LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Interpello disapplicativo: impugnabile il diniego

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando l’immediata impugnabilità del provvedimento di diniego a un’istanza di interpello disapplicativo. Il caso riguardava una società che non poteva operare a causa di gravi fattori esterni, come il fallimento della società venditrice di un immobile necessario all’attività. La Corte ha stabilito che tale diniego, pur non essendo nell’elenco degli atti tipici, manifesta una pretesa fiscale definita e lesiva, garantendo al contribuente il diritto alla tutela giurisdizionale. La decisione è rafforzata dal richiamo ai principi del diritto UE, che ritengono incompatibile la normativa italiana sulle società di comodo con la direttiva IVA.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Interpello Disapplicativo: la Cassazione Conferma l’Impugnabilità del Diniego

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale per la tutela del contribuente: la possibilità di ricorrere al giudice contro un diniego a un interpello disapplicativo. Con una decisione netta, la Corte di Cassazione ha confermato che l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate nega la disapplicazione delle norme antielusive per le cosiddette “società di comodo” è immediatamente impugnabile, poiché manifesta una pretesa fiscale ben definita e potenzialmente lesiva per il cittadino.

I Fatti del Caso: un Progetto Imprenditoriale Bloccato

Una società a responsabilità limitata si era vista applicare la penalizzante disciplina fiscale prevista per le società non operative. L’azienda aveva quindi presentato un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per ottenere la disapplicazione di tali norme, sostenendo che la sua inattività non derivava da una scelta elusiva, ma da cause di forza maggiore.

In particolare, la società aveva stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile destinato a diventare la sede della propria attività imprenditoriale. Tuttavia, l’inadempimento e il successivo fallimento della società costruttrice avevano impedito non solo l’acquisizione dell’immobile, ma anche la restituzione degli ingenti acconti già versati. Questi eventi, secondo la contribuente, rappresentavano “gravi ed oggettivi fattori esterni” che avevano di fatto precluso lo svolgimento dell’attività d’impresa.

La Questione Giuridica: Il Diniego è un Atto Impugnabile?

L’Agenzia delle Entrate aveva rigettato l’istanza, ritenendo che le difficoltà incontrate dalla società rientrassero nel normale rischio d’impresa. La società aveva impugnato questo diniego davanti alla Commissione Tributaria, che le aveva dato ragione sia in primo che in secondo grado. L’Amministrazione finanziaria ha quindi proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali, il primo e più importante dei quali sosteneva che il diniego all’interpello non fosse un atto impugnabile, ma un semplice parere non vincolante.

Le Ragioni della Decisione della Corte di Cassazione sull’interpello disapplicativo

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia, confermando la piena legittimità dell’azione intrapresa dalla società contribuente.

Il Primo Motivo: L’Impugnabilità del Diniego

La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato: anche se non espressamente elencato nell’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992 (che elenca gli atti impugnabili), il diniego di disapplicazione è un atto che porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata. Esso esprime in modo definitivo la posizione dell’Amministrazione, creando un interesse immediato del contribuente a ottenere una pronuncia giudiziale che ne accerti la legittimità. Un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata delle norme processuali (artt. 24, 53 e 97 Cost.) impone di garantire la tutela giurisdizionale contro tutti gli atti che, di fatto, definiscono un rapporto tributario e ledono la posizione del cittadino. Di conseguenza, il primo motivo è stato rigettato.

Gli Altri Motivi di Ricorso: Inammissibilità e Infondatezza

Il secondo motivo, con cui l’Agenzia lamentava un presunto omesso esame di un fatto decisivo, è stato dichiarato inammissibile. Essendoci stata una “doppia pronuncia conforme” (sia il giudice di primo grado che quello d’appello avevano valutato i fatti allo stesso modo), il riesame del merito era precluso in sede di legittimità.

Il terzo motivo, che denunciava una “motivazione apparente” della sentenza d’appello, è stato ritenuto infondato. La Corte ha chiarito che la motivazione dei giudici di secondo grado era chiara e logicamente coerente, e che le critiche dell’Agenzia miravano in realtà a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in Cassazione.

Un Principio Superiore: Il Diritto dell’Unione Europea

La Corte ha colto l’occasione per richiamare importanti sentenze recenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in particolare, la causa C-341/22). Tali pronunce hanno stabilito l’incompatibilità della disciplina italiana sulle società di comodo con i principi comunitari in materia di IVA, specialmente per quanto riguarda la neutralità dell’imposta. Secondo la giurisprudenza europea, non si può negare a un soggetto la qualità di soggetto passivo IVA, e quindi il diritto alla detrazione, solo perché non ha raggiunto determinate soglie di ricavi. Questo principio rafforza ulteriormente, sul piano sostanziale, la posizione della società contribuente.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio della tutela effettiva del contribuente. L’atto di diniego all’interpello disapplicativo, pur non essendo un avviso di accertamento, cristallizza la posizione dell’Amministrazione Finanziaria, anticipando una futura pretesa impositiva. Consentirne l’immediata impugnazione risponde a un’esigenza di certezza del diritto e di economia processuale, evitando che il contribuente debba attendere l’emissione dell’atto impositivo vero e proprio per far valere le proprie ragioni. La Corte sottolinea che l’elenco degli atti impugnabili, sebbene tassativo, deve essere interpretato estensivamente per includere tutti quegli atti che, per contenuto e forma, manifestano una volontà impositiva definita e capace di incidere sulla sfera giuridica del destinatario. La decisione si allinea, inoltre, alla crescente influenza del diritto europeo, che impone una rilettura delle normative nazionali restrittive alla luce dei principi di proporzionalità e neutralità fiscale, specialmente in materia di IVA.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un importante baluardo a difesa dei diritti del contribuente. Stabilisce in modo inequivocabile che il diniego all’istanza di disapplicazione delle norme antielusive è un atto autonomamente impugnabile davanti al giudice tributario. Questa pronuncia non solo offre uno strumento di tutela immediata, ma riafferma anche che la legittimità dell’azione amministrativa deve sempre poter essere sottoposta al vaglio giurisdizionale. Infine, il richiamo ai principi UE apre la strada a una disapplicazione più ampia della normativa sulle società di comodo, la cui compatibilità con l’ordinamento comunitario è ormai seriamente messa in discussione.

È possibile impugnare direttamente il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate nega la disapplicazione delle norme sulle società di comodo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il diniego a un’istanza di interpello disapplicativo è un atto autonomamente e immediatamente impugnabile, in quanto esprime una pretesa fiscale definita che lede l’interesse del contribuente a una tutela giurisdizionale.

Quali sono le conseguenze se due sentenze di merito (primo grado e appello) sono conformi sui fatti?
In base al principio della “doppia pronuncia conforme”, se i giudici di primo e secondo grado giungono alla medesima conclusione sulla ricostruzione dei fatti, il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo (vizio di motivazione) diventa inammissibile. Non è possibile, in quella sede, chiedere una nuova valutazione del merito della controversia.

La disciplina italiana sulle società di comodo è compatibile con il diritto dell’Unione Europea?
Secondo quanto richiamato dalla Corte di Cassazione, la normativa nazionale sulle società di comodo si pone in contrasto con i principi della direttiva IVA dell’Unione Europea. In particolare, è incompatibile con il principio di neutralità dell’IVA nella parte in cui limita il diritto alla detrazione basandosi esclusivamente sul mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi, senza considerare l’effettivo svolgimento di un’attività economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati