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Interpello disapplicativo: impugnabile il diniego

Una società si è vista negare la richiesta di disapplicazione di norme antielusive. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che il diniego dell’Agenzia delle Entrate a un interpello disapplicativo è un atto immediatamente impugnabile. Secondo la Corte, sebbene non elencato esplicitamente dalla legge, tale atto concretizza una pretesa tributaria definita, legittimando l’interesse del contribuente a una tutela giurisdizionale immediata. La sentenza di grado inferiore, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso, è stata quindi annullata con rinvio.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interpello disapplicativo: La Cassazione conferma l’impugnabilità del diniego

L’ordinanza della Corte di Cassazione in commento affronta un tema cruciale per la tutela del contribuente: la possibilità di contestare immediatamente in via giudiziale il diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate a un interpello disapplicativo. Con una decisione che consolida un orientamento giurisprudenziale favorevole al contribuente, la Suprema Corte stabilisce che tale diniego, pur non essendo formalmente un atto impositivo, costituisce una manifestazione chiara della pretesa fiscale e, pertanto, è autonomamente impugnabile. Questa pronuncia ribadisce l’importanza del diritto alla difesa e alla certezza giuridica nei rapporti tra Fisco e cittadino.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata, trovandosi nella condizione di ‘società in perdita sistematica’ secondo la normativa vigente, presentava un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate. Lo scopo era ottenere la disapplicazione delle norme antielusive che prevedono un regime fiscale penalizzante per tali soggetti, dimostrando l’esistenza di valide ragioni economiche alla base della propria situazione. L’Amministrazione finanziaria, tuttavia, rigettava l’istanza, ritenendo che la società non avesse fornito prove sufficienti delle cause oggettive richieste dalla legge per giustificare la disapplicazione. Contro questo provvedimento di diniego, la società proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria competente.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) riformava la decisione dei giudici di primo grado e dichiarava inammissibile il ricorso originario della società. Secondo la CTR, il provvedimento di diniego dell’interpello non rientrava nell’elenco tassativo degli atti impugnabili previsto dall’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992. Di conseguenza, il contribuente non avrebbe potuto contestarlo autonomamente, ma avrebbe dovuto attendere la notifica di un successivo atto impositivo (come un avviso di accertamento) per poter far valere le proprie ragioni in giudizio.

Interpello Disapplicativo e la Sentenza della Cassazione

La società ricorreva per Cassazione contro la sentenza della CTR, lamentando la violazione delle norme processuali. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per l’esame del merito. Il principio di diritto affermato è chiaro: il diniego su un interpello disapplicativo è un atto autonomamente impugnabile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata delle norme processuali tributarie. Sebbene l’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 sia formalmente tassativo, non preclude la possibilità di impugnare anche altri atti che, come il diniego di interpello, portino a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata.

Questo orientamento si fonda sulla necessità di tutelare il diritto di difesa del contribuente (art. 24 e 53 della Costituzione) e di assicurare il buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione). Il diniego, infatti, non è un atto meramente interlocutorio, ma esprime in modo definitivo la posizione dell’Amministrazione su un determinato rapporto tributario. Di conseguenza, il contribuente ha un interesse immediato, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., a ottenere una pronuncia giudiziale che accerti la legittimità della propria posizione e acquisisca effetti non più modificabili. La Corte ha inoltre precisato che le modifiche legislative successive (D.Lgs. 156/2015), che hanno limitato l’impugnabilità delle risposte a interpello, non hanno efficacia retroattiva e non si applicano al caso di specie.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia fondamentale per i contribuenti. Stabilisce che non è necessario attendere un avviso di accertamento per difendersi da una posizione del Fisco ritenuta illegittima, quando questa sia già stata espressa in modo chiaro e definitivo attraverso un diniego a un’istanza di interpello. I contribuenti hanno la facoltà (non l’obbligo) di agire subito in giudizio per ottenere certezza giuridica, evitando di rimanere in una situazione di incertezza che potrebbe protrarsi per anni. Per le aziende e i professionisti, ciò significa poter pianificare le proprie strategie fiscali e difensive con maggiore serenità, sapendo di poter contare su uno strumento di tutela giurisdizionale immediato ed efficace.

Il diniego a un interpello disapplicativo è un atto immediatamente impugnabile?
Sì, secondo la Corte di Cassazione il provvedimento di diniego a un’istanza di interpello disapplicativo è un atto autonomamente impugnabile, anche se non rientra nell’elenco tassativo dell’art. 19 del d.lgs. 546/1992.

Perché il diniego è considerato impugnabile se non è nell’elenco degli atti previsti dalla legge?
Perché la Corte applica un’interpretazione estensiva della norma. Se un atto dell’Amministrazione finanziaria porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben definita, esso diventa impugnabile per tutelare il diritto di difesa del contribuente e garantire il buon andamento della pubblica amministrazione.

Il contribuente è obbligato a impugnare subito il diniego o può attendere l’atto impositivo?
Il contribuente ha la facoltà, non l’onere, di impugnare immediatamente il diniego. Può quindi scegliere di contestarlo subito per avere certezza giuridica oppure attendere il successivo atto impositivo per impugnare entrambi congiuntamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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