Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33533 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Ires Irap e Iva 2012
Interposizione fittizia di
società di capitali- Relatore: COGNOME NOME
disegno elusivo-
Operazioni soggettivamente e in parte oggettivamente inesistenti di trasporto-
Intermediazione di manodopera
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33533 Anno 2024
Presidente: NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 25226 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE – dichiarata fallita con sentenza n. 106/2018 dell’11 dicembre 2018 del Tribunale di Latina – in persona dell’ultimo amministratore unico e legale rappresentante pro tempore dott. NOME COGNOME legittimata ad agire a seguito di nulla osta del 2 settembre 2021 del Giudice delegato alla procedura fallimentare, rappresentata e difesa dall’Avv.to Prof. NOME COGNOME, dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori, in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lazio n. 1227/18/2021, depositata in data 1° marzo 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.Previ p.v.c. della G.d.F. di Pomezia del 19 dicembre 2014 e della G.d.F. -Tenenza Aprilia del 30 novembre 2016, l’Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale di Latina, emetteva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (ISP) avviso di accertamento con il quale, per l’anno 201 2, venivano recuperati: 1) ai fini Iva, costi relativi alle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) per servizi di trasporto resi in favore di ISP, ritenute soggettivamente inesistenti; 2) ai fini Ires, costi per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, corrispondenti alla differenza tra le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di ISP e quelle emesse da Speed nei confronti di Logipi; 3) ai fini Irap, l’importo corrispondente al ricarico sulle fatture emesse da Logipi ad ISP rispetto a quelle emesse da Speed a Logipi e l’importo corrispondente alle fatture emesse da Speed a RAGIONE_SOCIALE relativo ai costi di personale della prima il cui pagamento era stato anticipato direttamente da ISP. Le citate riprese scaturivano da una ricostruzione degli assetti negoziali del rapporto trilatero (tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) da cui emergeva il ruolo fittizio di RAGIONE_SOCIALE, meramente interposto tra ISP (che commissionava il trasporto e concedeva a noleggio i propri mezzi senza conducente) e Speed (che materialmente eseguiva i trasporti su veicoli di ISP).
2.Avverso il suddetto avviso di accertamento, la società – dichiarata fallita con sentenza del Tribunale civile di Latina n. 106/2018 dell’11 dicembre 2018 -proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina che, con la sentenza n. 17988/07/2018, lo rigettava.
Avverso la sentenza di primo grado, la società contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina che, con sentenza n. 1227/18/2021, depositata in data 1° marzo 2021, lo rigettava.
In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello ha osservato che: 1) era legittima la ripresa dei costi relativi alle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE per servizi di trasporto resi a ISP trattandosi di operazioni soggettivamente e, in parte oggettivamente, inesistenti; al riguardo, gli elementi indiziari addotti dall’Agenzia ( riconducibilità di ISP e di RAGIONE_SOCIALE al sig. COGNOME amministratore unico di entrambe; prestazioni di trasporto commissionate da ISP eseguite fino al 2011 direttamente da Speed con gli automezzi di ISP e dal 2012 per il tramite di RAGIONE_SOCIALE che continuava ad avvalersi degli autisti di Speed; numerose irregolarità contabili di ISP; pagamento da parte di ISP direttamente dei dipendenti della Speed) emersi dalle indagini della G.d.F. trasfuse nei p.v.c. del 9.12.2014 e del 30.11.2016, non erano stati contestati nella loro valenza oggettiva dalla società contribuente e risultavano -avendo i caratteri della gravità, precisione e concordanza e valutati nel loro complesso idonei a dimostrare l’assunta inesistenza delle prestazioni di trasporto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, essendo la prima un soggetto interposto tra ISP e la Speed, nonché la piena consapevolezza della ISP alla part ecipazione all’accordo fraudolento, a fronte della insussistenza degli elementi forniti a contrario dalla società; 2) legittima era la ripresa, ai fini Irap, dei costi per dipendenti, ad avviso dell’Amministrazione, mascherati come costi per servizi atteso che la circostanza che ISP pagasse direttamente i dipendenti di Speed e anticipasse finanziariamente il pagamento delle prestazioni in modo da garantire a RAGIONE_SOCIALE la provvista costituiva dimostrazione certa della mera funzione strumentale della stessa, malcelata da una parvenza di struttura
organizzativa, contraddetta dalle risultanze del p.v.c. della G.d.F.- Tenenza di Tivoli secondo cui non vi era stato alcun versamento di imposta ai fini Iva, per gli anni 2012-2014, sia da parte di RAGIONE_SOCIALE che da parte di Speed; né era configurabile alcuna violazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003, in quanto, in tema di divieto di intermediazione di manodopera, in caso di somministrazione irregolare, schermata da un contratto di appalto di servizi, andava escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo dal quale scaturivano non essendo configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini Iva, senza che potesse assumere rilevanza l’azione giudiziale del lavoratore per la costituzione del rapporto di lavoro al le dipendenze dell’utilizzatore effettivo in quanto la conversione del rapporto di lavoro, di per sé, implicava la nullità dei contratti che ne erano oggetto (sono richiamate Cass, sez. 5, n. 31720 del 2018; Cass. n. 18808 del 2017); 3) sussistevano pertanto gli estremi per ritenere la sussistenza di un abuso del diritto da parte della società contribuente e per dare riscontro positivo alla presunzione di operazione soggettivamente inesistente per interposizione fittizia il che portava ad escludere che RAGIONE_SOCIALE avesse prestato un ordinario servizio di logistica e di intermediazione nell’esecuzione dei trasporti ; era onere della contribuente fornire la prova contraria ossia dimostrare la piena autonomia tanto nella parte gestionale che nella compagine societaria tra le due società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) ma a ciò la stessa non aveva provveduto.
Avverso la sentenza di appello, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
6 .Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
La società ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 del d.P.R. n. 633/72 e 1705 c.c. per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione sovrapponendo istituti giuridici del tutto diversi, quali l’abuso del diritto,
l’interposizione fittizia e l’interposizione reale. In particolare, la CTR av eva, nella prima parte della motivazione, fatto riferimento alla intermediazione di RAGIONE_SOCIALE senza argomentare alcunché sulla asserita fittizietà della detta società e, nella seconda parte, aveva ritenuto sussistenti gli estremi dell’abuso del diritto, mai contestato alla società, senza soffermarsi sull’elemento principale ai fini della configurabilità dell’interposizione fittizia, qual era l’inconsistenza patrimoniale e operativa del soggetto asseritamente interposto. Al riguardo, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe erroneamente qualificato RAGIONE_SOCIALE, soggetto fittiziamente interposto sebbene risultasse per tabulas l’esistenza e l’operatività della detta società ( svolgeva un’attività economica effettiva in favore anche di clienti diversi da ISP, utilizzava automezzi ulteriori e diversi rispetto a quelli concessi a noleggio da ISP, utilizzava, per l’esecuzione dei trasporti, diversi fornitori tra cui figuravano sia i conducenti alle dipendenze di Speed sia alle dipendenze di altre società cooperative), per cui la fattispecie doveva essere inquadrata come interposizione reale.
2.Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la CTR affermato , da un lato, che gli elementi addotti dall’Amministrazione non erano stati contestati nella loro valenza oggettiva e, dall’altro, l’insussistenza degli elementi forniti dalla società contribuente; con ciò, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello sarebbe incorso in un vero e proprio travisamento della prova, atteso che il quadro probatorio (disponibilità di un proprio parco macchine con veicoli presi in leasing senza ricorrere soltanto ai mezzi di ISP; utilizzo non solo degli autisti di Speed, stante la commissione di parte dei trasporti ai c.d. padroncini ovvero imprenditori indipendenti cui venivano subappaltati i trasporti ‘a chiamata’ nei momenti di intensa attività; sostenimento di specifici oneri e di costi per la manutenzione del parco macchine; esistenza di una propria clientela, etc.) fornito dalla società nei gradi di merito era idoneo a dimostrare in modo non equivoco l’esistenza e il ruolo effettivo di RAGIONE_SOCIALE nelle transazioni commerciali in questione. Peraltro, la CTR avrebbe omesso di valutare un ulteriore fatto, già acquisito al giudizio tributario,
concretantesi nel dispositivo della sentenza del Tribunale penale di Velletri n. 954/20 del 15 giugno 2020 con cui era stata disposta l’assoluzione piena (‘perché il fatto non sussiste’) nei confronti del legale rappresentante di Speed (dott. COGNOME con riferimento al reato di falsa fatturazione quanto agli stessi fatti oggetto del giudizio tributario (transazioni tra ISP, RAGIONE_SOCIALE e Speed).
3.Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 c.c. e 37 del d.P.R. n. 600/73 per avere la CTR ritenuto l’inesistenza soggettiva e, in parte oggettiva, dei servizi di trasporto fatturati da RAGIONE_SOCIALE aderendo alla ricostruzione meramente indiziaria dell’Amministrazione, sebbene si trattasse di elementi non idonei a fornire un quadro grave, preciso e concordante sulla ricorrenza di una frode, per la loro valenza in sé e soprattutto alla luce della prova contraria fornita dalla contribuente per tabulas nei gradi di merito, circa l’effettiva esistenza e l’operatività di RAGIONE_SOCIALE nonché l’insussistenza di un accordo fraudolento tra ISP, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e di alcuna simulazione (il fatto che il sig. COGNOME rivestisse una carica sociale in entrambe le società era del tutto irrilevante ai fini della regolarità o meno delle operazioni sotto il profilo della frode fiscale; il fatto che Speed, quale cooperativa di soli autisti, effettuava direttamente i trasporti con proprio personale era una prassi consolidata nel settore dei trasporti e della logistica; le somme corrisposte da ISP direttamente agli autisti di Speed costituivano anticipazioni di pagamenti, contabilizzate in maniera non corretta, irrilevanti ai fini della consapevolezza di un’eventuale frode etc.).
4.I primi tre motivi -da trattare congiuntamente- sono in parte inammissibili e in parte infondati.
4.1.In termini generali, il meccanismo che, nel nostro ordinamento, mira a riallineare l’attività svolta da un altro soggetto sull’effettivo percettore dei redditi è quello previsto dall’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 che dispone: «In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è
l’effettivo possessore per interposta persona». La norma prevede che l’Ufficio possa utilizzare elementi indiziari, dotati di pregnanza presuntiva, al fine di accertare il fatto costitutivo dell’imposizione tributaria rappresentato dal possesso effettivo di un reddito «per interposta persona». Giova sottolineare che, come costantemente ribadito dalla Corte, ai fini del soddisfacimento dell’onere probatorio dell’Ufficio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità, con riferimento a una connessione probabile di accadimenti in base a regole di esperienza (Cass. n. 13807 del 22/05/2019; Cass. n. 4168 del 21/02/2018; Cass. n. 17833 del 19/07/2017; Cass. n. 25129 del 7/12/2016; già Cass. S.U. n. 9961 del 13/11/1996). L’oggetto della prova incombente sull’Amministrazione finanziaria, peraltro, non attie ne agli elementi costitutivi dell’interposizione ma solo come precisa la norma -che «egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona»: la funzione della norma, dunque, è quella di evitare che il contribuente (effettivo possessore) si sottragga al prelievo occultando all’Amministrazione finanziaria la propria identità di contribuente, ricorrendo a interposizioni negoziali tali da attribuire a terzi il possesso del reddito. In altri termini, il possesso del reddito «per interposta persona» costituisce il fatto ignoto oggetto della prova logica a carico dell’Ufficio, quale elemento che lega il reddito prodotto dal soggetto interposto al titolare effettivo: la rilevanza dell’effettivo possesso del reddito rispetto alla sua titolari tà formale sancisce la prevalenza della sostanza (possesso del reddito) sulla forma (titolarità del reddito) e della realtà sull’apparenza, dovendosi individuare non la natura fittizia o ingannevole della titolarità del reddito, bensì l’effettività dell’es ercizio del possesso del reddito a prescindere dalla sua formale titolarità. Tale percorso argomentativo e giuridico, per l’ampia latitudine della norma, non è limitato dalla tipologia di reddito oggetto di accertamento e, dunque, si estende -come recentemente precisato da questa Corte (Cass. n. 5276 del 17/02/2022) -anche al reddito d’impresa e all’ipotesi in cui l’interposto sia una società di capitali,
salva la necessaria specifica verifica della relazione di fatto tra contribuente e reddito per operare la traslazione del reddito d’impresa prodotto all’effettivo titolare (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 33457 del 2023). Non ha rilievo, invece, la dimostrazione che l’interposizione sia reale o fittizia: l’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, infatti, si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, anche a quella reale, ed anche ad un uso improprio di un legittimo strumento giuridico ( ex multis , Cass. n. 11055 del 27/04/2021; Cass. n. 17128 del 28/06/2018; Cass. n. 5408 del 03/03/2017). A fronte di tale prova, che può essere fornita anche solo in via presuntiva, incomberà poi al contribuente fornire la prova contraria dell’assenza di interposizi one ovvero della mancata percezione dei redditi del soggetto interposto (Cass. n. 29228 del 20/10/2021; Cass. n. 5276 del 2022, cit. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 33457 del 2023).
