Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15891 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15891 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
Interessi deduz irap.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11871/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE sedente in Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 943/2021, depositata il 15 novembre 2021.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto a sua volta l’accoglimento del ricorso.
Il difensore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rimborso della maggior IRES versata per gli anni 2004 e 2007 a seguito della deduzione dall’imponibile della quota forfettaria del 10 % dell’IRAP, prevista dall’art.6 d.l. n. 185/2008. Gran parte del capitale era rimborsato, e precisamente € 4.918.172,00, e venivano altresì rimborsati interessi con decorrenza però dal 29 novembre 2008, data di entrata in vigore della disposizione che prevedeva il suddetto rimborso. Rimaneva così non soddisfatta l’istanza per un importo residuo di € 103.232,00. Nel corso del primo grado l’Ufficio riconosceva ulteriori € 90.373, che formavano oggetto in parte di compensazione e per il resto la contribuente chiedeva il versamento della differenza. La CTP accoglieva il ricorso limitatamente alla richiesta di maggiori interessi, facendoli decorrere dalla data del versamento. La CTR adìta sempre dall’RAGIONE_SOCIALE, accoglieva parzialmente l’appello dell’ufficio sulla decadenza dell’istanza di pagamento di ulteriori interessi, ed accoglieva il ricorso incidentale della contribuente per il rimborso RAGIONE_SOCIALE imposte non ancora riconosciute.
Ricorre l’RAGIONE_SOCIALE in cassazione, affidandosi a due motivi, mentre RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE ha spiegato a sua volta ricorso, fondato su quattro motivi, e ha altresì depositato controricorso per resistere al ricorso avversario.
Con successiva memoria la contribuente ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite rilevando un contrasto fra alcune decisioni di questa Sezione sul punto oggetto del contendere, e particolarmente sulla decorrenza degli interessi.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 20 settembre 2023, ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
Considerato che:
1.Principiando col ricorso più risalente, quello dell’RAGIONE_SOCIALE, da qualificarsi quindi come ricorso principale, con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 44, d.p.r. n. 602/1973 e 6, d.l. n. 185/2008, in particolare dolendosi del fatto che la CTR abbia confermato la decisione di primo grado laddove ha stabilito che la decorrenza degli interessi sul rimborso relativo agli anni d’imposta anteriori all’entrata in vigore del d.l. n. 185/2008 dovesse individuarsi nella data del versamento dell’imposta stessa, e ciò benché all’epoca dei versamenti suddetti gli importi fossero dovuti, e la norma che li configura avesse natura eccezionale.
1.1. Il motivo non è inammissibile per erronea indicazione del dato normativo, poiché la questione attiene precisamente e precipuamente alla portata del disposto di cui all’art. 44 d.p.r. n. 602/1973 ed alla sua applicabilità alla presente fattispecie, ed in particolare alla decorrenza degli interessi sulle somme oggetto di rimborso.
1.2. Il motivo peraltro è infondato.
Nell’ambito della sezione questa Corte, trattando analoga fattispecie (relativa alla sopravvenienza dell’art. 2, comma 1, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha ulteriormente ampliato la deducibilità dell’Irap dall’Ires) , ha già avuto modo di affermare che «In tema di rimborso RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito, gli interessi di cui all’art. 44 d.lgs. n. 602 del 1973 non presuppongono la mora dell’Amministrazione, ma hanno la funzione di reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente che non ha goduto della somma di denaro che ha versato al Fisco e che deve essergli restituita. Tali interessi, indipendentemente dalla buona o mala fede dell’ accipiens , maturano
al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data non della domanda, ma del versamento e fino a quella dell’ordinativo del pagamento» (Cass. 28/04/2023, n. 11262, in motivazione, ivi anche le argomentazioni che seguono).
Ha premesso il citato arresto che, in tema di rimborso d’imposte, gli interessi dovuti dall’erario al contribuente per la ritardata restituzione sono soggetti alla disciplina dei rimborsi semestrali, ai sensi degli artt. 38 e 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, sicché maturano al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data non della domanda, ma del versamento e fino a quella dell’ordinativo del pagamento, e vanno calcolati al tasso legale vigente al momento della scadenza di ciascun semestre (Cass. 14/12/2016, n. 25684); senza che trovino applicazione le regole civilistiche ordinarie, presentando la disciplina tributaria in esame carattere di specialità (Cass. 20/10/2021, n. 29237).
