Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3868 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3868  Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17129 -20 18 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore e legale rappresentante, NOME COGNOME, rappresentata e difesa per procura  speciale  a  margine  dell ‘atto di  costituzione  di  nuovo difensore del 09/01/2025, dall’AVV_NOTAIO (pec:
Oggetto : TRIBUTI -interpello disapplicativo ex art. 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 -provvedimento di diniego – impugnabilità ammissibilità
EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10155/10/2017 RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE CAMPANIA, depositata in data 29/11/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/01/2025 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione, da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, del provvedimento di diniego di disapplicazione di norme antielusive di cui all’art. 30 RAGIONE_SOCIALE legge n. 724 del 1994, che la contribuente aveva avanzato con riferimento all’anno d’imposta 201 3, la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) RAGIONE_SOCIALE Campania con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello dell ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo autonomamente impugnabile il provvedimento di diniego e sostenendo, nel merito, « che le circostanze di fatto esposte da parte resistente, non contestate dall’Ufficio, dimostrano che l’attività di impresa è stata preclusa da gravi ed oggettivi fattori esterni, rappresentati dall’inadempimento agli obblighi assunti con il preliminare di vendita da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il cui fallimento non solo aveva impedito che l’acquirente entrasse in possesso dell’immobile ove svolgere l’attività d’impresa, ma aveva di fatto prodotto la mancata restituzione di rilevanti somme versate a titolo di acconto e l’esborso improduttivo di ulteriori ingenti somme impiegate per l’esecuzione di opere necessarie al futuro svolgimento dell’attività medesima. Né a diversa conclusione può condurre il ragionamento svolto dall’Ufficio appellante, secondo cui la stipula del compromesso di vendita prima che le opere fossero state completamente realizzate fosse sintomatico RAGIONE_SOCIALE mancanza di un interesse diretto e immediato RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE  allo  svolgimento  dell’attività  imprenditoriale,  in  quanto  si stratta di una procedura che non presenta anomalie di sorta e del tutto  idonea  a  costituire  nel  promissario  acquirente  un  adeguato margine di affidamento, la cui vanificazione a causa RAGIONE_SOCIALE vicende familiari del venditore costituiscono un chiaro impedimento di natura oggettiva, non imputabile a responsabilità dell’imprenditore ».
 Avverso  tale  statuizione  l ‘RAGIONE_SOCIALE propone ricorso  per  Cassazione  affidato  a  tre  motivi  cui  replica  la  RAGIONE_SOCIALE intimata con controricorso.
La causa, trattata dinanzi alla Sesta sezione civile, Sottosezione Tributaria, di questa Corte all’adunanza camerale del 26/02/2020,  con  ordinanza  interlocutoria  n.  13642/2020  veniva rinviata  alla  Sezione  Quinta  ordinaria  ai  sensi  dell’ultimo  comma dell ‘art. 380 -bis cod. proc. civ. ratione temporis vigente.