4.2.Quanto al censurato malgoverno del materiale probatorio da parte del giudice di merito, è pacifico che competa alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., sez. 5, ord. n. 19352 del 2018, Cass., sez. 6-5, n. 10973/2017, Cass., sez. 5, n. 1715/2007). Infatti, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente
risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. 3, Sentenza n. 17535 del 26/06/2008). Ebbene, in ordine all’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva che, anche sola, è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti, accertarti dalla amministrazione (Cass., sent. n. 1575/2007), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova. La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017). Ciò che dunque rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi, o anche di un solo significativo indizio, a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria. 4.3.Quanto alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., va ricordato che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. La d oglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o,
comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre , ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020).
4.4.Nella sentenza impugnata la CTR ha ritenuto – nel rispetto dei principi di diritto sopra richiamati e con un apprezzamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità – che gli elementi presuntivi (riconducibilità di ISP e di RAGIONE_SOCIALE al sig. COGNOME amministratore unico di entrambe; prestazioni di trasporto commissionate da ISP eseguite fino al 2011 direttamente da Speed con gli automezzi di ISP mentre dal 2012 per il tramite di RAGIONE_SOCIALE che continuava ad avvalersi degli autisti di Speed; numerose irregolarità contabili di ISP), emersi in sede di indagine della Gdf di cui ai p.v.c. del 9.12.2014 e del 30.11.2016 fossero idonei a comprovare – in quanto, in una valutazione complessiva degli stessi, dotati dei caratteri della gravità, precisione e concordanza l’inesistenza soggettiva (e in parte oggettiva) dei servizi di trasporto fatturati da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di ISP, essendo la prima soggetto interposto tra ISP e la RAGIONE_SOCIALE, esecutrice effettiva con il proprio personale delle prestazioni in questione, nonché la ‘consapevolezza della ISP di partecipare all’accordo fraudolento’, a fronte della stimata- ugualmente in base ad una valutazione di merito insindacabile in questa sede -‘ insussistenza degli elementi forniti dall’appellante per dimostrare, viceversa, la loro esistenza, inerenza e adeguatezza ‘. In particolare, ad avviso del giudice di appello, ‘ già la sola comunanza della figura dell’amministratore, COGNOME COGNOME, che a sua volta deteneva la quasi totalità delle quote della RAGIONE_SOCIALE e della s.r.l. RAGIONE_SOCIALE che controllava la ISP,
evidenziava che una società era certamente a conoscenza degli intenti dell’altra ed era indubbio che avevano agito concordemente per assicurarne il buon esito. In detto contesto era altresì incontestato che le compensazioni poste in essere tra la ISP e la Logipi avessero un effetto elusivo in ordine all’Iva e che ben si inquadravano in quel contesto di ripetute irregolarità contabili …risultato comune ad entrambe le società’. Anche con riferimento alla contestata omessa fatturazione dei servizi di noleggio dei mezzi da parte di ISP nei confronti di Speed, ad avviso del giudice di appello, ‘ le circostanze emerse avevano evidenziato che RAGIONE_SOCIALE era un soggetto fittizio e che, invero, i servizi erano prestati effettivamente nei confronti di Speed alla quale avrebbero dovuto essere correttamente fatturati in quanto era proprio quest’ultimo sogget to che si era occupata da espletare i servizi di trasporto commissionati da ISP servizi che svolgeva avvalendosi dei mezzi fornitigli a noleggio dallo stesso fruitore del servizio ‘. Peraltro, ‘ non poteva ritenersi dirimente la circostanza che il contratto con la Speed fosse stato risolto tra le parti a far data dall’1.11.2011, atteso che era incontroverso che la Speed avesse continuato ad eseguire i trasporti avvalendosi dei mezzi di Isp ad ulte riore avallo della natura di ‘filtro’ proprio della Login ‘.