Lo stesso precedente di legittimità ha poi aggiunto che è noto che questa Corte ha già avuto modo di affermare che gli interessi sulle somme che l’Amministrazione deve rimborsare al contribuente non hanno natura corrispettiva, ma moratoria, ossia sono disposti per il ritardo con cui l’imposta non dovuta è rimborsata (cfr. Cass. 21/03/2019, n. 7955), per cui non decorrono quando il ritardo non è addebitabile all’Amministrazione finanziaria (Cass. 21/03/2019, n. 7955, cit; cfr. Cass. 29/04/2016, n. 8540 e Cass. 23/07/2004, n. 13808).
Si tratta, tuttavia, di pronunce non strettamente conferenti la fattispecie sub iudice , poiché riguardano specificamente il rimborso di crediti Iva ai sensi dell’art. 38 -bis del d.P.R. 26/10/1972, n. 633, ed in particolare la non decorrenza degli accessori nel periodo compreso tra il sedicesimo giorno dalla data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’Ufficio e quella della loro consegna (Cass. n. 7955 del 2019); o nel periodo in cui sia stato mantenuto dall’Amministrazione il provvedimento, legittimo, di sospensione del relativo pagamento, a
causa dell’inadempimento, da parte del contribuente, RAGIONE_SOCIALE condizioni stabilite dallo stesso provvedimento, ovvero il rilascio di garanzia, per poter dare ugualmente corso al rimborso richiesto (Cass. 22/06/ 2021,n. 17828 ).
Invece, più in generale, questa Corte, quando si è trattato di individuare, (al fine di verificarne l’imponibilità, in base alle norme pro tempore vigenti) l’effettiva funzione degli accessori maturati sui crediti che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, ha affermato che « Gli interessi maturati sui crediti di imposta che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria non sono dovuti a titolo moratorio (non essendovi mora dell’Amministrazione) né derivano dall’impiego di capitale, ma servono a compensare i contribuenti dell’esborso pecuniario che essi hanno in precedenza effettuato versando al Fisco una somma di denaro che deve essere loro restituita. L’interesse su tale somma serve a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente, che viene così compensato del mancato godimento del denaro in precedenza versato . Chiara è perciò la ‘natura compensativa’ degli interessi maturati sui crediti di imposta, idonea ad escluderli dai redditi di capitale elencati nel citato art. 41» (Cass. 05/07/1990, n. 7091,in motivazione; conformi, sulla natura compensativa degli interessi in questione, in materia di imposte dirette, Cass. 06/04/1995, n. 4037; Cass. 28/11/1995, n. 12318; Cass. 15/04/1996, n. 3525; Cass. 10/06/1996, n. 5352; Cass. 15/02/1999, n. 1255; Cass. 17/07/1999, n. 7575; Cass. 08/09/1999, n. 9510; Cass. 17/05/2000, n. 6397; Cass. 20/09/2004, n. 18864; Cass. n. 9852 del 2016; Cass. 17/04/2019, n. 10705; Cass. 04/09/2012, n. 31820).
Per quanto qui rileva, il consolidato orientamento in questione evidenzia dunque la funzione in senso lato ‘compensativa’ (del mancato godimento, da parte del contribuente, del denaro in precedenza versato), che prescinde da un ritardo che sia colpevolmente imputabile all’Amministrazione (che, nel frattempo, ha
ricevuto e posseduto la stessa somma) e legittimi la ‘mora’ di quest’ultima, ai fini della decorrenza degli interessi di legge.
Del resto, qualora pure la natura ‘moratoria’ degli interessi di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973 volesse farsi dipendere dalla mera circostanza del riferimento al «ritardato» rimborso contenuto nella rubrica della stessa norma, dovrebbe comunque prendersi atto, per quanto qui interessa, che nel primo comma la disposizione prende come riferimento, quale dies a quo della decorrenza dei semestri per i quali (escluso il primo) sono dovuti gli accessori, la « data del versamento». Pertanto, se ne deve trarre la conclusione che il legislatore (a prescindere dalla specifica regola dei semestri e dall’esclusione del primo di essi) considera comunque «ritardato» il rimborso ed in mora l’Amministrazione sin dal versamento che deve essere rimborsato.
