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Interposizione fittizia: chi ha l’onere della prova?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20846/2025, interviene sul tema dell’interposizione fittizia e la ripartizione dell’onere della prova in materia di IVA. Il caso riguardava una società immobiliare che, attraverso un fondo d’investimento e una società di gestione, aveva eluso le imposte. La Corte ha stabilito che, una volta provata dall’Amministrazione Finanziaria l’esistenza dello schema interpositorio, spetta al contribuente (l’interponente) dimostrare che l’IVA dovuta sulle operazioni è stata regolarmente versata dall’ente interposto. Questo principio ribalta la decisione precedente, che erroneamente addossava tale onere all’Ufficio.

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Pubblicato il 26 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interposizione Fittizia: La Cassazione sull’Onere della Prova per l’IVA

L’interposizione fittizia è uno strumento spesso utilizzato per eludere le normative fiscali, celando il reale beneficiario di un reddito. Con la recente ordinanza n. 20846 del 2025, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sulla ripartizione dell’onere della prova in materia di IVA, stabilendo principi netti che rafforzano gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società immobiliare. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la società aveva architettato un complesso schema elusivo per gli anni d’imposta 2008 e 2009. Invece di gestire direttamente la locazione e la vendita di alcuni immobili, aveva conferito tali beni a un fondo immobiliare chiuso, formalmente gestito da una società terza (SGR). Questo schema permetteva di sfruttare il regime fiscale di favore previsto per i fondi immobiliari, sottraendo i proventi alla tassazione ordinaria ai fini Ires, Irap e, soprattutto, IVA.

L’Ufficio sosteneva che il fondo e la sua società di gestione fossero meri intermediari (soggetti interposti), mentre la società immobiliare fosse l’effettivo possessore dei redditi (soggetto interponente), che agiva uti dominus. Dopo un lungo iter giudiziario, la questione è giunta in Cassazione, con un focus specifico sull’onere della prova relativo al versamento dell’IVA.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e rinviando la causa per un nuovo esame. Il punto centrale della decisione è l’inversione dell’onere della prova. I giudici di legittimità hanno stabilito che, una volta che l’Ufficio ha fornito prove, anche presuntive (purché gravi, precise e concordanti), dell’esistenza di uno schema di interposizione fittizia, non è più l’Amministrazione a dover dimostrare il mancato pagamento dell’IVA da parte del soggetto interposto.

Al contrario, spetta al contribuente interponente, ossia colui che ha beneficiato dello schema, fornire la prova contraria: dimostrare che l’IVA è stata regolarmente assolta dalla società di gestione del fondo.

Le Motivazioni: Interposizione fittizia e la regola generale

La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973. Questa norma consente di imputare i redditi al contribuente che ne è l’effettivo possessore, anche se formalmente appaiono intestati a terzi. I giudici hanno chiarito alcuni punti fondamentali:

1. Irrilevanza della natura dell’interposizione: La norma si applica sia all’interposizione fittizia (simulata) sia a quella reale (effettiva ma con scopo elusivo). Ciò che conta è stabilire chi sia il vero dominus dell’operazione economica.
2. Estensione all’IVA: Sebbene la norma sia inserita nel decreto sull’accertamento delle imposte sui redditi, i suoi effetti si estendono anche all’IVA. Quando un soggetto agisce come gestore uti dominus, si crea un rapporto di mandato senza rappresentanza tra l’interponente e l’interposto, rilevante anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
3. Onere probatorio dell’Ufficio: L’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare il totale asservimento del soggetto interposto all’interponente, provando che quest’ultimo è il vero regista e beneficiario delle operazioni.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha implicazioni pratiche significative. Stabilisce che nei casi di accertata interposizione fittizia, la responsabilità fiscale (per imposte dirette e IVA) viene traslata completamente sul soggetto interponente. Quest’ultimo non può difendersi sostenendo che l’onere di provare il mancato pagamento dell’imposta spetti all’Ufficio. Sarà invece suo compito dimostrare, con prove concrete, che gli obblighi fiscali sono stati adempiuti dal soggetto interposto. Questa sentenza rafforza la posizione del Fisco nel contrasto a fenomeni elusivi complessi, ponendo un accento sulla prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica e richiamando i contribuenti a una maggiore responsabilità e trasparenza nelle loro strutture operative.

In un caso di interposizione fittizia, chi deve provare che l’IVA è stata pagata?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha provato l’esistenza dello schema di interposizione, l’onere di dimostrare l’effettivo versamento dell’IVA da parte del soggetto interposto ricade sul contribuente interponente, ovvero colui che è stato identificato come l’effettivo possessore del reddito.

La regola sull’interposizione dell’art. 37, D.P.R. 600/1973 si applica anche all’IVA?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la norma, pur essendo collocata nel decreto sull’accertamento delle imposte dirette, estende i suoi effetti anche ai fini IVA. La traslazione del reddito dal soggetto interposto a quello interponente comporta anche la traslazione dei relativi obblighi IVA.

Cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria per contestare un’operazione di interposizione?
L’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che il soggetto interponente è l’effettivo possessore del reddito. Deve provare il totale asservimento della società interposta a quella interponente, dimostrando che quest’ultima esercitava il controllo, la direzione e il coordinamento delle operazioni economiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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