Risulta, pertanto, che, ad avviso del giudice di appello – in base ad un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità e senza incorrere nella denunciata sovrapposizione di istituti giuridici del tutto diversi -gli elementi indiziari emersi in sede di p.v.c. evidenziavano sostanzialmente un rapporto trilatero (ISI, RAGIONE_SOCIALE e Speed) con interposizione fittizia di RAGIONE_SOCIALE tra ISP (che commissionava le prestazioni di trasporto fornendo anche i mezzi) e Speed (che eseguiva materialmente le prestazioni con i propri autisti); da qui la conseguente inesistenza soggettiva e parzialmente oggettiva delle prestazioni di trasporto con interposizione strumentale di RAGIONE_SOCIALE e la ravvisata consapevolezza della contribuente di partecipare ad un disegno fraudolento per conseguire indebiti vantaggi fiscali.
4.5.Inammissibile si configura il primo motivo nella parte in cui denuncia l’erronea qualificazione di RAGIONE_SOCIALE quale soggetto fittiziamente interposto tra ISP
e Speed in quanto premesso che ‘ nell’interposizione reale, diversamente da quella fittizia, non si ha simulazione vera e propria ma l’accordo interno devolve all’interponente gli effetti e i risultati dei negozi con terzi rimasti estranei all’accordo, poiché il soggetto interposto negozia coi terzi a nome proprio e acquisisce effettivamente quanto deriva dal negozio (Cass. n. 12763 del 2016; Sez. 5, Sentenza n. 5153 del 2021; Sez. 5, Ord. n. 11705 del 2021) -nella specie, la CTR – con una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità -ha accertato, in base ad un accordo fraudolento, l’interposizione fittizia di RAGIONE_SOCIALE, quale società ‘filtro’, (dopo la risoluzione del contratto con la Speed, quest’ultima ‘ aveva continuato ad eseguire i trasporti avvalendosi dei mezzi di ISP’ ;…la RAGIONE_SOCIALE aveva funzione meramente strumentale … malcelata da una parvenza di struttura organizzativa, contraddetta dalle risultanze del p.v.c. della G.d.F.- Tenenza di Tivoli secondo cui non vi era stato alcun versamento di imposta ai fini Iva, per gli anni 2012-2014, sia da parte di RAGIONE_SOCIALE che da parte di RAGIONE_SOCIALE) nei rapporti tra ISP e RAGIONE_SOCIALE, stante l’emersa inesistenza soggettiva (e in parte oggettiva) dei servizi di trasporto fatturati fittiziamente da RAGIONE_SOCIALE ma eseguiti effettivamente in favore di ISP da RAGIONE_SOCIALE con proprio personale; peraltro, l’accertata inte rposizione fittizia di RAGIONE_SOCIALE nelle operazioni di trasporto in questione non presupponeva necessariamente l’inesistenza assoluta del soggetto interposto; a front e degli elementi presuntivi denotanti l’interposizione fittizia di RAGIONE_SOCIALE, la CTR ha concluso che ‘era onere della fornire la prova contraria ossia provare la piena autonomia tanto nella parte gestionale che nella compagine societaria tra le due società ma a tanto non aveva provveduto’. La censura si risolve, pertanto, in una generica richiesta di rivalutazione nel merito del materiale probatorio acquisito agli atti, come tale inammissibile in sede di legittimità. Invero, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operata dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404
del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. 18611 e 15276 del 2021; Cass. 37623/22).
4.6.Quanto all’assunto travisamento della prova denunciato con il secondo motivo, il giudice di appello, se da un lato, ha ritenuto – con un apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità – gli elementi presuntivi emersi in sede di indagine della G.d.F. dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, e atti a comprovare l’inesistenza soggettiva (e in parte oggettiva) dei servizi di trasporto oggetto delle fatture emesse da Logipi per essere quest’ultima soggetto meramente interposto nel rapporto tra ISP e Speed, nonché la consapevolezza della ISP di partecipare ad un accordo fraudolento, dall’altro ha escluso – con uguale insindacabile apprezzamento di merito – la produzione da parte della contribuente di elementi tali da dimostrare l’esistenza delle operazioni in contestazione (‘ a fronte della insussistenza degli elementi forniti per dimostrare, viceversa, la loro esistenza, inerenza e adeguatezza ‘). Invero, la valutazione dei documenti e delle altre risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Sez. 5,n. 15266 del 2023;Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097); anche con riguardo alla denunciata omessa valutazione da parte del giudice di appello del dispositivo della sentenza del Tribunale penale di Velletri, n. 954/20 del 15 giugno 2020 (quale allegato 1 alla nota di deposito del 4 settembre 2020) di assoluzione (‘ perché il fatto non sussiste ‘) del legale rappresentante di NOME per il reato di falsa fatturazione, con riferimento agli stessi fatti oggetto del giudizio tributario (la cui motivazione sarebbe stata esibita in sede di udienza dinanzi alla CTR il 24 settembre 2020),
la censura tende ad una rivalutazione dell’apprezzamento di merito del giudice di appello circa la mancata produzione da parte della società contribuente di elementi a contrario idonei a scalfire il quadro indiziario dell’Ufficio, tanto più che di tale pronuncia non viene neanche dedotto l’avvenuto passaggio in giudicato.
5 . Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 3 -bis, del d.lgs. n. 276/2003 e dell’art. 1269 c.c. , per avere la CTR ritenuto legittima la ripresa Irap, con riguardo ai costi per dipendenti asseritamente mascherati come costi per servizi, trattandosi di prestazioni di lavoro subordinato rese dagli autisti di Speed in favore di ISP con l’intermediazione di RAGIONE_SOCIALE sebbene, pur ammettendo la configurazione – negata in via principale di un’illegittima interposizione di manodopera, in mancanza dell’azione giudiziale del lavoratore e della conseguente sentenza costitutiva del giudice, fosse da escludere l’automatica sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra i dipendenti di Speed e l’utilizzatrice ISP ( viene richiamata Cass. n. 25014 del 2015).
5.1.Il motivo è infondato.
5.2.Questa Corte (tra varie, Cass., ord. 5 ottobre 2018, n. 24457; 2 agosto 2017, n. 19206; 26 luglio 2017, n. 18476) ha già avuto occasione di chiarire che l’art. 1, u.c., della I. n. 1369 del 1960, secondo cui i lavoratori sono considerati alle dipendenze dell’imprenditore che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, comporta che solo sull’appaltante, recte, sull’interponente gravano tutti gli obblighi, anche fiscali, scaturenti dal rapporto di lavoro. Il che non può che riverberarsi in tema di iva e di irap: quanto all’iva, perché non è configurabile operazione resa a committente avente a oggetto le prestazioni lavorative dei propri dipendenti; in relazione all’irap, per nullità del titolo giuridico dal quale scaturiscono i costi dedotti dal relativo imponibile.
5.3.Per il periodo successivo all’entrata in vigore del d.lgs. 276/03, peraltro, resta il divieto d’intermediazione di manodopera (sub specie di somministrazione irregolare) in armonia con i principi costituzionali volti a collegare al rapporto di
lavoro subordinato e soltanto a esso una serie di posizioni di vantaggio (Cass., sez. un., 26 ottobre 2006, n. 22910, che si riferisce, in motivazione, appunto alla disciplina introdotta nel 2003), e ciò in base anche ai criteri fissati dalla legge delega n. 30/03 (Cass. 26 ottobre 2018, n. 27213; 15 febbraio 2013, n. 3795 e, quanto alla giurisprudenza penale, Cass. 2 luglio 2015, n. 27866, COGNOME). Al cospetto di appalto non genuino, dunque, opera il divieto di dissociazione tra imputazione formale del rapporto di lavoro e utilizzazione effettiva della prestazione lavorativa (Cass. n. 27213/18, cit.); il che ridonda nella nullità del contratto, che conforma anche la sorte di quello fra lavoratore e somministratore e incide ai fini dell’iva e dell’irap (in termini, Cass., ord. 7 dicembre 2018, n. 31720; 17 gennaio 2018, n. 938; 27 luglio 2018, n. 19966 e 12 novembre 2018, n. 28953). Irrilevante, in particolare, è la richiesta del lavoratore, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., di costituire il rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione.
5.4. In particolare, ne è conseguita l’enunciazione del seguente principio di diritto: ‘ In tema di divieto d’intermediazione di manodopera, in caso di somministrazione irregolare, schermata da un contratto di appalto di servizi, va escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini IVA, senza che possa assumere rilevanza, a riguardo, l’azione giudiziale del lavoratore per la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore effettivo, in quanto la conversione del rapporto, di per sé, implica la nullità dei contratti che ne sono oggetto ‘(Sez. 5, Sentenza n. 31720 del 07/12/2018;conf.,Sez. 5 – , Sentenza n. 32185 del 10/12/2019).