Invero, a prescindere dalla sovrapposizione di concetti e qualificazioni di natura squisitamente civilistica, occorre muovere dal dato testuale offerto dal primo comma del ridetto art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, che individua la « data del versamento» quale riferimento temporale, certo ed univoco, ai fini della conseguente individuazione del semestre di decorrenza iniziale degli accessori, prescindendo quindi da ulteriori elementi di valutazione. In coerenza, peraltro, con la peculiarità della disciplina del rimborso RAGIONE_SOCIALE imposte, che, a differenza di quella civilistica generale sull’indebito, di cui agli artt. 2033 ss. cod. civ., prescinde, ai fini degli accessori, dallo stato soggettivo di buona fede o mala fede dell’ accipiens . Infatti, nell’ordinamento tributario italiano vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza dal relativo diritto, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta, o, in mancanza di queste, dalle norme sul contenzioso tributario, e tale regime impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (Cass. Sez. U., 16/06/2014, n.
13676 in motivazione, ove si cita altresì Cass. n. 11456 del 2011; da ultimo, nello stesso senso, Cass.04/0772022, n. 21106).
Nello stesso senso, a proposito della funzione degli interessi in questione e della loro decorrenza, si è espressa ancora questa Corte (Cass. 27/04/2023, n. 11189; conformi Cass. 03/11/2023, n. 30639 ; Cass. 28/12/2023, n. 36180, in motivazione), aggiungendo che « sussiste indubbiamente un’ asimmetria tra la decorrenza degli interessi dovuti dalla contribuente (« a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento», ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 602 del 1973) sulle maggiori imposte accertate e quella degli interessi alla stessa contribuente spettanti (a norma dell’art. 44 del d.P.R. n. 602 del 1973, con esclusione del primo semestre successivo alla data del versamento) sul rimborso dell’imposta versata e non dovuta. Ed è vero che la disciplina dell’art. 44 del d.P.R. n.602 del 1973, in sé considerata, è stata ritenuta legittima da Corte cost., sentenza n. 157 del 1996, che ha posto in evidenza ( anche richiamando le proprie precedenti ordinanze n. 288 del 1988 e n. 93 del 1989), la speciale natura del credito e la conseguente peculiare disciplina della materia tributaria apprestata dal legislatore, nella sua discrezionalità, congruamente giustificata dalle esigenze connesse alle operazioni di liquidazione dell’imposta e di formazione dei ruoli, nonché di quelle degli uffici preposti allo svolgimento dei complessi procedimenti restitutori. contribuente della diminuzione patrimoniale subita sin dal momento del versamento.» (Cass. 28/04/2023, n. 11262, cit., in motivazione).
Proprio dalle considerazioni in ordine all’appena evidenziata asimmetria, con riguardo alla decorrenza degli interessi l’orientamento prevalente di questa Corte ha dedotto come appaia difficilmente sostenibile l’accoglimento di un’interpretazione che posticipi la decorrenza degli interessi sulle somme da rimborsare in misura maggiore rispetto a quella che il legislatore stesso, considerando le peculiarità del rapporto tributario e del
procedimento di liquidazione e pagamento RAGIONE_SOCIALE somme da restituire al contribuente, ha già collocato in relazione al loro versamento, con il conseguente semestre ‘bianco’.» (Cass. 27/04/2023, n. 11189).
In particolare, proprio con riguardo all’art. 2, comma 1 -quater, d.l. n. 201/2011, si è concluso che « Va escluso pertanto che la posticipazione della decorrenza degli interessi all’ entrata in vigore…possa essere giustificata dall’ ipotetica natura moratoria degli stessi accessori, e dunque dalla circostanza che l’Amministrazione non potesse considerarsi in mora in precedenza; o dalla precedente ‘buona fede’ dell’Amministrazione, quale accipiens , inconsapevole di aver ricevuto una prestazione che sarebbe successivamente divenuta sine titulo ex lege’ .
Si è altresì ritenuto che la retroattività, nei limiti previsti dalla stessa norma, dell’art. 2, comma 1 -quater, del d.l. n. 201 del 2011, abbia privato di titolo ex tunc il relativo pagamento, con la conseguente necessità, in ossequio alla ratio dell’art. 44 d.lgs. n. 602 del 1973, di reintegrare integralmente il contribuente.
In argomento sussiste peraltro altro orientamento, rappresentato da un’unica pur recente pronuncia, in base al quale la stessa dovrebbe essere identificata con la data di entrata in vigore della norma stessa.
