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Interpello disapplicativo: quando è impugnabile?

Una società in perdita fiscale aveva presentato un interpello disapplicativo per evitare il regime delle società non operative. L’Agenzia delle Entrate aveva respinto la richiesta. Con l’ordinanza n. 30907/2024, la Corte di Cassazione ha confermato che il diniego è un atto immediatamente impugnabile. Ha inoltre stabilito che l’istanza è tempestiva se presentata in un momento in cui può ancora influenzare le scelte dichiarative del contribuente, anche dopo la scadenza ordinaria. Tuttavia, la Corte ha annullato la decisione del giudice di merito per non aver valutato le ragioni sostanziali della richiesta.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interpello disapplicativo: impugnabilità e termini secondo la Cassazione

L’interpello disapplicativo è uno strumento fondamentale per il contribuente che intende ottenere la non applicazione di norme antielusive potenzialmente penalizzanti. Con la recente ordinanza n. 30907 del 3 dicembre 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire due aspetti cruciali: l’immediata impugnabilità della risposta negativa dell’Amministrazione Finanziaria e la tempestività dell’istanza. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il caso: la richiesta di disapplicazione per una società in perdita

Una società, trovandosi in una situazione di perdita fiscale per tre esercizi consecutivi a causa di oggettive difficoltà, presentava un’istanza di interpello disapplicativo. L’obiettivo era ottenere la non applicazione delle disposizioni previste per le cosiddette “società non operative” (o “di comodo”) per l’anno d’imposta 2012.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, rigettava l’istanza ritenendola inammissibile. La società decideva quindi di impugnare tale diniego davanti alla Commissione Tributaria. Dopo un primo grado sfavorevole, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della società. Contro questa decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, sollevando tre motivi di contestazione.

La questione dell’impugnabilità della risposta negativa

Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia verteva sulla non impugnabilità dell’atto di diniego. Secondo l’Amministrazione, tale risposta non sarebbe un atto immediatamente lesivo e quindi non rientrerebbe tra quelli elencati come impugnabili dalla normativa processuale tributaria.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, confermando un orientamento ormai consolidato. A differenza di altre forme di interpello, la risposta negativa a un interpello disapplicativo contiene una pretesa tributaria ben definita. Essa porta a conoscenza del contribuente la posizione del Fisco, creando un interesse immediato e concreto a far valere le proprie ragioni in giudizio per ottenere certezza giuridica. Pertanto, tale atto è immediatamente impugnabile, senza necessità di attendere un successivo avviso di accertamento. Questo principio, hanno chiarito i giudici, è stato fatto salvo anche da una recente pronuncia delle Sezioni Unite.

I termini di presentazione dell’istanza: il principio di preventività

Il secondo motivo di ricorso riguardava la presunta tardività dell’istanza, presentata dalla società il 18 luglio 2013, mentre il termine per la dichiarazione dei redditi scadeva il 30 settembre 2013. L’Agenzia sosteneva che la richiesta fosse stata presentata troppo a ridosso della scadenza per essere utile.

Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha sottolineato che, nella disciplina all’epoca vigente, non era previsto un termine perentorio per la presentazione dell’istanza. Il criterio fondamentale è quello della “preventività”: l’interpello deve essere presentato prima che il contribuente ponga in essere il comportamento oggetto dell’istanza, ovvero la presentazione della dichiarazione.

I giudici hanno specificato che, finché il contribuente ha la possibilità di modificare la propria condotta (ad esempio, presentando una dichiarazione tardiva o emendando quella già presentata), la risposta dell’Agenzia può ancora “indirizzare le future condotte”. Di conseguenza, l’istanza presentata prima della scadenza ultima per regolarizzare la propria posizione fiscale deve considerarsi tempestiva.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, pur respingendo i primi due motivi, ha accolto il terzo, relativo al vizio di motivazione della sentenza di secondo grado. Il giudice d’appello, infatti, si era limitato a riconoscere l’impugnabilità dell’atto e la tempestività dell’istanza, omettendo completamente di pronunciarsi nel merito della questione.

L’omessa pronuncia sul merito del caso

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio sull’impugnazione di un diniego di interpello disapplicativo non è un giudizio di mera legittimità dell’atto, ma un giudizio a cognizione piena sul merito della pretesa. Ciò significa che il giudice tributario, una volta superate le questioni procedurali, ha il dovere di esaminare se sussistano o meno le “cause oggettive” addotte dal contribuente che giustificherebbero la disapplicazione della norma antielusiva.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale non aveva effettuato alcuna valutazione sulle ragioni della società, rendendo la sua sentenza nulla per totale assenza di motivazione sul punto cruciale della controversia.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa al giudice di secondo grado, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo e motivato esame nel merito. Questa ordinanza rafforza la tutela del contribuente, confermando l’immediata impugnabilità del diniego di disapplicazione e fornendo un’interpretazione flessibile dei termini di presentazione dell’istanza. Al contempo, sottolinea l’obbligo per il giudice di merito di non fermarsi agli aspetti procedurali, ma di entrare nel vivo della questione, valutando le ragioni sostanziali che possono giustificare la disapplicazione di una norma fiscale.

La risposta negativa a un interpello disapplicativo è un atto che si può impugnare subito in tribunale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la risposta negativa è un atto immediatamente impugnabile perché definisce una pretesa tributaria chiara, creando un interesse immediato per il contribuente a ottenere una pronuncia giudiziale definitiva.

Fino a quando si può presentare un’istanza di interpello disapplicativo?
Secondo la Corte, l’istanza è tempestiva se presentata prima che il comportamento del contribuente sia definitivo. Anche se il termine ordinario per la dichiarazione dei redditi è scaduto, la possibilità di presentare una dichiarazione tardiva o integrativa rende la richiesta ancora utile a “indirizzare le future condotte del contribuente”, e quindi ammissibile.

Cosa succede se il giudice d’appello accoglie il ricorso ma non esamina le ragioni alla base della richiesta?
La sentenza è nulla per vizio di motivazione. Una volta stabilito che l’atto è impugnabile e la richiesta è tempestiva, il giudice del merito ha l’obbligo di esaminare le ragioni concrete (“cause oggettive”) addotte dal contribuente per ottenere la disapplicazione della norma, non potendosi limitare ai soli aspetti procedurali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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