In data 15/01/2025 la controricorrente ha depositato atto di costituzione  di  nuovi  difensori  insistendo  nelle  richieste  formulate con l’originario ricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, 6, comma 1, del d.lgs. n. 156 del 2016 e 100 cod. proc. civ., in quanto la risposta dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE all’interpello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contribuente aveva natura di parere, al quale il contribuente poteva non adeguarsi, sicché il diniego all’interpello non era stato in alcun modo lesivo RAGIONE_SOCIALE posizione RAGIONE_SOCIALE contribuente, la quale avrebbe potuto impugnare gli eventuali atti di applicazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive, il cui esonero era stato negato; e l’art. 6 comma 1 del d.lgs. n. 156 del 2015 aveva espressamente statuito che le risposte alle istanze di interpello, di cui all’art. 11 RAGIONE_SOCIALE legge n. 212 del 2000, non erano
normalmente impugnabili, sicché il ricorso proposto dalla contribuente  avverso  detto  diniego  di  interpello  sarebbe  stato inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che aveva formato oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR aveva ritenuto la sussistenza di gravi circostanze, tali da giustificare l’inoperatività RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contribuente, ravvisandole nell’inadempimento, da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, agli obblighi assunti con un preliminare di vendita e nel successivo fallimento di tale ultima RAGIONE_SOCIALE, che avevano impedito alla contribuente non solo di entrare in possesso dell’immobile nel quale svolgere la propria attività produttiva, ma aveva altresì dato luogo alla mancata restituzione alla RAGIONE_SOCIALE contribuente RAGIONE_SOCIALE rilevanti somme versate a titolo di acconto; l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva al contrario fatto presente che gli eventi valorizzati dalla CTR erano correlati al normale rischio d’impresa, che caratterizzava ogni scelta imprenditoriale e non potevano essere qualificati come causa oggettiva sopravvenuta, tale da impedire l’attività d’impresa; inoltre l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva rilevato come la RAGIONE_SOCIALE contribuente, nel preliminare intercorso con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, non aveva inserito alcun termine entro il quale avrebbero dovuto esserle consegnati i locali promessi in vendita; né aveva fornito la descrizione del progetto imprenditoriale adottato, facendo intendere che nei 10 anni precedenti la sua sola preoccupazione era stata quella di recuperare le somme anticipate ed ottenere la consegna dei locali nei quali svolgere la propria attività.
 Con  il  terzo  motivo  di  ricorso,  la  ricorrente  lamenta  la motivazione  apparente  RAGIONE_SOCIALE  sentenza  impugnata,  in  violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata non aveva indicato il percorso logico-giuridico, in esito al quale aveva ritenuto che gli eventi esterni ed oggettivi valorizzati erano tali da giustificare la sostanziale non operatività RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contribuente, non potendosi ritenere che detta non operatività fosse stata determinata dal fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costruttrice dei locali nei quale svolgere l’attività produttiva, anche perché era mancata la descrizione del progetto imprenditoriale intrapreso.
Va premesso, in fatto, che l’RAGIONE_SOCIALE con il provvedimento impugnato dalla RAGIONE_SOCIALE contribuente ha rigettato l’istanza di interpello di quest’ultima per la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive di cui all’art. 30 RAGIONE_SOCIALE legge n. 794 del 1994, dettato per le RAGIONE_SOCIALE cd. di comodo o non operative, sostenendo, che la «mancata disponibilità di una sede operativa nonché le vicissitudini fallimentari che hanno interessato il RAGIONE_SOCIALE», RAGIONE_SOCIALE costruttrice dei locali che avrebbero dovuto costituire la sede RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contribuente, «sarebbero vicende connaturate al normale rischio d’impresa e, pertanto, non possono essere ricondotte a situazioni oggettive tali da comportare la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disciplina sulle c.d. RAGIONE_SOCIALE di comodo, ed in particolare lo stato di soggetto in perdita nel triennio “2010-2012″» (controricorso, pag. 6).
2.1. Pertanto, il provvedimento dell’amministrazione finanziaria ha indubitabilmente natura e contenuto di diniego definitivo RAGIONE_SOCIALE chiesta disapplicazione, con conseguente ammissibilità RAGIONE_SOCIALE sua impugnabilità giudiziale, come più volte ribadito da questa Corte, con orientamento che questo Collegio condivide, secondo cui «In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi
l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento RAGIONE_SOCIALE giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere di impugnare il diniego del RAGIONE_SOCIALE di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17010 del 05/10/2012, Rv. 623917; conf., Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23469 del 06/10/2017, Rv. 646406).
2.2. Il principio è stato ribadito da Cass. n. 18604 del 2019, secondo cui «il rigetto dell’interpello ex art. 37 bis, comma 8, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”) è atto definitivo in sede amministrativa, autonomamente impugnabile», nonché da Cass. n. 32425 del 2019 secondo cui, «In tema di processo tributario, la tassatività dell’elencazione degli atti di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 non esclude che il provvedimento agenziale di rigetto dell’istanza di interpello, avendo natura e contenuto di diniego definitivo RAGIONE_SOCIALE disapplicazione di norme antielusive (a differenza di quello interlocutorio), possa essere impugnato giudizialmente dal contribuente, in applicazione estensiva e costituzionalmente orientata RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia».
