LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Interpello disapplicativo: impugnabile il diniego

La Corte di Cassazione ha stabilito che la risposta negativa dell’Agenzia delle Entrate a un’istanza di interpello disapplicativo, con cui si chiede di non applicare norme antielusive, è un atto immediatamente impugnabile davanti al giudice tributario. Anche se l’Amministrazione lo definisce ‘inammissibile’, la Corte lo considera un provvedimento di diniego definitivo che incide sulla posizione del contribuente. Il caso riguardava un investitore in un fondo immobiliare la cui partecipazione, sommata a quella dei familiari, superava la soglia del 5% prevista da una norma con finalità antielusiva.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interpello disapplicativo: la Cassazione conferma l’immediata impugnabilità del diniego

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8535 del 2025 offre un’importante chiarificazione sui diritti del contribuente nel dialogo con l’Amministrazione Finanziaria. Al centro della questione vi è l’interpello disapplicativo, uno strumento fondamentale che permette al cittadino di chiedere la non applicazione di norme antielusive. La Suprema Corte ha stabilito che il diniego, anche se formalmente etichettato come ‘inammissibile’, costituisce un atto definitivo e, pertanto, può essere immediatamente contestato in sede giudiziaria.

I Fatti di Causa

Un contribuente, detentore di una quota di un fondo comune di investimento immobiliare, presentava un’istanza di interpello disapplicativo all’Agenzia delle Entrate. La sua quota individuale era inferiore alla soglia del 5% del patrimonio del fondo, ma, se sommata a quelle detenute dai suoi familiari, superava tale limite. Questo superamento avrebbe attivato un regime fiscale più oneroso, basato sulla tassazione per trasparenza, previsto da norme introdotte per contrastare l’artificioso frazionamento delle partecipazioni a scopo elusivo.

Il contribuente sosteneva che nel suo caso non vi era alcun intento elusivo, in quanto la titolarità delle quote corrispondeva alla reale riferibilità economica a ciascun familiare. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, rispondeva dichiarando l’istanza ‘inammissibile’, argomentando che le norme in questione non avessero natura antielusiva, ma fossero norme di sistema.

Il contribuente impugnava tale provvedimento, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado. La Commissione Tributaria Regionale confermava che l’atto dell’Agenzia, pur formalmente interlocutorio, era di fatto un diniego definitivo e quindi legittimamente impugnabile. L’Amministrazione Finanziaria ricorreva quindi in Cassazione.

La Decisione della Corte e l’impugnabilità dell’interpello disapplicativo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando la piena legittimità dell’azione del contribuente. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: la risposta a un interpello disapplicativo non è un semplice parere, ma un atto con immediata rilevanza esterna.

A differenza dell’interpello ordinario (interpretativo), che ha natura di parere non vincolante, il diniego opposto a un’istanza disapplicativa è qualificato come un provvedimento definitivo. Questo perché incide direttamente sulla condotta che il contribuente dovrà tenere al momento della dichiarazione dei redditi, manifestando una pretesa tributaria ben definita.

La Corte ha specificato che l’elenco degli atti impugnabili, contenuto nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, deve essere interpretato in modo estensivo. Vi rientrano tutti gli atti che, esplicitando le ragioni concrete, portano a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria. Pertanto, negare l’impugnabilità del diniego significherebbe limitare il diritto alla tutela giurisdizionale.

La Natura Antielusiva delle Norme sui Fondi Immobiliari

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la natura delle norme fiscali sui fondi immobiliari. L’Agenzia sosteneva che queste non fossero norme antielusive, ma di sistema, e che quindi non potessero essere oggetto di interpello disapplicativo.

La Cassazione ha respinto anche questa tesi. Ha chiarito che le disposizioni che impongono un regime fiscale più gravoso per i partecipanti non istituzionali con quote superiori al 5% (tenendo conto anche delle quote dei familiari) hanno una chiara finalità antielusiva. Esse istituiscono una presunzione legale di elusione fiscale, mirata a prevenire la detenzione di quote per interposta persona al fine di godere indebitamente di un regime fiscale più favorevole. Tale presunzione, tuttavia, può essere superata dal contribuente dimostrando l’assenza di finalità elusive, proprio attraverso lo strumento dell’interpello.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la propria decisione su diverse argomentazioni. In primo luogo, ha sottolineato che l’istanza di interpello disapplicativo avvia un procedimento amministrativo strutturato, che si conclude con un atto ‘da ritenersi definitivo’. La risposta, positiva o negativa, rappresenta il primo atto con cui l’Amministrazione, dopo un’istruttoria, manifesta il proprio convincimento, influenzando le scelte future del contribuente. Questo genera un interesse concreto e attuale all’impugnazione per ottenere un controllo giurisdizionale sulla legittimità dell’atto.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che la qualifica di ‘inammissibile’ data dall’Agenzia era, in questo caso, una valutazione di merito. L’Agenzia non ha respinto l’istanza per vizi formali (come la mancanza di dati identificativi), ma perché riteneva, nel merito, che le norme indicate dal contribuente non avessero carattere antielusivo. Questo equivale a un rigetto sostanziale della richiesta, un provvedimento di definitivo diniego che legittima l’impugnazione.

Infine, la Corte ha ribadito che la finalità delle norme in discussione è proprio quella di ‘scongiurare, a fini antielusivi, il rischio che i fondi immobiliari vengano utilizzati, previa intesa fra familiari, non più come strumento di gestione collettiva del risparmio, ma come mezzo per interposta intestazione o amministrazione dei beni, godendo così impropriamente di un regime fiscale di favore’.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la posizione del contribuente, garantendogli il diritto a una tutela giurisdizionale tempestiva. Viene confermato che il diniego a un’istanza di interpello disapplicativo è sempre un atto impugnabile, indipendentemente dalla formula utilizzata dall’Amministrazione Finanziaria. Questa decisione riconosce la natura provvedimentale dell’atto e l’interesse del contribuente a vederne controllata la legittimità senza dover attendere un successivo avviso di accertamento, promuovendo così un rapporto più equilibrato e trasparente tra Fisco e cittadino.

Il diniego dell’Agenzia delle Entrate a un interpello disapplicativo è un atto immediatamente impugnabile?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il diniego, anche se formalmente qualificato come ‘inammissibile’, è un atto amministrativo definitivo con rilevanza esterna, suscettibile di autonoma e immediata impugnazione dinanzi al giudice tributario.

Qual è la differenza tra un interpello ordinario e un interpello disapplicativo in termini di impugnabilità?
La risposta a un interpello ordinario (o interpretativo) è considerata un semplice parere non vincolante, inidoneo a incidere sulla sfera giuridica del contribuente e quindi non impugnabile. Al contrario, la risposta a un interpello disapplicativo ha natura provvedimentale, esprime una pretesa tributaria definita e può essere immediatamente impugnata.

Le norme che considerano le partecipazioni dei familiari per calcolare la soglia del 5% nei fondi immobiliari hanno una finalità antielusiva?
Sì, la Corte ha stabilito che tali norme hanno una chiara finalità antielusiva. Esse creano una presunzione legale di elusione per contrastare l’artificioso frazionamento delle partecipazioni, ma il contribuente può superare tale presunzione dimostrando, tramite interpello, l’assenza di un intento elusivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati