Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 587 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 587 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 10332/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, con poteri e facoltà anche disgiunti fra loro, dal Prof. Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO in virtù di procura speciale a margine del ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– resistente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LIGURIA, n. 347, depositata in data 23 marzo 2015, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE, esercitante l’attività di raccolta vetro, aveva impugnato l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo all’ anno 2004, con il quale era stato contestato il mancato assoggettamento ad IVA con aliquota del 10% delle cessioni dei rottami di vetro risultanti dalla raccolta differenziata effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE ed applicata la conseguente sanzione pecuniaria.
La Commissione tributaria provinciale di Genova, con sentenza n. 125/5/10 del 13 aprile 2010, in parziale accoglimento del ricorso, aveva annullato l’avviso di accertamento relativamente alle fatture emesse in data anteriore al 6 agosto 2004 e confermato nel resto la pretesa fiscale, con applicazione del nuovo regime sanzionatorio di cui al comma 1 55 dell’art. 1 della legge n. 244 del 2007.
La Commissione tributaria regionale , adita dall’Agenzia delle Entrate, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato dovuta l’Iva per le fatture emesse sino al 28 marzo 2004, con esclusione delle sanzioni.
I giudici di secondo grado, in particolare, per quel che rileva in questa sede, hanno affermato che:
-) l’Agenzia aveva fornito una diversa soluzione, indicando nell’applicazione dell’IVA con aliquota 10% il corretto regime, il 6 agosto 2004, e quindi oltre il termine di 120 giorni dall’interpello terminato il 28 marzo 2004;
-) l’applicazione di tale regime risultava definitivamente deciso anche considerato che in punto di applicazione del regime corretto la sentenza era passata in giudicato;
-) restava da stabilire la conseguenza dell’interpello non riscontrato nel termine del 28 marzo 2004 alla luce dell’art. 5 del D.M. n. 209/2001 e, in proposito era decisivo quanto stabilito dall’art. 1 comma 2 del medesimo D.M. n. 209/2001, con la conseguenza che, appurato che il regime applicato potesse trovare giustificazione solo nel periodo successivo al 28 marzo 2004, il recupero IVA nell’anno 2004, risultava legittimo sino a tale data e non fondato per il periodo dal 28 marzo 2004 al 6 agosto 2004.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
La società RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del decreto legislativo n, 546 del 1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.; dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.. La motivazione della sentenza impugnata era apparente, in quanto la Commissione tributaria regionale non aveva indicato le ragioni logico-giuridiche in base alle quali aveva ritenuto che il caso di specie fosse stato « definitivamente deciso» dal parere reso dall’Agenzia delle Entrate, in data 6 agosto 2004, nei confronti della cessionaria Saint Gobain. Inoltre, la sentenza impugnata aveva affermato che nella sentenza di primo grado si era formato un «giudicato» ma non aveva specificato né su quale capo della sentenza,
né per quali ragioni, si fosse formato il giudicato. Sotto un diverso profilo, dalla lettura della sentenza impugnata sembrava intendersi che il giudicato si fosse formato solo sulla determinazione dell’aliquota dell’IVA applicabile alle cessioni di che trattasi, e non anche sul regime del reverse charge , con conseguente contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Commissione tributaria regionale aveva preteso nei confronti della società cedente RAGIONE_SOCIALE il pagamento di un’IVA che, in base al regime del reverse charge , doveva essere versata solo dalla cessionaria Saint Gobain.
2. Il secondo mezzo deduce la violazione di legge, e segnatamente dell’art. 11, comma 3, della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale confermando la legittimità dell’accertamento solo in base al parere del 6 agosto 2004, aveva violato l’art. 11 della legge n. 212/2000, in base al cui comma 3 il parere era vincolante unicamente tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto richiedente (Saint Gobain) e non anche nei confronti della ricorrente NOMECOGNOME
3. Il terzo mezzo de duce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale, decidendo la controversia unicamente in base al parere reso dall’Agenzia delle Entrate il 6 agosto 2004 a seguito di interpello proposto da Saint Gobain, aveva omesso di esaminare il rapporto intercorrente tra la deducente NOMECOGNOME (cedente) e Saint Gobain (cessionaria) e la destinazione del materiale vetroso ceduto (cioè se alla sua lavorazione od alla sua utilizzazione). L’esame di tali circostanze, che erano state oggetto di discussione tra le parti fin dal primo grado, sarebbe stata infatti decisiva al fine di stabilire se le cessioni di materiale vetroso erano state correttamente assoggettate al regime del «reverse charge» (art. 74, comma 7, d.P.R. n.
