impiego di imprese terze . Non si può pertanto ammettere che il consorzio, come tale, possegga in astratto i requisiti normativi per beneficiare dell’agevolazione contemplata dall’art. 1 d.l. 70/2011, e nel contempo negargli la possibilità di operare proprio alla stregua della disciplina degli artt. 2602 e 2612 c.c., senza violare simultaneamente l’una e le altre disposizioni di legge’.
Quarto motivo: ‘Sub art. 360, n. 4, c.p.c.: error in procedendo. Nullità della sentenza per motivazione inesistente e/o del tutto apparente come requisito di validità del provvedimento giurisdizionale: violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.lgs.vo 546/1992, art. 132 cpc, comma 2, n. 4’.
5.1. ‘La sentenza della CTR veneta contiene altresì un’affermazione, a pag. 6, III cpv, secondo cui il progetto di ricerca e sviluppo commissionato al RAGIONE_SOCIALE sarebbe ‘tra l’altro discutibile ”. Ove si ritenesse che tale affermazione abbia ‘contenuto decisorio – i ricorrenti ne deducono l’erroneità e la nullità, poiché siffatta statuizione è, all’evidenza, del tutto disancorata: a) dall’esame della copiosa documentazione prodotta in giudizio dalla società contribuente (ben quattro elaborati peritali: 1) perizia del Prof. NOME COGNOME – allegato ad hoc O; 2) perizia del Prof. NOME COGNOME -allegato ad hoc P; 3) perizia del prof. NOME COGNOME – allegato ad hoc K; 4) perizia della dott.ssa NOME COGNOME – allegato ad hoc Q); 5) fatture di vendita dei prototipi prodotti al termine della ricerca sui mercati esteri –
allegato ad hoc R); b) dalle articolate argomentazioni e delucidazioni fornite, in merito a tale requisito c.d. oggettivo, dalla società contribuente nell’atto di controdeduzioni in appello ‘.
Quinto motivo: ‘Sub art. 360, n. 4, c.p.c.: error in procedendo. Nullità della sentenza per motivazione inesistente e/o del tutto apparente come requisito di validità del provvedimento giurisdizionale: violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.lgs.vo 546/1992, art. 132 cpc, comma 2, n. 4, Violazione altresì dell’art. 112 cpc’.
6.1. ‘La tesi dell’interposizione fittizia del RAGIONE_SOCIALE rende superfluo l’esame delle censure dedotte nell’appello incidentale quanto al recupero a tassazione del rilievo iva per 42.252,70 relativo alle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti’. ‘Ad ogni modo’, la sentenza impugnata ‘in parte qua’ è laconica ed apodittica. ‘Trattasi all’evidenza di una motivazione inesistente e/o del tutto apparente perché non indica gli elementi da cui ha tratto il convincimento e le ragioni per le quali ha ritenuto di respingere le articolate censure dedotte in sede di appello incidentale avverso il recupero dell’Iva afferente alle operazioni soggettivamente inesistenti. Censure, peraltro, articolate sotto molteplici profili, di fatto e di diritto (cfr . pp. 33 -37 dell’atto di controdeduzioni e appello incidentale, allegato G ad hoc) e prospettate come violazione non soltanto dell’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000 (come sbrigativamente riporta la CTR nella sentenza impugnata), bensì altresì come difetto di motivazione, nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma ottavo, lettera a) del D.lgs.vo 471/1997’.
Sesto motivo: ‘Sub art. 360, n. 5, c.p.c. Omesso esame di un fatto decisivo del giudizio: violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000’.