Tale decisione (Cass. n. 16566/2023), che peraltro non si pone affatto in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla natura degli interessi da corrispondersi in ipotesi di rimborso, di cui si è sopra riferito ampiamente, poggia sulle seguenti argomentazioni:
-l’incipit dell’art. 6 d.l. n. 185/2008 introduce una nuova agevolazione fiscale «a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008». L’espressione utilizzata dal legislatore è chiara nel limitare il nuovo beneficio al futuro (‘a decorrere dal periodo d’imposta in corso’). Per i periodi di imposta pregressi lo stesso art. 6, al comma 2, ha disposto il diritto al rimborso di una somma per quei contribuenti che abbiano presentato (o presenteranno
successivamente all’entrata in vigore della norma), la relativa domanda. Quest’ultimo costituirebbe un beneficio autonomo, essendo esso previsto entro prestabiliti limiti di spesa, e fino alla capienza dei relativi stanziamenti (comma 4 dello stesso art. 6). Quanto all’eventuale completamento dei rimborsi, si tratterebbe di un rimando ad una scelta discrezionale del legislatore, una mera possibilità come si ricava dalla relazione illustrativa alla legge di conversione.
-Anche l’ordinanza Corte Cost. n. 232 del 2012, nel rilevare l’effetto retroattivo della deducibilità IRAP recata dalla normativa in esame, fa riferimento in generale alla normativa oggetto RAGIONE_SOCIALE varie ordinanze di rimessione, e stabilisce che al giudice tributario spetta valutare la misura e gli esatti termini di tale effetto normativo.
In particolare, la suddetta ordinanza (con cui si rimettono gli atti al giudice rimettente per la valutazione dell’impatto della nuova norma), si limita all’uso di un avverbio (‘retroattivamente’), per prendere atto del fatto che la norma per come formulata viene ad incidere sull’oggetto del processo nel quale la questione di costituzionalità era stata sollevata.
-Il richiamo della disciplina del rimborso sarebbe dunque solo di carattere procedimentale, ma senza che esso comporti l’inquadramento del diritto come connesso ad un versamento indebito, che anzi all’epoca dello stesso era senz’altro dovuto, con conseguente inapplicabilità della disciplina della decorrenza degli interessi tanto in tema di rimborsi fiscali, sostanzialmente ritenendosi, in accordo con precedenti pur risalenti di questa Corte, che non è possibile ‘ancorare gli interessi ad un momento nel quale non era stata ancora determinata la sorte; ad un momento cioè anteriore a quello di nascita del diritto sulla sorte medesima’ (Cass. n.9703/1990; nel senso suddetto e sempre con riferimento alla l. n. 482/1985, cfr. anche Cass. n.145/1996)
Orbene ritiene il Collegio di dare continuità all’orientamento espresso dalla serie di richiamate decisioni di legittimità.
Invero, a ribadire lo stesso, oltre agli argomenti che si sono rassegnati più sopra, va sottolineato come il rilievo della natura sostanziale di rimborso come configurato per le annualità precedenti dal legislatore del 2008 trova conforto nella giurisprudenza di legittimità (Cass. 06/06/2019, n. 15341, in motivazione, pagg. 17-21; Cass. 28/04/2023, n. 11262, cit., in motivazione, pag. 7 s.) che, proprio con riferimento alla disciplina conseguente alla sopravvenienza, in tema di deducibilità forfettaria dell’Irap, dell’art. 6 d.l. n. 185 del 2008, ha ricostruito i rapporti tra l’originaria istanza di rimborso e quella telematica successiva. All’esito dell’esame del relativo quadro normativo, nonché del punto 1.3.2. della circolare del 14 aprile 2009 n. 16/E della stessa RAGIONE_SOCIALE, si è infatti concluso che per i contribuenti che alla data di entrata in vigore del decreto n. 185 del 2008 avevano già presentato tempestiva istanza ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, il rimborso della maggiore imposta assolta non era subordinato alla presentazione dell’istanza telematica prevista al comma 3 del citato art. 6 del d.l. n.185 del 2008, che è necessaria al solo fine di comunicare all’Amministrazione finanziaria l’entità del rimborso di cui si chiede la restituzione e di consentire alla stessa Amministrazione di quantificare l’importo eventualmente dovuto in restituzione ( Cass. 06/06/2019, n. 15341, cit., in motivazione,; Cass. 28/04/2023, n. 11262, cit., in motivazione).
