Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
Ist. Disappl. IRES 2012
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24077/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME domiciliata ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO Roma.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 503/01/2016, depositata in data 15 marzo 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
La società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE presentava istanza di disapplicazione, ai sensi dell’art. 2, comma
36 decies e ss. del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148, con la quale chiedeva, ai sensi dell’art. 37 bis , ottavo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la disapplicazione per il periodo d’imposta 2012 delle disposizioni antielusive contenute nell’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, trattandosi di società in perdita fiscale per almeno tre esercizi consecutivi, sulla base di cause oggettive indipendenti dalla stessa. L’Ufficio, tuttavia, con atto prot. 91134550/2013 riteneva inammissibile l’istanza della società contribuente.
Avverso tale atto la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Firenze; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo l’inammissibilità del ricorso e, in ogni caso, la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 123/06/2015, rigettava il ricorso della contribuente.
Contro tale decisione proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Toscana; si costituiva in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 503/01/2016, depositata in data 15 marzo 2016, la C.t.r. adita accoglieva l’appello della società contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Toscana, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La società contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 100 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in subordine in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando
e l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto impugnabile l’atto con cui si è data risposta negativa ad un’istanza di interpello disapplicativo, atto in realtà avente natura non provvedimentale e non immediatamente lesiva per il contribuente, potendo poi quest’ultimo far valere proprie pretese con ricorso avverso successivo avviso di accertamento.
1.1. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 Legge 794/1994 e dell’art. 37 bis d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha rilevato la tardività dell’istanza di disapplicazione presentata solo il 18 luglio 2013, anziché entro il termine ultimo del 2 luglio 2013, dando rilievo al fatto che la contribuente poteva presentare dichiarazione dei redditi tardiva o, comunque, emendare la dichiarazione già presentata.
1.2. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, del cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha motivato sul fatto se sussistessero o meno le ragioni per ottenere la disapplicazione della disciplina.
Il primo motivo di ricorso proposto è infondato; con esso, in particolare, si censura la sentenza della C.t.r. nella parte in cui non ha rilevato la non impugnabilità dell’atto con il quale l’amministrazione finanziaria aveva dato responso negativo all’istanza di interpello disapplicativo, in quanto atto non avente immediata lesività per la contribuente.
2.1. Invero, occorre ricordare che, secondo costante orientamento di questa Corte, «La risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli
elencati dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992: l’ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest’ultimo, senza necessità che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento della ricezione della notizia, è portatore di un interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva» (Cass. n. 1230/20, Cass. n. 12732/22 e Cass. n. 30627/23).
2.2. Non smentisce l’assunto la recente decisione delle Sezioni Unite del 22 gennaio 2024, n. 2147, che -in sede di regolamento di giurisdizione -ha affermato il principio secondo cui le risposte dell’amministrazione finanziaria agli interpelli non costituiscono atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. n. 546 del 1992, poiché non portano a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria (esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche) e non sono immediatamente lesive dei diritti del contribuente; le suddette Sezioni Unite, infatti, hanno fatto salve proprio le risposte rese a seguito di richiesta di disapplicazione di norme antielusive, che possono essere impugnate in quanto contenenti una compiuta pretesa tributaria.
2.3. Del resto, il provvedimento di diniego dell’interpello disapplicativo, oggetto di causa, è anteriore all’entrata in vigore sia dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (secondo cui non sono impugnabili le risposte alle istanze di interpello di cui all’articolo 11 della Legge 27 luglio 2000, n. 212), sia del comma 7 dell’art. 11 dello statuto del contribuente, come sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera n), D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, che ha ribadito tale non impugnabilità prevista dal citato art. 6, comma 1 (contestualmente abrogato). A tal proposito,
peraltro, si era chiarito che l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 156/2015 non aveva valenza interpretativa né portata di innovazione retroattiva, sicché non disponeva che per l’avvenire (Cass. n. 23469/2017).
Il secondo motivo di ricorso proposto è anch’esso infondato; con esso parte ricorrente si duole della mancata rilevazione, da parte del Giudice di seconde cure, della tardività con cui era stata presentata l’istanza di interpello disapplicativo (non in tempo utile per avvalersene ai fini della dichiarazione).