5.5. E’ stato dunque superato, per quest’aspetto, il diverso orientamento espresso da questa Corte (con sentenza 11 dicembre 2015, n. 25014; conf., ord. 15 marzo 2017, n. 6722), la quale, facendo leva sull’art. 27 del d.lgs. n. 276/03 (richiamato, in tema di appalto, dall’art. 29, comma 3bis , del medesimo decreto), ha sostenuto che, poiché non è più prevista per legge l’instaurazione
del rapporto di lavoro fra lavoratore e committente/appaltante o utilizzatore, la fatturazione delle prestazioni rese da parte della ditta intermediaria, in mancanza d’instaurazione del rapporto su domanda del lavoratore, sia sufficiente a legittimare la detrazione dell’iva relativa; parimenti, l’efficacia della fatturazione consentirebbe la deduzione dei costi fatturati ai fini delle imposte dirette e dell’irap.
5.6. Al riguardo si è osservato (Sez. 5, Sentenza n. 31720 del 07/12/2018) che ‘ il ricorso che il lavoratore propone «quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1» (art. 29, comma 3-bis) mira a ottenere la conversione nel contratto di lavoro con chi si è giovato delle sue prestazioni; e la conversione, di per sé, postula la nullità dei contratti che ne sono oggetto, in particolare di quello tra interponente e interposto, che può essere fatta valere da chi ne abbia interesse, quindi anche dal fisco, nonché rilevata d’ufficio. Benché il legislatore discorra di costituzione del rapporto, la circostanza che l’azione possa essere esperita anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore esclude in radice che quella prevista sia un’ipotesi di annullabilità anziché di nullità (Cass. 1 agosto 2014, n. 17540). D’altronde l’azione di accertamento del fisco, terzo rispetto ai rapporti scaturenti dall’appalto stipulato in violazione di quanto previsto dall’art. 29, 10 co., del d.lgs. n. 276/03, nel testo vigente all’epoca dei fatti, non può dipendere dalla scelta, individuale e imponderabile, del lavoratore di promuovere, o no, l’azione per la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del datore di lavoro interponente, almeno nei casi in cui l’instaurazione del rapporto e dei correlativi obblighi non si atteggi a presupposto impositivo. 7.Se l’appalto non si distingue dalla somministrazione giusta l’art. 29, 10co., del d.lgs. n. 276/03, non è configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini iva, in relazione all’esecuzione della quale la contribuente ha detratto l’imposta assolta o dovuta e sulla configurabilità della quale insiste in controricorso. Di qui l’esclusione del diritto di detrazione, che scaturisce dall’effettiva realizzazione della prestazione di servizi. Sicché, mancando questa, esso non sorge (Corte giust. 27 giugno 2018, cause C-459-460/17, SGI e Valériane snc, punto 35); né l’esercizio di esso si
estende a un’imposta dovuta esclusivamente perché è menzionata su una fattura (Corte giust. 4 luglio 2013, causa C-572/11, COGNOME biznes reshenia, punto 20). 7.1.- A non diverse conclusioni si perviene riguardando la prestazione come di somministrazione irregolare, e quindi nulla. Difatti, benché in generale il principio di neutralità fiscale osti a una distinzione generalizzata tra contratti leciti e illeciti (Corte giust. 28 maggio 1998, causa C-3/97, COGNOME e Unstead), al principio fa eccezione il caso in cui per le caratteristiche particolari dell’oggetto della cessione o della prestazione sia esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito e uno illecito (Corte giust. in causa C-3/97, cit., punto 12). Ed è questo il caso, giacché il divieto di dissociazione tra imputazione formale del rapporto di lavoro e utilizzazione effettiva del rapporto comporta che, di là dalle ipotesi di somministrazione regolare, la fornitura di mere prestazioni di lavoro è esclusa dal circuito economico’ (nello stesso senso, ex multis , Cass. n. 34727 del 2019; n. 12808 del 2020; n. 12551 del 2020; n. 34876 del 2021; n. 7440 del 2022).