L’inquadramento dell’estensione ( ad anni d’imposta antecedenti il 2008) della deducibilità in termini di efficacia retroattiva della norma sopravvenuta, così come la saldatura dell’efficacia tra le domande di rimborso precedenti eventualmente presentate (quando ancora il ‘procedimento’ ex art. 6 del d.l. n.185 del 2008 non esisteva, e peraltro già di per sé sufficienti a configurare il diritto al rimborso) e quelle telematiche successive previste dalle nuove disposizioni, evidenzia come la fattispecie trattata sia configurata dal legislatore
come avente natura sostanziale, e non meramente procedimentale, di rimborso, confermata dal richiamo esplicito dell’ art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973.
Conclusivamente poi si può dire che l’intervento normativo in parola, abbia inteso ‘riparare’ ad un possibile deficit di costituzionalità della pregressa disciplina, ed infatti la già citata decisione del Giudice RAGIONE_SOCIALE Leggi (Corte cost., ordinanza n. 232 del 2012), sul presupposto dell’efficacia della modifica, ha rimesso gli atti ai giudici di merito perché operino una nuova valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione.
Ebbene tale ‘deficit’ non può che essere oggetto di una riparazione integrale, la quale non può trascurare gli effetti RAGIONE_SOCIALE mancate deduzioni per le annualità pregresse, dunque anche dei relativi accessori per interessi.
2.Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, d.p.r. n. 322/1998, in quanto per il credito IRES per € 4.935,81 era mancata la presentazione della dichiarazione IRAP 2004 in via telematica, come previsto dalla disposizione che si assume violata, mentre la stessa era avvenuta a mezzo di raccomandata.
2.1. Il motivo è infondato.
Le modalità di presentazione della dichiarazione fiscale annuale, individuate dall’art. 3 del d.P.R. n. 322 del 1988, sono tassative e vincolanti per il contribuente sicché, ove questi sia tenuto ad utilizzare il servizio telematico e presenti, invece, la dichiarazione tramite banca o posta, la stessa è nulla ai sensi dell’art. 1, comma 1, del detto decreto e deve ritenersi non assolto il corrispondente obbligo, senza che assuma rilevanza la previsione di una sanzione inferiore, da parte dell’art. 8 del d.lgs. n. 471 del 1997, per la dichiarazione presentata in forma diversa rispetto a quella contemplata per l’omessa dichiarazione (Sez. 6 – 5, ord. n. 19058 del 18/07/2018, Rv. 649807 – 01).
Tuttavia, siffatta omissione se è d’ostacolo alla compensazione del relativo credito d’imposta per l’anno successivo (in tema di imposte dirette), non lo è alla richiesta di rimborso del credito stesso, come già ritenuto da questa Corte in plurime occasioni (Cass.27621/2018).
3.Venendo ora ai motivi del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE, che assume così natura di ricorso incidentale, con il primo di essi si assume violazione degli artt. 19 e 21, d.lgs. n. 546/1992 e falsa applicazione del secondo, avendo il giudice d’appello assimilato al rifiuto tacito di rimborso quello espresso.
3.1. In termini semplici può dirsi che la CTR, a fronte del rimborso effettuato in data 15.12.2015 non comprensivo degli interessi, ritiene che sulla relativa istanza si sia formato il diniego implicito, e l’applicazione del termine decadenziale di sessanta giorni dall’erogazione del capitale, mentre la ricorrente incidentale ritiene che si tratti di un’ipotesi di silenzio rifiuto e dunque sia applicabile il termine di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, coincidente col termine di prescrizione e da proporsi dopo il decorso di novanta giorni dalla domanda di rimborso.
3.2. il motivo è infondato. Il mancato riconoscimento degli interessi deve intendersi come rigetto parziale dell’istanza, come si ricava dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui un ‘provvedimento deve essere qualificato come provvedimento di rigetto, sia pure implicito, della richiesta di rimborso originariamente avanzata dal contribuente, in ordine alla parte relativa all’importo non rimborsato: la diretta correlazione con tale richiesta e l’assenza, nel provvedimento di rimborso, di qualsivoglia riserva o indicazione nel senso di una sua eventuale natura interlocutoria (ad es., richiesta di chiarimenti o di integrazione documentale) inducono, infatti, senz’altro a ritenere che esso non possa aver configurato altro che un atto a contenuto parzialmente reiettivo. Al riguardo, questa Corte ha già affermato che il
provvedimento di reiezione parziale della domanda di rimborso di tributi indebitamente pagati può essere anche implicito, allorchè contenuto in un atto direttamente destinato a statuire sulla domanda medesima (Cass. n.8339/1987 e n.12804 del 2002)’ (Cass. n. 12336/2005; nello stesso senso Cass. n. 41032/2021).