7.1. La ‘sentenza della CTR Veneta viene censurata sotto il diverso profilo dell’omesso esame di circostanze decisive riguardo
alla dedotta violazione dell’art. 12, comma 7, della Legge 212/2000. In particolare, alle pagine 33 -34 dell’atto di controdeduzioni e appello incidentale (allegato G ad hoc), la società contribuente aveva dedotto che ‘il recupero a tassazione per € 47.252,70 dell’IVA sulle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti e le correlate sanzioni si appalesano meritevoli di annullamento in quanto tale rilievo, oltre ad essere stato formalizzato unicamente nel provvedimento impositivo -senza alcun previo contraddittorio endoprocedimentale -ed addirittura in contrasto con le conclusioni prospettate nel PVC emesso a carico della società, è affetto altresì da un grave difetto motivazionale. Invero, a p. 21 dell’avviso di accertamento societario impugnato l’Agenzia delle entrate «recupera l’Imposta sul Valore Aggiunto di € 47.252,70 in quanto relativa a prestazioni effettuate direttamente dai fornitori tecnici nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, con interposizione fittizia del Consorzio RAGIONE_SOCIALE». Procedendo in tal senso, l’Ufficio si è discostato inspiegabilmente dalle conclusioni alle quali era giunto con il PVC del 5/10/2017. I verbalizzanti, infatti, dopo aver preso atto che «le fatture emesse dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Tecnozoo (…), dall’analisi dell’intero impianto sopra ampiamente descritto, non risultano comunque essere state emesse ai fini dell’evasione di IVA (tale imposta risulta effettivamente versata dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE)» (così p. 100 del PVC), non avevano formulato alla p. 125 del PVC alcun recupero a tassazione dell’IVA sulle fatture dei fornitori tecnici’. Nella memoria conclusiva (pp. 16 -18 della memoria illustrativa di secondo grado, allegato ad hoc H) prima dell’udienza avanti alla CTR del Veneto, la difesa della società contribuente aveva ribadito ed insistito quanto alla illegittimità ed infondatezza del recupero dell’Iva afferente alle operazioni soggettivamente inesistenti, poiché: a) era circostanza pacifica ed incontroversa l’avvenuto accesso nei locali aziendali della società contribuente; b) che il PVC del 5/10/2017 elevato a
carico di RAGIONE_SOCIALE alle pagine 100 e 125 (allegato ad hoc A) non contestava l’Iva afferente alle operazioni soggettivamente inesistenti in quanto era stata pagata da RAGIONE_SOCIALE e regolarmente versata dal RAGIONE_SOCIALE; c) soltanto con la notifica degli avvisi di accertamento emessi a carico della società e dei soci veniva contestato per la prima volta il recupero dell’Iva, in violazione dell’art. 12, comma 7, Legge 212/2000; d) in ogni caso, non vi era stato alcun danno per l’erario in quanto l’iva era stata regolarmente pagata e versata, come confermato dai verificatori e dalla stessa Agenzia delle entrate a pag. 16 del proprio atto di appello (allegato ad hoc F). Di tutte tali circostanze dedotte nel fascicolo processuale, la CTR veneta ha omesso qualunque esame e valutazione, incorrendo nella dedotta violazione dell’art. 12, comma 7, della legge 212/2000, in relazione all’art. 360 n. 5 cpc. Si chiede, pertanto, la cassazione dell’erronea sentenza impugnata’.
Settimo motivo: ‘Sub art. 360, n. 4, c.p.c.: error in procedendo. Nullità della sentenza per motivazione inesistente e/o del tutto apparente come requisito di validità del provvedimento’.
8..1. ‘La sentenza impugnata all’ultimo cpv, con riferimento all’appello incidentale proposto dalla società appellata e dai soci in relazione ai recuperi minori (pp. 3741 dell’atto di controdeduzioni e appello incidentale), (allegato ad hoc G), ha statuito stringatamente quanto segue: ‘Parimenti, vanno respinte le ulteriori censure alla sentenza formulate dalla società in sede incidentale , tenuto conto, come correttamente rilevato dai giudici di prime cure, del mancato inserimento di tali violazioni nel ravvedimento operoso’. Si tratta, ancora, di una motivazione apparente e tautologica, che non coglie le censure della parte appellante in via incidentale. Censure, peraltro, articolate sotto molteplici profili, di fatto e di diritto, che in ossequio al principio di autosufficienza vengono qui sinteticamente richiamate (pp. 37 e ss. dell’atto di appello incidentale, allegato ad hoc G): 1) Il recupero a
tassazione ai fini IRAP dei costi delle autovetture di cui al rilievo n. 2/2012 (e le correlate sanzioni) è illegittimo giacché lo stesso è stato prospettato dall’Agenzia soltanto nell’avviso di accertamento e non nel PVC, avendo i contribuenti fatto affidamento sulla assenza di tale violazione. Del resto, la base imponibile IRAP è insensibile alle limitazioni previste dall’art. 164, co. 1, lett. b), TUIR solo ed esclusivamente ai fini delle imposte sui redditi (e non ai fini IRAP). 2) Le sanzioni IVA relative al rilievo n. 2/2012 sono illegittime poiché il ravvedimento operoso è stato eseguito in perfetta conformità con quanto indicato nel PVC, e quindi ravvedendo soltanto l’unica sanzione ivi contestata (per infedele dichiarazione) e non quella -mai contestata -per illegittima detrazione. Ad ogni buon conto, quanto versato in sede di ravvedimento operoso dovrebbe comunque essere imputato pro quota alle due violazioni, secondo il paradigma del ravvedimento in forma ‘frazionata’ o ‘parziale’ (cfr. risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 67/E del 2011). 3) Infine, anche l’aggravio sanzionatorio ex art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 471/1997, che investe entrambi i rilievi n. 2/2012 e n. 3/2012, si palesa illegittimo per difetto di presupposto, poiché le asserite violazioni oggetto del ravvedimento non riguardano una contestazione di fittizietà [sono state realizzate: (i) indicando una percentuale di deduzione e di detrazione diversa rispetto a quella che i verificatori ritengono corretta; (ii) spesando integralmente nell’esercizio 2012 dei costi che i verificatori ritengono essere di natura pluriennale (e quindi da ammortizzare). Nel nostro caso, dunque, non vi è nemmeno l’ombra della fittizietà, e pertanto la maggiorazione delle sanzioni prevista dall’art. 3, comma 3, cit. non può trovare applicazione’ Le ragioni di rigetto dell’appello incidentale sui recuperi minori sono incomprensibili’.
