Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33973 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33973 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Oggetto: preclusione all’interpello – formale conoscenza
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 19127/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore assistita, giusta procura speciale allegata alla PEC di notifica del ricorso per cassazione, dal prof. avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Genova, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 855/02/2023 depositata in data 20/02/2023 e non notificata;
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Uditi per la società ricorrente l’avv ocato prof. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e per l’Agenzia delle Dogane l’avvocato dello Stato NOME COGNOME che ne ha chiesto il rigetto
FATTI DI CAUSA
In data 31 maggio 2019 la società RAGIONE_SOCIALE presentava alla Direzione Regionale Liguria un’istanza di interpello ordinario ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a) , della legge n. 212 del 2000, volta a conoscere il parere dell’Agenzia delle entrate in ordine al regime di imponibilità IVA di talune operazioni rese dalla stessa in ambito portuale; nell’istanza l’odierna ricorrente affermava: ‘(…) Consta all’istante che, in occasione di una verifica condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Genova e formalizzata il 31 luglio 2018 nei confronti di una società (la RAGIONE_SOCIALE) che svolge servizi del tutto compatibili a quelli in discorso, la loro non imponibilità è stata posta in discussione (…)’ .
Con risposta del 25 luglio 2019, la Direzione Centrale Piccole e Medie RAGIONE_SOCIALE, come previsto dalle disposizioni di attuazione dell’art . 8, comma 1, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 contenute nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 gennaio 2016 e s.m.i., dichiarava l’inammissibilità dell’istanza . La società contribuente impugnava tale provvedimento di fronte alla CTP, che dichiarava inammissibile il ricorso.
Appellava allora la RAGIONE_SOCIALE; con la sentenza qui impugnata il giudice del merito ha confermato la pronuncia di primo grado ritenendo che la società contribuente, pur non essendo oggetto dell’attività accertativa, era formalmente a conoscenza di detta attività sia perché ne faceva menzione nell’atto di interpello, sia perché la società verificata ne era la controllante, sia infine perché il legale rappresentante delle due società, controllante e controllata, era la stessa persona fisica.
Non poteva pertanto dubitarsi, secondo la Corte di secondo grado, della formale conoscenza in capo alla appellante, né del fatto che ricorreva la causa di inammissibilità dell’istanza di interpello di cui alla lettera f) dell’art. 5 d. Lgs. n. 156 del 2015, che comprendeva anche le attività riferibili a terzi di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza, sempre che sia apprezzabile una concreta interferenza con l’attività accertativa.
Ricorre a questa Corte la società contribuente con un solo motivo di gravame che illustra con memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane; all’esito dell’adunanza camerale del 20 giugno 2024, il Collegio riteneva opportuna la trattazione della controversia nella sede della pubblica udienza.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente dichiarato inammissibile il controricorso dell’Amministrazione Finanziaria: in applicazione del testo vigente ratione temporis dell’art. 370 c.p.c., lo stesso andava depositato entro 40 giorni dalla notifica del ricorso; poiché tale notifica ha avuto luogo in data 15 settembre 2023, il termine ridetto scadeva il 25 ottobre 2023 e pertanto il deposito del controricorso, perfezionatosi il 31 ottobre 2023, è evidentemente tardivo.
Venendo quindi allo scrutinio delle doglianze della ricorrente, l’unico motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5,
comma 1, lett. f) del d. Lgs. 156 del 2015 per aver la Corte di secondo grado inteso sussistente il requisito della formale conoscenza di attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria quando a presentare un’istanza di interpello sia una società controllata dalla società controllante sottoposta a dette attività; secondo parte ricorrente la norma invocata ed erroneamente applicata dai giudici d’appello richiederebbe una formale conoscenza, che, come tale, non può che derivare da atti o provvedimenti di cui l’istante, appunto, sia formalmente destinatario. In questo senso, sarebbe del tutto pacifico il fatto che la Depositi RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE all’epoca dell’interpello non era stata formale destinataria di alcun atto di accesso, ispezione o verifica di altra attività di controllo da parte dell’Ufficio .
Il motivo è fondato.