Col secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 19, 20 e 21, d.lgs. n. 546/1992, 6 e 7, l. n. 212/2000, ritenendosi che aderendo alla tesi per cui il diniego degli interessi vada equiparato al rifiuto espresso, le disposizioni richiamate sarebbero lette in contrasto con il disposto dell’art. 24 Cost., perché in tal caso renderebbero ambigua la garanzia alla certezza dei rapporti giuridici e porrebbe il contribuente in una posizione di assoluta mancanza di informazioni essenziali alla sua difesa. Per cui occorrerebbe riconoscere come presupposto, per accedere all’interpretazione in esame, che dall’atto si debba comunque ricavare la volontà chiara anche se indiretta del rifiuto al rimborso residuo.
4.1.Le questioni agitate col motivo in esame sono inammissibili, perché attengono all’eventuale vizio del provvedimento, che appunto deve essere fatto valere, in conformità alle vigenti disposizioni e all’interpretazione RAGIONE_SOCIALE stesse sopra riportata, nel termine decadenziale di cui all’art. 21, comma 1, d.lgs. n. 546/1992.
Col terzo motivo del ricorso incidentale si deduce omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalle comunicazioni intercorse con l’RAGIONE_SOCIALE dopo il parziale versamento del 15 dicembre 2015, che avrebbero dimostrato la natura interlocutoria dello stesso e quindi l’ammissibilità e tempestività della domanda attinente agli interessi di cui ai motivi precedenti.
5.1. Il motivo è infondato perché dal tenore della sentenza impugnata si ricava la piena consapevolezza da parte della CTR in ordine al fatto che i pagamenti vennero effettuati in due tranches
(una il 15 dicembre 2015, l’altra il 20 agosto 2018) e che vi furono fra le parti comunicazioni intermedie (viene più volte citata quella del 30 maggio 2016). Dunque, non sussiste il presupposto consistente nell’omesso esame di un fatto decisivo, perché i documenti e gli elementi indicati sono invece stati esaminati.
6. Col quarto motivo del ricorso incidentale si deduce violazione degli artt. 44 e 44-bis, d.p.r. n. 600/1973. In particolare, ivi si deduce il minor rimborso a titolo di interessi in difetto dell’applicazione dell’art. 44, d.p.r. n. 600/1973, laddove invece la CTR aveva ritenuto l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 44-bis del medesimo d.p.r., sulla base della soggezione dei rimborsi in oggetto a procedura telematica.
6.1.Deve in proposito osservarsi che l’art. 44 -bis d.P.R. n. 602 del 1973 regola gli interessi per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata, stabilendone la decorrenza dal secondo semestre solare successivo alla data di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione. Orbene allora deve rilevarsi (anche in disparte l’espresso richiamo ai rimborsi effettuati con le modalità di cui all’art. 42bis , ovvero d’ufficio, stante la successiva estensione RAGIONE_SOCIALE fattispecie del procedimento automatizzato) la non congruenza della ratio della disposizione con la fattispecie sub iudice , nella quale non sono l’originaria liquidazione, ed il relativo controllo, che determinano la parziale non debenza dell’imposta già incassata dall’Amministrazione, ma la modifica legislativa (nel senso già chiarito) sopravvenuta. Non a caso, del resto, il legislatore del 2008 e del 2011, nell’istituire un meccanismo procedimentale che assicurasse il recupero RAGIONE_SOCIALE annualità precedenti, nei limiti della decadenza, ha fatto ricorso all’istituto del rimborso (con la conseguente efficacia anche RAGIONE_SOCIALE istanze ex art. 38 già presentate dai contribuenti), non anche a quello di un’integrazione della dichiarazione. In ogni caso, poi, per quanto qui più rileva, anche il richiamo alla dichiarazione, dovendo riferirsi a quella originariamente presentata dalla contribuente, non varrebbe a
traslare necessariamente la decorrenza degli accessori in questione alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE novelle legislative che hanno consentito, e poi esteso, la deducibilità parziale dell’Irap.
Il motivo dev’essere dunque accolto.
Conclusivamente, il ricorso principale dev’essere rigettato; quello incidentale dev’essere accolto limitatamente al quarto motivo, e rigettato nel resto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte che provvederà altresì a determinare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, respinto il ricorso principale, accoglie il quarto motivo di quello incidentale e, respinti gli altri motivi dello stesso, cassa la sentenza impugnata rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2024