2.3. L’orientamento di cui si è dato atto ha trovato ulteriore recente conferma da parte di questa Corte, che ha ribadito che «La risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli elencati dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992: l’ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest’ultimo, senza necessità che la stessa si vesta RAGIONE_SOCIALE forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento RAGIONE_SOCIALE ricezione RAGIONE_SOCIALE notizia, è portatore di un interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo RAGIONE_SOCIALE legittimità sostanziale RAGIONE_SOCIALE pretesa impositiva» (Cass. n. 2634 del 27/01/2023, Rv. 666761 -01; conf. anche Cass. n. 35816 del 2023, par. 4, non massimata).
2.4.  Ad  una  diversa  conclusione  non  può  pervenirsi,  come invece sostiene la ricorrente, per il tramite del disposto di cui all’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 156 del 2015 che prevede l’impugnabilità , ma solo unitamente all’atto impositivo , RAGIONE_SOCIALE risposte alle istanze di interpello di cui all’art. 11, comma 2, RAGIONE_SOCIALE legge n. 212 del 2000, ovvero  a  quelle  inoltrate,  come  nel  caso  in  esame,  per  la disapplicazione di disposizioni antielusive.
2.5. Al riguardo, infatti, questa Corte ha osservato che «In tema di contenzioso tributario, l’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 156 del 2015, secondo cui non sono impugnabili le risposte alle istanze di interpello di cui all’articolo 11 RAGIONE_SOCIALE l. n. 212 del 2000, non ha valenza interpretativa né portata di innovazione retroattiva, ridisciplinando per il futuro la materia, e, quindi, non dispone che per l’avvenire. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la retroattiva non impugnabilità del diniego di accoglimento di istanza
d’interpello disapplicativo di  norme  antielusive,  ex  art.  37  bis, comma  8,  del  d.P.R.  n.  600  del  1973)»  (Cass.  n.  23469  del 06/10/2017, Rv. 646406 – 02).
2.6. Il primo motivo di ricorso va, pertanto, rigettato.
Il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale deduce un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., è inammissibile perché formulato in violazione del disposto di cui all’art. 348 -ter cod. proc. civ., vigente ratione temporis (attualmente previsto dall’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.), vertendosi nella specie in ipotesi di doppia pronuncia di merito conforme in relazione al profilo dedotto, peraltro senza che la ricorrente abbia assolto l’onere di indicare i profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base RAGIONE_SOCIALE decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura proposta (cfr. Cass. n. 26774 del 2016, n. 5528 del 2014 e, più recentemente, Cass. n. 5947 del 2023).
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
4.1. Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; cass. n. 29124/2021). Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta,
tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni  controllo  sull’esattezza  e  sulla  logicità  del  ragionamento decisorio,  e  quindi  tale  da  non  attingere  la  soglia  del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021).
4.2. La pronuncia gravata è, invece, ampiamente sufficiente ad  evidenziare  il  percorso  argomentativo  seguito  dai  giudici  di appello,  esprimendo  argomentazioni  pienamente  intellegibili  e logicamente correlate all’oggetto del gravame devoluto, come tale funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede  di  impugnazione,  ponendosi  ben  al  di  sopra del  ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost.
4.3. In realtà, dalle argomentazioni svolte nel motivo emerge che non è tanto l’assenza o la mera apparenza RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata ad essere censurata, quanto la non condivisibile valutazione operata dai giudici di appello RAGIONE_SOCIALE specifiche situazioni che avevano reso impossibile il perseguimento del progetto imprenditoriale ed il conseguimento di ricavi da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contribuente. E, al riguardo, va ricordato che «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito RAGIONE_SOCIALE causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e RAGIONE_SOCIALE correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di
merito,  cui  resta  riservato  di  individuare  le  fonti  del  proprio convincimento  e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 2017; conf., ex multis , Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 32505 del 2023).