3.1. Ebbene, questa Corte ha statuito che: «Nella formulazione precedente il d.lgs. n. 156/2015, avente ad oggetto la revisione degli interpelli, l’interpello disapplicativo di cui all’art. 37 -bis , comma 8, d.P.R. n. 600/1973 -a differenza di quanto dispone ora in termini generali l’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 156/2015 sotto pena di inammissibilità dell’istanza (art. 5, comma 1, lett. b) d.lgs. ult. cit.) -non prevede espressamente un termine per la presentazione dell’interpello a pena di inammissibilità, non essendo tale termine previsto tra le condizioni di ammissibilità dall’art. 1 d.m. 19 giugno 1998, n. 259 e ciò a differenza dell’interpello ordinario (art. 1, comma 2, d.m. 26 aprile 2001, n. 259). Tuttavia, l’interpello disapplicativo, al pari dell’interpello ordinario, ha lo scopo di far conoscere al contribuente la risposta dell’Ufficio, positiva o negativa circa la non applicabilità di una disposizione antielusiva. Questa risposta costituisce il primo atto con il quale l’Amministrazione finanziaria, a seguito di una fase istruttoria e di una valutazione tecnica e con particolari garanzie procedimentali, porta a conoscenza del contribuente, in via preventiva, il proprio convincimento in ordine a una specifica richiesta, relativa ad un determinato rapporto tributario, con l’immediato effetto di incidere, comunque, sulla condotta del soggetto istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata (Cass., Sez. V, 5 ottobre 2012, n. 17010; Cass., Sez. V,
24 gennaio 2022, n. 1898; Cass., Sez. V, 31 marzo 2022, n. 10391). Trattandosi di comportamento diretto a «spendere» il convincimento dell’Ufficio in relazione all’oggetto dell’interpello, deve necessariamente trattarsi di interpello precedente l’adozione del comportamento oggetto dell’istanza del contribuente, per cui tale interpello deve ritenersi tempestivo quando sia formulato in tempo utile affinché il contribuente possa porre in essere il comportamento posto ad oggetto dell’istanza (Cass., Sez. V, 22 gennaio 2020, n. 1317, citata dalla parte ricorrente in memoria) e non anche successivamente. Quest’ultimo precedente, con riferimento al quale insiste parte ricorrente, si è espresso su un caso diverso da quello in esame, ove l’istanza di interpello disapplicativo era stata presentata senza il rispetto del termine di novanta giorni anteriore alla presentazione della dichiarazione ma, comunque, prima della scadenza di quest’ultimo termine. In quella occasione questa Corte ha ritenuto che ‘ l’interpello è preventivo quando è presentato prima che il contribuente ponga in essere il comportamento oggetto dell’istanza, per cui, se il comportamento trova attuazione nella dichiarazione, l’interpello è preventivo se proposto prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione ‘ (Cass., n. 1317/2020, cit.), anche in caso di mancato rispetto del termine di novanta giorni. In questo caso (diverso dal caso di specie), questa Corte ha ritenuto che la presentazione dell’interpello anche un giorno prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione comporta il verificarsi di una situazione analoga a quella in cui l’Ufficio chiederebbe una integrazione documentale, come anche nel caso in cui il contribuente presentasse una dichiarazione integrativa, ritenendo che la presentazione dell’interpello deve comunque essere presentata in tempo utile in relazione ad eventuali successivi adempimenti (‘ la presentazione dell’interpello in tempo utile risponde, quindi, anche ad un interesse del contribuente, e
non solo dell’amministrazione ‘). E’, quindi, il principio della presentazione dell’interpello in tempo utile al fine di adottare un comportamento conforme a quanto indicato dall’Amministrazione finanziaria che regge -nel vigore della disciplina preesistente al d. lgs. n. 156/2015 -la ammissibilità dell’interpello. Se, come deduce il ricorrente in memoria -ove valorizza il parere del Consiglio di Stato n. 193 del 20 novembre 2000 -l’ammissibilità della domanda di interpello sta e cade nella misura in cui la risposta all’interpello possa indirizzare le future condotte del contribuente, al fine di ‘ consentirgli di regolarizzare gli eventuali errori compiuti, eventualmente tramite la presentazione di dichiarazioni integrative oppure l’istituto del c.d. ravvedimento ‘ (pag. 7 mem. cit.), ovvero anche la presentazione di una dichiarazione tardiva, ove non sia più possibile questa regolarizzazione, l’interesse del contribuente all’interpello disapplicativo viene meno e l’interpello va dichiarato inammissibile» (Cass. n. 7462/2023).
3.2. Ora, alla stregua di quanto sopra, deve ritenersi corretta la decisione della C.t.r che non ha rilevato la tardività dell’istanza di interpello disapplicativo proposta dall’odierna controricorrente: sebbene la stessa, infatti, fosse stata presentata solo il 18 luglio 2013 e rigettata dall’ufficio, in quanto inammissibile, il 5 ottobre 2013, mentre per la dichiarazione dei redditi anno 2012 il termine ultimo era il 30 settembre 2013, bisogna considerare che la risposta all’istanza di interpello avrebbe potuto ancora «indirizzare le future condotte del contribuente» mediante un suo utilizzo ai fini della presentazione di una dichiarazione tardiva o, comunque, per emendare successivamente la dichiarazione presentata.
Il terzo motivo di ricorso proposto è fondato; con esso (subordinato ai primi due motivi), in particolare, si censura la decisione della C.t.r. nella parte in cui non si è espressa sul fatto se sussistessero o meno le ragioni per ottenere la disapplicazione della disciplina in oggetto.
4.1. Innanzitutto, occorre sottolineare che la giurisprudenza di legittimità, una volta statuito dell’impugnabilità dell’atto con il quale l’ufficio risponde negativamente all’istanza di disapplicazione proposta dal contribuente (come più su ricordato), ha anche precisato che il relativo giudizio dinanzi al giudice tributario è a cognizione piena e non limitato alla mera illegittimità dell’atto, vertendo in materia di diritti soggettivi e non di meri interessi legittimi, estendendosi, quindi, al merito della pretesa, per cui all’esito dello stesso potrà essere emessa una decisione sulla fondatezza della domanda di disapplicazione, con conseguente attribuzione, ove ne ricorrano le condizioni applicative, dell’agevolazione richiesta (da ultimo, Cass. n. 24352/2024).
4.2. Con riguardo, poi, al vizio di motivazione occorre dire che la mancanza della stessa, rilevante ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e, nel caso di specie, dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., SS. UU., sent. 7 aprile 2014 n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. n. 6626/2022 e Cass. n. 22598/2018).
4.3. Orbene, la decisione del Giudice del merito qui impugnata non può ritenersi conforme a quanto appena ricordato: essa, infatti, dopo aver riconosciuto l’impugnabilità della risposta negativa all’istanza di interpello proposta dalla società contribuente e la non rilevanza dell’eccezione di tardività della stessa prospettata
dall’ufficio, non fa alcun riferimento alla sussistenza o meno delle ragioni per ottenere la disapplicazione della disciplina destinata alle cc.dd. società non operative.
5. In conclusione, vanno rigettati il primo e il secondo motivo di riscorso, mentre deve essere accolto il terzo; la sentenza impugnata, quindi, va cassata ed il giudizio rinviato innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e, rigettati il primo e il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.