633/1972) con applicazione dell’IVA a carico esclusivamente della cessionaria Saint Gobain.
Il quarto mezzo deduce l ‘omessa pronuncia sull’applicazione del regime del «reverse charge», ai sensi dell’art. 74, comma 7, del d.P.R. n. 633/1972, alle cessioni di rottami vetrosi poste in essere e la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ..La sentenza impugnata si era pronunciata solo sulla misura dell’aliquota IVA cui dovevano essere assoggettate le cessioni di vetro, ma nulla aveva stabilito sulla legittimità del regime IVA applicabile sulle cessioni dei rottami vetrosi, questione che era stata dedotta dalla società ricorrente con il secondo motivo di ricorso in primo grado ed anche da ll’Agenzia delle Entrate a pag. 4 dell’atto di appello. Era, dunque, evidente il vizio di omessa pronuncia e la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato sulla questione dell’assoggettamento delle cessioni di rottami vetros i compiute dall’esponente al regime del « reverse charge » di cui all’art. 74, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972.
5. Il quinto mezzo deduce la violazione di legge e segnatamente dell’art. 74, comma 7, del d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..La sentenza impugnata, pronunciandosi solo sulla misura dell’aliquota IVA cui devono esser assoggettate le cessioni di vetro, pretendeva nei confronti dell’esponente NOMECOGNOME (cedente) la debenza del tributo accertato che, in base al regime del «reverse charge», di cui la C.T.R. non aveva contestato l’applicazione, doveva essere versato solo dal cessionario (Saint Gobain). Così pronunciandosi, le cessioni dei rottami vetrosi praticate dall’esponente finivano per essere assoggettate ad IVA due volte, la prima, in capo al cessionario Saint Gobain con una IVA al 20%, la seconda, in capo all’esponente Re.COGNOME tenuta a versare l’aliquota al 10%, pur non avendo il medesimo giudice di secondo grado disconosciuto il regime del «reverse charge», con un
evidentemente «arricchimento senza causa» da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il primo motivo è infondato.
6.1 Ed invero, come emerge, alle pagine 6 e 7 del ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate aveva la sentenza di primo affermando che «non si può affatto condividere … la conclusione tratta dalla CTP secondo cui la risposta all’interpello avrebbe non solo efficacia ultrattiva rispetto a casi ripetitivi (…) ma anche “retroattiva”» (pag. 3 dell’appello). Ed infatti, secondo l’Ufficio (pag. 4 dell’appello) è indubbio che «l’esito iniziale dell’istanza avanzata da SaintRAGIONE_SOCIALE (implicitamente favorevole alla soluzione prospettata dall’interpellante per mancata risposta nei 120 giorni) possa avere l’effetto di rendere automaticamente corrette e non assoggettabili ad accertamento solo le fatture emesse fra il 21/03/2004 (120 giorni dopo la proposizione dell’istanza all’Agenzia delle Entrate) ed il 6/8/2004 (data in cui è stata fornita una risposta espressa difforme alla soluzione prospettata nella richiesta di interpello); per contro nessuno degli effetti propri della risposta ad interpello a favore del contribuente istante può riconoscersi per le fatture emesse prima del 21/3/2004 e dopo il 6/8/2004, in quanto il contribuente risponde secondo le regole ordinarie dei comportamenti tenuti prima di ricevere una risposta all’interpello e dopo aver ricevuto una risposta (rettificativa) difforme alla soluzione proposta». Conseguentemente, secondo l’Ufficio (pag. 4 appello) «per l’anno in esame (2003) nessun effetto può essere riconosciuto alla prima risposta (implicita) all’istanza di interpello, intervenuta solo nel marzo 2004. Ne consegue, quindi, che (…) le operazioni sottese alle fatture in questione non possono essere qualificate quali cessioni di rottami di vetro e assoggettate al regime speciale di cui all’art. 74 DPR 633/72».