La sentenza di cui si chiede la cassazione ha accolto la tesi dell’Agenzia delle Dogane secondo cui è applicabile, nel caso di specie, il co. 1, lett. f) dell’art. 5 del d. Lgs. 156 del 2015, a tenore del quale le istanze di interpello sono inammissibili se ‘vertono su questioni per le quali sono state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza’. La tesi adottata dall’Agenzia delle Dogane e condivisa dalla gravata sentenza, quindi, interpreta la norma de qua nel senso che a precludere la proponibilità dell’interpello sarebbe sufficiente la conoscenza che, in relazione alla questione controversa, l’Amministrazione doganale abbia intrapreso attività di controllo nei confronti di una qualsiasi delle società appartenenti al medesimo gruppo.
Secondo la sentenza di merito, quindi, ‘non può pertanto dubitarsi della formale conoscenza in capo alla appellante, né del fatto che ricorreva la causa di inammissibilità dell’istanza di interpello di cui alla lett. f) dell’art. 5 d. Lgs. 156/2015, condivisibilmente comprendente, secondo l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 9/E del 2016, anche le attività riferibili a terzi di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza, sempre che sia apprezzabile la concreta interferenza con l’attività accertativa’;
Tale interpretazione della disposizione in argomento non è rispondente a corretti canoni interpretativi delle disposizioni che vengono in rilievo nel presente caso, alla luce della giurisprudenza di questa Corte.
Va premesso che quanto alla ratio della disposizione in argomento, è chiaro che conseguenza logica oltre che giuridica della preventività che deve caratterizzarle è che le istanze di interpello presentate non interferiscano con attività di controllo già realizzate dall’Amministrazione riferite o che comunque possano produrre effetti sul contribuente e di cui quest’ultimo sia formalmente a conoscenza se vertenti sulla questione oggetto di interpello.
Sul tema, questa Corte ha chiarito come l’utilizzo della locuzione “formale conoscenza”, e non quella di “formale notifica”, porta ad escludere una piena equipollenza tra i due concetti (Cass. Sez. 5, 08/10/2020, n. 21697. La formale conoscenza legata alla notificazione, infatti, è il frutto di uno specifico procedimento, che ha un regime proprio a seconda del tipo di notifica che viene effettuato, e che ha il precipuo scopo di assicurare la legale conoscenza al destinatario dell’atto. Viceversa, la “formale conoscenza”, come intesa dall’art. 13 bis, d.L. cit. per effetto del rinvio alla normativa previgente, richiede che la conoscenza dell’interessato sia sorta in relazione al compimento di un atto procedimentale che lo abbia coinvolto;
Ciò comporta che la “formale conoscenza” può derivare sia dalla notifica di un atto, sia dal compimento di altre attività procedimentali che, tuttavia, siano in diretto collegamento con il destinatario (partecipazione al contraddittorio, presenza fisica al compimento di un accesso o di una ispezione, contestazione in sede penale, l’avvenuta risposta ad un questionario, perquisizioni e sequestri preventivi) e ciò anche nel caso in cui manchi la prova di una pregressa notifica di tali atti (Cass. N. 7 e n. 1321 del 2022 e anche Cass. N. 21697 del 2020).
I ridetti principi, ai quali il Collegio convintamente aderisce, riguardano però pur sempre e in ogni caso una situazione di coincidenza tra il proponente l’interpello e il soggetto destinatario dell’azione dell’Ufficio, il quale trae dall’atto la percezione che l’attenzione dell’Amministrazione
è diretta nei suoi confronti; il che non avviene nel caso di specie, dal momento che l’azione di controllo -di verifica, nel caso di specie – si è sviluppata non nei confronti della contribuente ma di una società del gruppo, che è evidentemente soggetto giuridico del tutto autonomo rispetto ad essa.
E’ infatti pacifico che la contribuente abbia ammesso espressamente di essere a conoscenza per altra via del fatto che un’altra impresa, la RAGIONE_SOCIALE, svolgente medesima attività, fosse già stata destinataria di una verifica, conclusasi con il PVC del 31 luglio 2018, nel quale era stata disconosciuta la non imponibilità IVA di taluni servizi prestati; ora, RAGIONE_SOCIALE è senza dubbio soggetto altro, giuridicamente, rispetto alla odierna ricorrente.
Né può ritenersi, come opera la sentenza impugnata, che l’aver fatto menzione nell’atto di interpello dell’attività svolta dall’Amministrazione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, l’essere la società verificata la controllante, l’essere il legale rappresentante delle due società, controllante e controllata, la stessa persona fisica, siano circostanze sovrapponibili, ai fini dell’inammissibilità dell’istanza di interpello, alla formale conoscenza.