Ottavo motivo: ‘Sub art. 360, n. 4, c.p.c.: error in procedendo. Nullità della sentenza impugnata per omesso esame
dei motivi dedotti in sede di appello incidentale e di riproposizione di motivi rimasti assorbiti proposti dai soci persone fisiche di RAGIONE_SOCIALE: violazione dell’art. 112 cpc, dell’art. 132, comma 2, n. 4 cpc, dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.lgs.vo 546/1992′.
9.1. ‘La sentenza della CTR veneta si appalesa ancora erronea laddove ha pretermesso qualunque esame e valutazione dei motivi di censura dedotti dai soci avverso l’atto di recupero societario ad essi notificato in qualità di asseriti coobbligati e avverso gli avvisi di accertamento IRPEF da essi autonomamente impugnati, in patente violazione delle norme processuali sopra rubricate. Ed invero alle pagine 4148 dell’atto di controdeduzioni e appello incidentale proposto (allegato ad hoc G), unitamente alla società RAGIONE_SOCIALE, altresì dai soci persone fisiche, questi ultimi deducevano le seguenti specifiche censure: I) ‘Illegittimità ed erroneità della sentenza nella parte in cui il primo giudice ha omesso di pronunciarsi sul terzo motivo formulato nei ricorsi introduttivi proposti dai soci (R.G.R. nn. 521-522-523-524/2018), avente ad oggetto illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per mancata elevazione e mancata notificazione di un previo processo verbale di constatazione. Violazione dall’art. 24, L. n. 4/1929 e dell’art. 12, u.c., L. n. 212/2000. Violazione dell’art. 7. L. n. 212/2000 e dell’art. 42, DPR. n. 600/1973’. II) ‘Illegittimità ed erroneità della sentenza nella parte in cui il primo giudice ha omesso di pronunciarsi sul quarto motivo dei ricorsi introduttivi proposti dai soci (R.G.R. nn. 521-522-523-524/2018), avente ad oggetto «Illegittimità dell’avviso di accertamento per mancata indicazione dell’aliquota dell’addizionale comunale»’. III) ‘Sul quarto motivo di ricorso avverso l’atto di recupero, avente ad oggetto «Illegittimità ed infondatezza del provvedimento impugnato anche nella parte in cui irroga la sanzione in misura pari al cento per cento del credito d’imposta» . IV) ‘In via subordinata. Illegittimità della pretesa vantata dall’Ufficio nei confronti dei soci’ . Ebbene, nessuna di
tale censure dedotte in sede di controdeduzioni e appello incidentale proposto dai soci persone fisiche, oltre ai motivi autonomamente proposti dalla società RAGIONE_SOCIALE a difesa del proprio operato, è stata oggetto di scrutinio e di esame da parte della CTR nella sentenza qui impugnata’.
10. A fronte di quanto precede, deve rilevarsi che, con memoria telematica in data 7 ottobre 2024, i contribuenti formulano ‘domanda di applicazione dell’art. 21 -bis del D.lgs.vo 74/2000 per intervenuta sentenza penale dibattimentale di assoluzione, divenuta irrevocabile, pronunciata dal Tribunale di Padova n. 2128/2021 a carico del rappresentante legale di RAGIONE_SOCIALE relativa ai medesimi fatti oggetto della presente vertenza tributaria’.
11. Il tema sotteso a detta domanda involge delicate questioni sistematiche, anche in ordine alla sollecitata, dai contribuenti, applicazione retroattiva dell’art. 21 -bis D.Lgs. n. 74 del 2000, che, ad avviso del Collegio, tenuto viepiù conto delle non coincidenti sensibilità sinora emerse sul punto nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, si palesano allo stato incompatibili con la trattazione secondo il rito camerale.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo.
Così deciso a Roma, lì 24 ottobre 2024.