5.7.Questo orientamento è stato ribadito anche da Cass. sez. 5, n. 20613 del 2024 (secondo cui la fatturazione delle prestazioni rese da parte del somministratore non legittima la detrazione dell’IVA ad esse relativa, né la maggior IRAP dovuta, scaturente dall’esclusione della deduzione, quali componenti negativi, per le spese del personale) anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia, sentenze 11 marzo 2020 RAGIONE_SOCIALE, nella causa C-94/19 e C-114/22 del 25 maggio 2023. Ques t’ultima sentenza è stata applicata dalla Corte di cassazione attraverso l’affermazione del principio di diritto secondo il quale ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA da parte della cessionaria in caso di nullità del contratto di ces sione del bene e relativa fattura emessa dalla cedente, in applicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE sentenza C-114/22 del 25 maggio 2023, il soggetto passivo non è privato del diritto alla detrazione per il solo fatto che il contratto è viziato da nullità sulla base del diritto civile, se non è dimostrato che sussistono gli elementi che consentono di qualificare tale operazione ai sensi del diritto unionale come fittizia oppure, qualora detta operazione sia stata
effettivamente realizzata, che essa trae origine da un’evasione dell’imposta o da un abuso di diritto.
5.8. In tema di somministrazione irregolare di manodopera schermata da un contratto di appalto di servizi, l’orientamento sopra richiamato (tra tutte Cass. n. 31720 del 2018) è stato, da ultimo, confermato da Cass. sez. 5, sentenza n. 22233 del 2024 con riferimento alla legittimità dei recuperi ai fini Ires, Irap e Iva (discostandosene in punto di recupero delle ritenute di acconto) puntualizzandonell’evidenziare la complessiva ‘caratura illecita’ del contratto intercorrente tra l’apparente appaltante e l’apparente appaltatore -che ‘ in caso di somministrazione irregolare, schermata da un contratto di appalto di servizi, l’operazione economica rappresentata da quest’ultimo in realtà non ha avuto obiettivamente luogo tra le parti, che in effetti neppure la volevano: la qual cosa equivale a dire che è mancata la fornitura in sé dei servizi dedotti in contratto ad opera dell’apparente appaltatore, a fronte, e però anche in ragione, della quale era (fittiziamente) pattuito nei suoi confronti il pagamento del corrispettivo ad opera dell’apparente appaltante. L’inesistenza in sé della prestazione rende radicalmente privo di giustificazione l’esborso dell’apparente appaltante, che, pertanto, in difetto di certezza oltreché di inerenza, non può giovarsene né per det rarre l’IVA né, a fini reddituali, per computarlo in diminuzione sul reddito quale costo sostenuto (ma in realtà non sostenuto come esposto in fattura) per la sua produzione ‘ (punto 5.1.).
5.9.Nella sentenza impugnata la CTR ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi nel ritenere indeducibili, ai fini Irap, i costi per dipendenti, mascherati come costi per servizi atteso che «la loro stessa contabilizzazione sotto la voce ‘stipendi dipendenti’ evidenziava l’effettuazione di prestazioni di lavoro subordinato dagli autisti di Speed in favore di ISP, con l’intermediazione di RAGIONE_SOCIALE; infatti, la circostanza che ISP pagasse direttamente i dipendenti di Speed e anticipasse finanziariamente il pagamento delle prestazioni in modo da garantire a RAGIONE_SOCIALE la provvista costituiva dimostrazione certa della mera funzione strumentale della stessa, malcelata da una parvenza di struttura organizzativa,
contraddetta dalle risultanze del p.v.c. della G.d.F.-Tenenza di Tivoli secondo cui non vi era stato alcun versamento di imposta ai fini Iva, per gli anni 2012-2014, sia da parte di RAGIONE_SOCIALE che da parte di Speed»; la non genuinità dell’appalto comportava la non deducibilità dei componenti in questione, per mancanza di certezza, derivante dalla nullità del titolo giuridico da cui scaturiva la relativa obbligazione patrimoniale (sono richiamate Cass. n. 31720 del 2018 e Cass. n. 18808/17, cit .). Certezza, predicabile anche in tema di Irap, giusta il richiamo dell ‘ art. 5 del d.lgs. n. 446/97 all’art. 2425 c.c. e, per conseguenza, ai requisiti di correttezza e veridicità del bilancio che attengono al risultato economico.
6.In conclusione, il ricorso va rigettato.
7.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 13.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2024 e, in seconda riconvocazione, in data 30