Ferma restando la distinzione di cui sopra si è detto tra formale notifica e formale conoscenza, la formale conoscenza resta pur sempre una conoscenza diretta e non indiretta come quella che si è avuta nel caso di specie, in cui la notizia dell’attività dell’Amministrazione è percepita non relazionandosi con l’Amministrazione Finanziaria che la pone in essere (perché non è la contribuente ad essere destinataria di un atto, quale in via esemplificativa la partecipazione al contraddittorio, presenza fisica al compimento di un accesso o di una ispezione, contestazione in sede penale, l’avvenuta risposta ad un questionario, perquisizioni e sequestri preventivi emesso dall’Ufficio) .
In secondo luogo, quanto al contenuto, la conoscenza in argomento è poi limitata al mero fatto dell’inizio dell’attività di controllo e ai primi provvisori risultati contenuti nel PVC, dal momento che le ragioni del medesimo non sono ancora affatto estrinsecate in alcun provvedimento
in cui la pretesa di maggiori tributi sia portata a completa determinazione, motivazione e quantificazione.
In altri termini, ben può parificarsi, quanto agli effetti, la formale conoscenza alla conoscenza in difetto di formale notifica, come ormai si esprime la sopra richiamata giurisprudenza di questo Giudice della Legittimità; nondimeno resta però pur sempre necessario (per addivenire alla inammissibilità dell’istanza di interpello, che qui interessa) che la conoscenza -sia pure sostanziale -rivesta l’esistenza di attività di controllo diretta posta in essere in capo all’interessato, proponente l’istanza di interpello, non in capo ad altri soggetti.
Depone in questa direzione anche l’ulteriore considerazione logica secondo la quale la situazione di altri non è di per sé applicabile all’interessato, ben potendo in fatto o in diritto essere diversa;
E ancora, conforta ulteriormente tale conclusione anche la stessa affermazione che si legge nei documenti di prassi dell’Amministrazione (circ. 9E del 1 aprile 2016) secondo la quale sono inammissibili le istanze di interpello che ‘interferiscono con l’esercizio dei poteri accertativi, perché vertenti su questioni per le quali sono state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell’istanza’; si fa qui riferimento ai casi in cui ‘l’interferenza coi poteri di controllo è preordinata ad evitare che, attraverso l’attività svolta in sede di lavorazione delle istanze di interpello, il contribuente possa ottenere l’effetto di una «revisione» degli esiti delle attività che si svolgono in sede di accertamento, caratterizzati -non da ultimo- da poteri istruttori pieni idonei a verificare anche la completezza, veridicità ed esaustività delle informazioni fornite in sede di interpello’;
Nel presente caso, diversamente da quanto ritenuto dall ‘Ufficio e come osservato correttamente da parte ricorrente in memoria, non può trarsi la conseguenza della sussistenza del rischio di ‘revisione’ degli esiti delle attività, per due ordini di ragioni.
In primo luogo, tali esiti non sono stati -all’atto della presentazione dell’istanza di interpello che ci interessa -ancora formalizzati in un avviso di accertamento né nei confronti del terzo sottoposto a controllo,
né tantomeno nei confronti del contribuente; in secondo luogo, l’Amministrazione può pur sempre ritenere preliminarmente ammissibile l’istanza di interpello -valutando quindi come non preclusiva all’accesso al tax ruling l’attività di controllo svolta nei confronti di terzi -ma nel merito, all’esito del suo esame, non condividere l’approccio interpretativo del contribuente, emettendo quindi un provvedimento di interpello negativo che non compromette in nulla, diversamente da quanto argomentato in controricorso, le ragioni dell’Ufficio .
Come è noto, in forza dell’art. 1 c. 3 del d. Lgs. n. 156 del 2015, che ha modificato l’art. 11 della L. n. 212 del 2000 (c.d. ‘statuto dei diritti del contribuente’) , il secondo periodo, quanto alla risposta ad interpello, prevede che ‘la risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente’; se resta quindi ben possibile per l’Ufficio esprimersi in senso difforme da quanto proposto dal contribuente nell’istanza di interpello, a maggior ragione l’esito di tale procedimento è in concreto ininfluente in capo ad altri soggetti, poiché comunque l’istanza -anche se positiva per il richiedente -vincola l’Amministrazione solo nei rapporti con questi, non certo con altri.
Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata.
Non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può decidersi nel merito con l’accoglimento del ricorso originario della società contribuente.
Le spese sono regolate dalla soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
p.q.m.
dichiara inammissibile il controricorso; accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente; condanna parte controricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 7.600 oltre ad accessori di legge. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.