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Interposizione fittizia: costi non deducibili

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33533/2024, ha rigettato il ricorso di un’azienda, confermando la non deducibilità di costi e la non detraibilità dell’IVA in un caso di interposizione fittizia. L’operazione, mascherata da appalto di servizi di trasporto, celava in realtà un’illecita intermediazione di manodopera. La Corte ha stabilito che, di fronte a presunzioni gravi, precise e concordanti fornite dal Fisco, come la comunanza di amministratori e flussi finanziari anomali, spetta al contribuente dimostrare la genuinità dell’operazione. In assenza di tale prova, i costi derivanti da contratti nulli non sono deducibili.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

L’Interposizione Fittizia e la Deducibilità dei Costi: un’Analisi della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia fiscale: la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA sono subordinate alla genuinità delle operazioni sottostanti. Quando un contratto di appalto maschera un’interposizione fittizia di una società e una conseguente illecita fornitura di manodopera, i vantaggi fiscali vengono disconosciuti. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti: Un Triangolo Societario Sotto la Lente del Fisco

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società committente per Ires, Irap e Iva relative all’anno 2012. Il Fisco contestava la legittimità di un rapporto trilaterale che vedeva coinvolte tre entità:

1. La Società Committente: l’azienda che necessitava di servizi di trasporto.
2. La Società di Logistica: un’azienda che fatturava formalmente i servizi di trasporto alla Committente.
3. La Cooperativa di Trasporti: la società che, di fatto, eseguiva materialmente i trasporti con i propri autisti, utilizzando però i mezzi della Committente.

L’Amministrazione Finanziaria ha ricostruito un quadro indiziario solido, evidenziando che la Società di Logistica era un mero schermo, un soggetto fittiziamente interposto. Tra gli indizi più rilevanti figuravano la riconducibilità della Committente e della società interposta al medesimo amministratore unico, nonché il pagamento diretto dei dipendenti della Cooperativa da parte della Committente. Si trattava, secondo il Fisco, di un disegno elusivo volto a creare costi fittizi e a mascherare un’intermediazione illecita di manodopera.

La Decisione della Corte di Cassazione

Dopo che sia la Commissione Tributaria Provinciale sia quella Regionale avevano dato ragione al Fisco, la società contribuente ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità dell’accertamento fiscale e condannando la società al pagamento delle spese legali.

Le Motivazioni: Analisi dell’Interposizione Fittizia e dell’Appalto Non Genuino

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali: la nozione di interposizione ai fini fiscali e le conseguenze della nullità di un contratto di appalto non genuino.

L’Interposizione Fittizia e l’Onere della Prova

La difesa della società si basava sulla distinzione tra interposizione fittizia e interposizione reale, sostenendo che la società di logistica fosse pienamente operativa. La Cassazione ha chiarito che, ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. 600/73, tale distinzione è irrilevante. Ciò che conta è stabilire chi sia l’effettivo possessore del reddito. L’Ufficio può dimostrarlo anche tramite presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti.

Nel caso di specie, gli elementi raccolti (comunanza dell’amministratore, irregolarità contabili, pagamenti diretti dei lavoratori) sono stati ritenuti idonei a provare l’esistenza di un accordo fraudolento e il ruolo di mero ‘filtro’ della società di logistica. A fronte di un quadro probatorio così solido fornito dall’Amministrazione, l’onere della prova si sposta sul contribuente, che avrebbe dovuto dimostrare la piena autonomia gestionale e societaria dell’intermediario, cosa che non è avvenuta.

Appalto Illecito e Indeducibilità dei Costi

La Corte ha inoltre confermato il suo consolidato orientamento in materia di somministrazione irregolare di manodopera mascherata da appalto di servizi. Quando un contratto di appalto non è genuino, ma serve solo a dissociare l’utilizzatore effettivo della prestazione lavorativa dal datore di lavoro formale, tale contratto è nullo.

La nullità del titolo giuridico ha conseguenze fiscali dirette e inevitabili:

* Ai fini IVA: Non essendo configurabile una reale prestazione di servizi da parte dell’intermediario, viene meno il diritto alla detrazione dell’imposta addebitata in fattura.
* Ai fini IRES e IRAP: I costi fatturati dall’intermediario non sono deducibili, in quanto privi del requisito di certezza e inerenza, derivando da un’obbligazione patrimoniale scaturita da un contratto nullo.

È stato inoltre precisato che, ai fini di tale accertamento fiscale, è del tutto irrilevante l’eventuale azione giudiziale del lavoratore per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro con l’utilizzatore effettivo. Il Fisco può autonomamente rilevare la nullità del contratto e trarne le dovute conseguenze fiscali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per le imprese che si avvalgono di contratti di appalto per servizi, specialmente nel settore della logistica e dei trasporti. La Suprema Corte ribadisce che la forma giuridica non può prevalere sulla sostanza economica delle operazioni. Le aziende devono prestare la massima attenzione alla genuinità dei contratti di appalto, assicurandosi che l’appaltatore disponga di una reale organizzazione d’impresa, assuma il rischio economico e gestisca in autonomia il proprio personale. In assenza di questi elementi, il rischio di vedersi contestare un’interposizione fittizia, con il conseguente disconoscimento di costi e IVA, è estremamente elevato.

Quando un intermediario in un contratto di servizi viene considerato fittizio dal Fisco?
Un intermediario viene considerato fittizio quando l’Amministrazione Finanziaria, attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, dimostra che il suo ruolo è puramente formale e strumentale a un disegno elusivo. Indizi come la comunanza di amministratori con il committente, l’assenza di una reale struttura organizzativa, e flussi finanziari anomali (es. pagamenti diretti dal committente ai dipendenti dell’esecutore) sono elementi chiave per provare l’interposizione.

Se un contratto di appalto nasconde una fornitura illecita di manodopera, i costi fatturati sono deducibili?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un contratto di appalto che maschera una somministrazione irregolare di manodopera è nullo. La nullità del titolo giuridico comporta la non deducibilità dei costi ai fini Ires e Irap per mancanza dei requisiti di certezza e inerenza, e la non detraibilità della relativa IVA, poiché non vi è una reale prestazione di servizi imponibile da parte dell’intermediario.

È necessario che i lavoratori facciano causa all’azienda utilizzatrice per dimostrare l’intermediazione illecita di manodopera ai fini fiscali?
No. La Corte ha chiarito che, ai fini dell’accertamento fiscale, l’azione giudiziale del lavoratore per la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore effettivo è irrilevante. L’Amministrazione Finanziaria può autonomamente accertare la natura non genuina dell’appalto e la conseguente nullità del contratto, procedendo al recupero delle imposte senza dover attendere una pronuncia del giudice del lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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