6.2 La Commissione tributaria regionale, dunque, tenuto conto delle argomentazioni esposte dall’Agenzia delle Entrate, nella contumacia
della società RAGIONE_SOCIALE, ha dapprima rilevato che l’Agenzia aveva risposto all’interpello (individuando il regime corretto di applicazione dell’IVA con l’ aliquota del 10%) soltanto in data 6 agosto 2004, ovvero oltre il termine di 120 giorni (28 marzo 2004) e che, di conseguenza, il regime corretto, come individuato dall’Agenzia delle Entrate, poteva trovare giustificazione solo nel periodo successivo al 28 marzo 2004 (in quanto per il periodo precedente la società correttamente, in mancanza di risposta all’interpello, aveva applicato l’aliquota del 20%); i giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato che l’applicazione di tale regime risultava definitivamente deciso perché sull’ applicazione del regime corretto la sentenza di primo grado era passata in giudicato; la sentenza impugnata, inoltre, ha affermato che la sentenza di primo grado doveva essere riformata (in accoglimento dei motivi di gravame proposti) solo con specifico riferimento al periodo temporale in cui doveva trovare applicazione il regime Iva con aliquota al 10% e, sul punto, richiamando l’art. 5 del D.M. n. 209/2001 e, in proposito, quanto stabilito dall’art. 1 comma 2 del medesimo D.M. n. 209/2001, ha ritenuto che, appurato che il regime applicato potesse trovare giustificazione solo nel periodo successivo al 28 marzo 2004, il recupero IVA nell’anno 2004, risultava legittimo sino a tale data, e non fondato per il periodo successivo al 6 agosto 2004.
6.3 R
motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della
decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302).
Il secondo motivo è fondato.
7.1 La giurisprudenza di questa Corte, in tema di interpello ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212 del 2000, ha affermato che:
-) la finalità della norma di cui all’art. 11 della legge n. 212 del 2000 ( che prevede che quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente; gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli e tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante ) è quella di favorire lo spirito di leale collaborazione tra amministrazione e contribuente e la presenza di un tale istituto, in cui il cittadino deduce una questione (rilevante per il fisco) al fine di attuare un comportamento corretto e rispettoso della legge, così richiedendo alla amministrazione finanziaria una guida interpretativa in tal senso, rispetta tale finalità (Cass., 22 settembre 2021, n. 25621);
-) l’istanza di interpello proponibile dal contribuente all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 11, comma 1, della legge n. 212 del 2000 concerne l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle stesse, con esclusione dei profili di incertezza ricadenti su mere circostanze
fattuali, rispetto alle quali non opera l’affidamento disciplinato dal citato art. 11 (Cass., 22 settembre 2021, n. 25621);
-) in tema di interpello ex art. 11 della legge n. 212 del 2000, cosiddetto ordinario – o anche generalizzato – l’efficacia della risoluzione o della circolare che lo segue vincola l’amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza o al più con riguardo ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello (Cass., 9 settembre 2022, n. 26604);
-) il contribuente è tenuto a proporre interpello ex art.11, della legge n. 212 del 2000, prima di porre in essere, nell’esercizio della propria attività economica, la condotta oggetto della richiesta di informazioni all’Amministrazione finanziaria, atteso che, diversamente, non si giustificherebbe l’efficacia vincolante, per entrambe le parti del rapporto tributario, dell’interpretazione fornita dall’Amministrazione medesima delle norme applicabili alla specifica fattispecie concreta (Cass., 17 luglio 2014, n. 16331).
7.2 La sentenza impugnata, laddove ha ritenuto di estendere l’effetto vincolante dell’interpello dalla società cessionaria dei rottami di vetro, la società RAGIONE_SOCIALE, anche alla società ricorrente (società cedente), non ha fatto corretta applicazione dei principi suesposti e specificamente del principio che statuisce che la risposta dell’Amministrazione finanziaria ad un interpello ha effetto vincolante limitatamente alla questione oggetto dell’interpello ed al contribuente istante.
Il terzo, quarto e quinto motivo devono ritenersi assorbiti, in ragione della ritenuta fondatezza del secondo motivo di ricorso.
Per le ragioni di cui sopra, va accolto il secondo motivo di ricorso, va rigettato il primo motivo, con assorbimento del terzo, quarto e quinto motivo di ricorso; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di giustizia
tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti il terzo, quarto e quinto motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023.