 Ad  ogni  buon  fine,  non  può  questo  Collegio  esimersi  dal rilevare  che  in  materia  di  RAGIONE_SOCIALE  di  comodo  o  non  operative,  la Corte di giustizia dell’unione europea con sentenza 7 marzo 2024 in causa C-341/22, (RAGIONE_SOCIALE), ha dichiarato l’incompatibilità RAGIONE_SOCIALE relativa disciplina con la direttiva 2006/112/CE e i principi generali RAGIONE_SOCIALE neutr alità dell’IVA e  di  proporzionalità  RAGIONE_SOCIALE  limitazione  del  diritto  alla  detrazione dell’IVA.
5.1. Sulla scia di tale pronuncia, questa Corte nella sentenza n. 22249 del 06/08/2024 ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema di RAGIONE_SOCIALE di comodo, l’art. 30 RAGIONE_SOCIALE l. n. 724 del 1994, nell’escludere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte per le RAGIONE_SOCIALE i cui introiti siano inferiori ad una determinata soglia (presumendone il carattere non operativo), si pone in contrasto con gli artt. 9, par. 1, e 167 RAGIONE_SOCIALE dir. 2006/112/CE e va, quindi, disapplicato da parte del giudice nazionale, in conformità ai principi espressi dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia UE n. 341 del 7 marzo 2024, secondo cui le misure adottate dagli Stati membri per la lotta contro frodi, evasione fiscale ed abusi non devono eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo ed essere utilizzate in modo da mettere in discussione il principio di neutralità dell’IVA».
5.2. Successivamente, con ordinanza n. 24442 dell’11 settembre  2024  si  è  affermato  che,  «In  materia  di  RAGIONE_SOCIALE  non operative,  alla  stregua  RAGIONE_SOCIALE  pronuncia  RAGIONE_SOCIALE  Corte  di  giustizia
dell’Unione europea (CGUE, sent. 7 marzo 2024 in causa C -341/22, RAGIONE_SOCIALE), l’art. 9, par. 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, va interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini di tale imposta il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata da una normativa nazionale, che corrisponda ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale soggetto dispone, in quanto nessuna disposizione RAGIONE_SOCIALE direttiva subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia. Pertanto, ciò che rileva ai sensi dell’art. 30 RAGIONE_SOCIALE legge n. 724 del 1994 è esclusivamente il fatto che detto soggetto, in un determinato periodo d’imposta, abbia esercitato effettivamente un’attività economica, ponendosi detta disposizione in contrasto con l’art. 167 RAGIONE_SOCIALE direttiva IVA nella parte in cui, invece, prevede la perdita del diritto a detrazione al mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi».
5.3. È stato, infine, precisato da Cass. n. 33424 del 2024 (conf. Cass. n. 33427 del 2024) che ««in tema di RAGIONE_SOCIALE non operative, anche alle RAGIONE_SOCIALE in perdita fiscale che, ai sensi dei commi 36 decies ed undecies , del d.l. n. 138 del 2011, introdotti in sede di conversione dalla legge n. 148 del 2011, vigente ratione temporis , sono equiparate a quelle di comodo di cui all’art. 30, commi 1 e 2, RAGIONE_SOCIALE legge n. 724 del 1994, va applicato il principio affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel la sentenza 7 marzo 2024 in causa C-341/22 (RAGIONE_SOCIALE), in base al quale l’art. 9, par. 1, RAGIONE_SOCIALE direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, va interpretato nel senso che
esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA – e quindi il diritto alla detrazione, alla compensazione, alla cessione dell’eccedenza di credito IVA e al rimborso, che non siano invocati in modo fraudolento o abusivo – al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini di tale imposta».
6.  In  estrema  sintesi,  il  ricorso  va  rigettato  e  la  ricorrente condannata  al  pagamento  RAGIONE_SOCIALE  spese  processuali  nella  misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE  controricorrente  RAGIONE_SOCIALE  spese  processuali  che  liquida  in  euro 4.000,00  per  compensi  ed  euro  200,00  per  esborsi,  oltre  al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 29 gennaio 2025